giovedì 14 novembre 2019

La vita gioca con me di David Grossman

La vita gioca con me di David Grossman

La vita gioca con me di David Grossman per Mondadori

Quando esce un romanzo di David Grossman lo acquisto ad occhi chiusi, rigorosamente in versione cartacea e non leggo nemmeno la quarta di copertina tanta è la mia fiducia, stima e affetto per questo scrittore israeliano contemporaneo.

Così è stato quindi anche per il suo ultimo romanzo appena uscito: La vita gioca con me.

La domanda che mi sono posta a fine lettura del romanzo di Grossman è se sia possibile una gerarchia tra le diverse forme d’amore a seconda del legame con il destinatario, se ci siano dei casi in cui un tipo di amore vada privilegiato rispetto ad un altro e se questo ordine invece sia variabile, soggettivo.

E’ una scelta d’amore all’incontrario quella fatta dalla protagonista, per come mi sarei aspettata, e che per lei invece è l’unica possibile tanto da non aver avuto alcuna incertezza nel farla e nessun rimpianto nel rivelarla.

Questa sua scelta ha determinato a cascata conseguenze drammatiche nella sua discendenza senza però che nessuno ne sapesse l’origine finché uno dei personaggi non chiede di conoscere nel dettaglio la propria storia dell'infanzia proponendo di fare un viaggio nei luoghi del passato; viaggio che diventerà un documentario da far vedere alla 'versione futura' del richiedente.

Ca va sans dire che Grossman scava come un ‘coltello', anche qui, nell’animo umano rivelandoci i lati oscuri e luminosi di ciascun personaggio.

Non vi racconto niente della trama di proposito.  Se vi interessa, leggete la quarta di copertina o cercate su internet.

Vi dico solo che Grossman ha preso spunto da una storia vera e che io lo consiglio a chi ha apprezzato Venuto al mondo di Margaret Mazzantini.

Curiosità: il romanzo inizia e finisce con la pioggia che per Grossman è un mezzo di purificazione. Come non ricordare la pioggia finale purificatrice tanto attesa di Che tu sia per me il coltello?

mercoledì 30 ottobre 2019

Una mamma lo sa di Elena Santarelli

Una mamma lo sa di Elena Santarelli

Una mamma lo sa di Elena Santarelli per Edizioni Piemme ripercorre quanto vissuto da ‘mamma’ Elena da quel 30 novembre 2017, in cui a suo figlio Giacomo è stato diagnosticato un tumore, fino al follow up, il responso positivo di qualche mese fa.

Ho intercettato i post su Instagram di Elena in cui condivideva ciò che stava vivendo grazie alla funzione che non c’è più su Instagram, quella che permetteva di vedere le attività dei contatti seguiti (non era quindi quella di ‘spiare’ la funzione vera di questa opzione, secondo me)

Per me Elena oltre che modella e personaggio televisivo era la bellissima donna che aveva sposato il ‘bellissimo’ Bernardo Corradi, per noi di Siena prima di tutto un contradaiolo del Bruco e poi un calciatore; ma non sapevo quale “interrogazione a sorpresa” stesse sostenendo.

Dal suo profilo Instagram quindi ne sono venuta a conoscenza.

L’ho trovata una donna estremamente realista, determinata, vera, gentile, forte, consapevole. (Ora anche divertente, con senso dell’umorismo ritrovato e generosa nel condividere i suoi segreti di bellezza :-)  Tutto ciò mi ha colpito molto e ho iniziato a seguirla perché avevo soltanto da imparare.

Nel suo libro Elena ha scritto che si tratta di “una storia di dolore, di fatica, di rabbia, ma anche di amicizia, di coraggio e solidarietà” che lei, posso dire io ora dopo averlo letto, racconta con lucida precisione e schiettezza.

La storia di Giacomo ha un lieto fine anche se Elena, sempre coni piedi per terra, scrive:

“Penso di aver smesso di dormire bene proprio da quel 29 novembre 2017. Negli ultimi tempi in effetti ho un sonno più tranquillo, però queste malattie vanno tenute sotto controllo per sempre, dunque so già che non dormirò mai più completamente serena”.

A chi consiglio questo libro? A tutti, davvero, anche a chi ha un figlio o una persona cara affetta da tumore perché gli sarà di sostegno e perché al di là dell’esito che avranno le diverse storie, Una mamma lo sa trasmette il valore della solidarietà concreta e autentica.

Non posso infatti non concludere il mio post segnalando che Elena in questa situazione “inizialmente devastante” ha intercettato il Progetto Heal, una onlus che opera all’interno dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma dove Giacomo è stato seguito e curato e alla quale andrà tutto il ricavato della vendita del libro per  sostenere la ricerca e perché i mezzi siano accessibili sempre di più a tutti.

domenica 20 ottobre 2019

La Giostra delle Anime

La giostra delle anime di Francesca Barra e Claudio Santamaria

La Giostra delle Anime di Francesca Barra e Claudio Santamaria per Mondadori

Voglio prima raccontarvi come sono arrivata a leggere questo romanzo.

Seguo Francesca Barra, scrittrice e giornalista, da qualche tempo sui Social grazie a un ‘mi piace’ di un amico comune ad un suo post intercettato nel mio feed su Facebook .

Dico ‘grazie’ perché ho potuto iniziare a conoscerla senza pregiudizi.

Non sapevo infatti chi fosse non avendola mai seguita in TV, non sapendo ancora che il suo partner fosse Claudio Santamaria (bravissimo attore che invece avevo visto recitare sia a teatro che nei film) e che questo avesse scatenato le ire di molti sui Social, addirittura calunnie, per il fatto che lei avesse lasciato in maniera fulminea il marito, con il quale aveva avuto tre figli, per unirsi a Claudio in future nozze.

Ho scoperto di certo una bella donna, di successo, fortunata in amore, brava ai fornelli, mamma felice in una bella casa con un campionario di scarpe da fare invidia a qualsiasi donna.

