lunedì 26 ottobre 2015

Da qualche parte nel mondo

Da qualche parte nel mondo di Chiara Cecilia Santamaria

Da qualche parte nel mondo di Chiara Cecilia Santamaria
Rizzoli Editore - 2015


Da qualche parte nel mondo, romanzo d'esordio di Chiara Cecilia Santamaria - romana trapiantata a Londra, autrice del seguitissimo blog Ma che davvero?, mamma di Viola e molto altro ancora - è una storia di formazione di una Cenerentola contemporanea ambientata a Roma e a Londra e che ha il suo principale pregio, secondo me, nella scrittura che nello stile mi ha ricordato quello di Margaret Mazzantini in Venuto al mondo. Forse è brutto fare paragoni ma mi è utile per rendere l'idea.

Chi segue il blog di Chiara è già a conoscenza della sua padronanza linguistica; ma un romanzo è un'altra cosa rispetto ad un post nel senso che deve essere in grado di tenere desta l'attenzione del lettore per molto più tempo e lei ci è riuscita. La tensione è quasi come quella di un giallo.

Ho 'riconosciuto' in alcuni personaggi del romanzo persone realmente incontrate nella mia vita e qualcosa anche della mia 'me' più giovane. In fondo i protagonisti principali del romanzo sono ventenni e questo - detto per inciso - giustifica anche quelle parti del romanzo che il lettore 'più grande' può trovare troppo sentimentali.

Esser Lara, la protagonista, secondo me vuol dire essere soli o meglio arrivare alla consapevolezza che soltanto noi possiamo fare compagnia a noi stessi con la dedizione che vorremmo dagli altri. E questa consapevolezza, secondo me, dà serenità contrariamente a quanto possa sembrare.

Come mai mi sono convinta di questo? Perché secondo me le persone che da piccole non hanno avuto la possibilità di vivere serenamente la propria crescita, come Lara per l'appunto, poi quando realizzano che per raggiungere i propri desideri devono darsi da fare, chiedere, muoversi anche geograficamente per superare la paura verso l'altro che una tale educazione porta con se lo fanno con tanta impulsività e anche rabbia che quando poi arrivano a dare una svolta importante alla loro vita tendono ad affrontare i rapporti in maniera ossessiva, della serie 'o tutto o niente', e questo porta sofferenza perché allontana le persone che all'inzio si dimostrano disponibili nei loro confronti  poiché colpiti dalla loro sensibilità, estro, talento, determinazione, fragilità o altro e poi si sentono braccate,  si accorgono che si pretende tutto da loro ed in esclusiva.

Ciò non impedisce comunque ai più intelligenti o ai più spigliati in materia di rapporti umani di riconoscere un valore unico e raro a quella persona. È quel che fa Andrés, ad esempio.

Elena, l'amica del cuore, è la compagna di banco rassicurante, quella che ci sarà sempre per condividere le nostre gioie e i nostri dolori, che vive con la giusta spensieratezza la sua gioventù senza per questo andare alla deriva.

Le mamme di Lara ed Elena sono dei personaggi tenerissimi nella loro diversità ed ho colto come un invito, chissà se voluto o no da Chiara, ad amare e a dedicare più attenziome alle nostre mamme della cui vita passata forse conosciamo sola la parte da quando siamo nate noi in poi mentre invece non sono state sempre 'mamme', sono state anche loro figlie, adolescenti, donne e per di più in un'epoca diversa dalla nostra. Come allora hanno vissuto? quali pensieri, speranze, progetti avevano? Sono riuscite a realizzarli? Insomma, sono state felici? e oggi, lo sono ancora?

Elio è un personaggio affascinante; il saggio, il grillo parlante che tutti vorremmo avere per sentirci dire quello che non permettiamo a nessun altro di dirci anche se poi magari facciamo comunque di testa nostra. Elio rappresenta la sicurezza dell'esperienza non invadente.

Questi i personaggi che mi hanno colpito di più.

Poi ci sono i luoghi. L'Assenzio, un locale di Roma (reale o di fantasia?), che a me inevitabilmente ha richiamato il capolavoro di Renoir e poi un luogo reale come Camden a Londra, il quartiere dove si trasferirà Lara.

L'arte è uno degli altri protagionisti e qui Chiara snocciola tutta la sua conoscenza non so se sempre avuta oppure cercata per la stesura del romanzo. A tal proposito mi piacerebbe chiederle come le è venuta in mente la 'performance di videoart in Giappopne'; mi ha fatto troppo ridere nella sua assurdità.

