Il secondo incontro del ciclo Il Saloncino, un tè all'Opera, organizzato dal Museo dell'OPA di Siena con cadenza periodica fino ad Aprile 2014, è stato dedicato alla Madonna del Latte di Ambrogio Lorenzetti temporaneamente esposta nella Cripta del Duomo fino al 31 gennaio, dopodiché tornerà alla sua abituale sede e cioè il Museo Diocesano in Piazza San Francesco.
(Il primo incontro è stato sulla tarsia Le sette età dell'uomo collocata davanti alla Cappella del Voto in Duomo e ne ho scritto in fondo al post sul Pavimento del Duomo di Siena.)
In una sala gremita e con la presenza inaspettata del Sindaco Valentini che si è fermato per un saluto, la nostra guida Ilaria Bichi Ruspoli ha esordito dicendo che la Madonna del Latte di Ambrogio Lorenzetti è un'opera apripista nell'arte figurativa europea e mondiale.
Da qui ci ha condotto per mano in un excursus iconografico che ha subito dimostrato come da Oriente a Occidente la donna che allatta, non necessariamente mamma (pensiamo alle balie), ha sempre avuto una valenza sociale.
Questo tipo di rappresentazione infatti attraversa la storia dall'antico Egitto, con la scultura della dea Iside che allatta Horus, fino alla Fuga in Egitto di Caravaggio passando per la dea madre Artemide di Efeso della civiltà greca, la mater matuta delle civiltà pre-italiche, Giunone che allatta Ercole e dà origine alla via lattea in ambito greco romano, le Madonne del Latte di Pietro Lorenzetti, Paolo di Giovanni Fei, Andrea Vanni, Gregorio di Cecco, Lorenzo Monaco, Masolino, Jean Fouquet, Domenico Ghirlandaio, Botticelli, Leonardo, Michelangelo.
Intanto le Crociate da Gerusalemme avevano portato tante reliquie tra le quali alcune della Madonna. Non reliquie corporali perché la Madonna è stata assunta in cielo ma reliquie per contatto come ad esempio la sacra cintola che si trova nel Duomo di Prato e quella del santo latte della Madonna di cui in Toscana ce n'erano due, una a Montevarchi e l'altra a Piteglio. Entrambe appartenevano ad una famiglia importante, i Conti Guidi e presumibilmente Ambrogio ne era venuto a conoscenza. Al di là dell'autenticità o meno della reliquia, all'epoca ciò che era importante era il crearsi di una comunità intorno.
È il periodo anche degli ordini mendicanti come i francescani, i domenicani, i serviti che avevano come missione anche quella di rendere umani e più vicini alla gente i misteri religiosi. Il culto viene umanizzato. La prima iconografia che muta è quella del Cristo sulla croce. Alla versione triumphans subentra la versione patiens non per svalorizzarlo ma perché i fedeli sarebbero stati sicuramente più in grado di empatizzare con il sentimento di sofferenza che non con quello di resurrezione.
Le fonti letterarie sono i vangeli apocrifi dove i pittori trovano interessanti aneddoti della vita di Gesù.
La Madonna del latte si colloca come una figura di ponte tra la divinità e l'umanità. La Madonna del latte indica una scena intimistica fra la Madonna e il Bambino; la Virgo lactans, che sottolinea l'ossimoro del tema trattato (una vergine che allatta), si presenta come una scena più affollata, pubblica.
Nella Madonna del latte di Ambrogio una delle novità è quella di aver riportato le parole dell'annunciazione nel nimbo della Madonna per indicare l'antefatto di cui l'allattamento è la dimostrazione che la Madonna ha effettivamente partorito. Faccio una parentesi per dire che non è la prima volta che Ambrogio ci rivela qualcosa di importante attraverso la scritta nei nimbi, vedi ad esempio nel Polittico di Santa Petronilla in Pinacoteca.
Tornando alla Madonna del Latte, quella di Ambrogio Lorenzetti è una madre che si compiace nel vedere che il figlio che sta allattando si gira volutamente per guardare noi. Noi che guardiamo siamo figli della Madonna e quindi della Chiesa perché la Madonna rappresenta la Chiesa e Gesù tutti noi. Il latte è veicolo di sapienza.
Anche nella scultura troviamo questa iconografia e ancora nella pittura fino al Concilio di Trento quando furono bandite le rappresentazioni considerate sensuali poiché causa di turbamento per i fedeli e quindi la Madonna del latte diventò un tema di genere, secondario come nella Fuga in Egitto di Caravaggio.
Subito dopo questa interessantissima lezione abbiamo ammirato l'opera di Ambrogio mentre prendevamo il tè. Sembrava di essere in casa di amici invece che in un Museo; peccato che non ci si possa avvicinare ad altezza uomo alla Madonna del Latte. Qualche dettaglio sicuramente sfugge. Penso che sia più godibile nella collocazione del Museo Diocesano anche se la teca protettiva toglie comunque quell'umanità che Ambrogio intendeva esprimere ed è un peccato.
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