Accaddeoggi, esattamente un anno fa, il mio incontro con l’arte di Alberto Burri.
Il 17 aprile del 2011 infatti ho trascorso un intera giornata a Città di Castello, terra che ha dato i natali a Burri, per visitare le due sedi espositive della Fondazione che porta il suo nome.
E’ stata un esperienza esaltante che ha significato l’inizio del mio accostamento, interesse e passione per l’arte moderna e contemporanea.
Burri per me era ‘quello dei sacchi’ (leggasi con intonatura sprezzante) e basta.
Qualcuno mi ha fatto vedere ‘oltre’... il sacco ha memoria della sua esistenza, è segnato dall'usura e dal tempo. Vive ancora, ma senza l'intervento dell'artista è destinato alla scomparsa, alla morte...
Gli sono infinitamente grata.
Rileggendo gli appunti presi quel giorno mi è venuto in mente di trascriverli qui e di linkare alcune opere alle riproduzioni che ho pubblicato su Pinterest nel board Alberto Burri.
PALAZZO ALBIZZINI
Nero 1, 1948: la presenza del piccolo quadrato azzurro è giustificata per dare risalto alle gradazioni di nero;
Catrame, 1949: opacità del colore;
SZ1, 1949: sz sta per ‘sacco di zucchero’. E’ l’unico quadro che ha un titolo. Burri non dava titoli per non condizionare in alcun modo;
Bianco, 1952: il pezzo di stoffa nero serve per esaltare la gradazione dei bianchi. Riproduzione della fluorescenza della muffa;
Gobbo, 1952
Sacco B 1953: bellissimo… Burri presenta la potenzialità estetica della materia. I buchi stanno al posto delle penellate;
Tutto nero,1956: molto sofisticato;
Combustione legno sp, 1957
Rosso gobbo, 1954
Sacco e nero, 1954: poesia e dramma nella poetica di Burri;
Two shirts,1957
Grande bianco, 1956: la venatura divide lo spazio verticale in tre. Il merletto alleggerisce la composizione che altrimenti sarebbe minimalista;
Grande ferro, 1960: le lame sono nuove a differenza dei sacchi. Burri tratta la materia senza tradire la sua peculiarità; usa quindi i chiodi con le lame, l’ago e il filo con i sacchi;
Legno, 1959: le lamelle di legno sono come pennellate. Col legno usa la fiamma ossidrica;
Rosso, 1956: non mi è piaciuto…. Mi ricorda i paramenti sacri….
Plastiche: non hanno un supporto ma solo l’intelaiatura di metallo. Con la fiamma Burri trasforma un materiale insignificante e privo di espressività in opere. ‘Ho in mente da tanto tempo di dire come bruciano le cose con la combustione e come nella combustione tutto vive e muore per fare l’unità perfetta.’ L’azione del fuoco non intacca l’uniformità. Le cauterizzazioni impediscono la distruzione della materia e organizzano l’impianto della composizione.
Rosso plastico, 1964: un mix di pittura e scultura;
Grande nero plastica, 1964 e 1962: uno è la versione poetica, l’altro quella drammatica;
Grande bianco plastica, 1965: plastiche con supporto sdrucciolato, cellotex;
Bianco 1969: sottile strato di plastica;
Combustioni di piccole dimensioni, 1970
Cretti neri e bianchi, 1973-1975: bellissimi. Caolina e vinavil;
Cellotex 1983: negli anni ’80 Burri ripensa all’uso della pittura;
Bozzetti per scenografie
Serigrafie del ciclo Sestante
Cartello otto cretti 1991(?): acquaforte;
Multiplex, 1981: cartoni
Catrame, 1949: opacità del colore;
SZ1, 1949: sz sta per ‘sacco di zucchero’. E’ l’unico quadro che ha un titolo. Burri non dava titoli per non condizionare in alcun modo;
Bianco, 1952: il pezzo di stoffa nero serve per esaltare la gradazione dei bianchi. Riproduzione della fluorescenza della muffa;
Gobbo, 1952
Sacco B 1953: bellissimo… Burri presenta la potenzialità estetica della materia. I buchi stanno al posto delle penellate;
Tutto nero,1956: molto sofisticato;
Combustione legno sp, 1957
Rosso gobbo, 1954
Sacco e nero, 1954: poesia e dramma nella poetica di Burri;
Two shirts,1957
Grande bianco, 1956: la venatura divide lo spazio verticale in tre. Il merletto alleggerisce la composizione che altrimenti sarebbe minimalista;
Grande ferro, 1960: le lame sono nuove a differenza dei sacchi. Burri tratta la materia senza tradire la sua peculiarità; usa quindi i chiodi con le lame, l’ago e il filo con i sacchi;
Legno, 1959: le lamelle di legno sono come pennellate. Col legno usa la fiamma ossidrica;
Rosso, 1956: non mi è piaciuto…. Mi ricorda i paramenti sacri….
Plastiche: non hanno un supporto ma solo l’intelaiatura di metallo. Con la fiamma Burri trasforma un materiale insignificante e privo di espressività in opere. ‘Ho in mente da tanto tempo di dire come bruciano le cose con la combustione e come nella combustione tutto vive e muore per fare l’unità perfetta.’ L’azione del fuoco non intacca l’uniformità. Le cauterizzazioni impediscono la distruzione della materia e organizzano l’impianto della composizione.
Rosso plastico, 1964: un mix di pittura e scultura;
Grande nero plastica, 1964 e 1962: uno è la versione poetica, l’altro quella drammatica;
Grande bianco plastica, 1965: plastiche con supporto sdrucciolato, cellotex;
Bianco 1969: sottile strato di plastica;
Combustioni di piccole dimensioni, 1970
Cretti neri e bianchi, 1973-1975: bellissimi. Caolina e vinavil;
Cellotex 1983: negli anni ’80 Burri ripensa all’uso della pittura;
Bozzetti per scenografie
Serigrafie del ciclo Sestante
Cartello otto cretti 1991(?): acquaforte;
Multiplex, 1981: cartoni
Cretti e Plastiche
Ciclo Il Viaggio, 1979: il primo quadro ricorda la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi;
Ciclo Sestante 1982: per Burri ogni singolo quadro del ciclo è un ciclo a se stante. Tanto colore. Incidendo il cellotex Burri predisponde i campi di colore diverso;
Ciclo rosso e nero 1984: il contrasto rosso e nero crea delle prospettive sempre diverse;
Ciclo T. Cellotex 1975-1984: la T sta perché Burri ha scelto quali cellotex destinare a questa location. Armonia che annulla tutte le separazioni. Il cellotex viene sublimato dall’intervento dell’artista che ne esalta le potenzialità. La differenza crea sintesi;
Ciclo Annottarsi 1987: se tutti si aggiornano in quel periodo, Burri si annotta. Il nero come polemica del prevalere dell’apparenza sulla realtà;
Ciclo 1988 NON AMO IL NERO: in apparenza sembrano tutte figure geometrihce in realtà contengono la frase NON AMO IL NERO;
Neri 1988-1989: qui lo sfondo di tutte le pareti è nero. Si scorgono pezzature di terreno, vedute di città dall’alto, quinte teatrali, etc etc;
Metamorfotex 1991: omaggio a Kafka. Il primo quadro a sinistra è tutto ocra. Le incisioni sono le stesse negli altri quadri ma dall’uno all’altro il nero comincia ad impossessarsi dei campi dipinti fino a coprire il quadro completamente di nero nell’ultimo;
Il nero e l’oro 1992-1993: molto eleganti;
Scultura in ferro 1978: cretto;
Per visitare le sedi espositive Fondazione Burri
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