Io amo la Pinacoteca di Siena e con gioia partecipo ad iniziative del genere quando mi è possibile.
In fondo al post ti metterò i link ad altri miei reportage, e non, che riguardano la Pinacoteca di Siena così non appesantisco la lettura di questo.
La nostra guida è stata Ilaria Bichi Ruspoli, impeccabile come sempre nella sua esposizione.
Iniziamo quindi!
Sono sicura che sarà un piacere per chi come me ama la Pinacoteca e un approfondimento per chi ha già visto la Mostra di Ambrogio Lorenzetti.
La scuola pittorica senese è attestata già nel tredicesimo secolo con il Maestro degli occhi grossi dall'’opera più significativa di questo pittore attualmente esposta nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena detta Madonna degli occhi grossi. La Madonna è detta degli ‘occhi grossi’ per via degli ex voto a forma di occhi di cui è circondata.
Di questo pittore in Pinacoteca, nella prima sala del secondo piano da dove inizia il percorso cronologico dei primitivi senese, troviamo un dossale del primo Duecento che rappresenta al centro Cristo in Mandorla e ai lati Storie della croce.
Il Cristo sembra che abbia gli occhi chiusi; in realtà è caduto il colore. Il margine inferiore del dossale è molto rovinato perché non si usava ancora mettere la tavola sopra l’altare all’epoca ma in basso davanti quindi il sacerdote inavvertitamente ci batteva i piedi.
In questo dossale c’è un riferimento all’oreficeria. La cornice interna infatti, chiamata pastiglia, non è legno intagliato ma una specie di stucco, di poltiglia, che veniva plasmata, decorata e fatta asciugare restituendo un effetto molto elegante. La pastiglia era molto economica, povera come materiale ma il risultato ottimo.
Nella stessa sala del Cristo in Mandorla troviamo una croce dipinta di Maestro anonimo con l’antica iconografia del Cristo sulla Croce vivente, trionfante.
Qualche sala più in là troveremo un Crocifisso ligneo della Bottega di Giovanni Pisano che rappresenta un Cristo sofferente.
Giovani Pisano, contemporaneo di Duccio e autore delle statue per la facciata del Duomo di Siena attualmente nella Sala delle statue nel Museo dell’Opera di Siena, introduce infatti nel campo della scultura lignea e marmorea la figura del Cristo sofferente, morente. Se si guarda di profilo la scultura lignea presente in Pinacoteca si vede benissimo che il costato del Cristo è tiratissimo. E’ un uomo contratto sulla croce che sta esalando l’ultimo respiro.
Su esempio di Giovanni Pisano, i pittori cominciarono a rappresentare il Cristo sulla croce in questo modo anche nelle croci dipinte. Diventa quindi una tipologia tipica del Trecento. Prima veniva rappresentato vivo, dritto, con la testa alta e gli occhi aperti che guardava davanti a se come se la sofferenza o la morte non lo toccasse. Ed è la versione che si trova all’inizio del percorso in Pinacoteca. Era per evidenziare la natura divina di Gesù invece sembra che San Francesco abbia suggerito agli artisti di rappresentarlo più umano proprio perché i fedeli potessero meglio identificarsi nella sua sofferenza.
PRECURSORI DI DUCCIO DI BONINSEGNA
Tornando al percorso cronologico, i primi pittori locali conosciuti attivi a Siena verso il 1260, i ‘precursori di Duccio’ (cir Luciano Bellosi), sono: Guido da Siena, Rinaldo da Siena, Dietisalve di Speme e Guido di Graziano che si possono vedere nel ciclo nella Cripta del Duomo di Siena.
In Pinacoteca li troviamo nella seconda sala del secondo piano.