Post dopo post  però accanto alla sua esuberanza, al suo amore romantico per Claudio che a volte me la fa sembrare un tantino stucchevole anche se a chi le fa questa obiezione pubblicamente lei risponde che chi non apprezza è perché è invidioso (io preferisco ribattere con le parole di Pessoa “Tutte le lettere d’amore sono ridicole. Non sarebbero d’amore, se non fossero ridicole” perché ogni post di Francesca è una “lettera d’amore” per Claudio) ho visto anche la sua genuinità, la sua energia, la sua passione, il suo impegno, la sua forza anche quando ha dovuto affrontare un’esperienza dolorosa che avrebbe potuto rompere l’incantesimo della sua storia d’amore con Claudio: la perdita di un figlio desiderato, già follemente amato e perso prima di poterlo conoscere.  E invece no, ne sono usciti più forti entrambi. Basta ascoltarli quando ne parlano nelle interviste.

E’ stato il primo suo post al quale ho messo ‘mi piace’, quello in cui ha raccontato l’accaduto.

Claudio Santamaria, attore di teatro e cinema, non lo seguo sui Social anche perché sono talmente in simbiosi lui è Francesca che è sufficiente seguire uno dei due.

Ricordavo un Claudio sfuggente, introverso, riservato, di quella riservatezza che viene facilmente scambiata per presunzione, avaro di parole nelle interviste, come se tutto gli fosse dovuto perché era un attore apprezzato e tanto doveva bastare. Questo era quanto mi arrivava.

Seguendo Francesca ho potuto fare la scoperta dell’acqua calda.

Tutti parlavano della trasformazione di Claudio dopo l’incontro con lei. E infatti dando un'occhiata ai suoi profili ed interviste ho notato anch'io questa improvvisa esuberanza e presenzialismo mediatico e la cosa mi ha stupito. Tutti cambiano, si chiama crescita personale, ma lui lo ha fatto troppo rapidamente (lo so lo so, non c'è alcuna tempistica da rispettare) e per di più sembrava come se lui volesse che questa sua nuova versione venisse accettata altrettanto rapidamente. Non è così Claudio, non lo è mai stato nemmeno per le grandi conversioni! Insomma, sarei stata preparata per una trasformazione più soft, ma al cuor non si comanda, so anche questo :-D

A parte gli scherzi, Claudio e Francesca insieme trasmettono tutta la positività e l'energia che il loro amore dona a entrambi. Ci fanno da specchio (se avete letto il mio post precedente sapete a cosa mi riferisco).

Quando hanno annunciato sui Social che stavano scrivendo un libro insieme ho deciso subito che lo avrei letto pur non sapendo di cosa trattasse e pur non avendo letto gli altri romanzi e saggi scritti da Francesca.

La proprietà di linguaggio di lei e la professionalità artistica di lui mi bastavano come rassicurazione. E poi, non sarebbe stata la prima volta per me leggere un libro di qualcuno seguito con interesse sui Social per capire qualcosa di più su di lui/lei.

Uscito il libro, il titolo La Giostra delle Anime mi è piaciuto moltissimo  e come tanti forse mi aspettavo una storia d’amore che in qualche modo riflettesse la storia di Francesca e Claudio. E invece no!

La Giostra delle Anime


La Giostra delle Anime è una storia “magica”. E’ la storia di Eva e Anna, due gemelle dai lunghi capelli rossi e dalla pelle lunare, nate e sopravvissute grazie all’intervento miracoloso della natura, cresciute in un orfanotrofio degli orrori dove scoprono di avere dei poteri, dei doni, che entrambe declineranno in maniera diversa, una per distruggere l’altra per guarire determinando così il proprio destino. Doni che andranno a confluire nella nipote Angelica che dovrà trovare un equilibrio. Il tutto ambientato in Basilicata, a Matera, la terra dei sassi in un periodo che va dalla fine degli anni ‘60 del secolo scorso (se non  ho fatto male i calcoli) ai giorni nostri.

Cosa c’entra il titolo con la trama? C’entra come c’entra una giostra nei migliori… thriller!

Ognuno ha il suo vissuto. Il mio vissuto personale ha fatto subito le seguenti associazioni: potere distruttivo=Shiva, divinità indù distruttore del male, potere curativo=approccio olistico alla persona.

Nonostante ciò però devo ammettere che la trama riportata nella quarta di copertina mi ha spiazzato nel senso che a tutto avrei pensato tranne che a una storia di stampo esoterico. Non sono mai stata attratta dalla magia dei santoni, diciamo così; ma mai dire mai perché come figlia di abruzzesi nel romanzo ho ritrovato ad esempio la tradizione del tracciamento delle croci sulla fronte contro il malocchio che ho visto fare nella mia famiglia quando qualcuno aveva il mal di testa e, sarà stata la suggestione, ma funzionava!

Ciò che ha accelerato il mio ‘click’ su Amazon è stato il Prologo pubblicato da Francesca in una sua storia di Instagram.

Angelica, ottobre 2019

Gli esseri umani impiegano gran parte della loro esistenza sperando di vivere una qualsivoglia magia.

Di essere testimoni, se non addirittura protagonisti, di un miracolo: incontrare qualcuno che ci stravolga la vita. Vincere una competizione pur essendo già sconfitti in partenza. Fare un sogno che il giorno dopo si avvererà. Innamorarsi perdutamente. Opporsi a un destino ordinario.

Gli esseri umani vogliono in fondo una cosa molto semplice: vivere l’incanto, un attimo stupefacente che li distragga dalle paure di tutti i giorni.

Ma gli uomini non sanno cos’è la vera magia. È oscura, incontrollabile, enigmatica come la verità. Assomiglia a una madre possessiva, a un dio malvagio, alla sconfitta.

La magia conosce l’origine e decreta la fine di ogni cosa, è una scelta fra il bene e il male.
Non rende mai felici. Solo l’amore può farlo.


