l’ultima immagine che tu hai di me è con il polso ingessato perché sono caduta appena tre giorni dopo di te.
Scherzando mi hai detto che l’ho fatto apposta per lasciare a qualcun altro il compito di darti da mangiare. Sono sempre stata la ‘comodona’ di casa.
Tu dovevi stare 30 giorni sdraiata e potevamo muoverti di poco per farti mangiare. Non riuscivi a spezzettare il cibo. Avevi bisogno di aiuto.
Il mio compito quindi, dopo appena due giorni, era diventato quello di farti compagnia con le chiacchiere.
L’ultima immagine che io ho di te è quella del 9 dicembre, tardo pomeriggio. Eri serena. Eri assistita e al sicuro.
L’ultimo ricordo che io ho di te, viva, è della sera prima, il 10 dicembre, quando ci siamo sentite per telefono. Mi faceva troppo male il polso, c’era confusione pieno di entusiasmo per le vie di Siena per il passaggio della fiamma olimpica e ho deciso di riposarmi e venirti a trovare il giorno dopo.
Troppo tardi.
Alle 15.51 dell’11 dicembre Paola mi ha telefonato per dirmi che non c’eri più.
Ero nel mio ufficio.
Avrei dovuto capirlo che non stava per arrivare una buona notizia mentre squillava il telefono.
Io e Paola comunichiamo sempre via Whatsapp.
Eppure ho risposto Eccomi! o Eccola! Ora non ricordo bene. Con entusiasmo.
Ho avuto una reazione violenta. Ho iniziato a piangere forte. Urlavo.
Capisco adesso che avevo bisogno di connessione.
Non si è affacciato nessuno. Forse non c’era nessuno nel palazzo.
Sono scesa con l’ascensore e sono uscita dalla porta secondaria. Avrei voluto che i fiorai si accorgessero di quello che mi stava succedendo ma la porta a vetri era chiusa. Sono scappata via.
Ho percorso tutta via di città, via san pietro, via mattioli fino alla residenza Caccialupi piangendo e chiamandoti.
Vedevo la vita degli altri come dietro a una finestra appannata e insonorizzata. Loro non vedevano la mia.
Sono sicura che non è stata indifferenza ma discrezione.
Cosa avrei fatto io?
Di nuovo ho desiderato connessione e non c’è stata.
Siamo arrivate praticamente insieme io e Paola.
Capivo che dovevo trattenere il pianto per non turbare gli altri ospiti della RSA
E poi ti ho vista, mamma.
Il resto è andato da sé.
Ci rimane la domanda a me e a Paola del perché sei andata via così, all’improvviso, quando anche le nostre preoccupazioni su dove farti proseguire la degenza erano state risolte. Eravamo tutte e tre serene.
Paola sperava davvero di poter esserci nei tuoi ultimi momenti - quando sarebbe capitato - come le è successo con papà, cosa che ho sempre considerato una fortuna.
Ci dicono che non hai sofferto. Che per un attimo al cuore è mancato l’ossigeno e ti sei spenta.
Io spero davvero sia andata così.
Ho bisogno di elaborare il lutto. È così difficile accettare che davvero non ti vedrò più in questa terra.
Quando è morto papà è stato come se qualcuno avesse attraversato con un ascia il mio corpo e l’avesse diviso a metà. La metà che rimaneva eri tu, ovviamente.
Ora che tu non ci sei più ho smesso di essere figlia.
Vorrei che tu mi venissi in sogno e mi confermassi che stai bene.
Leggo tanti libri di auto aiuto, lo sai. Ne ho letto uno anche quest’ultimo anno per capire come ci si sente alla tua età rispetto al senso della vita, a tutto quello che si è fatto per amore e alla difficoltà di accettare che il corpo non può più fare tante cose come un tempo e del rifiuto di chi ti sta intorno a essere davvero empatico in nome di un benessere calcolato in base a parametri propri.
Mi ha aiutato molto quel libro. Mi ha permesso di trasformare il mio sguardo su di te. Ho cominciato a manifestarti con piccoli gesti il mio amore e questo mi dà fiducia perché ho dimostrato a te e a me che anch’io ho un cuore disposto a darsi nonostante la mia forte individualità.
Amo scrivere con la penna e in questi giorni in cui sento il bisogno della scrittura come terapia non posso farlo.
Devo portare il gesso per 30 giorni.
Mi domando perché mi è successa questa cosa. Forse per imparare davvero a chiedere aiuto? Forse per capire cosa vuol dire avere degli impedimenti fisici?
Manca poco. Il 5 gennaio se tutto va bene me lo tolgono e poi il tempo della riabilitazione.
Non riesce a distrarmi questa cosa.
Mi sembra che tutto quello che riguarda me abbia perso la forza attrattiva di prima. Sento tutto solo come responsabilità.
So che devo lasciarti andare. Ho fatto una meditazione per aiutarmi in questo.
I ricordi di te in questo momento bruciano, non sono ancora in grado di rasserenarmi, di farmi sentire grata per averli vissuti. Tutti. Anche quelli conflittuali tra madre e figlia.
Arriverà quel momento. Lo so. È la vita.
Ecco, avevo bisogno di tirare fuori tutto questo.
Ciao mamma.
Buon Natale.
È il primo senza di te.
Un bacio a te e a papà

Che belle parole Amina. Come sai anche io sono passata da poco dalla stessa tempesta che state passando tu e Paola in questo momento. Per me sarà il secondo Natale senza mamma, il primo non lo ricordo nemmeno, so che è passato ma non so neppure come. Come del resto tutto, o quasi, il primo anno senza lei è un vortice confuso. Ricordo le tante volte che mi succedeva di voler condividere qualcosa con lei, ogni volta mi sono ritrovata con il telefono in mano per chiamarla e poi realizzare che non potevo farlo. Sono stati mesi surreali, non ho ancora accettato ma ho imparato a conviverci. Sarà così anche per voi, intanto appoggiatevi l'una all'altra e ricordatela ogni volta che potete, sarà importante, le prime volte doloroso, ma necessario, vi abbraccio Ariella
RispondiEliminaGrazie Ariella ❤️
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RispondiEliminaUn abbraccio forte Amina
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