La tipologia di opera, come quella del Maestro degli occhi grossi, è costituita da dossali, tavole rettangolari con la figura della Madonna o Santo centrali con ai lati storie della vita. I colori sono bellissimi ma non realistici. Le architetture ricordano l’Oriente, l’Africa che affaccia sul Mediterraneo, forse, e questo perché a quei tempi i pittori arrivavano tutti da Costantinopoli e insegnavano loro ai pittori italiani a dipingere quindi i pittori italiani che imparavano non avvertivano il bisogno di rappresentare la realtà come accadrà invece successivamente.
La prospettiva non esiste, i tessuti sono metallici. Con Giotto e Duccio si ammorbidiranno.
A volte le tavole di legno erano impreziositi da veri e propri gioielli.
I dossali in genere erano orizzontali ma anche verticali come quello con al centro San Francesco, uomo simbolo del Duecento, con storie della sua vita ai lati. La tavola è divisa in tre parti da colonnine sottili con capitelli che ci mostrano una analogia con i contemporanei edifici sacri, le basiliche le chiese, con la navata centrale gotica e le navati laterali.
L’architettura ispirava i pittori per le ambientazioni delle scene sacre.
DUCCIO DI BONINSEGNA
Nella sala successiva troviamo dipinti di Duccio di Boninsegna e della sua bottega. Siamo quindi nei primissimi anni del Trecento.
L’unica esperienza fuori Siena di Duccio è stata ad Assisi, nella Basilica di San Francesco, quindi la sua pittura è rimasta fondamentalmente locale.
Duccio muore nel 1318. Non se ne ha documentazione ma è dalla mancanza di documentazione che si desume la sua morte.
Intanto c’è da sapere che il polittico come assembramento di tavole si ritiene sia stato inventato insieme da Cimabue e Duccio nei primissimi anni del Trecento (Cimabue muore nel 1305).
In questa sala si possono vedere le tipologie dei primi polittici di Duccio: semplici a due livelli con la Madonna al centro, quattro santi ai lati e cuspidi sopra con angeli e il Cristo redentore al centro e più articolati con tre ordini, oltre agli scomparti laterali e alle cuspidi c’è infatti un livello mediano che ricorda le loggette delle facciate, ad esempio quelle del Duomo.
Nella pittura senese è costante il parallelismo tra oreficeria e pittura, tra architettura e pittura e tra scultura e pittura nel senso che ispiravano la forma dei dipinti.
Per quanto riguarda ad esempio l’architettura, il primo esempio di architettura stabile, non lignea, a Siena sono le torri. Le torri sono costruzioni molto strette e molto alte rigidamente verticali senza tanti orpelli.
In quel tempo le tavole dipinte erano fatte nello stesso modo: un'unica tavola verticale o orizzontale come i dossali visti nelle prime due sale. Quando nasce il polittico sembra seguire lo sviluppo dell’architettura che da torre si sviluppa in palazzo.
Nella bottega di Duccio come nelle altre botteghe ognuno si fabbricava da se i colori con pigmenti ed elementi spesso segreti: erbe, colle, animali, pietre preziose come il blu acceso ricavato da lapislazzuli non disponibile in Europa. Proveniva infatti dall’Afghanistan e in Italia arrivava a Venezia, l’unico mercato dove si poteva acquistare.
Una cifra caratteristica della bottega di Duccio ad esempio era ciò che è stato chiamato verdaccio per indicare il volto verde delle sue Madonne dovuto alla reazione chimica avvenuta negli anni. Non è bello da vedersi ma è indice di autenticità perché vuol dire che Duccio utilizzava questa sostanza come base per poi aggiungere altri colori ed ottenere l’incarnato naturale.
E’ successo al più grande degli artisti. Avete intuito? Leonardo da Vinci ed il suo Cenacolo.
Nella bottega di Duccio si formano molti pittori come ad esempio Ugolino di Nerio ma i più famosi sono Simone Martini e i Lorenzetti.
SIMONE MARTINI
La fermata successiva infatti è davanti alla Pala del Beato Agostino Novello di Simone Martini, uno dei massimi capolavori di Simone che viene dalla Basilica di Sant’Agostino a Siena.