Per me la magia era molto più semplice di quanto immaginassi.

Era famiglia.

In particolare le frasi finali mi hanno colpito forse perché ci ho visto, ci ho voluto vedere uno dei valori che appartiene sia a Francesca che a Claudio: la famiglia. Di Francesca lo scopro attraverso i suoi post, di Claudio lo so perché conosco una piccola parte della sua famiglia.

Ho proseguito con la lettura in maniera più fiduciosa e, complici i ravvicinati giorni di riposo dal lavoro, l’ho praticamente divorato.

La scrittura è molto ricca e mi è venuto spontaneo cercare di indovinare chi abbia scritto cosa: l’effervescente Francesca o il neo esuberante Claudio? :-)

L’incipit de La Giostra delle Anime con la nascita delle gemelle ed il frastuono concitato della Festa della Bruna dove “bisogna seguire un ritmo di marcia ben preciso per non essere risucchiati dalla bolgia” (mi ha fatto venire in mente i giorni concitati del Palio a Siena) sono molto potenti e la trasposizione cinematografica del romanzo, che Francesca e Claudio hanno già previsto, vorrei dire a Claudio che sarà impegnativa ma di grande soddisfazione, secondo me. La Festa me la immagino con i fasti Zeffirelliani.

I personaggi de La Giostra delle Anime sono in prevalenza femminili. Io però ho empatizzato con due personaggi maschili, il ‘masciaro’ (=guaritore) zio Michele e il sensibile maresciallo Vittorio, gli unici uomini non considerati “un declinazione del male” rispetto agli altri uomini incontrati dalle protagoniste, mi è sembrato di capire.

Matera è protagonista della storia tanto quanto i personaggi.

Ho iniziato a sentir parlare di Matera qualche anno fa quando insieme a Siena e ad altre città si contendeva il titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2019 ed essendone Siena uscita perdente e Matera vincitrice diciamo che non è stato un inizio dei migliori.

Leggendo La Giostra delle Anime beh mi è venuta una gran voglia di conoscerla perché Claudio e Francesca l’hanno descritta nei minimi dettagli e si capisce che la conoscono a menadito per cui immagino la felicità aggiuntiva dei materani che leggeranno questo romanzo.

A chi consiglio la lettura de La Giostra delle Anime? A chi ha amato Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez e la Casa degli spiriti di Isabel Allende, a chi apprezza il realismo magico.

(Io ho amato La casa degli spiriti. Cent'anni di solitudine voglio rileggerlo)

mercoledì 9 ottobre 2019

Crescita personale (la mia): stato dell’arte

Crescita personale (la mia): stato dell'arte

Se mi guardo indietro ora e unisco i puntini, i famosi puntini di Steve Jobs, il disegno che ne viene fuori mi piace? Sono contenta di ciò che sono oggi, diversa da come da piccola speravo sarei diventata? Posso dire con onestà che rifarei tutto pur di ritrovarmi dove sono esattamente ora e così come sono?

Queste domande hanno accompagnato il  mio settembre in concomitanza con un senso di nostalgia mista a tristezza nel cuore dopo un estate piena e creativa.

Lì per lì ci ho ragionato sopra attraverso un vivace dialogo interiore come mio solito.

Sono arrivata a convincere la mente che sì posso ritenermi soddisfatta in quanto ho sempre dato ascolto alle mie domande esistenziali cercando risposte. Non mi è arrivata altrettanta approvazione dal cuore.

Ho condiviso questo momento con una persona conosciuta grazie al post sul Corso di Meditazione Vipassana la quale persona ha condiviso con me un link con meditazioni e lezioni tenute da Ajahn Mahapañño, un monaco buddista della tradizione Theravada, durante un recente ritiro sul Lago di Garda.

E’ stato un dono e lo ringrazio infinitamente per questo.

Ora vi racconto in che modo mi sono state di aiuto riportando o parafrasando le parole del monaco.

APERTURA DEL CUORE

Il mio dialogo interiore aveva iniziato la sua indagine ponendo queste domande al  cuore:  di cosa hai nostalgia? Per cosa provi questo senso di tristezza?

Rimugina che ti rimugina ho individuato il motivo nella trasformazione e anche perdita di significativi rapporti di amicizia (pensavo che solo i rapporti di coppia potessero finire) che ho avuto in passato e che hanno illuminato per anni la mia vita con pazienza e amore attraverso un intenso scambio dialettico talvolta energico ma sempre edificante.

Domanda successiva: se questi rapporti sono cambiati per cosa esattamente provi ancora nostalgia, tristezza ?

E’ qui che le parole del monaco buddista mi hanno permesso di re-imparare qualcosa che pensavo di aver già assimilato e che c’entra con l’equanimità, con l’osservazione della realtà nella sua impermanenza quindi anche la realtà di esperienze del passato.

La mia tristezza  era dovuta all’attaccamento alle belle emozioni, alle vibrazioni positive che quelle amicizie mi avevano procurato. Mi è tornato in mente che già Richard Romagnoli mi aveva illuminato su questo attraverso il suo libro Ho imparato a ridere; ma qui è stato come vivere una nuova Epifania.

C’è un modo per liberarmi da questa tristezza? Sì, riconoscendo le emozioni come stati mentali che sorgono e cessano, che non superano le caratteristiche della felicità (essere soddisfacente, imparmanente e solo mio) e che per questo l’unica cosa da fare è lasciar andare l’attaccamento ad esse. Queste le parole del monaco.

Come? Calmando la mente attraverso la meditazione (e questo continuo a farlo ogni giorno e ora con rinnovata fiducia) in modo da poter “osservare le cose belle che vedo intorno a me”, dice il monaco, “i bei comportamenti, la generosità che mi manca, l’energia che mi è carente, la saggezza che zoppica”, anche le qualità che ho visto in quelle amicizie passate aggiungo io ora “e portarle dentro di me senza aggrapparmici in modo da coltivarle insieme alle qualità che io ho già”.

