mercoledì 9 ottobre 2019

Crescita personale (la mia): stato dell’arte

Crescita personale (la mia): stato dell'arte

Se mi guardo indietro ora e unisco i puntini, i famosi puntini di Steve Jobs, il disegno che ne viene fuori mi piace? Sono contenta di ciò che sono oggi, diversa da come da piccola speravo sarei diventata? Posso dire con onestà che rifarei tutto pur di ritrovarmi dove sono esattamente ora e così come sono?

Queste domande hanno accompagnato il  mio settembre in concomitanza con un senso di nostalgia mista a tristezza nel cuore dopo un estate piena e creativa.

Lì per lì ci ho ragionato sopra attraverso un vivace dialogo interiore come mio solito.

Sono arrivata a convincere la mente che sì posso ritenermi soddisfatta in quanto ho sempre dato ascolto alle mie domande esistenziali cercando risposte. Non mi è arrivata altrettanta approvazione dal cuore.

Ho condiviso questo momento con una persona conosciuta grazie al post sul Corso di Meditazione Vipassana la quale persona ha condiviso con me un link con meditazioni e lezioni tenute da Ajahn Mahapañño, un monaco buddista della tradizione Theravada, durante un recente ritiro sul Lago di Garda.

E’ stato un dono e lo ringrazio infinitamente per questo.

Ora vi racconto in che modo mi sono state di aiuto riportando o parafrasando le parole del monaco.

APERTURA DEL CUORE

Il mio dialogo interiore aveva iniziato la sua indagine ponendo queste domande al  cuore:  di cosa hai nostalgia? Per cosa provi questo senso di tristezza?

Rimugina che ti rimugina ho individuato il motivo nella trasformazione e anche perdita di significativi rapporti di amicizia (pensavo che solo i rapporti di coppia potessero finire) che ho avuto in passato e che hanno illuminato per anni la mia vita con pazienza e amore attraverso un intenso scambio dialettico talvolta energico ma sempre edificante.

Domanda successiva: se questi rapporti sono cambiati per cosa esattamente provi ancora nostalgia, tristezza ?

E’ qui che le parole del monaco buddista mi hanno permesso di re-imparare qualcosa che pensavo di aver già assimilato e che c’entra con l’equanimità, con l’osservazione della realtà nella sua impermanenza quindi anche la realtà di esperienze del passato.

La mia tristezza  era dovuta all’attaccamento alle belle emozioni, alle vibrazioni positive che quelle amicizie mi avevano procurato. Mi è tornato in mente che già Richard Romagnoli mi aveva illuminato su questo attraverso il suo libro Ho imparato a ridere; ma qui è stato come vivere una nuova Epifania.

C’è un modo per liberarmi da questa tristezza? Sì, riconoscendo le emozioni come stati mentali che sorgono e cessano, che non superano le caratteristiche della felicità (essere soddisfacente, imparmanente e solo mio) e che per questo l’unica cosa da fare è lasciar andare l’attaccamento ad esse. Queste le parole del monaco.

Come? Calmando la mente attraverso la meditazione (e questo continuo a farlo ogni giorno e ora con rinnovata fiducia) in modo da poter “osservare le cose belle che vedo intorno a me”, dice il monaco, “i bei comportamenti, la generosità che mi manca, l’energia che mi è carente, la saggezza che zoppica”, anche le qualità che ho visto in quelle amicizie passate aggiungo io ora “e portarle dentro di me senza aggrapparmici in modo da coltivarle insieme alle qualità che io ho già”.

Questa attitudine mi farà sperimentare la stessa apertura di cuore che si sperimenta ad esempio davanti ad un tramonto dice il monaco  e, ovviamente, sempre lui dice che non è che la soluzione è aggrapparci al tramonto, metterci ad inseguire ogni sera un tramonto per rinnovare l’esperienza di apertura del cuore perché comunque i tramonti sorgono e cessano e quindi di nuovo non superano il test delle caratteristiche della felicità.

Le qualità del tramonto che fanno sì che io provi quel benessere, prosegue il monaco, devo poterle avere dentro di me per poter vivere in ogni istante quella sensazione di pace, di benessere. Ciò è possibile portando dentro di me le sue qualità e coltivandole insieme a quelle che io ho già, come detto sopra,  perché  non è che ciò che mi ha permesso di avere amicizie così significative e quindi l’apertura del cuore si è estinto con l’estinguersi delle amicizie no; quelle qualità ‘sono rientrate in me come potenziale’ dice Erica Francesca Poli nel suo ultimo libro Le emozioni che curano e posso quindi attingervi per espandere nuovamente il mio cuore.

Che poi, detto per inciso, anche queste qualità da coltivare sono soggette all’impermanenza per cui arriverà il momento di lasciarle andare come dono… agli altri. Ho trovato bellissimo questo passaggio.