Cosa penso del finale? che è coerente con 'la strategia del fallo e basta', del 'carpe diem' che Lara si è costruita e poi che... può succedere a tutte le età e nelle migliori famiglie! A parte la battuta, Il romanzo finise lasciando al lettore il 'giudizio' o le ipotesi di 'soluzione'.

A chi lo regalerei? ad una nipote giovane (sono i libri come questo quelli che possono essere regalati dalle zie, non dalle mamme ;-) ).

Come mai ho deciso di leggere questo romanzo? perché mi piace come scrive Chiara ma poi perché sapevo che una parte era ambientata a Londra, Chiara abita a Londra e la conosce come le sue tasche; io quando ho saputo del libro avevo già prenotato da tempo la mia prima volta a Londra e quindi, come dire? volevo anticiparmi un po' di quello che avrei visto e poi... sappiate che è proprio da Londra che sto pubblicando questo post! Quindi ovviamente prossimamente su questi schermi vi racconterò della mia Londra :-)

lunedì 19 ottobre 2015

Siena contemporanea: Verso

Siena: Paesaggi contemporanei della fuga

La sistemazione delle installazioni urbane sparse per Siena Contemporanea 2015 ha avuto luogo in concomitanza con l'inizio della Settimana dell'arte e architettura contemporanea con base nella Sala stretta del Complesso Museale Santa Maria della Scala dove Verso ha presentato i propri progetti attraverso Mostre, Talk, Performance, Workshop, Streaming, Collaterali, Movie e Kidslab.

Cerco di spiegarvi meglio di cosa si è trattato e di cosa si tratta.

Verso è un gruppo di lavoro formato da professionisti e associazioni coordinati da Michela Eremita, storica e cridica d'arte contemporanea, uniti in un impegno dedicato e da dedicare allo sviluppo delle arti contemporanee nella città e nel suo territorio.

Verso è nato dai Tavoli degli Stati generali della Cultura voluti dallʼAmministrazione comunale di Siena e si è evoluto quest'inverno con la stesura di un Documento di intenti e incontri settimanali per preparare il programma per Siena Contemporanea.

Ero curiosa, molto curiosa di capire di cosa si trattava. Ho portato dietro con me per tutta la settimana il programma per verificare gli appuntamenti ai quali eventualmente avrei potuto partecipare, impegni di lavoro permettendo.

Sono andata un po' a naso perché non conoscevo i protagonisti del programma. Posso dire che solo a fine evento ho capito il meccanismo di relazione tra i Talk e i progetti grazie anche alla pazienza di Michela Eremita nel farmi entrare in testa che comunque è ancora tutto in nuce, che l'auspicio è che Verso diventi sempre di più un work in progress che garantisca la possibilità di continuità dell'impegno assunto con il Documento di intenti.

Ora veniamo a noi e al progetto di cui vi voglio raccontare perché secondo me c'è della poesia. Ne ho seguito sia la presentazione nel Talk che il Workshop.

Si tratta di Paesaggi contemporanei della fuga. Un progetto ideato dagli architetti Rachele Bonadio (Pisa) e Annunziata De Comite (Siena) dell'Atelier di Paesaggio Arscape iniziato quest'estate con lo scopo di mappare i paesaggi contemporanei (reali o invisibili) della fuga a Siena per creare consapevolezza dei punti strategici della città.

Siena: Paesaggi contemporanei della fuga

Cosa vuol dire in pratica? vuol dire che l'estate scorsa sono stati distribuiti da Arscape dei taccuini (quelli che vedete nella foto e che erano esposti nella Sala stretta in un'installazione) ad un campione di centocinquanta persone tra residenti a Siena e non, lavoratori pendolari, studenti e frequentatori abituali della città chiedendo loro di rispondere alla domanda "Qual è il luogo della fuga nella Siena odierna?"; luogo reale (fisico, legato all'azione della vita quotidiana) o invisibile (legato a uno stato mentale, a una percezione sensoriale, a un ricordo, etc).

Le percezioni soggettive sui luoghi della fuga nella Siena odierna raccolte nei taccuini sono state interpretate in maniera soggettiva dai progettisti di Arscape che hanno poi elaborato una scala di valori.

Siena: Paesaggi contemporanei della fuga

Questi valori sono stati mappati in diversi modi; ad esempio con la mappa fisica di Siena per vedere a colpo d'occhio i raggruppamenti più densi e i punti di fuga rispetto alla distanza di provenienza.
Siena: Paesaggi contemporanei della fuga



Siccome è venuto fuori che molti hanno indicato come elemento di fuga l'acqua che a Siena anche se ce n'è stata sempre poca non è mai mancata, vedi i bottini,  ai progettisti è venuto in mente di mappare i valori in una Siena composta da diverse isole sul mare.

