lunedì 27 febbraio 2017

Dentro il restauro: aspettando la mostra di Ambrogio Lorenzetti

Dentro il restauro: aspettando la mostra di Ambrogio Lorenzetti

Nel 2017 Siena renderà omaggio ad Ambrogio Lorenzetti con una mostra di quelle con la ‘M’ maiuscola; queste almeno sono le aspettative e a giudicare dal fermento che già dall’anno scorso c’è in città ci sono buone probabilità che proprio così sarà.

Cosa intendo con il ‘fermento’? intendo la possibilità straordinaria di poter visitare i cantieri aperti in città guidati da uno dei restauratori, Massimo Gavazzi. Roba che non si vorrebbe più scendere dai ponteggi per ammirare vis a vis, ad esempio, gli affreschi del ‘nostro’ nella Basilica di San Francesco a Siena.

L’evento è stato chiamato Dentro il restauro e dal mio entusiasmo avrete capito che apprezzo moltissimo questa iniziativa.

Per ora ho visto gli affreschi provenienti dall’Eremo di Montesiepi al Santa Maria della Scala e gli affreschi della Basilica di San Francesco a Siena, entrambi realizzati per una parte a fresco e per una parte a secco.

Qual è lo scopo di questo post?

Non di riportare dettagliate notizie storiche, iconografiche e pittoriche degli affreschi. Non è il caso sia perché queste informazioni si trovano on line sia perché i restauri, da come ci ha accennato Massimo Gavazzi, stanno portando alla luce nuove informazioni e ovviamente queste informazioni verranno svelate pubblicamente in occasione della Mostra.

Lo scopo del mio post è di condividere con voi i particolari sui quali il restauratore ci ha invitato a soffermare la nostra attenzione; quei particolari che dalla normale collocazione degli affreschi non riusciremmo a vedere perché troppo lontani dai nostri occhi.

Eremo di Montesiepi a San Galgano. Storie della Vergine

Gli affreschi dell’Eremo di Montesiepi che raffigurano una Madonna con bambino e storie di San Galgano sono stati realizzati da Ambrogio Lorenzetti nel 1340.

Il lavoro che i restauratori stanno attuando su questi affreschi prevede tre fasi: studio, pulitura e ritocco.

Le sinopie dell’Annunciazione della Vergine ritrovate al di sotto degli affreschi dell’Eremo di Montesiepi già durante i restauri del 1966 permettono di vedere il dualismo tra l’idea iniziale e ciò che è stato effettivamente realizzato o modificato da altri.

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Mi sono documentata un po’ cercando online e ho trovato che “Nel Medioevo il disegno veniva eseguito direttamente sull'arriccio(*) usando un tipo di ocra rosso-bruna che, nell'antichità, proveniva da una località vicino a Sinope (sul Mar Nero, in Turchia). Per questo il disegno era chiamato sinopia.” (cit. dalla scheda didattica scritta di Giulia Grassi su http://www.italipes.com/)

La singolarità in questo caso è data dal diverso atteggiamento della Madonna: nella sinopia è stata rappresentata una Madonna spaventata tanto che si aggrappa ad una colonna; nella versione finale, di cui abbiamo solo il volto dipinto, una Madonna devota con le mani incrociate sul petto.

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Come mai? Può darsi che il committente stesso non volesse vedere una Madonna spaventata davanti a lui. La versione finale non è di Ambrogio Lorenzetti.

Le divergenze sono visibili anche nella sinopia che riguarda l’architettura che allude a Castel Sant’Angelo. Nella sinopia è come se Ambrogio Lorenzetti avesse fatto delle prove in cerca della versione finale.

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

La Madonna con bambino è stata anch’essa oggetto di ripensamento come si evince dalla presenza di ben tre mani. Le vedete? :-)

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

La figura femminile sdraiata in primo piano in basso - che a me ricorda la Pace del Buon Governo - con una pelle di animale sulle spalle e con in mano un ramo di fico, svela la sua identità nel cartiglio che regge nell’altra mano.