Questa attitudine mi farà sperimentare la stessa apertura di cuore che si sperimenta ad esempio davanti ad un tramonto dice il monaco  e, ovviamente, sempre lui dice che non è che la soluzione è aggrapparci al tramonto, metterci ad inseguire ogni sera un tramonto per rinnovare l’esperienza di apertura del cuore perché comunque i tramonti sorgono e cessano e quindi di nuovo non superano il test delle caratteristiche della felicità.

Le qualità del tramonto che fanno sì che io provi quel benessere, prosegue il monaco, devo poterle avere dentro di me per poter vivere in ogni istante quella sensazione di pace, di benessere. Ciò è possibile portando dentro di me le sue qualità e coltivandole insieme a quelle che io ho già, come detto sopra,  perché  non è che ciò che mi ha permesso di avere amicizie così significative e quindi l’apertura del cuore si è estinto con l’estinguersi delle amicizie no; quelle qualità ‘sono rientrate in me come potenziale’ dice Erica Francesca Poli nel suo ultimo libro Le emozioni che curano e posso quindi attingervi per espandere nuovamente il mio cuore.

Che poi, detto per inciso, anche queste qualità da coltivare sono soggette all’impermanenza per cui arriverà il momento di lasciarle andare come dono… agli altri. Ho trovato bellissimo questo passaggio.

EFFETTO SPECCHIO

A sostenermi ulteriormente in questo passaggio di ‘qualità che ho dentro di me’ sono venute in mio aiuto le letture che ho fatto prima dell’estate e cioè Gli specchi esseni  di Giovanna Garbuio e Riflettersi nelle relazioni di Chirstian Junod ed Evelyn Faniel.

Il Leitmotiv è che ognuno di noi possiede tutte le qualità e che queste qualità possono assumere connotati positivi o negativi. Queste qualità possiamo immaginarcele come se avessimo al posto della testa una strobosfera (la palla da discoteca, per intendersi) di cui possiamo vedere un solo lato di ciascuna tessera (qualità) mentre l’altro lato ci rimarrà sempre nascosto.

Come fare a vedere il lato nascosto? Come quando un parrucchiere a fine acconciatura o taglio ci mette uno specchio dietro per farci vedere il risultato che altrimenti non potremmo vedere così gli altri ci fanno da specchio e ci fanno vedere i nostri lati nascosti sia quelli luminosi che quelli oscuri. Ciò ci permette di conoscere meglio noi stessi attraverso gli altri. Lo scopo di questa conoscenza di se stessi è di accogliere le parti percepite come negative, accettare con benevolenza ciò che di meno vorremmo essere e trasformarlo.

Il campanello d’allarme, anche se non l’unico, che siamo in presenza di un effetto specchio è quando proviamo avversione. E’ lì quindi che dobbiamo fermarci un attimo prima di reagire pensando stoltamente che sia l’altro che ci irrita e non quello che l’altro ci fa vedere di noi e su cui possiamo lavorare.

AMORE

All’inizio ho detto che le amicizie significative che hanno fatto un pezzo di strada con me avevano illuminato la mia vita con pazienza e amore. Ecco quindi l’ultima, per ora, domanda oggetto del mio dialogo interiore. La domanda delle domande: come fare a sentirmi amata?

Qui mi sono venuti in aiuto due contributi trovati nel libro della Garbuio.

Il primo è una storia legata a Maui, eroe archetipico della mitologia polinesiana, intitolata ‘Lo specchio appannato di Maui’  il cui insegnamento è di accettare se stessi  invece di stravolgere la propria natura per compiacere gli altri nell’illusione di non sentirsi isolati e non amati.

Il secondo è questa antica preghiera dei nativi americani:

Ho chiesto FORZA
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Ho chiesto saggezzae Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Ho chiesto prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Ho chiesto coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Ho chiesto pazienza
e Dio mi ha dato situazioni in cui ho dovuto aspettare.
Ho chiesto amore
e Dio mi ha dato persone bisognose da aiutare.

Ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Ho chiesto qualunque cosa così che potessi godermi la vita
e Dio mi ha dato la vita così che potessi godermi qualunque cosa.
Ho ricevuto niente di ciò che volevo,
ma ho ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno.
Tutte le mie preghiere sono state esaudite!

Leggendo quel ‘persone bisognose da aiutare’ ho avuto un’intuizione e cioè ci ho visto tutte le persone che per motivi vari si rivolgono a me quotidianamente quindi amici, parenti, colleghi, sconosciuti e persino me stessa; quindi non esclusivamente persone indigenti che non hanno l’indispensabile per la sopravvivenza.

Vedendo quindi una possibilità di sentirmi amata in questa nuova prospettiva si ridimensiona anche la mia ansia emotiva.

Cosa c’entra con quello che ho scritto? C’entra nel senso che sono stata sempre frenata dall’aiutare gli altri per paura di essere sfruttata. Anche questo stato mentale ha origini lontane e bisogna che lo affronti alla luce dell’impermanenza, che lasci andare l’attaccamento. Questo atteggiamento comunque ha prodotto e produce ancora ansia emotiva che si cura, secondo il monaco buddista di cui sopra,  lavorando sulla fiducia verso il mondo e verso di noi. (Amen!)

AMICO SPIRITUALE

Per finire e rimanendo nell’impostazione della preghiera dei nativi americani dico che:

Ho chiesto un guru
e Dio mi ha dato un amico spirituale, proprio in questo momento.

RESPONSO FINALE

Se sono riuscita a persuadere il mio cuore che sono soddisfatta di dove mi trovo ora? La risposta è sì, e ne sono grata.