Simone Martini si forma nella bottega di Duccio, va ad Assisi e a Napoli e poi, divenuto famoso, viene richiesto dalla curia papale ad Avignone dove morirà negli anni quaranta del Trecento.
La Pala del Beato Agostino Novello si distingue perché fa vedere al centro il Beato e ai lati quattro storie di suoi miracoli eseguiti post mortem. Come facciamo a sapere che sono post mortem? perché in ogni scena il Beato spunta fuori da una nuvoletta.
Atra cosa interessante è che tre delle quattro storie riguardano bambini. E’ una novità perché nel Medioevo i bambini non sono trattati molto come genere al di là del Cristo rappresentato come un uomo piccolo. E’ nel Rinascimento che i pittori si concentrano sull’infanzia.
La Pala del Beato Agostino Novello sembra una fotografia della Siena del 1300 come ci mostrano la pietra del castellare nella prima storia in alto a sinistra e il mattone rosa che contraddistingue la maggior parte della città nella scena in basso a sinistra.
Altro particolare sul quale non mi ero soffermata altre volta è che Simone Martini nella scena in basso a sinistra ritrae il bambino che sta precipitando da uno sporto (balcone di legno che oggi non esiste più ma di cui rimane traccia nei buchi quadrati in alcuni palazzi di Siena; i buchi servivano per puntellare i balconi per l'appunto) con l’aria che gli solleva il vestito. Ci ha fatto notare Ilaria che nella Mostra di Ambrogio Lorenzetti nella tavola con San Michele che fa il gesto di decapitare un mostro l’aria gli solleva il vestito.
Ambrogio e Simone erano coetanei, colleghi, si stimavano, si citavano a vicenda.
Nella scena in basso a destra Simone rappresenta l’interno di una casa medievale. In camera da letto oltre al letto ricoperto da una coperta scozzese c’è un cassone, l’unico elemento d’arredo della stanza. Gli armadi non esistevano, sono un oggetto d’arredo che nasce in pieno rinascimento con tutt’altra funzione quella cioè di mobile per tenete le armi e infatti si chiamavano armarium.
In questa storia ci sono due episodi, quella in camera da letto con il neonato che vola via dalla culla perché una delle corde con cui era appesa al soffitto si rompe e quella all’esterno dove la famiglia del piccolo, per ringraziare il Beato Agostino Novello di averlo salvato, gli dedica la vita futura votandolo alla vita monastica vestendolo da monachino e uscendo in processione forse verso la Chiesa di Sant’Agostino.
Questi quattro miracoli post mortem del Beato Agostino Novello trovano un parallelismo con le quattro storie di San Nicola dipinte da Ambrogio Lorenzetti per la Chiesa di San Procolo a Firenze e che sono visibili fino all’8 aprile 2018 nella Mostra di Ambrogio Lorenzetti al Santa Maria
della Scala di Siena.
Nella stessa sala della Pala del Beato Agostino Novello di Simone Martini c’è una Madonna con bambino di Lippo Memmi bellissima perché nonostante sia degli anni venti del Trecento ha mantenuto intatto il chiaroscuro del volto.
Quando Simone Martini va ad Avignone praticamente libera il posto di primo pittore di Siena ad Ambrogio Lorenzetti.
A metà del Trecento purtroppo i quattro pittori più significativi di Siena sono scomparsi: Duccio nel 1318, Simone Martini negli anni Quaranta e i fratelli Lorenzetti ne 1348, vittime della peste.
Di Ambrogio Lorenzetti ne ho scritto a proposito della Mostra; di Pietro Lorenzetti, fratello maggiore di Ambrogio, la Pinacoteca ospita la bellissima Pala del Carmine. Un capolavoro. Si trovava sopra all’altare della Chiesa del Carmine di Siena sormontata da un Crocifisso dipinto da Ambrogio Lorenzetti, esposto nella Mostra, sospeso sulla navata.
