martedì 17 aprile 2012

Alberto Burri

Città di Castello: Ex Seccatoi del tabacco

Accaddeoggi, esattamente un anno fa, il mio incontro con l’arte di Alberto Burri.

Il 17 aprile del 2011 infatti ho trascorso un intera giornata a Città di Castello, terra che ha dato i natali a Burri, per visitare le due sedi espositive della Fondazione che porta il suo nome.

E’ stata un esperienza esaltante che ha significato l’inizio del mio accostamento, interesse e passione per l’arte moderna e contemporanea.

Burri per me era ‘quello dei sacchi’ (leggasi con intonatura sprezzante) e basta.

Qualcuno mi ha fatto vedere ‘oltre’... il sacco ha memoria della sua esistenza, è segnato dall'usura e dal tempo. Vive ancora, ma senza l'intervento dell'artista è destinato alla scomparsa, alla morte...

Gli sono infinitamente grata.

Rileggendo gli appunti presi quel giorno mi è venuto in mente di trascriverli qui e di linkare alcune opere alle riproduzioni che ho pubblicato su Pinterest nel board Alberto Burri.

PALAZZO ALBIZZINI

Pannello Fiat 1950
Nero 1, 1948: la presenza del piccolo quadrato azzurro è giustificata per dare risalto alle gradazioni di nero;

Catrame, 1949: opacità del colore;

SZ1, 1949: sz sta per ‘sacco di zucchero’. E’ l’unico quadro che ha un titolo. Burri non dava titoli per non condizionare in alcun modo;

Bianco, 1952: il pezzo di stoffa nero serve per esaltare la gradazione dei bianchi. Riproduzione della fluorescenza della muffa;

Gobbo, 1952

Sacco B 1953: bellissimo… Burri presenta la potenzialità estetica della materia. I buchi stanno al posto delle penellate;

Tutto nero,1956: molto sofisticato;

Combustione legno sp, 1957

Rosso gobbo, 1954

Sacco e nero, 1954:
poesia e dramma nella poetica di Burri;

Two shirts,1957

Grande bianco, 1956: la venatura divide lo spazio verticale in tre. Il merletto alleggerisce la composizione che altrimenti sarebbe minimalista;

Grande ferro, 1960: le lame sono nuove a differenza dei sacchi. Burri tratta la materia senza tradire la sua peculiarità; usa quindi i chiodi con le lame, l’ago e il filo con i sacchi;

Legno, 1959: le lamelle di legno sono come pennellate. Col legno usa la fiamma ossidrica;

Rosso, 1956: non mi è piaciuto…. Mi ricorda i paramenti sacri….

Plastiche: non hanno un supporto ma solo l’intelaiatura di metallo. Con la fiamma Burri trasforma un materiale insignificante e privo di espressività in opere. ‘Ho in mente da tanto tempo di dire come bruciano le cose con la combustione e come nella combustione tutto vive e muore per fare l’unità perfetta.’ L’azione del fuoco non intacca l’uniformità. Le cauterizzazioni impediscono la distruzione della materia e organizzano l’impianto della composizione.

Rosso plastico, 1964: un mix di pittura e scultura;

Grande nero plastica, 1964 e 1962: uno è la versione poetica, l’altro quella drammatica;

Grande bianco plastica, 1965: plastiche con supporto sdrucciolato, cellotex;

Bianco 1969: sottile strato di plastica;

Combustioni di piccole dimensioni, 1970

Cretti neri e bianchi, 1973-1975: bellissimi. Caolina e vinavil;

Cellotex 1983: negli anni ’80 Burri ripensa all’uso della pittura;

Bozzetti per scenografie

Serigrafie del ciclo Sestante

Cartello otto cretti 1991(?): acquaforte;

Multiplex, 1981: cartoni
EX SECCATOI DEL TABACCO

Cretti e Plastiche

Ciclo Il Viaggio, 1979: il primo quadro ricorda la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi;

Ciclo Sestante 1982: per Burri ogni singolo quadro del ciclo è un ciclo a se stante. Tanto colore. Incidendo il cellotex Burri predisponde i campi di colore diverso;

Ciclo rosso e nero 1984: il contrasto rosso e nero crea delle prospettive sempre diverse;

Ciclo T. Cellotex 1975-1984: la T sta perché Burri ha scelto quali cellotex destinare a questa location. Armonia che annulla tutte le separazioni. Il cellotex viene sublimato dall’intervento dell’artista che ne esalta le potenzialità. La differenza crea sintesi;

Ciclo Annottarsi 1987: se tutti si aggiornano in quel periodo, Burri si annotta. Il nero come polemica del prevalere dell’apparenza sulla realtà;

Ciclo 1988 NON AMO IL NERO: in apparenza sembrano tutte figure geometrihce in realtà contengono la frase NON AMO IL NERO;

Neri 1988-1989: qui lo sfondo di tutte le pareti è nero. Si scorgono pezzature di terreno, vedute di città dall’alto, quinte teatrali, etc etc;

Metamorfotex 1991: omaggio a Kafka. Il primo quadro a sinistra è tutto ocra. Le incisioni sono le stesse negli altri quadri ma dall’uno all’altro il nero comincia ad impossessarsi dei campi dipinti fino a coprire il quadro completamente di nero nell’ultimo;

Il nero e l’oro 1992-1993: molto eleganti;

Scultura in ferro 1978: cretto;

Per visitare le sedi espositive Fondazione Burri

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