---

Una cosa piccola ma buona (cit):  l’oggetto della fotografia di apertura del post mi è stato regalato giusto qualche giorno fa da una cliente abituale dell’albergo dove lavoro. Viene dalla California. Le parole che mi ha rivolto questa cliente mi hanno molto colpito. Mi ha detto che sperava di rivedermi alla Reception per regalarmi questo oggetto che aveva scelto per la sua luminosità proprio come il ricordo che di me lei aveva. Insomma, ecco una qualità da coltivare!

giovedì 27 giugno 2019

Instagram stories per principianti: domande sparse

Instagram stories per principianti

Scrivo questo post perché nell’approcciarmi alle Instagram stories ho fatto un po’ fatica a trovare come fare alcune cose e quindi, in ordine di apparizione nel mio cervello, ecco le domande che mi sono posta sul come fare a fare quello che vedo nelle stories degli altri e le risposte che ho trovato grazie a Internet e alla mia intuizione.

Come pubblicare in una sola volta più stories consecutive?


Allora, la domanda mi è sorta dopo aver fatto delle prove.

Ho registrato delle Instagram stories in modalità ‘normale’ e ‘senza tenere premuto’ pensando che poi cliccando sull’icona ‘salva’ avrei salvato tutti i mini video di 15 secondi nel mio rullino e che successivamente li avrei potuti pubblicare in un unica volta.

Ebbene no, non è andata così. Ho provato anche a pubblicarle direttamente. Mi ha pubblicato solo la prima storia di 15 secondi.

Forse c’è un trucco?

Nel frattempo ho trovato che per aggirare l’ostacolo quando la storia da raccontare è più lunga di 15 secondi e l’auto stima non è al 100% - aggiungo io - tanto da pubblicarla subito con non chalance ma si aggira sul 60% insomma a braccetto con la prudenza, in nostro soccorso c’è una app gratuita: Limitless Stories.

Come funziona Limitless Stories?

In pratica, dopo che ho registrato un video dalla video camera del telefono, lo carico su Limitless Stories e imposto lo spezzettamento della sequenza in 15 secondi, la durata massima di una singola ig story.

La app fa tutto e salva la storia spezzettata nel mio rullino.

A questo punto vado su Instagram, seleziono tutti gli spezzoni in un unica volta e li pubblico.

MA c’è un MA, sì; in questo modo non posso aggiungere emoji, tag, mention o altro. Per farlo dovrei caricare ogni singola story su Instagram, modificarla, salvarla e, dopo averlo fatto con tutte, caricare le stories tutte in una volta: un lavorone insomma.

(Se c’è qualche smanettone di Instagram tra di voi che conosce la scorciatoia me la sveli, per cortesia. Gliene sarò per sempre grata. Forse c’è una app anche per questo?)

Come si eliminano gli inserimenti di tag, emoji, mention, testo mentre si sta lavorando su una ig story e abbiamo cambiato idea?


Lo so, è una domanda stupidissima ma a volte l’intuito non è immediatamente reattivo. Comunque, dopo aver fatto innumerevoli prove in vano tipo trascinare a destra e a manca in alto e in basso l’elemento che volevo eliminare sperando che uscisse fuori dai limiti dell’inquadratura della story, tipo come succede con Canva, mi si è accesa la lampadina.

Ho tenuto pigiato per qualche secondo sull’elemento, l’ho trascinato un nano secondo verso il basso ed è comparsa l’icona del cestino. Eureka!

Come fare ad inserire un testo con sfondo di ‘forma geometrica’ su una ig story?


Ecco, qui ci ho messo parecchio e la mia autostima stava andando sotto il 50%. E sì perché dappertutto ho letto di cliccare sulle icone con i pennini in alto a destra dopo aver scritto il testo, di scegliere il colore di sfondo, la misura della punta e di passarci sopra alla scritta e va bene; ma non era l’effetto irregolare che volevo io ma quello ‘geometrico’.

Prova di qua prova di là alla fine l’ho trovato.

Si tratta di un sottofondo incorporato che si modifica in altezza e larghezza seguendo le dimensioni del carattere ed è proprio il carattere con l’icona, ‘A’ e le due stelline a destra che si trova in alto a sinistra in corrispondenza del carattere in ‘Grassetto’ e ‘Macchina da scrivere’ oppure l’icona con la ‘A’ in corrispondenza del carattere ‘Classico’, che devo usare per applicare lo sfondo.

Come rimpicciolire o allargare gli elementi inseriti?


Questa è intuitiva: zoomando con le dita sull’elemento; anche per inclinarlo funziona nello stesso modo.

Come inserire in una ig story il collegamento ad un post del nostro feed?


Può succedere di volerlo fare. O per avvertire chi ci segue solo sulle stories di un nostro nuovo post su Instagram o perché ci sono persone che accompagnano le loro foto con dei testi interessanti o di ispirazione che ci piace condividere con chi ci segue nelle stories e quindi in questo modo si può rimandare al post completo e non solo fare ‘repost’ della foto.

Come si fa?
Si clicca sull’icona dell’aeroplanino in corrispondenza della foto, poi su ‘Aggiungi post alla tua storia’, si sceglie se condividerla con tutti o con la lista di ‘Amici più stretti’. (Io ne ho creata una per l’occasione con una sola persona, mia sorella, per fare delle prove :-) )

Questa cosa della lista degli amici più stretti l’ho scoperta per caso perché avevo visto la dicitura nelle stories di un mio contatto.

Come aggiungere una story ad una già esistente?


Vado sulla mia story già pubblicata, tengo premuto per qualche secondo sulla foto del profilo in alto a sinistra che mostra ora un circoletto celeste con un ‘+’; mi ricompare la schermata solita e posso quindi creare un’altra story e poi se la voglio condividere solo con i contatti della mia lista ristretta clicco sul pulsante ‘Amici più stretti’ altrimenti proseguo con ‘Invia a’ etc.

Come zoommare mentre si sta registrando una ig story?


Facendo tap sul pulsante al centro e scorrendo in alto. Questa cosa mi piace tantissimo soprattutto per far vedere i particolari di un monumento.

