lunedì 21 agosto 2017

La vita è bella

La vita è bella

Stride il titolo di questo post appena ci guardiamo un po’ intorno, vero?

Anche il film di Benigni, La vita è bella, mi procurò irritazione la prima volta che lo vidi. Ci fu bisogno di qualcuno che me lo ‘spiegasse’ per capirne il valore.

Per me, nata cinquant’anni fa, l’evento più tragico frutto della malvagità dell’uomo è stato quello dell’attentato alle Torri gemelle.

Ho sempre pensato che la paura e l’impotenza che ho provato quell’11 settembre del 2001 somigliasse molto a quella provata dai nostri avi per i bombardamenti delle guerre mondiali.

Altri attentati terroristici ne sono seguiti. Appena la mente ne dimentica l’ultimo ecco che ne spunta un altro lì dove meno te l’aspetti, a Barcellona per esempio.

L’istinto di sopravvivenza mi fa subito dire ‘meno male che non eravamo lì, né io né parenti o amici’ ma poi la paura subentra nuovamente e il cervello comincia a formulare domande a raffica: perché lo fanno? perché non ci lasciano in pace e se ne stanno nel loro paese? io sono al sicuro qui dove sono? devo rinunciare a viaggiare? devo pensare a me stessa oppure c’è qualcosa che posso fare per fermare questo orrore? come faccio a continuare a vivere con serenità?.

Ho paura anche di me stessa, delle risposte che potrei dare; superficiali, di convenienza, egoistiche ma non voglio essere così e allora cerco ispirazione in ciò che hanno scritto i grandi che non ci sono più ma anche in chi, per lavoro, diffonde il valore della gratitudine. Mi riferisco ad Assunta Corbo (potete leggere come mi sono imbattuta nella sua missione qui)

I brani che mi sono venuti in mente in queste ore sono di Sayagyi UBa Khin, Etty Hillesum e Dostoevskij.

A conclusione del post invece troverete la riflessioe che Assunta Corbo mi ha donato sui fatti di Barcellona e il valore della gratitudine. Riflessione che le ho chiesto personalmente e che lei mi ha fatto avere  nonostante il pochissimo preavviso da parte mia. Grazie mille, Assunta.

Il primo brano è tratto da Il tempo della meditazione Vipassana è arrivato. L’insegnamento e gli scritti del maestro (Sayagyi UBa Khin) con il commento di S. N. Goenka

Domanda: U Ba Khin è stata una persona con un importante ruolo sociale e inserita nella vita di governo del suo paese. Qual era la sua opinione rispetto a fatti come la guerra, la fame, etc?

Risposta: nella società ci sono molte cose importanti, non si può chiudere gli occhi e allontanarsene  nel nome della vipassana o di qualche altra meditazione. Occorre dare il proprio contributo. Anche il Budda era solito dire: “se si ha fame non si può praticare il Dhamma (= comprensione della legge della causa e dell’effetto), non si può praticare la meditazione”. Questo è un punto molto importante. Ogni guerra è nociva. Ma avere solo il fine ideale di mantenere la società lontana da queste guerre non è d’aiuto. Ogni individuo deve liberarsi dalle proprie tensioni interiori. Le tensioni nella società, nelle nazioni, tra individuo e individuo, esistono tutte a causa delle impurità nelle menti degli individui. L’uomo è un essere sociale. Non è possibile né utile per lui vivere separato dalla società. Il vero metro di misura del suo valore come membro della società è il contributo che porta nel renderla più pacifica e armoniosa. Un contributo valido può essere dato quando ogni individuo si libera dalle negatività mentali che sono le sorgenti di ogni disaccordo nella società.

Il secondo brano è tratto dal Diario di Etty Hillesum, ebrea morta ad Auschwitz nel novembre del 1943 a ventinove anni.

(1942) Venerdì mattina. Una volta è un Hitler; un’altra è Ivan il Terribile, per quanto mi riguarda; in un caso è la rassegnazione, in un altro sono le guerre, o la peste e i terremoti e la carestia. Quel che conta in definitiva è come si porta, sopporta, e risolve il dolore, e se si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima.

Il terzo brano è tratto da I fratelli Karamazov di Fëdor M. Dostoevskij.

Cari fanciulli miei, voi forse non comprenderete bene quello che vi dirò, perché io mi esprimo spesso poco chiaramente, ma più tardi ve ne ricorderete e un giorno sarete d’accordo con le mie parole.