Siena: Paesaggi contemporanei della fuga



Allora, la prima cosa che mi sono chiesta è stata: ma dove ero io quando hanno distribuito i taccuini? mi sarebbe piaciuto tantissimo partecipare.

Ho svelato questo desiderio a Rachele che ha subito provveduto a dotarmi di un taccuino. Il progetto infatti non si è concluso anche perché queste informazioni, queste mappe, potrebbero utilizzarsi in tanti modi e si potrebbe coinvolgere altre categorie.

Ad esempio io ho pensato che mi piacerebbe tantissimo sapere quali sono i luoghi reali e immaginari dei bambini. Sarebbe interessante anche per il mio lavoro, per consigliare meglio le famiglie che soggiornano in albergo.

E poi ci vedrei subito una bella pubblicazione oppure una App interattiva oppure un racconto su Steller.

Non sembra anche a voi che ci sia molta poesia in tutto questo? Sono certa che vi state già chiedendo qual è il vostro luogo della fuga a Siena oppure nella città dove abitate. Che poi, state attenti; il punto di fuga potrebbe essere anche in un altro luogo, eh!, diverso da quello dove vi trovate. E' emerso anche questo dal progetto.

Un altro progetto curioso è stato quello intitolato Imprimersi - Partitura per un muro
Azione partecipata per la creazione di un'opera d'arte collettiva proposto da Fare Mente Locale.

Cito dal cartoncino di presentazione: Imprimersi è un'installazione site relative che vuole essere soprattutto un momento di condivisione e partecipazione dove coloro che visitano ed abitano lo spazio concretizzano la loro esperienza artistica attraverso un gesto comune e familiare. Il partecipante verrà munito di un martello e di un chiodo che pianterà nella posizione e alla profondità che egli stesso desidera. Il gesto di imprimere un chiodo sul muro descrive la propria capacità di abitare uno spazio, che diviene luogo dal momento stesso in cui viene attivato, partecipato e vissuto dalle persone.

In pratica c'era una parete della Sala stretta del Santa Maria puntellata di chiodi piantati a caso; qualcuno ha detto che richiamava le costellazioni. Ogni chiodo è stato numerato, fotografato e man mano postato su Twitter con riportata la professione di chi aveva piantato il chiodo. Lì per lì non avrei partecipato; nessuno mi ha invitato a farlo (approfitto per dire che forse è mancato, in generale, un servizio di accoglienza al visitatore). Poi un'amica più spigliata di me ha chiesto di cosa si trattava e ci siamo lanciate. Ecco il mio chiodo!
Nota: metto anche la foto tante volte il twit scomparisse ;-)

#0249 #imprimersi #segretaria

La location scelta per l'ultimo Talk di questa Settimana del Contemporaneo, Estetica del buio, sull'opera Stato di grazia (un anno dopo) di Serena Fineschi è stata da sindrome si Stendhal.

Siena: RSVP

Io non immaginavo che a Siena ci fosse un posto così; e infatti non riuscivo ad associare niente all'indirizzo riportato sull'invito che pure è centralissimo: Piazza Postierla.

Ne scrivo qui con disinvoltura (ho avuto un primissimo scrupolo perché di casa privata si tratta) perché, ripensandoci mentre tornavo a casa, mi è tornato in mente RSVP, il progetto indipendente di cultura e partecipazione di qualche anno fa che praticamente apriva le case private di Siena all'arte contemporanea. Tra queste c'era anche quella della collezionista d'arte contemporanea Lucia Cresti, quella appunto dove siamo stati l'altra sera. Lei una padrona di casa perfetta e la sua casa parla da sola.

Come ho detto a Michela Eremita, mi auspico anch'io che Versus possa continuare il percorso intrapreso e che possa contare sul sostegno dell'Amministrazione comunale. Ma se anche ciò non fosse possibile, credere nel progetto fino a trovare uno sponsor o qualche alternativa per le risorse finanziarie.

domenica 18 ottobre 2015

Clet Abraham su Sorride Siena

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Sorride Siena, la Citymoticon sulla facciata di Palazzo Pubblico di Siena dello street artist francese Clet Abraham trapiantato a Firenze da quasi vent'anni,  sarà visibile fino al 31 dicembre 2015.

