mercoledì 1 novembre 2017

Terzo giorno a New York: Liberty ed Ellis Island, Ground 0

New York: Liberty and Ellis Island

Il terzo giorno a New York è stato caratterizzato dalla commozione.

Avevamo prenotato per le dieci di mattina il traghetto per Liberty Island ed Ellis Island dal sito ufficiale e come suggerito da tutte le guide consultate siamo arrivate mezz’ora prima. In realtà l’orario non è collegato al traghetto ma ai controlli della sicurezza che sono come quelli in aeroporto.

Il traghetto si prende da South Ferry in Battery Park, facilmente raggiungibile con la linea rossa 1, direzione Downtown, dalla fermata della metro a Times Square.

Quando il traghetto ha iniziato ad allontanarsi dalla riva ho realizzato la sensazione che poi mi ha accompagnato nei seguenti giorni a New York. Mi sembrava cioè di trovarmi davanti  ad un biglietto d’auguri pop up. Avete presente quelli che quando si aprono hanno all’interno le figure che si staccano per posizionarsi in verticale? Ecco, proprio così mi sono sembrati i grattacieli che si innalzavano davanti ai mei occhi e che mi sembravano così vicini, più di tutti il One World Trade Center o Freedom Tower, alto 541 metri.

La prima tappa è stata Liberty Island per ammirare da vicino la Statua della Libertà. La prima cosa che abbiamo fatto è stata di immaginarci da dove arrivavano gli immigrati che la vedevano per la prima volta.

E’ possibile visitare il piedistallo e la corona della Statua della Libertà pagando un supplemento. Ci sarebbe piaciuto salire fino alla corona solo che i posti giornalieri sono limitati a 240 e quando abbiamo prenotato noi, quasi un mese prima, erano già esauriti.

La Statua della Libertà, inaugurata nel 1886, è un regalo fatto dal popolo francese al popolo americano per il centenario dell’indipendenza americana. L’ultimo restauro risale al 1986. La sua altezza è di 93 metri. Per salire fino alla corona bisogna superare 354 gradini. Non bisogna fare paragoni ma in questo caso è utile per avere un’idea dell’altezza: per salire sulla Torre del Mangia gli scalini sono più di 400.

Da Liberty Island abbiamo ripreso il traghetto fino a Ellis Island dove ci attendeva una nuova emozione. Stretta al cuore infatti all’interno del Museo dell’Immigrazione, soprattutto nella The Registry room dove grazie anche alle immagini esposte in altre sale e a film come ad esempio Nuovomondo è stato automatico  immaginare tutti gli immigrati, appena sbarcati, in fila per la registrazione.

In una sala c’è anche la riproduzione delle camerate; letti a castello a tre piani ma senza materassi  e richiudibili. Questo ci ha un po’ rattristato.

Ellis Island fu attiva come luogo di prima accoglienza degli immigrati dal 1892 al 1924. Dopo di ché le richieste d’ingresso negli USA furono trasferite direttamente alle ambasciate americane dei Paesi d’origine.

Sapendo che si poteva fare ricerche su persone sbarcate in America attraverso i computer a disposizione a pagamento abbiamo cercato un nostro bisnonno materno. Che emozione sapere l’anno in cui per la prima volta sbarcò in America (1906) quanti anni aveva (ventisei) e vedere la foto della nave ‘Italia’ sulla quale aveva viaggiato. Ci ha anche molto colpito l’attenzione che il personale riserva a chi fa questo tipo di ricerca. Sono stati molto premurosi nell’accertarsi che avessimo trovato ciò che cercavamo e che fossimo soddisfatte. A me e a mia sorella ci è scappata quasi la lacrimuccia davanti allo schermo.

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

New York: Liberty ed Ellis Island

Dopo la visita agli altri ambienti  del Museo dell’Immigrazione abbiamo ripreso il traghetto che ci ha riportato a Battery Park e da lì abbiamo fatto il percorso del Financial district  suggerito nella guida New York in 7 giorni di Carlo Galici.

Ogni tanto ci siamo perse ma niente paura, il senso di orientamento di mia sorella e il pallino di posizionamento su Google maps ci hanno riportato ogni volta sulla strada giusta. Abbiamo quindi imboccato la Pearl Street per passare davanti alla Fraunces Tavern Museum, costruita in origine nel 1719 e restaurata nel 1907. Qui George Washington salutò i suoi ufficiali nel 1783. Pur non sapendo di cosa si tratta quando ci si trova davanti si rimane incuriositi da questa palazzina ‘bassa’ circondata da grattacieli. Può essere una buona idea fermarsi per pranzo.

New York: Fraunces Tavern Museum

Ci siamo perse cercando il Bowling Green e abbiamo quindi deciso di fermarci a mangiare un hot dog da uno dei carrettini per strada ma non uno qualsiasi ma quello di Nathan’s che fa l'hot dog come va fatto e cioè con la salsiccia cotta alla griglia e non lessa, parola di Frank de Falco, la nostra guida ad Harlem.