Sappiate dunque che non c’è nulla di più alto, e forte, e sano, e utile per la vostra vita avvenire, di qualche buon ricordo, specialmente se recato con voi fin dai primi anni, dalla casa dei genitori.

Molto vi si parla della vostra educazione, ma uno di questi buoni e santi ricordi, custodito sin dall’infanzia, è forse la migliore delle educazioni. Se l’uomo può raccogliere molti di tali ricordi e portarli con sé nella vita, egli è salvo per sempre. E quand’anche un solo buon ricordo rimanesse con noi, nel nostro cuore, anche quello potrebbe un giorno servire alla nostra salvezza.

Forse, anche noi più tardi diventeremo cattivi, non avremo la forza di astenerci dalle male azioni, rideremo delle lacrime umane; e di coloro che dicono, come Kòlja ha esclamato poc’anzi: “Voglio soffrire per tutti gli uomini”, anche di questi forse ci befferemo malvagiamente.

E tuttavia, per quanto possiamo diventar cattivi, dal che Dio ci preservi, quando ci ricorderemo come abbiamo seppellito Iljùša, come lo abbiamo amato negli ultimi giorni, e come ora abbiamo parlato amichevolmente tutti insieme presso questa pietra, allora anche il più crudele e il più beffardo di noi, se tali diventeremo, non oserà, nel suo intimo, schernire i buoni sentimenti  provati in questo momento!

Più ancora, può darsi appunto che questo ricordo abbia a trattenerlo dal fare un gran male, egli tornerà su se stesso, e dirà: “Sì, allora ero buono, ardito e onesto”. Sogghigni pure tra sé, non importa, spesso l’uomo deride ciò che è buono e bello: questo accade solo per leggerezza; ma vi giuro, amici miei, che, appena avrà così sogghignato, subito si dirà nel suo cuore: "No, ho fatto male, perché di questo non si può ridere!”.

Ecco invece il prezioso contributo di Assunta Corbo.

Trovare motivi di gratitudine per ciò che accade di brutto nel mondo, come per esempio Barcellona ma non solo, è qualcosa che va contro la natura umana consapevole che vive nell'amore. Non avrebbe alcun senso.

Questi eventi di cronaca che turbano la nostra quotidianità ci possono però condurre a una riflessione ben più profonda. Ogni fatto negativo lo fa. Può aiutarci a comprendere come noi possiamo muoverci nel mondo.

Purtroppo pensiamo di non poter fare molto per eventi cosi "grandi" che implicano dinamiche enormi per noi. Ma non è affatto cosi. Quello che nel mondo accade perché dettato dall'odio nasce da una cultura dell'odio, dell'indifferenza e della superficialità che alberga anche nella quotidianità di ognuno di noi.

Ogni volta che accade un fatto di cronaca che ci fa stringere lo stomaco e temere per la nostra serenità dovremmo davvero dire grazie per questa nuova lezione e portare immediatamente delle trasformazioni nella nostra vita.

Noi, singoli, possiamo fare molto. Possiamo diffondere una cultura della gentilezza, dell'amore, del rispetto e della compassione. Possiamo farlo con il vicino di casa, con il portiere, con gli sconosciuti che incontriamo nel mondo.

Un atteggiamento negativo e un atteggiamento positivo hanno qualcosa in comune: entrambi si diffondono nel mondo. A noi scegliere quale alimentare.

Non possiamo cambiare quanto accaduto ma possiamo alimentare il nostro senso di gratitudine per essere qui e per poter fare qualcosa per generare un mondo diverso anche solo nella relazione con un collega. Perché quel collega cambierà e porterà il suo cambiamento a casa. I suoi familiari si trasformeranno e porteranno nuova linfa positiva a scuola e al lavoro.

E' una catena meravigliosa di positività.

Non è vero che non possiamo fare nulla. Possiamo fare molto. Invece di dedicare del tempo prezioso a inveire contro chi ha organizzato gli attentati o commesso omicidi, passiamolo a portare messaggi d'amore.

Sui social accade proprio questo: un evento di cronaca nato dall'odio semina odio tra i commenti e i post. In buona fede. Pensiamo sia nostro dovere mostrare il nostro disdegno e il nostro pensiero contro queste persone.

Se solo ci fermassimo a riflettere comprenderemmo che proprio questo disdegno ha generato quei fatti.

Cosa possiamo fare? Ignorare? No. Possiamo modificare la nostra percezione dei fatti e, con gratitudine, accogliere il momento di riflessione che ci aiuterà a essere persone migliori nella nostra quotidianità.

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