In questi giorni ho letto un opuscolo intitolato Città murata Città globale (SeB
editori) scritto da Gabriella Piccinni (docente di Storia Medievale
all’Università di Siena) a supporto del progetto Siena Capitale europea della
cultura per il 2019.
Secondo la Piccinni Siena ha qualcosa da dire all’Europa e lo può fare attraverso quelli che sono i caratteri originali che la città ha espresso attraverso il suo patrimonio artistico e architettonico nel suo periodo di maggior splendore e cioè dal 1260, anno della battaglia di Montaperti vinta contro i fiorentini (anche se nove anni più tardi ci sarà la battaglia di Colle val d’Elsa che non andrà altrettanto bene) al 1348, anno della peste che decimò la popolazione.
In contemporanea a questa lettura ho visto un video postato recentemente
da Electa su Twitter in cui il professor Andrea Carandini sostiene, senza possibilità di replica, che il patrimonio italiano è l’unica ricchezza
che abbiamo che non ricade nella concorrenza globale nel senso che ad esempio, dice,
non è possibile fare due ‘Colosseo’, etc.
Se è vero che due indizi fanno una prova allora questi due eventi, il primo ‘cercato’ anche per motivi di lavoro il secondo ‘imprevisto’, mi hanno fatto venir voglia di fare come un ‘ripasso’ di tante nozioni accumulate negli anni per mia passione personale per l’arte e quindi, nonostante il cielo minaccioso, questa mattina ho dedicato il mio tempo a ripercorrere il centro storico tenendo a mente i caratteri originali di Siena indicati dalla Piccinni e che qui riassumo brevemente:
Disegno urbano: mura medievali che via via hanno inglobato i quartieri;
Il Comune e i cittadini: Palazzo Pubblico e Piazza del Campo;
Civitas: la Cattedrale era requisito indispensabile per avere il riconoscimento giuridico di città;
Assistenza: Ospedale
Santa Maria della Scala (oggi museo);
Comunicazione
politica, espansione edilizia e vita quotidiana: Ambrogio Lorenzetti, affreschi del Buon Governo, Palazzo Pubblico;
Attività
economiche e la Banca: tavolette di Biccherna, oggi custodite nell’Archivio di Stato di Siena, che
altro non sono che le copertine dei registri del Bilancio dello Stato fatte
dipingere da artisti famosi e grazie alle quali si è venuti a conoscenza di episodi
importanti della vita della città;
Il bello e
l’utile: le numerose fonti alimentate dai
Bottini. La loro bellezza e monumentalità non avrebbero mai fatto sospettare la
difficoltà di Siena nel reperire l’acqua non essendo essa attraversata da alcun
fiume, come ad esempio Firenze, o dal mare;
Monumento
alla crisi: strutture abbandonate del Duomo nuovo. Il sogno di grandezza di
Siena di costruire un Duomo più grande di quello di Firenze del quale quello
attuale doveva diventare il transetto fu infranto dalla peste del 1348.
Nonostante ciò, conclude la Piccinni, Siena ha continuato a vivere
e la testimonianza di questi resti abbandonati non può che essere un occasione
per riflettere sulle cose da fare e non fare.
E Siena
trionfa immortale è il motto con il quale il cronista senese
Silvio Gigli (1910-1988) concludeva le
sue trasmissioni sul Palio da Piazza del Campo. L’ho scelto come titolo di
questo post perché anch’io condivido in pieno questo motto a prescindere
dall’assegnazione o meno del progetto alla città di Siena.
La mia passeggiata di questa mattina ha interessato solo il centro
storico ma la grandezza dello spazio racchiuso tra le mura di Siena si estende
anche al di fuori di esse assumendo i caratteri di:
Melting pot
culturale: la
via Francigena puntellata nello spazio fuori dalle mura da importanti esempi di
architettura romanica;
Antropizzazione: paesaggio
storico della provincia di Siena formato di filari di vigneti, di campi di
grano, di pascoli, etc.
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