giovedì 28 agosto 2014

Giuseppe Penone. Prospettiva Vegetale.

Firenze, Giardino di Boboli e Forte di Belvedere
Fino al 5 ottobre 2014

Il colpo di fulmine con l’opera di Giuseppe Penone l’ho avuto nel 2011 quando andai al MAMbo di Bologna in occasione di una Mostra sull’Arte Povera (corrente nata nel 1967 che rivendica la ‘fisicizzazione di un’idea’ cit.  Marco Celant)

Due le opere-idee che mi folgorarono e cioè:

Alpi Marittine Fotografia 1968 L’albero ricorderà il contatto con il mio corpo. Continuerà a crescere tranne in quel punto.

Immagine presa da qui

Trattenere 17 anni di crescita.

Giuseppe Penone: Trattenere 17 anni di crescita
Immagine presa da qui

La folgorazione portò a volerne sapere di più e quindi ad acquistare il libro
Giuseppe Penone
scritti 1968-2008
a cura di Gianfranco Maraniello e Jonathan Watkins.

Negli anni ho avuto modo di vedere alcune/troppo poche opere della produzione di Penone per cui quando ho saputo di questa Mostra mi si è aperto il cuore e finalmente domenica scorsa sono riuscita ad andarci.

Le opere di Penone si integrano pienamente e volutamente con il paesaggio circostante e il Giardino di Boboli e il Forte di Belvedere di Firenze sono due location adeguate e molto suggestive.

Io vi racconterò qui il percorso che ho fatto accompagnandolo dagli scritti di Penone. Non so se sia quello proposto dagli organizzatori della Mostra ma ne sono rimasta soddisfatta.

Sono entrata al Giardino di Boboli dall’ingresso di Porta Romana quindi dalla punta estrema del Giardino e, aiutandomi con il depliant chiesto in biglietteria (il Giardino è talmente grande che avevo paura di perdermi qualcosa)  ho iniziato questa caccia al tesoro. Il percorso è tutto in salita quindi è stato come fare una specie di trekking.

La logica del vegetale, 2012
bronzo, alberi
lunghezza totale 17 metri

Giuseppe Penone: La logica del vegetale, 2012

Un albero divelto è la prospettiva orizzontale dello sguardo, contrapposta
alla verticalità del suo essere. Le radici sollevate svelano l’intreccio della loro
esistenza e l’ermetica economia della loro struttura-scrittura.



1998


E’ stata un’esperienza da pelle d’oca scorgere le radici di questo albero imponente con tutta la sua mole e avanzare per poterlo abbracciare con lo ‘sguardo orizzontale’.

Biforcazione, 1991
bronzo, acqua
233x360x1060

Giuseppe Penone: Biforcazione, 1991

Giuseppe Penone: Biforcazione, 1991

…assetato, giunse alla sorgente; per berne l’acqua si avvicinò
alla tazza ancorata con una catena di pietra;
il manico della tazza conservava l’impronta in rilievo della mano dell’artefice
e impugnandola avvertì il leggero disagio provocato
dal sottile cambio d’identità;
ciò lo rese cosciente del processo d’identificazione che stava avvenendo.
L’artefice con quell’impronta aveva determinato, previsto ed indicato
le prese successive costringendo l’assetato ad impugnare la tazza
dove lui l’aveva impugnata: era il tentativo di far assumere
la forma della sua mano e della sua pelle a chi usava la tazza.

1974

Anche qui grande emozione quando mi sono accorta dell’impronta della mano sull’opera. 

Mi è tornata subito in mente la Fotografia che ho citato all’inizio. Mi ha indispettito molto quel ‘vietato toccare’ riportato da per tutto, mi è sembrata una contraddizione anche rispetto alla poetica di Penone. 

Stavo per sovrapporre la mia mano all’impronta ma c’era un bambino che, rivolgendosi alla mamma anche lei evidentemente  con il mio stesso desiderio, continuava a ripetere che era vietato toccare….

Avrei potuto svelargli la verità della necessità dell’eccezione che conferma la regola ma mi è sfuggito l’attimo e ho fatto la brava anch’io.

Luce e ombra, 2011
bronzo
1200x300x300

Giuseppe Penone: Luce e ombra, 2011

Un bell’effetto scorgerlo dall’alto anche perché come quinta ha l’anfiteatro di Palazzo Pitti (in questa foto dietro alle mie spalle)

Anatomia, 2011
marmo bianco di Carrara
310x172x156

Giuseppe Penone: Anatomia, 2011

Qui ho infranto le regole e ho ‘toccato’ il marmo.

