venerdì 28 novembre 2014

Applausi a scena vuota

Applausi a scena vuota di David Grossman


di David Grossman
Mondadori
2014

Buona sera, buona sera, buona seeeraaa Cesarea, tempio dello spettacolo!!! 

Questo è l'incipit di Applausi a scena vuota.

Non amo le barzellette e nemmeno i film comici ma amo David Grossman e quindi ho messo da parte le mie resistenze e mi sono ritrovata in questo locale, questo night club per assistere allo spettacolo di cabaret del comico Dova'le, il protagonista/mattatore di questa storia. 

Non è una sera come le altre, no; oggi è il cinquantasettesimo compleanno di Dova'le e per l'occasione egli ha deciso di farsi aiutare ad individuare il suo... luz? Anche se qui Grossman non lo chiama in questo modo, mi piace credere che abbia avuto in mente questo concetto che è uno dei temi principali di Che tu sia per me il coltello.

A tal proposito, siccome solo Dova'le sa quale indirizzo darà al suo spettacolo quella sera e prevedendo che non tutti rimarranno fino alla fine -ha infatti una lavagnetta dove traccia delle righe ogni volta che qualcuno esce- per garantirsi la presenza di qualcuno che lo ascolti fino in fondo e sopratturro che sia in grado poi di riferirgli sulla sensazione che la gente percepisce quando mi vede, quando mi guarda... quello che trasmetto, capisci?(...) Quella cosa che una persona trasmette senza rendersene conto, che forse è l'unica al mondo a possedere contatta l'unica persona in grado di farlo, il suo amico d'infanzia Avishai, giudice in pensione, perché assista.

Con riluttanza, anche perché si erano persi di vista dai tempi dell'adolescenza, l'amico decide alla fine comunque di accettare l'invito. Il disagio iniziale, l'imbarazzo per Dova'le che sembra abbia deciso di alleggerirsi proprio quella sera del magone che lo accompagna dall'adolescenza, da un preciso giorno della sua adolescenza quando ha assistito al primo funerale della sua vita, fa venir voglia all'amico di uscire dal locale perché non capisce dove Dova'le voglia andare a parare e perché è una storia drammatica, tragica che non interessa al pubblico che è venuto qui per distrarsi, per ridere.

Non è solo questo però che fa sentire a disagio il giudice; ma anche il tradimento che da quella storia, che ora capisce riguarda anche lui, torna a galla in cerca di perdono reciproco perché entrambi ne hanno bisogno.

Dova'le ha bisogno di raccontare come sono andate le cose, come le ha vissute lui e come questo lo abbia profondamente segnato per poter tornare ad essere. 

Con qualche pennellata Grossman parla anche della tragedia dell'olocausto attraverso la mamma di Dova'le mentre il babbo è presentato come un uomo semplice che ama la sua famiglia anche se è incapace di esternare i propri sentimenti.

Quasi come a bilanciare la figura del padre troviamo quella dell'autista che mi ha ricordato il film La vita è bella. Chissà se Grossman lo ha visto il film di Benigni. Il tratto di strada percorso in macchina da Dova'le e l'autista, il tempo preparatorio per l'inevitabile, riecheggia la gita che Orah aveva programmato di fare con suo figlio e che lei decide di fare lo stesso in A un cerbiatto somiglia il mio amore.

Un senso di sollievo nel finale per l'amico ritrovato e la possibilità di poter essere finalmente perché nella vita tutto succede due volte.

giovedì 6 novembre 2014

Conoscete la causa della vostra ricerca?

Ritratto continuo di Francesca Montinaro
"Vi prego di non dare una risposta superficiale, perché allora vi rendereste solo ciechi di fronte alla realtà. Di sicuro, se andate a fondo dentro di voi, vi accorgerete che cercate perché c’è in ognuno di noi un senso di isolamento, di solitudine e di mancanza; c’è un vuoto interno che nulla può riempire. Potete fare ciò che volete: svolgere un buon lavoro, meditare e identificarvi con la famiglia, il gruppo, la razza o la nazione, ma saranno ancora lì quel senso di mancanza, quel vuoto che nulla può colmare, quella solitudine che nulla può eliminare. E’ questa la causa della nostra ricerca incessante, non è così? Non ha importanza se usate nomi diversi: in profondità, dentro ognuno, c’è questo senso di vuoto, di solitudine e di estremo isolamento. Se la mente riesce ad addentrarsi in questo vuoto e a comprenderlo, forse allora sarà in grado di trovarvi una soluzione.

In qualche occasione, forse camminando o sedendo da soli in una stanza, dovete aver fatto esperienza di questo senso di solitudine, della sensazione insolita di essere tagliati fuori da tutto: dalla famiglia, dagli amici, dalle idee e dalle speranze; allora avrete provato la sensazione di non avere più alcuna relazione con le cose e le persone. Senza aver penetrato tutto questo, senza averlo veramente vissuto e compreso, la mente non può risolvere questa sensazione.

Tramonto a Scansano
Penso che ci sia differenza tra il sapere qualcosa e il farne esperienza. Probabilmente sapete del senso di solitudine per averne sentito parlare o per averne letto, ma il sapere è completamente diverso dallo stato in cui si fa esperienza. Forse avete letto molto, avete accumulato molte esperienze e sapete dunque molte cose, ma questa conoscenza non è la vita. Se siete artisti, pittori per esempio, ogni linea e ogni ombra significano qualcosa. Siete sempre in osservazione: controllate il movimento e la profondità delle ombre, la piacevolezza di una curva, l’espressione di un volto, il ramo di un albero e i colori dell’insieme; siete vivi nei confronti di ogni cosa. La conoscenza non può offrirvi questa percezione, questa capacità di sentire e fare esperienza di quel che vedete. Fare esperienza è una cosa diversa dalla semplice esperienza. L’esperienza, la conoscenza, è una cosa del passato che procede sotto forma di ricordo, ma fare esperienza è una percezione viva dell’istante attuale, è una vitale consapevolezza della bellezza, della tranquillità e della straordinaria profondità del momento presente. Allo stesso modo bisogna essere consapevoli della solitudine; si deve sentirla, fare un’autentica esperienza di questo senso di totale isolamento. Se si è capaci di fare esperienza di questo sentimento, ci si renderà conto di quanto sia difficile conviverci. Non so se abbiate mai vissuto insieme al tramonto."


tratto da
La rivoluzione comincia da noi
J. Krishnamurti
Ubaldini Editore