Vi ho già anticipato qualcosa su questo intervento nell'ultimo post, quello sulle Installazioni urbane per Siena Contemporanea 2015.

Sempre in quel post vi avevo anticipato di aver chiesto un'intervista a Clet e che se avesse risposto gli avrei dedicato un post. Ebbene, l'ha fatto!

Prima però, per recuperare il Chi, Cosa, Quando, Dove e Perché di questa installazione che ha suscitato reazioni contrastanti nei senesi, vi riporto alcuni stralci della Delibera del Consiglio Comunale di Siena n. 228 del 10/6/2015* dove si legge che:

- Il programma di Siena Capitale Italiana della Cultura 2015 costituisce, per la maggior parte, sviluppo a livello operativo ed esecutivo di tematiche ed attività progettate in fase di elaborazione del Bid book presentato per la candidatura di Siena a Capitale Europea della Cultura 2019

- Il progetto di Clet Abraham "Sorride Siena" riprende una maquette già sviluppata dall'artista proprio del Bid book** di Siena 2019 e ivi pubblicato, e si inserisce nella logica del flagship sull'arte negli spazi pubblici The space between***.
Personalmente ho conosciuto l'arte di Clet quando l'anno scorso ha vivacizzato alcuni cartelli stradali in centro a Siena.

Siena: Clet Abraham

A me strapparono un sorriso. A voi?

E veniamo ora all'intervista di Clet. Gli ho fatto diverse domande sul suo lavoro e su Sorride Siena in particolare. Ebbene, non ha risposto domanda per domanda (e che artista sarebbe, allora? :-) Scherzo!); ma ha sintetizzato le risposte in questo pensiero che riporto parola per parola:

Il sorriso di Siena si inserisce in una ricerca artistica di essenzialità.
Nell'era della comunicazione dominata in particolare modo oggi dall'immagine bisogna sapere creare un linguaggio semplice, universale e di chiaro impatto, senza per questo cadere nella volgarità e la provocazione fine a se stessa.
Una semplice linea nera applicata alla facciata del palazzo comunale non è una traccia invadente, probabilmente qualcuno passerà davanti senza neanche vederla. Ma chi saprà leggere questo segno come il sorriso che umanizza l'intera facciata conserverà stampato in memoria l'espressione di questa figura, insieme all'idea che Siena sa farsi forte del suo antico capitale artistico per comunicare al mondo contemporaneo un messaggio moderno e positivo.
Aggiungerei che il mio lavoro, sia sull'architettura che sui cartelli stradale, si può paragonare ad una ricerca umanistica moderna.
L'obbiettivo è quindi di anteporre sempre l'individuo e la sua dignità umana ai conservatorismi formali e le dottrine generalizzanti.

Clet

Che dire? Io sono strafelice che mi abbia risposto.

E ora, per chi se lo fosse perso, ecco la sequenza dell'installazione dello Smile sulla facciata di Palazzo Pubblico; lavoro che è durata quasi quattro ore.

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Il momento più impegnativo, almeno per chi come me seguiva l'innalzamento dello Smile con le funi: andare oltre la corona dei Medici.

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Uno dei collaboratori di Clet con la maglietta dedicata allo Smile.

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Clet e i suoi collaboratori seguono l'innalzamento dello Smile.

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Palazzo Pubblico sorride e con lui Siena.

Siena, Palazzo Pubblico: Sorride Siena di Clet Abraham

Ora a voi la parola, se vi va. Come vi sembra?

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*     Delibera**   Bid book*** Cito dal flagship The space between: "Colorando, assaporando e riappropriandoci della città a partire dagli 'spazi fra', vogliamo rigenerare gli interstizi urbani e le aree verdi della città, favorendo l'incontro tra le persone e l'arte contemporanea. La trasformazione della città inizia nel momento in cui cambia la visione che ne abbiamo. I palazzi e le strade di Siena sono stati costruiti con pietre e mattoni nel Medio Evo... e sono mutati ben poco da allora! Ma cosa accade nello 'spazio fra'? Siena 2019 vuole incoraggiare le persone a vivere diversamente gli spazi aperti della città."

lunedì 12 ottobre 2015

Siena contemporanea: installazioni urbane

Siena Contemporanea 2015: installazioni urbane

Ogni volta che si parla di arte contemporanea le obiezioni sono: non è arte (rispetto all'arte dei grandi maestri del passato), chiunque avrebbe potuto realizzarlo, non emoziona, è una presa in giro (soprattutto quando si viene a conoscenza del valore commerciale).