Pelle di marmo, 2001
marmo bianco di Carrara
5 elementi (ciascuno ) 235x120x5

Giuseppe Penone: Pelle di marmo, 2001

La pelle è limite, confine, realtà di divisione,
il punto estremo in grado di addizionare, sottrarre, dividere, moltiplicare,
annullare ciò che ci circonda, il punto estremo in grado di avvolgere
fisicamente estensioni enormi, contenuto e contenitore.
La mobilità permette all’uomo di contenere una grande quantità di cose
con la stessa pelle in momenti diversi e continui,
con il contatto, l’impressione, la conoscenza,
la scoperta, la presa, la repulsione…
azioni che sono un continuo sviluppo o svolgimento
della propria pelle su altre cose o su se stessa.

1970

Sentiero 6, 1986
bronzo, alloro
dimensioni dell’opera smontata
175x52x178

Giuseppe Penone: Sentiero 6, 1986

Giuseppe Penone: Sentiero 6, 1986

Il sovrapporsi di passi produce il sentiero.
Il sentiero segue l’uomo, è la durata tra il passaggio dell’uomo
e il momento in cui si perde l’effetto del suo passare.
Il sentiero è la memoria della scultura ma il ricordo
la tradizione che ritraduce l’accaduto
di generazione in generazione, la maestria
sono spesso cattivi elementi musali.
E’ un buon sentiero quello che si perde nella macchia, che si richiude di colpo
con i suoi arbusti alle spalle del viandante senza dirci
se è colui che lo traccia per primo, o l’ultimo di quelli che lo percorrono.
Il sentieri scomparso è quello da percorrere,
il fine è perdere il sentiero per ritrovarlo e ripercorrerlo.
Per questo occorre avere cura della selva vergine, degli arbusti,
del sottobosco, della nebbia. La lucidità del sentiero ben tracciato è sterile.
Trovare il sentiero, percorrerlo, sondarlo scartandone i rovi è la scultura.

1976

Non è stato semplice scorgere quest’opera e quindi la gioia della scoperta è stata ancora più entusiasmante. E poi è rivolta verso un panorama splendido di Firenze; mi sembrava di essere in un angolino di Central Park, almeno così come si vede in alcuni film tipo La leggenda del re pescatore.

Uscita dal Giardino di Boboli sono sbucata in un parcheggio, non ho ben capito se per tutti o per qualcuno, dove subito sulla destra ad aspettarmi c’era quest’opera di Penone:

Anatomia, 2011
marmo bianco di Carrara
305x220x175

Giuseppe Penone: Anatomia, 2011


Da qui poi sono entrata nel Forte di Belvedere e, dopo essermi ripresa un attimo dalla meraviglia dell’architettura rinascimentale che mi si offriva alla vista, ho iniziato il percorso, questa volta tutte bene  in vista, delle opere di Penone.

Spazio di luce, 2008
bronzo, oro
8 elementi, dimensioni totali
250x2000x180 cm circa

Giuseppe Penone: Spazio di luce, 2008

Giuseppe Penone: Spazio di luce, 2008

La prima associazione che mi è venuta da fare con quest’opera è stata con un gigantesco binocolo.

Idee di Pietra, Ciliegio, 2011
bronzo, pietre di fiume
1370x400x400 cm

Idee di Pietra – 1532 kg di luce, 2010
bronzo, pietre di fiume
ingombro totale 1000x520x540

In bilico, 2012
bronzo, pietra di fiume
1000x500x200

Giuseppe Penone: Idee di Pietra

Giuseppe Penone: Idee di Pietra

Idee di Pietra

Che cosa è un’idea che appare all’improvviso o dopo una lunga riflessione
nello spazio senza forza di gravità della mente?
Un’idea che si è formata sommando gli innumerevoli pensieri precedenti,
levigata dallo scorrere del tempo, compatta dal peso dei ricordi,
incrinata dai dubbi e dalle incertezze che si insinuano tra i pensieri separandoli?

E’ una pietra di fiume che appare tra i rami di un albero.