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Fei pecchato perché passione soferse Cristo che questa reina portò nel ventre a nostra redentione. 

Si tratta di Eva.

 Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

San Galgano è facilmente identificabile con la miniatura della spada nella roccia.

Ambrogio Lorenzetti, Eremo di Montesiepi a San Galgano, Storie della Vergine

Basilica di San Francesco a Siena. Storie di francescani

Qui il restauratore, sempre Massimo Gavazzi, non ci ha permesso di fare fotografie; chissà perché. in compenso ci ha fatto ‘toccare’ gli affreschi; sì, avete capito bene, ce li ha fatti toccare.

Ambrogio Lorenzetti: Basilica di San Francesco a Siena. Storie di francescani

Degli affreschi della Basilica di San Francesco, già prima si soffermarsi sulle rappresentazioni, colpisce venire a conoscenza del fatto che questi affreschi provengono dalla sala capitolare del convento adiacente la Basilica, attualmente sede di alcune Facoltà dell’Università di Siena. La sala da che io mi ricordo viene chiamata ‘sala delle colonne’. Vi si discutono le tesi di laurea e in periodo di elezioni è il mio seggio elettorale. Scusate la divagazione ma sono molto legata a questo luogo. L’ho frequentato ogni giorno per alcuni anni di Università.

Non più utilizzata questa sala, gli affreschi erano stati ricoperti di scialbatura e intonaco. Non è la prima volta che sento di una tale assurdità tanto che a volte penso che non è vero che i nostri antenati erano più saggi di noi.

Nell’Ottocento questi affreschi furono riscoperti, staccati a massello e trasportati nella cappella a sinistra dell’altare maggiore della Basilica, dove li vediamo oggi.

Nella sala capitolare c’erano anche due affreschi del fratello maggiore, Pietro Lorenzetti, una Crocifissione e una Resurrezione. La Crocifissione si trova anch’essa a San Francesco (mi è dispiaciuto tantissimo no poterla vedere da vicino ma c’erano dei problemi con i ponteggi), la Resurrezione nel vicino Museo Diocesano.

Di questa operazione non indifferente di segatura e spostamento di affreschi, il contemporaneo Ulisse Forni riporta passo passo il metodo utilizzato nel suo Manuale del Pittore Restauratore del 1866. Questa informazione ovviamente ce l’ha data Massimo Gavazzi.
La versione digitale del manuale è reperibile su Google qui

Vi riporto una parte del riferimento agli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nella Basilica di San Francesco a Siena.

“Innanzi che si conoscesse il distacco delle pitture dal muro si praticava di segare le pareti medesime, e di murarle in località credute più opportune a conservarle.

In Siena furono segate e traslocate varie pitture.

Nel 1854 furono scoperte di sotto al bianco, per opera del Signor Francesco Brogi di Siena quattro grandi storie dipinte da Ambrogio Lorenzetti nell’antico capitolo del convento di San Francesco: la prima rappresenta la Crocifissione, la seconda la Resurrezione, nella terza è figurato quando, quando san Lodovico, che poi fu vescovo di Tolosa, andato a Roma in compagnia del padre suo, Carlo lo Zoppo re di Napoli, riceve da Bonifacio VIII i primi ordini del chiericato. Nella quarta è figurato il Soldano in trono, circondato dai suoi ministri e da molta gente tratta colà a vedere il supplizio da esso comandato di certi poveri fraticelli innocenti, i quali con serena costanza vanno incontro al martirio per la fede di Cristo.
Queste pitture alte e larghe, da metri 5 e 51 centimetri , a metri 4 e 10 centimetri, furono segate e trasportate da Giovanni Vestri, maestro muratore, in due cappelle laterali al maggiore altare della chiesa contigua al detto convento.”

Non sono io che ho sbagliato prima con l’attribuzione, ma il Forni!

Questi affreschi sono stati eseguiti quando Ambrogio era molto giovane. Sono stati infatti realizzati tra il 1320-1325 quando Ambrogio era ventenne.

Cosa ci ha fatto notare il restauratore?