Ecco, questo è quanto mi interessava sapere per ora. Magari tra di voi c’è un novellino di Instagram stories come me al quale queste informazioni saranno preziosissime. Io lo spero :-)

giovedì 30 maggio 2019

Castello di Belcaro nei dintorni di Siena

Castello di Belcaro

Grazie alla Giornata Nazionale delle Dimore Storiche Italiane e alla visita guidata di Ilaria Bichi Ruspoli (guida autorizzata di Siena) sono riuscita finalmente a visitare il Castello di Belcaro a cui facevo la posta da anni.

Il fatto è che il Castello di Belcaro è aperto al pubblico solo il primo lunedì del mese, non festivo, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19 (da maggio a ottobre) e dalle 9 alle 12 e dalle 13 alle 17 (da novembre ad aprile) e diciamo che dovrei far prendere un giorno di ferie a qualcuno per accompagnarmi :-)

In compenso l’ingresso è gratuito.

A parte gli scherzi comunque, l’attesa è stata ben ricompensata soprattutto per la possibilità di percorrere il camminamento del Castello di Belcaro da dove si può ammirare nel suo complesso le diverse parti del Castello e anche il panorama circostante. 

Castello di Belcaro: fondazione e passaggi di proprietà

Il Castello di Belcaro, immerso in un folto parco di lecci, risale alla fine del XII secolo.

La fondazione del Castello di Belcaro infatti si fa risalire alla famiglia Marescotti.

Successivamente il Castello passò alla famiglia Salimbeni e, dopo la rivolta dei senesi del 1374, alla famiglia Savini che lo donò a Caterina da Siena.

Caterina vi istituì nel 1376 il convento di Santa Maria degli Angeli.

Castello di Belcaro: intervento Cinquecentesco di Baldassarre Peruzzi

Nel 1525 il Castello fu acquistato dalla famiglia Turamini e fu proprio in questo periodo che il Castello di Belcaro subì delle notevoli trasformazioni affidate all’architetto senese Baldassarre Peruzzi che trasformò il Castello di Belcaro in una grande villa giacché della struttura originaria era rimasto ben poco per via dei saccheggi nel tempo.

A questo periodo risalgono il palazzo, la loggia e la cappella.

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: Loggia e Cappella

Castello di Belcaro: intervento Ottocentesco di Giuseppe Partini

Nel 1868 quando la proprietà era già dal 1710 della famiglia Camajori (lo è ancora oggi) all’architetto Giuseppe Partini, famoso a Siena per gli interventi di Revival Gotico, furono affidati interventi importanti del Castello di Belcaro che riguardarono:

- il portone d'ingresso, i piombatoi e il cammino di ronda;

Castello di Belcaro: porta d'ingresso e piombatoio

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro; torre cilindrica

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: camminamento

Castello di Belcaro: torrino lungo ilcamminamento

Castello di Belcaro

- il primo cortile dallo stile medievale con il caratteristico colore giallo scuro dell’arenaria

Castello di Belcaro: cortile stile medievale

Castello di Belcaro

- il secondo cortile, più ampio del primo, in stile Rinascimento costruendo il fabbricato per uso agrario (l’edificio in mattoni a due piani sul lato destro del cortile) e chiudendo il lato corto del rettangolo dalla parte dell’ingresso con una parete speculare a quella in fondo al cortile con il pozzo al centro (del Peruzzi) che da l’accesso al giardino dove si trovano la cappella, la loggia e la limonaia circondate dal perimetro delle mura del Castello.

Forse solo un occhio attendo ed esperto nota la differenza tra le parti Cinquecentesche e quelle Ottocentesche ;-)

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: grande cortile stile Rinascimento

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: pozzo nel grande cortile

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: la Limonaia

Castello di Belcaro: la Limonaia

Castello di Belcaro: la Limonaia

Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: affreschi Cinquecenteschi di Giorgio di Giovanni

All’interno della Cappella e della Loggia ci sono degli affreschi di Giorgio di Giovanni contemporaneo di Domenico Beccafumi.

Castello di Belcaro: cappella e loggia nel giardino

Nella cappella sono raffigurati:
  • nel mezzo della volta: I quattro evangelisti con i loro simboli e al centro lo stemma Turamini;
Castello di Belcaro: affreschi di Giorgio di Giovanni nella cappella
  • nel centro della tribuna: Madonna in trono con bambino e i Santi Caterina da Siena, Giacomo, Cristoforo e Caterina d’Alessandria e ai due lati scene di vita e di martirio dei suddetti Santi;
Castello di Belcaro
  • in alto quindici quadretti con le Sibille, le Virtù, scene della passione di Gesù ed episodi della vita di San Giacomo e San Cristoforo
Castello di Belcaro

Prima di continuare un suggerimento: fate zoom alle foto per apprezzare meglio le scene mitologiche rappresentate nella loggia perché secondo me meritano per i dettagli.

Nelle tre volte della Loggia sono raffigurate:
  • a destra entrando: nel centro del soffitto Diana che circondata dalle sue ninfe trasforma Atteone in cervo e lo fa sbranare dai suoi cani. Ai lati, Diana con il suo pastore Eudimione; Diana e Nettuno in un cocchio, tirato da un cavallo bianco e uno nero; Venere e Marte accalappiati da Vulcano con una rete per punirlo della loro colpevole relazione; i Titani che fanno l’assalto al cielo e vengono fulminati da Giove.
Castello di Belcaro
  • nel soffitto centrale: le Tre Grazie (Eufrosina, Talia e Aglaia) circondate dalle Naiadi; Orfeo che incanta gli animali con la sua melodia; Euridice, moglie di Orfeo, che calpesta la serpe fuggendo da Aristeo re d’Arcadia. Ai lati: Perseo che libera Andromeda ed uccide il mostro; Apollo e Marsia. Tutte queste figure sono divise una dall’altra dalle quattro stagioni. Ai quattro angoli: Marte e Venere, Venere e Amore, Mercurio è Venere, Venere e Nettuno.
Castello di Belcaro
  • nel soffitto di sinistra; il ratto d’Europa.
Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: affreschi di Giorgio di Giovanni nella loggia

Stemma della famiglia Camajori tutt'ora proprietaria del Castello di Belcaro

Castello di Belcaro: stemma della famiglia Camajore

Castello di Belcaro: curiosità

E infine un paio di curiosità che si apprendono visitando il Castello di Belcaro:

Castello di Belcaro

Nel 1554 il Castello di Belcaro fu saccheggiato dalle truppe di Carlo V, nemiche di Siena. Successivamente il Castello fu acquistato da Cosimo De Medici che lo restaurò e appose una targa commemorativa circondata dalle palle di cannone a ricordo dell’assedio di Carlo V.