Una pietra sospesa tra i rami di un albero, separata dal suolo da una struttura
che non è terra e non è aria, pietra che sta tra la forza di gravità e la forza
di attrazione della luce.
Un pensiero racchiuso in un sasso di fiume.

Un pensiero con la forma di un cranio.
I sassi nel letto del fiume come pietre di strade coperte dai passi dell’uomo.
Passi che spingono i semi nel suolo, semi che spingono le foglie nel cielo.
I passi sono foglie nel vento.
I sassi sono crani nel suolo.
Il mio cranio è una pietra sospesa.

Un pensiero di tre tonnellate sospeso tra i rami di un albero.

2005

Albero folgorato, 2012
bronzo, oro
1000x200x200

Giuseppe Penone: Albero folgorato, 2012

Quest’opera mi è apparsa sofisticata e ancestrale al tempo stesso. Sofisticata per l’oro e ancestrale perché il calco è stato fatto da un albero colpito da un fulmine.

Le foglie delle radici, 2011
bronzo, acqua, vegetazione, terra
944x260x300 cm

Giuseppe Penone: Le foglie delle radici, 2011

Mi ha suscitato tenerezza l’alberello ‘vero’ in cima a quest’albero finto capovolto. Dice la didascalia: 
In Le foglie delle radici l’artista crea una sorta di immagine speculare delle due piante, dove il luogo di unione tra arbusto e scultura costituisce il punctum denso di senso del lavoro, uno ‘spazio fertile’ da dove si irradia la vita, nodo simbolico di unificazione tra le due forme plastiche.

Questa era l’ultima opera della Mostra.

Rileggendo i suoi scritti non posso che concordare con Penone quando dice che La necessità di elaborare, di capire l’immagine che produco, mi spinge ad annotare dei pensieri che hanno valore compiuto solo accanto al lavoro. 

E' proprio così, per apprezzare le sue opere occorre avere in mente i suoi scritti e la riprova, per me, è data dal fatto che della prima sua opera in assoluto che ho visto quello che mi ha colpito e mi ha illuminato sul senso, è stata la didascalia.

Grazie Firenze, anche se 10 euro per il Giardino di Boboli e 5 euro per il Forte Belvedere sono tanti e l’impossibilità di pagare con carta di credito anacronistico. Altra cosa che non ho capito è come mai le didascalie sono soltanto al Forte.

Un mio desiderio? vedere a Siena una Mostra di Penone.

Uscita dal Forte Belvedere ho imboccato Via San Giorgio per andare incontro all'esuberante, caotico e colorato centro storico di Firenze!

7 commenti:

  1. Grazie per questa "visita virtuale". Penone mi interessa.
    E, se ti piace l'arte che utilizza gli alberi e che gioca con i loro rami, ti consiglio di cercare i lavori di Giuliano Mauri. Lui purtroppo non c'è più… ma ha lasciato qualche segno in giro (che si consumerà, non essendo in bronzo, ma era nei suoi programmi). ML

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    1. Grazie a te del contributo! Sono andata subito a cercare Giuliano Mauri su Google e mi sono ricordata che nella mia wish list c'era la sua Cattedrale vegetale :-)

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  2. Sì, è la sua opera più famosa. L'ho vista agli esordi. Mi chiedo come sarà ora… :-)

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  3. Purtroppo non ho provato le stesse emozioni che tu descrivi ma ritengo che le opere di Penone, sparse in questo percorso, siano molto suggestive. Le "Idee di pietra" sono le mie preferite perché "pensieri di tre tonnellate sospeso tra i rami di un albero" ne abbiamo tutti e tanti.
    Paola C. S.

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    1. Peccato Paola! nel post non potevo riscrivere gli Scritti di Penone, ovviamente. A me colpisce ad esempio anche la riflessione che lui fa sull'uso dei materiali nelle sue opere. L'utilizzo del bronzo per riprodurre l'albero ad esempio non è casuale poiché il bronzo è un materiale che continua a reagire nel tempo agli agenti atmosferici, più o meno come accade con l'albero che per Penone è LA scultura per definizione. Anche il 'respiro' per Penone crea una scultura. Comunque, non voglio convincerti ma solo aggiungere qualche elemento in più sulla sua ricerca artistica che io non ho ancora assimilato ma nella quale trovo spunti di osservazione e di consapevolezza interessanti.

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    2. Ma ho già fatto un grande passo avanti andando a visitare il percorso, no?

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