di David Grossman
Mondadori
2014
Buona sera, buona sera, buona seeeraaa Cesarea, tempio dello spettacolo!!!
Questo è l'incipit di Applausi a scena vuota.
Non amo le barzellette e nemmeno i film comici ma amo David Grossman e quindi ho messo da parte le mie resistenze e mi sono ritrovata in questo locale, questo night club per assistere allo spettacolo di cabaret del comico Dova'le, il protagonista/mattatore di questa storia.
Non è una sera come le altre, no; oggi è il cinquantasettesimo compleanno di Dova'le e per l'occasione egli ha deciso di farsi aiutare ad individuare il suo... luz? Anche se qui Grossman non lo chiama in questo modo, mi piace credere che abbia avuto in mente questo concetto che è uno dei temi principali di Che tu sia per me il coltello.
A tal proposito, siccome solo Dova'le sa quale indirizzo darà al suo spettacolo quella sera e prevedendo che non tutti rimarranno fino alla fine -ha infatti una lavagnetta dove traccia delle righe ogni volta che qualcuno esce- per garantirsi la presenza di qualcuno che lo ascolti fino in fondo e sopratturro che sia in grado poi di riferirgli sulla sensazione che la gente percepisce quando mi vede, quando mi guarda... quello che trasmetto, capisci?(...) Quella cosa che una persona trasmette senza rendersene conto, che forse è l'unica al mondo a possedere contatta l'unica persona in grado di farlo, il suo amico d'infanzia Avishai, giudice in pensione, perché assista.
Con riluttanza, anche perché si erano persi di vista dai tempi dell'adolescenza, l'amico decide alla fine comunque di accettare l'invito. Il disagio iniziale, l'imbarazzo per Dova'le che sembra abbia deciso di alleggerirsi proprio quella sera del magone che lo accompagna dall'adolescenza, da un preciso giorno della sua adolescenza quando ha assistito al primo funerale della sua vita, fa venir voglia all'amico di uscire dal locale perché non capisce dove Dova'le voglia andare a parare e perché è una storia drammatica, tragica che non interessa al pubblico che è venuto qui per distrarsi, per ridere.
Non è solo questo però che fa sentire a disagio il giudice; ma anche il tradimento che da quella storia, che ora capisce riguarda anche lui, torna a galla in cerca di perdono reciproco perché entrambi ne hanno bisogno.
Dova'le ha bisogno di raccontare come sono andate le cose, come le ha vissute lui e come questo lo abbia profondamente segnato per poter tornare ad essere.
Con qualche pennellata Grossman parla anche della tragedia dell'olocausto attraverso la mamma di Dova'le mentre il babbo è presentato come un uomo semplice che ama la sua famiglia anche se è incapace di esternare i propri sentimenti.
Quasi come a bilanciare la figura del padre troviamo quella dell'autista che mi ha ricordato il film La vita è bella. Chissà se Grossman lo ha visto il film di Benigni. Il tratto di strada percorso in macchina da Dova'le e l'autista, il tempo preparatorio per l'inevitabile, riecheggia la gita che Orah aveva programmato di fare con suo figlio e che lei decide di fare lo stesso in A un cerbiatto somiglia il mio amore.
Un senso di sollievo nel finale per l'amico ritrovato e la possibilità di poter essere finalmente perché nella vita tutto succede due volte.
Un senso di sollievo nel finale per l'amico ritrovato e la possibilità di poter essere finalmente perché nella vita tutto succede due volte.
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