Castello di Belcaro

Che dire? la visita mi è piaciuta moltissimo nonostante la pioggia. Ho rivissuto l'entusiasmo fanciullesco per i castelli.

giovedì 25 aprile 2019

Maledetta felicità di Marianne Power

Maledetta felicità di Marianne Power

Maledetta felicità, libro d’esordio di Marianne Power pubblicato in Italia da Giunti Editore, racconta  l’esperimento fatto nel 2014 dall’autrice, una trentaseienne giornalista irlandese, di  dedicarsi ogni mese per un anno poco più alla lettura di un libro di auto aiuto e soprattutto di mettere in pratica gli esercizi che l’autore di turno suggeriva per superare il limite affrontato nel libro.

Il rischio in agguato di solito quando si leggono libri di auto aiuto infatti, e Marianne lo sa benissimo perché non è che di punto in bianco ha iniziato a leggere libri di crescita personale ma ne era già una consumatrice compulsiva prima dell’esperimento,  è sempre lo stesso: leggere, nutrire la nostra mente di concetti rivelatori e poi passare ad altro tralasciando gli esercizi.

L’esperimento contenuto in Maledetta felicità nasce perché Marianne Power in un momento preciso della sua vita tocca il famoso fondo che tutti noi prima o poi tocchiamo e realizza di dover fare qualcosa.

Con tutti i libri di auto aiuto che io ho letto non potevo non essere incuriosita da un tale esperimento anche per sapere il giudizio finale dell’autrice sull’utilità di questi manuali.

Il libro è  scorrevolissimo, divertente e razionale.

Dei libri scelti per l’esperimento qualcuno l’ho letto anch’io  (The Secret di Rhonda Byrne, Il potere di adesso. Una guida all’illuminazione spirituale di Eckhart Tolle, Puoi guarire la tua vita di Louise Hay).

Altri non li ho letti ma ho avuto modo di intercettare i loro autori, uno su tutti: Tony Robbins.

Altri ancora non li ho letti ma ho capito di averne letti altri dello stesso argomento.

Il pregio di Marianne, secondo me, è che è riuscita in poche righe e qualche citazione a centrare il cuore di ciascun libro di auto aiuto, a fargli il pelo e contro pelo con lucidità dopo aver seguito per un mese gli insegnamenti in esso contenuti e a dire con schiettezza quando un libro rischia di essere uno specchio per le allodole.

Marianne in Maledetta felicità condivide con noi le proprie resistenze e vulnerabilità ed è in queste resistenze e vulnerabilità che molte lettrici si potranno ritrovare, secondo me, perché sarà come ‘confrontarsi’ con qualcuno che ha fatto un percorso simile a quello che abbiamo intrapreso noi per superare i nostri limiti nella ricerca della felicità.

Quando ci dedichiamo a questo tipo di approfondimento spesso capita di non essere capiti da chi ci sta intorno, di provare fastidio per la loro apparente superficialità o perfetto equilibrio.

A me ad esempio a volte è capitato, mentre stavo leggendo un libro di auto aiuto, di vedere in atto in persone conosciute quell’atteggiamento che magari io mi stavo impegnando in quel momento a rendere mio per vivere meglio e mi sono ritrovata a chiedermi  ‘come mai a lei viene naturale? oppure ‘starà leggendo anche lei un libro di auto aiuto senza avermelo detto?’ .

Infine la domanda che crea più ansia in assoluto è ‘quelli che frequento ogni giorno si staranno accorgendo del mio cambiamento, altrimenti che senso ha?’.

Sono domande che, seppur sbagliate perché lo scopo non è piacere agli altri ma a noi stesse in primis, ci facciamo come anche Marianne nel corso dell’esperimento per cui mi è stato facile empatizzare con lei.

Non ci sono solo libri in Maledetta felicità ma anche personaggi che ruotano intorno a Marianne che sanno del suo esperimento e una psicologa che fa una breve comparsa ma che comunque c’è.

Sono personaggi fantastici perché sono quelli che ti riportano con i piedi per terra altrimenti si finisce per vivere in un mondo parallelo lontano da quello reale.

Servono i libri di auto aiuto? Secondo me sì così come credo che la traiettoria di alti e bassi che ha attraversato Marianne sia un passaggio obbligato per uscire a riveder le stelle.

Inoltre credo che ne Marianne, ne io ne chiunque si dedica alla propria crescita personale smetterà di rileggere o leggere libri di auto aiuto perché la ripetizione aiuta molto, secondo me.

Il valore aggiunto di Maledetta felicità è che non si tratta di un esperimento di qualcuno che ha voluto fare qualcosa di eccentrico ma di qualcuno che voleva non sentirsi più “difettosa”.

Se ho trovato qualche spunto interessante per me? Be sì.

Grazie alle citazioni di Conosci le tue pure e vincile di Susan Jeffers insieme a Terapia del rifiuto di Jason Comely ho capito finalmente il significato di quella pratica proposta sovente dai guru della crescita personale per superare le nostre paure quotidiane.

La pratica consiste nel  fare qualcosa che non faremmo mai per paura, per la sua assurdità come ad esempio entrare in un Bar, ordinare un caffè e chiedere lo sconto alla cassa.

