Città sola di Olivia Laing per il Saggiatore.
Traduzione di Francesca Mastruzzo.
Una non-fiction avvincente come un romanzo.
"Come ci si sente quando si è soli? Come quando si è affamati: affamati mentre tutt’intorno gli altri si preparano a un banchetto. Assaliti dalla vergogna e dall’ansia, così ci si sente, e a poco a poco questa sensazione si emana all’esterno, isolando ancora di più chi è solo, estraniandolo sempre di più. In quanto sensazione, fa male, e si riflette nel fisico con conseguenze che si depositano invisibili nei compartimenti stagni del corpo. E avanza, questo soprattutto voglio dire, fredda come ghiaccio e trasparente come vetro, e imprigiona e avviluppa."
La Laing parte dalla propria esperienza personale di profonda solitudine a New York a seguito della fine di una relazione e cerca consolazione nell’arte indagando sulla vita di artisti come:
- Edward Hopper "erratico, taciturno, esprimeva, checché ne dicesse lui, la solitudine urbana in termini visivi, traducendola in pittura",
- Andy Warhol "noto per la sua incessante socialità [...] eppure le sue opere risultano sorprendentemente eloquenti riguardo ai temi dell'isolamento e dei disturbi dell'attaccamento, problemi con i quai ha dovuto lottare tutta la vita",
- David Wojnarowicz "grandissima parte della sua vita Wojnarowicz la spese per cercare di sfuggire all'isolamento, quale che fosse, per trovare una via d'uscita dalla prigione del sé. Aveva due opzioni, due vie di fuga, entrambe fisiche, entrambe rischiose. Arte e sesso: l'atto di fare immagini e l'atto di fare l'amore.",
- Henry Darger "la vita di Darger mette in luce le forze sociali che portano all'isolamento e il modo in cui l'immaginazione può opporvi resistenza." e altri che si sono confrontati con la condizione della solitudine.
Il risultato è una vera e propria "mappa della solitudine", scrive la Laing, "disegnata per necessità e per interesse, fatta da esperienze mie e altrui. Volevo capire cosa significa essere soli e che impatto ciò abbia sulla vita delle persone, per tentare di delineare il complesso rapporto tra solitudine e arte."
Città sola è un viaggio che per me è iniziato con la strada spianata con le opere di Hopper per diventare poi sempre più accidentata quando l’autrice si è addentrata nella vita degli altri artisti.
Un viaggio che mi ha fatto scoprire gioielli a me sconosciuti come l’esibizione di Klaus Nomi (al minuto 2.47) del 1978 alla serata New Wave Vaideville all’Irving Plaza sulla 15th Street e l’installazione site-specific Strange Fruit (for David) del 1997 di Zoe Leonard per il Philadelphia Museum of Art.
Quest’ultima è la classica opera contemporanea che, senza un contributo didascalico, susciterebbe solo ilarità nell’osservatore. Si tratta infatti di bucce di frutti disseccate e poi ricomposte nella loro forma originaria con ago e filo, con cerniere, adesivo e altro.
L’installazione è dedicata all’amico David Wojnarowicz morto per AIDS nel 1992 e prende ispirazione da una canzone di Billie Holiday.
Dice Leonard a proposito della sua opera, come riportato dalla Laing:
"All’inizio era un modo per pensare a David. Pensavo alle cose che avrei voluto riparare, a tutte le cose che avrei voluto ricomporre, non solo al fatto di averlo perso una volta morto, ma di averlo perso da amico quando ancora era vivo. Dopo un po’ ho cominciato a pensare alla perdita in sé e all’atto vero, concreto, della riparazione. Tutti gli amici che avevo perso, tutti gli errori che avevo fatto. L’inevitabilità di una vita di cicatrici. Il tentativo di ricucire tutto [...]. Quest’opera di rammendo non permette di ricucire le ferite vere, ma qualcosa mi ha dato. Un po’ di tempo, forse, o il ritmo di ago e filo. Non sono riuscita a cambiare nulla del mio passato né a riportare in vita le persone che amavo e sono morte, ma ho potuto sperimentare l’amore e la perdita con una cadenza misurata e regolare; ho potuto ricordare."
C’è della bellezza in queste parole, non trovate anche voi?
Diverse pagine del libro sono dedicate agli anni in cui fu scoperto il virus HIV e a tutto ciò che in termini di discriminazione e isolamento ne derivò a livello sociale.
Infine una parte del libro è dedicata all'evoluzione di Internet e dei Social e a come questi mezzi abbiano cambiato i nostri rapporti dandoci l'illusione di non essere soli.
Città sola è una lettura che scava dentro, guarisce e trasforma chi lo legge.
A chi consiglio la lettura di Città sola?
A chi è solo, a chi si sente solo, a chi solo non si sente o non lo è per offrirsi un'importante occasione: imparare ad empatizzare con la solitudine degli altri invece di farsi inibire da essa.
"Tutti possiamo fare qualcosa per gli atri se siamo abbastanza aperti da farli sentire meno alienati." David Wojnarowicz
C'è davvero tanta carne al fuoco in questo libro.
Ah, ovviamente lo consiglio agli appassionati d'arte.
Toccante l'esibizione di Klaus Nomi.
RispondiEliminaInfatti. Mi ha incuriosito molto il modo in cui la Laing descrive questa performance e sono andata quindi a cercarla su YouTube.
RispondiEliminaQuesta volta, cara Amina, hai letto una scrittrice che mi incuriosisce parecchio. Avevo appuntato sia Viaggio a Echo Spring che il recentissimo Gita al fiume. Forse, in questi mesi in cui capita di frequente di sentirsi soli e la solitudine è più un dovere che una scelta, Città sola può esser un altro titolo da esplorare. In attesa di poter entrare di nuovo in una galleria, in un museo o varcare il limite del proprio comune per esplorare i tanti musei a cielo aperto che ci circondano.
RispondiEliminaSempre bello leggerti.
Bene! Ho letto che ad aprile è in uscita il suo prossimo libro e mi sia sempre un saggio. Si intitola Every-Body.
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