Siena, Basilica San Francesco: San Ludovico che si congeda da Papa Bonifacio VIII dopo la rinuncia alla dignità regale in favore del fratello Roberto d’Angiò, Ambrogio Lorenzetti

Foto credit Web Gallery of Art

San Ludovico che si congeda da Papa Bonifacio VIII dopo la rinuncia alla dignità regale in favore del fratello Roberto d’Angiò

L’umanità nei volti dei personaggi a partire dal padre di Ludovico, re Carlo II, che sembra chiedersi tra se e se ‘ma cosa ti è saltato in mente di farti frate e rinunciare agli onori regali?!’.

Gli stati d’animo delle persone convenute alla cerimonia: nella parte superiore gli ospiti regali, nella parte inferiore gli alti prelati tra cui siede anche il re.

La cura del particolare come ha detto qualcuno dei presenti, supportato dal restauratore, per amore dell’arte perché, quale altro motivo ci sarebbe stato per rappresentare, ad esempio, la tridimensionalità della corona di re Carlo facendo intravedere, nella giusta corrispondenza, dai fori laterali della corona, la parte di capelli e la parte di capelli coperta dalla retina bianca sapendo che nessuno avrebbe potuto notarlo dal basso?

La ‘retina bianca’ sul capo la indossa anche Roberto d’Angiò, la figura quasi centrale che indica se stesso come futuro Re. Riguardo a questa retina bianca Gavazzi ci ha svelato una delle intuizioni a livello tecnico di Ambrogio Lorenzetti e cioè l’uso di colori indipendenti. Cosa vuol dire? che l’osservazione della reazione chimica dei colori, la carbonatazione, gli ha suggerito di usare il Bianco San Giovanni nei tempi giusti per renderlo indipendente dal colore utilizzato per i capelli tanto che se passassimo un panno bagnato sulla retina, il colore bianco scomparirebbe lasciando vedere il colore dei capelli per poi essere di nuovo visibile dopo l’asciugatura. E’ stato a questo punto che Gavazzi ci ha invitato a passare la mano sui ‘capelli’ di Roberto d’Angiò, per verificare anche come non sia percepibile nemmeno al tatto la presenza di due strati.

Un copricapo e un copri collo singolare indossa il personaggio a destra della colonna.

Infine Gavazzi ci ha fatto notare la penultima figura, in fondo agli spettatori, in cui molti visitatori vedono Gesù per la sua fisionomia, nonostante non abbia una aureola come invece ce l’ha Ludovico che, al tempo in cui Ambrogio ha eseguito la scena, era già stato fatto santo. Gavazzi si è fatto una sua idea al riguardo ma non voglio anticiparla. Aspetterò anch’io la Mostra tante volte da qui ad allora ci fossero degli sviluppi.

L’insieme della rappresentazione è esempio di storytelling puro. Sembra quasi che Ambrogio Lorenzetti abbia assistito alla scena e invece non è così.

Siena, Basilica San Francesco: Martirio di francescani, Ambrogio Lorenzetti

Foto credit Web Gallery of Art

Martitio di frati francescani

Qui Ambrogio si è sbizzarrito con dettagli esotici tanto che mi ha fatto venire in mente il Sodoma. Una su tutte? La zampa di gallina con piuma nel copricapo del personaggio a destra del trono, per noi che guardiamo.

Dal punto di vista della prospettiva interessante lo scorcio, che a me fa venire in mente sempre il Mantegna, della testa mozzata in primo piano in basso, al centro della scena. E’ davvero incredibile!

Altro dettaglio del naturalismo di Ambrogio Lorenzetti che ci ha fatto notare Gavazzi è la 'ricrescita' dei frati condannati a morte, segno della loro prigionia.

Cos’altro aggiungere?

Di sicuro guarderò con altri occhi questi affreschi della Basilica di San Francesco quando tornerò a vederli e le impalcature non ci saranno più.

E’ stato un privilegio.

Un grazie immenso a Massimo Gavazzi per la passione con cui ci ha accompagnato in queste visita.

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