Del mio modo di approcciarmi all'arte contemporanea  attraverso la 'consapevolezza' vi ho già parlato nel post sul percorso #InContemporanea all'interno del Complesso Museale Santa Maria della Scala di Siena.

Oggi voglio parlarvi del riscontro di affinità che ho avvertito maggiormente rispetto ad una delle diverse installazioni sparse per Siena contemporanea 2015.

Faccio una brevissima premessa: su Twitter è da circa un anno che seguo un architetto catalano innamorato dell'Italia, Miquel del Pozo Puig,  che ogni domenica alle 22 tiene lezioni su Twitter su come guardare l'arte e su cosa domandare all'arte: il senso della vita e l'enigma della morte, secondo lui; ma non solo, anche secondo Rilke e Tarkovskij, suoi ispiratori.

Due domeniche fa ha ripreso le lezioni esordendo con questa affermazione: "L'arte è il linguaggio che abbiamo creato noi umani per comunicare con l'anima (=la nostra essenza)."

Ecco, questa frase mi è tornata in mente quando mi sono trovata davanti all'opera Open Mind del newyorkese Justin Peyser posizionata nell'Orto de' Pecci (da lontano mi aveva ricordato le sculture di Igor Mitoraj): una testa enorme in acciaio che sembra essere caduta o rotolata da non si sa dove e che al suo interno accoglie l'osservatore mettendogli a disposizione una panchina da dove poter continuare ad osservare l'esterno ma anche a riflettere forse su di se, a meditare (me lo ha ispirato la riproduzione in scala ridottissima della stessa testa che si trova all'interno.)

Siena, Orto de' Pecci: Open Mind di Justin Peyser

Ecco, sarà che pioveva e quindi mi ha fatto anche da riparo; ma io mi sono sentita accolta tutta intera da quest'opera, nel mio corpo e nella mia anima. Queste le mie sensazioni e mi sarebbero anche bastate. Poi, leggendo la didascalia, mi ha colpito questo passaggio:

"La grande testa reclinata varca la soglia della suggestione, va oltre l'architettura del cranio, diventa capanna, tenda, insomma luogo che accoglie. Justin dichiara, così, l'esigenza di costruire un rapporto con i luoghi che non sia la risposta alla mera dimensione geometrica, quanto risposta alla necessità di un'architettura capace di contenere innanzitutto, quale ulteriore prospettiva, il pensiero umano."
Massimo a Bignardi.

Cosa dire delle altre installazioni urbane che ho visto e che saranno esposte fino al 31 ottobre 2015 (qualcuna prima qualcuna dopo) prive di didascalie?

Dunque, la scultura Materialità dell'invisibile #8 dell'armeno Mikayel Ohanjanyan posizionata a Palazzo Sansedoni in Via Banchi di Sotto 34 mi ha fatto tornare in mente due cose:
- la prima: la foto della copertina del romanzo Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli, Einaudi Editore, anche se non l'ho letto. E' stato talmente pubblicizzato sui Social che l'immagine si deve essere depositata in qualche angolino del mio cervello. La foto è di Erwin Blumenfeld; è stata scattata nel 1967 e si intitola Holly Cross (In hoc signo vinces). Si tratta di un sedere (di una donna, di uomo?); ma dall'inquadratura riportata sulla copertina potrebbe sembrare anche un divano.

Siena, Palazzo Sansedoni: Materialità dell'invisibile #8 di Mikayel Ohanjanyan

- la seconda:  la concezione Zen del vuoto 'non come mancanza di ogni cosa ma come la nostra mente decondizionata.' (Claudio Lamparelli) per il fatto che l'originale della scultura era costituito solo dai cavi in acciaio quindi da uno spazio vuoto di cui è rimasto solo un piccolo cubo.

Cosa dire degli animali giganti in plastica atossica e rigenerabile - Cracking art - sparsi per tutta Siena? diciamo che il materiale 'plastica' io lo ricollego ai giocattoli oppure ad oggetti utili per la casa. Potrei mai chiederle del senso della vita o dell'enigma della morte? Da subito non mi hanno convinto fino in fondo ma non capivo perché quindi non mi sono sbilanciata; mi sembrava che la città fosse diventata un parco giochi e poi a Siena gli animali hanno un riferimento forte alle Contrade e il fatto che ne fossero citate solo un paio, e forse anche per caso, mi ha infastidito ancora di più.

