GENERE: Drammatico
REGIA: Marco Bellocchio
ATTORI: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa
ANNO: 2012
Chi di noi, durante quei giorni di Febbraio 2009, non ha interpellato la propria coscienza e si è chiesto ‘io, cosa farei se mi trovassi nella situazione del babbo di Eluana’ e ancora ‘io, cosa vorrei per me se mi trovassi nelle condizioni di Eluana?’
A distanza di tre anni da quella vicenda che si risolse da sé -Eluana morì prima che venisse votata la legge che avrebbe impedito ai medici dell'ospedale di Udine, dove Eluana era stata trasferita, di interrompere la sua vita e prima che la sua vita venisse concretamente interrotta- Bellocchio ci ripropone quella vicenda, che si svolse dal 3 al 9 febbraio, attraverso i telegiornali di quei giorni, attraverso il dramma di un senatore del PDL, personaggio d’invenzione, contrario al ‘sì’ che il suo partito gli chiedeva perché già toccato personalmente da un dramma del genere in cui lui, non credente, avrebbe voluto allungare la vita della moglie, tanto l’amava, mentre la moglie cattolicissima gli chiedeva un atto d’amore, di aiutarla a porre fine alla propria sofferenza.
Il caso di Eluana fa da sfondo ad altre storie di pura invenzione del regista che hanno comunque a che fare con il dilemma dell'interruzione della vita in rapporto alle possibilità reali di ricominciare a vivere. Se da una parte Bellocchio, attraverso il personaggio del senatore reso credibile dall'impeccabile interpretazione di Toni Servillo, rifiuta la 'teologia del dolore' riportando anche la frase che Giovanni Paolo II disse in punto di morte 'Lasciatemi tornare alla casa del Padre' quasi a sostegno della condivisibilità della sua posizione dall'altra ci propone la figura del medico che rifiuta il suicidio volontario e salva una giovane tossicodipendente il cui corpo è sano.
Queste storie sono come un invito alla riflessione in un clima stemperato da quello frenetico di quei giorni del 2009:
- l’attrice che decide di lasciare il palcoscenico e gli affetti per dedicarsi esclusivamente alla figlia in coma nella speranza che un giorno questa si risvegli grazie ad un ‘miracolo’ quasi come accadde a Tabita, secondo il Vangelo. Questo personaggio, questa madre, mirabilmente interpretato da Isabelle Huppert, riconoscendo ai ‘santi’ una posizione privilegiata nella possibilità di vedere esaudite le proprie preghiere, si cala nella parte, lei che santa non lo è, ben consapevole che di un interpretazione si tratta perché la sua preghiera non è supportata dalla fede;
- i due fratelli, uno dei quali affetto da qualche sindrome, a favore dell’eutanasia e la figlia del senatore, invece contraria, che si ritroveranno, davanti all’ospedale dove si trova Eluana, a manifestare per difendere le proprie posizioni; nasce l’amore che bruscamente verrà interrotto per via delle posizioni ideologiche opposte ma che permetterà alla ragazza una rilettura del rapporto del senatore con sua moglie e dell'atto finale della loro storia d'amore;
- la ragazza tossicodipendente che sarà salvata dai diversi tentativi di suicidio da un medico che ‘se vede uno che sta per buttarsi dalla finestra, lo ferma’.
Del film mi è piaciuta la figura del senatore, il suo modo di porsi difronte alla morte dolce e mi ha fatto tenerezza la lucida follia della madre-attrice. Le altre due storie mi hanno convinta meno in quanto appena accennate e quindi, dal mio punto di vista, poco credibili.
Siamo destinati alla morte; è anche una battuta del film questa affermazione ed è la verità quindi perché tanto scalpore? mi verrebbe da dire, sia che si accetti l’eutanasia che l’accanimento terapeutico? forse perché rimane comunque qualcosa di insondabile, la morte, che fa paura, soprattutto il momento del ‘trapasso’?
Le domande all'inizio di questo post rimangono aperte, almeno per me, perché ogni storia è personale ma ad esse si aggiunge anche la domanda sul compito che il legislatore deve avere in materia.
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