Cominciano ad essere attivi decine di pittori allievi di questi pittori. Forse il più famoso di tutti questi fu Bartolo di Fredi che trovò il suo successo soprattutto in provincia San Gimignano, Montalcino, Lucignano in Valdichiana.
Elegantissimo pittore. La sua Adorazione dei Magi presente in questa stessa sala rappresenta una cavalcata dei Magi che in primo piano arrivano dalla Madonna con bambino. Il soggetto è un corteo infinito che non è documentato dai Vangeli ma era un pretesto a fine Trecento per i pittori, per dare sfoggio alla loro bravura nel rappresentare abiti, gioielli, paesaggi. La città sullo sfondo in alto dovrebbe essere Gerusalemme ma è evidente che si tratta di Siena. Il fondo oro è ridotto alla striscia in alto, sta scomparendo.
All’inizio della pittura senese infatti lo sfondo è tutto oro; poi si fa sempre più rado finché non compare il cielo. Ambrogio Lorenzetti fu un anticipatore in questo senso e la Mostra al Santa Maria della Scala lo documenta bene.
La forma dei dipinti era varia. C’erano polittici più o meno grandi. Quelli piccoli erano oggetti per la devozione privata. Le dimensioni più grandi fanno capire invece che la destinazione erano altari di chiesa. Molti di questi polittici sono stati smembrati e la loro carpenteria è andata perduta.
Nel Settecento infatti, quando gli enti religiosi sono stati soppressi, è stata la loro rovina. Sacerdoti o laici approfittavano dei visitatori che facevano il Grand tour in Italia per vendergli sotto banco questi pezzi di polittici. E’ per questo che ci sono pezzi sparsi qua e la nelle collezioni di tutto il mondo.
La carpenteria originale li faceva somigliare a dei reliquari con guglie e pinnacoli, ad oggetti di oreficeria.
Il più importante erede di Ambrogio Lorenzetti è stato Bartolomeo Bulgarini di cui la Pinacoteca ha una Madonna Assunta tutta d’oro.
I soggetti ricorrenti nella pittura senese sono la Madonna in molteplici varianti: in Maestà, come Madonna della Misericordia, Madonna del Latte, tipica iconografia senese, oppure scene della sua vita.
Altro importante pittore della seconda metà del Trecento è Paolo di Giovanni Fei di cui una Madonna del latte è in Duomo, nell’altare Piccolomini. In Pinacoteca invece c’è una Nascita della Madonna che si presenta come un trionfo di stoffe, vestiti, fiori. Rappresenta l’interno di una casa con il letto con coperta scozzese, il cassone e un pavimento che inizia ad essere quasi in prospettiva. Le figure più importanti sono evidenziati dall’aureola: Maria bambina e Sant’Anna.
A proposito dell’aureola qui è trattata con una tecnica affine all’oreficeria, una tecnica inventata a Siena da Simone Martini: la punzonatura.
Ci sono tanti modi di trattare l’oro: liscio, a bulino (oggetto appuntito che il pittore usava per incidere ad esempio i nomi dei Santi oppure un discorso che l’angelo rivolge alla Madonna. Il bulino era quindi un segno libero) e con la punzonatura (con un punzone, una specie di timbrino con dei chiodini disposti in modo che s’imprimessero nella foglia d’oro del legno si imprimeva più volte con lo stesso disegno velocizzando in questo modo l’esecuzione).
E' un particolare interessante anche per 'datare' le opere.
Finisce qui il percorso dell'arte senese nel Due-Trecento. Sappi però che la Pinacoteca di Siena ospita opere di artisti senese fino agli inizi del Seicento.
Grazie Ilaria!
Ti ringrazio di cuore: non sono potuta venire e leggere il tuo riepilogo mi ha colmata di gioia Alfonsa
RispondiEliminaMi fa piacere Alfonsa! Ilaria è stata bravissima. Ogni volta mi stupisce la capacità delle guide di concentrare in poco più di un ora, in questo caso, tutte le informazioni che hanno immagazzinato in anni di studio e approfondimento.
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