Siena, San Domenico: Cracking Art

Sapete quando ho iniziato a guardarli in maniera diversa? Quando ho visto i bambini divertirsi a salire sopra alle Chiocciole, ad esempio. Stupendi! Devo anche riconoscergli l'aspetto 'didattico' perché ho imparato il nome di quelli che a me sembravano dei ratti giganti: suricati ;-)

Le donnine paffute e leggiadre di Civil Happiness del cinese Xu Hong Fei, anche queste sparse per le piazza di Siena e della periferia, mi hanno trasmesso gioia e leggerezza. Ovviamente mi hanno fatto venire in mente Botero ma anche le lottatrici di sumo. Quelle in Piazza San Francesco mi sono sembrate delle pin up formose particolarmente 'osé' ;-) Tutte comunque mi hanno suggerito un modo di affrontare la vita: con ironia.

Siena, La Lizza: scultura di Xu Hong Fei

Lo Smile di Abraham Clet, sulla facciata di Palazzo Pubblico, nella sua 'eleganza' (avrebbe potuto colorarlo di rosso, di giallo e vi assicuro che ho sentito in Piazza del Campo qualcuno che si aspettava un sorriso giallo) mi ha fatto tornare in mente la mia insegnante di Yoga quando in tutte le 'asane' (posizioni), soprattutto in quelle più impegnative, ci ricorda di 'sorridere'.

Siena, Palazzo Pubblico: Smile di Abraham Clet



"Siena ha bisogno di riscatto – ha detto Clet -. Come Firenze, e come molte altre città storiche, Siena è ancora ancorata al suo passato, a tratti conservativa e bloccata. La mia opera vuole essere un gesto semplice di modernità, semplice e leggero – ha concluso l’artista -. Il messaggio è proprio questo: se Siena riesce a essere moderna può sorridere».

Ho seguito in diretta le operazioni dell'installazione e Clet mi è sembrato rispettoso di Siena.

Quando qualche tempo fa a Siena comparvero i suoi sticker a vivacizzare i cartelli stradali, dopo pochi giorni furono tolti non si sa da chi. Questo smile è stato autorizzato dal Comune quindi dovrebbe durare un po' di più.

Gli ho chiesto un'intervista sulla Citymoticon di Palazzo Pubblico e sulla sua arte. Se accetta e risponde alle  mie domande, pubblicherò ovviamente le sue risposte in un post dedicato.

Le sedute, i luoghi (dieci in tutto) di Autori Vari nel Parco Urbano di Pescaia mi hanno conquistata proprio per il loro destino di 'luoghi'. Chi non ha mai provato il piacere di sedersi su una panchina per leggere un bel libro o per ammirare un paesaggio, per scambiare due o più parole con qualcuno magari anche sul senso della vita e della morte, per darsi un bacio o scambiarsi una carezza? Oppure, chi non ricorda la panchina di Forrest Gump? Alcune panchine custodiscono anche la memoria di momenti significativi della nostra vita. Certo, sono luoghi anche per lasciarsi o per ricevere notizie dolorose. Se ciò dovesse accadere nelle 'sedute' di Pescaia credo che troveremmo un pochino di consolazione nella poeticità che esse comunicano.

Siena, Parco Urbano di Pescaia: Mauro Berrettini per Le sedute, i luoghi.

Siena, Parco Urbano di Pescaia: Jean-Paul Philippe per Le sedute, i luoghi.

Siena, Parco Urbano di Pescaia: Nado Canuti per Le sedute, i luoghi.

Siena, Parco Urbano di Pescaia: Pietro Cascella per Le sedute, i luoghi.

L'installazione mi ha anche fatto scoprire  questo parco che a dir il vero snobbavo a priori per la posizione e invece è immerso nel verde ed è attrezzato con barbecue, giochi per i bambini, attrezzi ginnici per gli adulti, campo per i cani e pista ciclabile. Non sembra di essere a Siena perché non si vede neanche la punta di un campanile però è un luogo piacevole e l'ho aggiunto al post sulle Cose da fare gratis a Siena.

Delle altre opere che ho visto grazie al servizio di shuttle che nella Giornata del Contemporaneo  percorreva tutti i luoghi di Siena contemporanea 2015 e dintorni, purtroppo non sfruttato da nessun altro oltre a me e a due operatori che erano con me, non sono riuscita a capire se hanno comunicato con la mia anima oppure no perché pioveva, era buio e forse verso la fine del giro ero anche un po' assuefatta.

Mi è sembrato di provare inquietudine nei confronti del quadro Il Buon Governo, oggi di Luca Baroni soprattutto per il fatto che si trovasse in una Casa di riposo, quella del Campansi; ma riguarderò con calma le foto e magari cercherò qualche notizia d'approfondimento.