Con rinnovato ottimismo abbiamo ripreso la passeggiata e abbiamo trovato Bowling Green che in realtà avevamo già intercettato solo che ci sembrava insignificante ;-)

Abbiamo ripreso la guida di Carlo dove abbiamo appreso che la particolarità di questo piccolo parco è che si tratta del più antico parco pubblico di New York dove la tradizione vuole che si sia concluso l’affare del secolo e cioè l’acquisto dell’isola di Manhattan dal governatore di New Amsterdam dagli indiani per quattro soldi.

Nei paraggi di Bowling Green ci si sbatte quasi il muso con la scultura del Toro simbolo di Wall street, di Arturo di Modica. Tutti a farsi le foto, qualcuno toccando anche i genitali del toro perché dice porti fortuna… Dietro al Toro c’è un’altra scultura che riproduce una bambina di cui nessuna delle guide consultate parlava.

Ho consultato internet e ho trovato che questa scultura è stata aggiunta quest’anno in occasione della giornata mondiale delle donne. L’opera si intitola The Fearless girl (bambina senza paura) ed è stata realizzata da Kristen Visbal. Ho letto anche che l’autore del Toro era molto contrariato poiché la scultura della bambina altera secondo lui il significato della sua scultura. La bambina senza paura rimarrà comunque fino al 2018.

New York: Bowling Green

New York: Toro di Wall Street

New York: The Fearless girl

Da qui siamo arrivate a Wall street per guardare almeno da fuori la borsa americana, il New York Stock Exchange, che si trova di fronte alla Trinity Church. Proseguendo abbiamo raggiunto la St. Paul’s Chapel e, attraversando il giardino sul retro, siamo giunte a Ground Zero.

Da qui, mentre avanzavamo verso la Freedom Tower ho cominciato ad avvertire un senso di inquietudine per la Storia tragica che si è consumata  l’11 settembre 2001.

Ho sempre pensato che quel giorno per me equivale ai giorni di guerra vissuti dai miei genitori. Inevitabile tornare indietro con la memoria a dove eravamo quando abbiamo appreso la notizia in TV.

Personalmente mi trovavo al lavoro a Siena, all’Hotel Athena. Avevo da poco iniziato il turno del pomeriggio e stavo iniziando a registrare i documenti di un gruppo di stranieri che arrivava in quel momento quando da una parete a vetri che affacciava sul salotto dove c’era  la TV per i clienti ho visto le prime immagini.

Ero combattuta tra l’incredulità e l’orrore di quelle immagini e il senso del dovere nei confronti del mio lavoro. Ricordo anche la telefonata concitata del figlio della titolare per chiederci se stavamo guardando quello che stava guardando lui.

Tornando al presente, dopo aver adocchiato la Freedom Tower che essendo così alta è visibile da qualsiasi angolo, siamo passate davanti alla Nuova Stazione a forma di colomba realizzata dall’architetto Santiago Calatrava e intitolata ‘Oculus’. E’ una struttura molto ampia all’interno, ispirata al Pantheon di Roma per l’apertura nel tetto, se non circolare ma longitudinale, da dove entrano i raggi del sole e che a me ha ricordato i ‘tagli’ di Lucio Fontana, e alla Galleria Vittorio Emanuele di Milano per la presenza di ‘negozi e traffico’ in uno stesso luogo.

E’ imponente quest’opera e a me è piaciuta molto anche se è difficile immaginarla mentre idealmente spicca il volo circondata com’è dai grattacieli.

Ci siamo poi dirette al Memoriale dove si trovano le due vasche nel luogo dove erano le Torri Gemelle. Anche qui groppo in gola a leggere i nomi delle vittime riportate lungo i bordi delle vasche. Il raccoglimento viene da se. Ogni tanto si vedono delle rose bianche. Sapevo già il loro significato dal profilo Instagram @911memorial. Viene messo in corrispondenza del nome della vittima ogni anno nel giorno che ricorda la sua nascita.

New York: Trinity Church

New York: Freedom tower

New York: Freedom tower (panorama)

New York: Museo 11 settembre

New York: Oculus

New York: Ground Zero - Memoriale

Nel giardino che circonda le vasche si trova un albero sopravvissuto all’11 settembre 2001 in quanto fu rimosso e portato in un parco dai newyorkesi  dove è stato curato e riportato al Memoriale nel 2010.

Dalle vasche ci siamo dirette verso il One World Trade Center per salire fino all’Osservatorio al 102esimo piano. Avevamo prenotato un biglietto con ingresso prioritario per cui potevamo andare a qualsiasi ora e prendere subito l’ascensore, dopo aver superato i controlli della sicurezza. In dieci secondi eravamo in cima. Incredibile. La Freedom Tower è bellissima dall’esterno e assume sempre i colori del cielo e delle nuvole che si riflettono nelle sue vetrate. All’interno la vista è a 360 gradi protetta da vetrate.