EFFETTO SPECCHIO

A sostenermi ulteriormente in questo passaggio di ‘qualità che ho dentro di me’ sono venute in mio aiuto le letture che ho fatto prima dell’estate e cioè Gli specchi esseni  di Giovanna Garbuio e Riflettersi nelle relazioni di Chirstian Junod ed Evelyn Faniel.

Il Leitmotiv è che ognuno di noi possiede tutte le qualità e che queste qualità possono assumere connotati positivi o negativi. Queste qualità possiamo immaginarcele come se avessimo al posto della testa una strobosfera (la palla da discoteca, per intendersi) di cui possiamo vedere un solo lato di ciascuna tessera (qualità) mentre l’altro lato ci rimarrà sempre nascosto.

Come fare a vedere il lato nascosto? Come quando un parrucchiere a fine acconciatura o taglio ci mette uno specchio dietro per farci vedere il risultato che altrimenti non potremmo vedere così gli altri ci fanno da specchio e ci fanno vedere i nostri lati nascosti sia quelli luminosi che quelli oscuri. Ciò ci permette di conoscere meglio noi stessi attraverso gli altri. Lo scopo di questa conoscenza di se stessi è di accogliere le parti percepite come negative, accettare con benevolenza ciò che di meno vorremmo essere e trasformarlo.

Il campanello d’allarme, anche se non l’unico, che siamo in presenza di un effetto specchio è quando proviamo avversione. E’ lì quindi che dobbiamo fermarci un attimo prima di reagire pensando stoltamente che sia l’altro che ci irrita e non quello che l’altro ci fa vedere di noi e su cui possiamo lavorare.

AMORE

All’inizio ho detto che le amicizie significative che hanno fatto un pezzo di strada con me avevano illuminato la mia vita con pazienza e amore. Ecco quindi l’ultima, per ora, domanda oggetto del mio dialogo interiore. La domanda delle domande: come fare a sentirmi amata?

Qui mi sono venuti in aiuto due contributi trovati nel libro della Garbuio.

Il primo è una storia legata a Maui, eroe archetipico della mitologia polinesiana, intitolata ‘Lo specchio appannato di Maui’  il cui insegnamento è di accettare se stessi  invece di stravolgere la propria natura per compiacere gli altri nell’illusione di non sentirsi isolati e non amati.

Il secondo è questa antica preghiera dei nativi americani:

Ho chiesto FORZA
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Ho chiesto saggezzae Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Ho chiesto prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Ho chiesto coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Ho chiesto pazienza
e Dio mi ha dato situazioni in cui ho dovuto aspettare.
Ho chiesto amore
e Dio mi ha dato persone bisognose da aiutare.

Ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Ho chiesto qualunque cosa così che potessi godermi la vita
e Dio mi ha dato la vita così che potessi godermi qualunque cosa.
Ho ricevuto niente di ciò che volevo,
ma ho ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno.
Tutte le mie preghiere sono state esaudite!

Leggendo quel ‘persone bisognose da aiutare’ ho avuto un’intuizione e cioè ci ho visto tutte le persone che per motivi vari si rivolgono a me quotidianamente quindi amici, parenti, colleghi, sconosciuti e persino me stessa; quindi non esclusivamente persone indigenti che non hanno l’indispensabile per la sopravvivenza.

Vedendo quindi una possibilità di sentirmi amata in questa nuova prospettiva si ridimensiona anche la mia ansia emotiva.

Cosa c’entra con quello che ho scritto? C’entra nel senso che sono stata sempre frenata dall’aiutare gli altri per paura di essere sfruttata. Anche questo stato mentale ha origini lontane e bisogna che lo affronti alla luce dell’impermanenza, che lasci andare l’attaccamento. Questo atteggiamento comunque ha prodotto e produce ancora ansia emotiva che si cura, secondo il monaco buddista di cui sopra,  lavorando sulla fiducia verso il mondo e verso di noi. (Amen!)

AMICO SPIRITUALE

Per finire e rimanendo nell’impostazione della preghiera dei nativi americani dico che:

Ho chiesto un guru
e Dio mi ha dato un amico spirituale, proprio in questo momento.

RESPONSO FINALE

Se sono riuscita a persuadere il mio cuore che sono soddisfatta di dove mi trovo ora? La risposta è sì, e ne sono grata.

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Una cosa piccola ma buona (cit):  l’oggetto della fotografia di apertura del post mi è stato regalato giusto qualche giorno fa da una cliente abituale dell’albergo dove lavoro. Viene dalla California. Le parole che mi ha rivolto questa cliente mi hanno molto colpito. Mi ha detto che sperava di rivedermi alla Reception per regalarmi questo oggetto che aveva scelto per la sua luminosità proprio come il ricordo che di me lei aveva. Insomma, ecco una qualità da coltivare!

2 commenti:

  1. Molto potente e ricco di spunti di riflessione. Grazie Amina

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  2. E io ringrazio te Alfonsa per aver letto tutto il post. È uno di quei post in modalità flusso di coscienza che ogni tanto mi piace condividere qui dove so che ci sono lettori sensibili e aperti come te. Buon fine settimana.

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