L'opera di Massimo Lippi ad Isola d'Arbia mi ha spiazzata. Dal titolo, Il vento dell'ora delle dodici, mi aspettavo una scultura in marmo forse perché mi era venuta in mente la rosa dei venti e invece mi sono ritrovata davanti un tronco spezzato circondato dalle sue schegge. Ho capito che era quella l'opera perché c'era la didascalia... Forse una maggiore suggestione l'opera la trasmette se guardata di giorno, almeno a me che amo le opere di di Giuseppe Penone, potrebbe.

A Taverne d'Arbia un'opera era stata distrutta dalla pioggia, la Pista dei barbieri costruita con il tufo, e le altre due Arco-baleno e Geometrie magnetiche non erano illuminate. Mi ha fatto però piacere essere stata avvicinata dall'artista, il venticinquenne Agostino Lippi, che mi ha spiegato le sue opere.

Insomma la mia conclusione è che può capitare che un'opera d'arte contemporanea comunichi con la mia anima e non faccia solo 'rumore' (è quanto sostiene Miquel del Pozo Puig). Ora ne ho la prova o riprova. Per le altre mi può rimanere il desiderio di approfondire il pensiero dell'autore oppure di lasciarle andare. Non sono una docente di storia dell'arte per cui non sono tenuta a sapere anche le cose che non destano in me la voglia di approfondire.

Come se non bastasse, alla fine di tutte queste mie impressioni mi torna in mente il dialogo tra Alijosa e Ivan de I Fratelli Karamazov che sto rileggendo:

- Ivan: Amar la vita più che il senso della vita?
- Alijosa: Proprio così, amarla più della logica, come dici tu, proprio più della logica, e allora soltanto ne afferrerai anche il senso. Ecco quello che da tempo mi passa per il capo. Metà del tuo cammino, Ivan, è adempiuto ed assicurato: tu vuoi vivere. Adesso devi occuparti della seconda metà, e sei salvo.

Dopo di che mi si riconfondono le idee e mi chiedo se forse non sia il caso di andare a rileggermi il piccolo volume 'Perché certe cose sono opere d'arte?' a cura di Maurizio Ferraris pubblicato come supplemento da la Repubbica qualche anno fa.

Ora sarei curiosa di sapere voi come vi ponete nei confronti dell'arte contemporanea e, se siete di Siena, come state vivendo questo Museo diffuso temporaneo.

lunedì 5 ottobre 2015

Il metodo KonMari del riordino

Il metodo KonMari del riordino

Domenica trentuno agosto ho dato il via a casa mia al 'festival del riordino' dopo aver divorato in un giorno il manuale 'Il magico potere del riordino. Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita' di Marie Kondo a seguito di una per me convincente recensione di Alessandra, autrice del blog Una lettrice nonché cultrice a trecentosessanta gradi dell'argomento 'decluttering' e cioè l'azione di lasciar andare. Nel suo blog trovate già molti post sull'argomento.

Per me è stata come una folgorazione sulla via di Damasco, credetemi. Vi racconto come mai.

La premessa dalla quale parte la Kondo è che nel momento in cui sentiamo la necessità di riordinare la nostra casa straripante di oggetti (e io era da un po' che avvertivo questa necessità) realizziamo di aver trasformato gli ambienti in 'ripostigli' anziché in 'spazi ideali per realizzare il nostro stile di vita ideale'. Quasi non ci capacitiamo di questa rivelazione, galeotti i mille, svariati e accattivanti contenitori incastrati in ogni dove in casa nostra che ci illudono di aver messo in ordine mentre invece hanno finito per soffocarci. Quasi una specie di horror vacui.

Come mai accumuliamo tutti questi oggetti indiscriminatamente anche quando hanno esaurito il loro scopo? Personalmente per una sorta di senso di colpa, di quel 'buttare via è uno spreco' inculcatomi da bambina. Ammonimento che comunque ha un suo perché e cioè i tempi di guerra che è toccato vivere ai miei genitori e quindi d'incertezza. Almeno io me lo spiego in questo modo. E anche il senso di colpa per le ore di lavoro che ci sono volute a me o a chi mi ha fatto un regalo per potermi/si permettere di acquistare un determinato bene. Anche questo ha un suo perché, secondo me, è cioè il fatto che il lavoro sembra essere diventato quasi un privilegio e io è come se buttando via le cose non riconoscessi il giusto valore al mio o altrui lavoro; per non parlare poi dei sensi di colpa per i sentimenti infranti del donatore qualora venisse a sapere del misfatto.