L’effetto wow è comunque garantito anche se le vetrate danno un po’ noia perché comunque impongono una distanza. Una cosa che ci ha disturbato a me e a mia sorella è che quando siamo salite ad accoglierci c’era un ragazzo che sembrava l’animatore del villaggio mentre ci illustrava a grandi linee cosa avremmo visto e ci invitava a noleggiare l’iPad per identificare le architetture simbolo. Stona secondo noi con ciò che quel luogo rappresenta. Se le Torri Gemelle non fossero crollate forse questo grattacielo non sarebbe mai stato costruito. E’ vero che bisogna guardare al futuro ma la baldanzosità eccessiva disturba.

Altra cosa che ci ha infastidito un po’, non solo qui ma anche negli altri Osservatori, è che quando ci si sta avvicinando per entrare puntualmente ci si ritrova nel mezzo la postazione del fotografo ufficiale che immortala i visitatori che lo vogliono con uno sfondo finto. Oltre ad essere kitch, infastidisce perché gli altri devono aspettare che chi vuole si faccia la foto perché il percorso è unico.

Quando siamo scese dall’Osservatorio siamo andate al Museo dell’11 settembre dove avevamo prenotato per le 15.30.

Vale sicuramente la pena la visita.

Ci sono dei ruderi delle Torri Gemelle dei quali colpisce sicuramente la parete costruita nel 1960 in modo che potesse resistere ad una eventuale esondazione del fiume Hudson e che è stata l’unica parte che non è collassata il giorno dell’attentato. Ci sono poi le testimonianze, le foto delle vittime con brevi accenni alla loro biografia e a dove si trovavano quel giorno maledetto.

E poi il racconto di come si è arrivati a quel giorno.

C’è una istallazione di Spencer Finch all’inizio del percorso realizzata con mattonelle in ceramica in diverse tonalità dell’azzurro per ricordare il colore del cielo di quella mattina dell’11 settembre 2001 che si intitola ‘Trying to Remember the Color of the Sky on That September morning’ che riporta una frase di Virgilio: No day shall erase you from the memory of time (nessun giorno vi cancellerà dalla memoria del tempo). Beh, ho provato una forte emozione nel fatto che sia stata scelta una frase del poeta guida di Dante nella Divina Commedia. Ho forse compreso meglio il concetto di interdipendenza tra tutti gli esseri viventi.

A questo punto erano circa le 17.30. Dovevamo tornare in albergo per poi… raggiungere una mia amica a casa sua per cena!  E’ stato questo l’incontro programmato pochi giorni prima di partire, come vi ho accennato nel post di ieri, e che ha aggiunto un notevole valore a questo viaggio a New York.  Peccato solo che abbiamo fatto tardi e ci siamo perse il tramonto dal grattacielo dove lei abita. E’ che ci siamo confuse con la metropolitana nel senso che prima di capire che c’erano stati dei cambiamenti sulle linee che intendevamo prendere noi ci abbiamo messo un po’, era l’ora di punta per cui c’era tanta gente e faceva quel caldo asfissiante tipico delle metropolitane che ci ha fatto un po’ innervosire.

Trovato alla fine la linea giusta abbiamo raggiunto la mia amica.

Ciò che mi aspettavo è stato ampiamente superato dalle aspettative.

Un appartamento al ventunesimo piano (ho imparato che 'piani' si dice 'stories' in inglese) di un grattacielo che sembrava un Hotel, davvero, con un balconcino con una vista stre-pi-to-sa tanto che l’ho buttata lì e ho proposto alla mia amica di fare home exchange con il mio bilocale a Siena.


E’ stata una serata piacevolissima e ho scoperto quanto lei ami Siena, dove l’ho conosciuta anni fa quando  venne come insegnante di musica un estate per una specie di stage rivolto a studenti americani, e come si ricordi perfettamente le regole del Palio che insieme abbiamo cercato di spiegare ai suoi figli adolescenti.

Ci eravamo perse di vista e i Social network non esistevano ancora.  L’ho cercata da quando ho conosciuto ‘Mark’ ma niente. L’ultimo tentativo prima di partire l’ho fatto su LinkedIn e lì l’ho trovata.

Avrei scoperto più tardi che non frequenta i Social volutamente e che preferisce le e-mail o la corrispondenza tradizionale.

Come dono le ho portato un barbero dipinto a mano che ha gradito moltissimo. Lei invece mi ha fatto dono di una riproduzione dell’Empire State in cartonato da montare, quando ancora non sapevo che sarebbe stata l’esperienza più bella per me di New York, e delle cartoline colorate con delle immagini icone di New York.

Dopo cena abbiamo visitato gli ambienti comuni del grattacielo dove abita e dove c’è di tutto di più (piscina, campi da tennis, giochi per i bambini, palestra, parete per arrampicarsi, sala computer, gastronomia, Banca, etc ). Non l’ho detto prima ma per poter essere affittuari di questo grattacielo bisogna avere una serie di requisiti tra cui fare un lavoro che abbia a che fare con le arti. La mia amica infatti è una musicista.

E’ stata una giornata molto intensa. Temevo di aver messo troppa carne al fuoco e che non ce l’avremmo fatta a fare tutto e invece è andato tutto liscio.

Domani vi porto al Metropolitan Museo di New York. Prima però torneremo un attimo in zona Ground Zero per onorare una promessa in Zuccotti Park.

Ciao!

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