sabato 21 luglio 2012

Vacanze estive

Destinazione:
mare!

mare


Durata:
due settimane

Giornata tipo:
sveglia, colazione, in spiaggia sul lettino a prendere il sole come una lucertola e, tra un bagno e l'altro, libro e/o scorpacciata di settimanali di gossip che non leggo durante l'anno, pranzo, siesta, di nuovo in spiaggia, cena, dopo cena in famiglia.

Per me questa è la 'vera vacanza relax'; la vacanza di riassestamento sia fisico che mentale. La vacanza slow. La vacanza che mi mette in condizioni ottimali per riprendere il lavoro al mio rientro, solitamente ancora molto impegnativo trattandosi di ospitalità alberghiera in una città d'arte, Siena, dove 'ferragosto' non esiste perché esiste il Palio dell'Assunta che si corre il 16.

Check list:
- costumi e copri costumi
- telo da spiaggia e infradito
- crema solare e dopo sole
- libro
- varietà di pantaloni con magliette in abbinamento
- birkenstock
- tubino nero + sandali
- biancheria intima
- “spazzolino, dentifricio, ciabatte, caricabatterie cel, kit medicinali per paranoici” cit @bnolli
- quello che manca al punto precedente tipo piastra per i capelli
- computer + chiavetta internet

Il tutto da comprimere in un trolley + beauty case + borsa per il computer.
Manca qualcosa? Spero di no; ma se così fosse la compro in loco :-)

E voi? che tipo di vacanza fate d'estate?

mercoledì 18 luglio 2012

L'età forte

L'età forte di Simone de Beauvior


di Simone de Beauvoir
Einaudi editore
Torino


La prima parte di questo secondo volume dell’autobiografia di Simone de Beauvoir racconta degli anni dell’insegnamento, del rapporto con Sartre, dei tanti viaggi fatti anche da sola, dei suoi inizi di scrittrice come anche quelli di Sartre e di quel rapporto particolare che si era istaurato tra lei, Sartre e Olga e che sarà d’ispirazione alla sua opera prima, L’invitata, come racconta lei stessa nel libro.


A pagina 320, l'inizio della seconda parte, Simone afferma:
Fino allora mi ero preoccupata di arricchire la mia vita personale e d'imparare a tradurla in parole; a poco a poco avevo rinunciato al quasisolipsismo, all'illusoria sovranità dei miei vent'anni; avevo acquistato il senso dell'esistenza altrui; ma la cosa che più contava per me erano i miei rapporti personali con gli individui presi uno a uno, e desideravo aspramente la felicità. D'un tratto la Storia mi cascò addosso e scoppiai: mi ritrovai sparpagliata ai quattro angoli della terra, legata con tutte le mie fibre a tutti e ciascuno. Idee, valori, tutto fu sconvolto; la felicità stessa perse la sua importanza. Nel settembre 1939, annotai: 'Per me, la felicità era anzitutto un modo privilegiato di afferrare il mondo; se il mondo cambia al punto da non poter più essere afferrato in quel modo, la felicità non ha più un gran valore.' E ancora, nel gennaio 1941, scrivevo: 'Quanto mi appare limitata l'idea di felicità che avevo un tempo! Essa ha dominato dieci anni della mia vita, ma credo di esserne uscita quasi del tutto'. In realtà non vi sono mai sfuggita del tutto. Piuttosto cessai di concepire la mia vita come un qualcosa di autonomo e di chiuso in se stesso; dovetti riscoprire i miei rapporti con un universo il cui volto non riconoscevo più. Questa è la trasformazione che ora racconterò.


Arrivata all’ultima pagina, la 529, speravo ancora di trovare traccia di questa 'trasformazione' che alla fine ho dedotto essere la presa di coscienza della ‘realtà’ della seconda guerra mondiale e della necessità di fare qualcosa attraverso la scrittura.


Troppe pagine, secondo me, per dire questo senza poi declinare nel concreto.
Forse le mie aspettative erano troppo elevate dopo la lettura del primo volume, Memorie di una ragazza per bene, in cui la ragazza Simone molto lucidamente confessa Le remote questioni sociali m’interessavano assai meno dei problemi che mi concernevano strettamente: la morale, la mia vita interiore, i miei rapporti con Dio; e cominciai a riflettere su questi problemi. condividendo via via nel libro le sue riflessioni cosa che accade molto di rado nel secondo volume essendo questo più ‘descrittivo’; ma non demordo. Leggerò senz’altro gli altri volumi di questa autobiografia, anche se non subito, per trovare la donna Simone già ragazza per bene.

giovedì 5 luglio 2012

La strada che va in città e altri racconti

La strada che va in città diNatalia Ginzburg


di Natalia Ginzburg
Einaudi editore
Torino
2012

Davo un'occhiata alla bacheca di Einaudi Editore su Pinterest e, tra le uscite recenti, la mia attenzione è stata catturata da questo titolo e soprattutto dal commento entusiasta di @tazzinadi grazie alla quale tempo fa ho scoperto anche i Racconti di Salinger.

Si tratta di una ri-pubblicazione degli esordi di Natalia Ginzburg.


Dei suoi libri mi era capitato di sentir nominare solo Lessico famigliare. Questa è la prima volta che la leggo e mi ha subito conquistata per lo stile asciutto e volutamente distaccato e per il realismo delle storie raccontate che mi hanno portata indietro nel tempo, ai primi anni ’80, al paesino abruzzese dei miei genitori dove l’approccio a certe situazioni era ancora come quello raccontato dall’autrice la quale ha scritto questo racconto lungo o romanzo breve mentre si trovava a Pizzoli, un paese in provincia dell’Aquila.

La mia prima reazione rispetto alle storie raccontate è stata di disappunto, poi di sollievo pensando a come è cambiato il mondo, a come sono cambiata anch’io ma anche di sospetto che in qualche paese dell’entroterra abruzzese, e non solo abruzzese, la mentalità rigida descritta dalla Ginzburg sia rimasta ancora tale.

La strada che va in città, scritto nel 1941, è la storia di una gravidanza, seguita passo passo dai suoi antefatti alla sua conclusione, dice Cesare Garboli nell’Introduzione, e il finale, secondo me, libera la protagonista di quell’ultima scintilla di ribellione che le avrebbe dato la forza di cambiare il proprio destino. Ho scritto ‘libera’ perché non credo avrebbe avuto fino in fondo il coraggio di farlo, assuefatta com’era alla morale della società popolare borghese in cui le era capitato di vivere.

Il romanzo è accompagnato da Un'assenza, il primo racconto scritto dalla Ginzburg quando aveva appena 17 anni, Casa al mare del 1937, e Mio marito del 1941. Mirabile in quest’ultimo racconto, dal mio punto di vista, la tensione equilibrata dello svolgersi degli avvenimenti.

Sono racconti per adulti a detta dalla stessa autrice; niente a che vedere con i film per adulti, che sarebbero risultati sgradevoli per la morale corrente, afferma Domenico Scarpa.

Ad impreziosire questa raccolta vi è l’Appendice, curata da Domenico Scarpa, in cui vengono narrate in maniera cronologica le vicissitudini della pubblicazione di questi racconti inevitabilmente legati anche al periodo storico e alla condizione di ebrea della Ginzburg.