Ebbene, io avevo bisogno di liberarmi da questi sensi di colpa e c'è riuscita in questo la Kondo con il suo manuale persuadendomi in maniera convincente del fatto che non è un male buttare via ciò di cui non ho più bisogno quando la cosa ha esaurito il suo scopo sia che io l'abbia usata fino allo sfinimento sia che non l'abbia mai usata (questo concetto è fondamentale), che lo scopo dei regali è di 'essere ricevuti' e se decidiamo di buttarli via perché non ci piacciono non è che insieme buttiamo via anche la gioia che ha accompagnato il riceverli; ma soprattutto, ed è questo uno dei punti cardini del metodo della Kondo, che lo scopo di un 'festival del riordino' è quello di conservare le cose dalle quali voglio essere circondata in casa perché mi fanno stare bene in quanto contribuiscono a realizzare il mio stile di vita ideale 'oggi'; stile di vita ideale che la Kondo invita a visualizzare prima di dare inizio all'evento 'riordino'.

La Kondo nel suo manuale non solo ci svela il segreto 'operativo' che ci permette di setacciare e buttare via con discernimento e senza traumi vestiti, libri, carte, oggetti vari fino ai ricordi e alle fotografie; ma anche il segreto 'salva spazio' per sistemare ciò che vogliamo conservare senza necessariamente acquistare mobili o contenitori vari. Tutto questo in un'unica volta e nel minor tempo possibile per far subito esperienza di benessere. Certo, la mia casa è piccina e questo desiderio di riordino in qualche modo lo covavo da tempo quindi ho avuto le idee abbastanza chiare su cosa buttare via e cosa conservare e quindi un mese è stato sufficiente; ma il tempo medio breve che intende la Kondo è di sei mesi.

Non starò qui a svelarvi le sue carte vincenti; ma posso testimoniarvi che è stato un divertimento dare vita a questo 'evento' conclusosi il primo ottobre quando gli operatori ecologici hanno ritirato il materiale ingombrante che occupava inutilmente spazio nella mia cantina. Mi sono liberata di tante cose (e dire che pensavo di averlo fatto abbastanza durante l'ultimo trasloco dieci anni fa come avevo già accennato nel post sul Manuale di pulizie di un monaco buddista; ma era l'approccio di base che non era corretto). Volete qualche dato? ventiquattro sacchi neri da condominio + materiale elettrico + materiale ingombrante.

Mi sento più leggera, e come! Sento più leggero anche il mio cuore perché dopo essermi liberata di tutte queste cose mi è rimasto un senso di gratitudine per quanto ricevuto dagli oggetti acquistati o ricevuti in dono che ora ho lasciato andar via perché hanno esaurito il loro scopo.

Ho parlato del metodo Kondo con alcune persone che hanno letto il libro o che sentono il bisogno di fare un po' di spazio in casa e ho capito che ciò che crea maggior turbamento è quel 'buttare via' invece di 'regalare'. La Kondo affronta anche questa alternativa con i suoi pro e i suoi contro; ma secondo me il turbamento in chi non ha letto il libro nasce perché ci si immagina quel buttare via in maniera scriteriata e rabbiosa e invece non è così, anzi. Con qualcuno comunque il confronto va avanti anche perché ci sono dei momenti durante il 'riordino' in cui si può aver bisogno di sostegno e io volentieri offro il mio.

Prima di concludere un'ultima cosa; secondo la Kondo dopo questo 'festival del riordino' avremo sempre la casa in ordine e cambierà anche la nostra mentalità e quindi anche il modo di fare acquisti e io le do fiducia perché sta già accadendo qualcosa del genere in me e in futuro potrei rendervi partecipi di attività conseguenti questo cambiamento, chi lo sa.

Fare ordine è un dialogo con voi stessi attraverso gli oggetti: confrontarsi pazientemente con le proprie cose e chiedersi, una per una, se ci fanno scattare una scintilla di emozione.
Marie Kondo


PS: come mai, vi starete forse domandando, ho messo la foto di un tronchetto della felicità per illustrare questo post? Perché per sancire questo cambiamento importante mi sono fatta un regalo insolito, una pianta. Ebbene sì, è sempre mancato questo 'articolo' in casa mia. L'idea me l'ha data mia sorella. Lei lo ha fatto un po' per prendermi in giro facendo riferimento alla scena di un film di cui però non ricorda il nome :-( Io invece l'ho presa sul serio e devo ammettere che il mio tronchetto della felicità si è già conquistato un posto nella realizzazione del mio stile di vita ideale :-)