Lo scopo di questi esercizi è di farci uscire dalla famosa ‘comfort zone’ e assaporare la gioia di vivere per aver “attraversato un confine tra chi parla e chi fa” senza  star lì ad “aspettare che ci venga il coraggio di fare quello che vogliamo fare”.

Esercitandoci con cose piccole riscopriremo le nostre potenzialità e “il mondo ci apparirà pieno di possibilità.”

Ecco, io ho sempre provato fastidio quando mi è stato proposto una cosa del genere così come fare atti di gentilezza a casaccio etc ma la motivazione della Jeffers devo dire che mi ha persuaso forse anche perché in questo momento sto approfondendo l’argomento ‘ego’.

La vera paura secondo la Jeffers è quella della ‘mortificazione dell’ego, di apparire idioti, di non saper gestire la consapevolezza di non riuscire a fare ciò che intendiamo fare.’

E qui il contributo di J. Comely ha chiarito maggiormente secondo me il concetto e cioè abbiamo paura di fare anche ciò che crediamo ci renderà felici per paura del ‘rifiuto’.

Conely propone di esercitarsi con la terapia del rifiuto chiedendo ogni giorno a persone sconosciute cose che al novantanove percento  sappiamo non ci verranno accordate per imparare ad incassare il colpo senza per questo farne una tragedia perché “un rifiuto fa male ma non uccide”.

Lo scopo della terapia del rifiuto è “abituarsi a sentirsi a disagio con piccoli rifiuti per poi sentirsi più forte di fronte a quelli grandi”.

“Privarsi della possibilità di provare è il vero fallimento” ha dedotto Marianne.

Queste pratiche di Jeffers e Conely sono indicate per tutto anche per quando vogliamo approcciare gli sconosciuti.

Sono molto divertenti le parti in cui Marianne racconta dei suoi tentativi per piacere agli uomini che piacciono a lei per invertire la tendenza a piacere a quelli che a lei non interessano. E qui tira in ballo un altro manuale che deve essere molto spassoso: Tutti gli uomini vengono al pettine di Matthew Hussey.

Quale insegnamento ha ricavato Marianne Power da questo esperimento?Be, leggete il libro e lo scoprirete! Personalmente credo che ogni tanto mi ritroverò a rileggere gli ultimi due capitoli di Maledetta felicità per ricordare a me stessa cosa fa sì che un giorno e quando meno te lo aspetti qualcuno ti dice 'hai una luce diversa negli occhi' e non è perché stai frequentando un uomo.

Succede a Marianne ed è successo anche a me.

giovedì 28 marzo 2019

Battistero di Siena

Battistero di Siena

L’idea che ho in testa e alla quale mi sto dedicando nel tempo libero mi sta portando a rivedere Siena con gli occhi di un turista; un turista che mi somiglia e che quindi vuole sapere ‘dove guardare’ quando entra in uno dei luoghi iconici di questa splendida città.

Di alcuni luoghi ho già scritto dopo averli visti durante le visite guidate organizzate da guide turistiche autorizzate della città.

Di altri, che ho visitato tante volte per conto mio, mi sto documentando e quando trovo qualcosa che mi colpisce, mi piace condividerlo qui con voi.

Per il luogo di oggi ho attinto proprio da una pubblicazione dopo essermi chiesta cosa c’è da ammirare del Battistero di Siena al di là del capolavoro più conosciuto, il suo Fonte Battesimale con i pannelli bronzei con Scene della vita di San Giovanni Battista realizzate, tra gli altri, da  Lorenzo Ghiberti, Donatello e Jacopo della Quercia.

La risposta esatta è: il ciclo di affreschi con gli articoli del Credo realizzati da Lorenzo il Vecchietta!

Non è un soggetto particolarmente comune nella pittura religiosa quello del Credo eppure pensate che a Siena ne abbiamo ben quattro di cicli con articoli del Credo: questo nel Battistero, uno nell’ex Sagrestia nella Chiesa dell’Annunziata davanti al Duomo, uno su legno custodito nel Museo dell’OPA e uno intarsiato in legno nelle sedute del coro della Cappella dei Signori a Palazzo Pubblico.

Gli affreschi con la rappresentazione degli articolo del Credo nel Battistero di Siena si trovano nelle vele delle crociere contigue alla parete di fondo.

Le scene in totale sono dodici, quattro per ogni campata, si ispirano al Simbolo Apostolico, più breve rispetto a quello recitato durante la Messa detto Simbolo Niceno, e seguono un andamento antiorario.

Ogni vela delle crociere è accompagnata nell’angolo in basso a destra da un Apostolo a cui è attribuito l’articolo e in quello a sinistra da un Profeta che aveva anticipato il contenuto dell’articolo messi in relazione, Apostolo e Profeta, da un sermone di uno Pseudo Sant’Agostino e da uno scrittore latino cristiano, Rufino di Aquileia.

Queste informazioni e le descrizioni che riporterò in corrispondenza di ciascun articolo le ho tratte dalla conferenza tenuta l’11 marzo 1997 a Siena da Marilena Caciorgna e inserita nella pubblicazione Il Duomo come libro aperto a cura di Senio Bruschelli per la collana Quaderni dell’Opera.

Detto per inciso, questa pubblicazione è uno dei miei ‘must’ per conoscere il Duomo di Siena e ci sono particolarmente affezionata perché partecipai al ciclo di conferenze in essa riportate e organizzate da Museo dell’OPA; antesignane forse dei Risvegli d’Arte e dei Te all’Opera di oggi.

Se vi può interessare, forse riuscirete a recuperare una copia di questo ‘quaderno’ nel bookshop all’interno del Duomo di Siena.

L’inizio degli articoli del Credo del Vecchietta partono dalla crociera in fondo a sinistra del Battistero, dalla vela più vicina alla parete sinistra.

PRIMA CAMPATA

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, prima campata

1 Credo in un unico Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra:  è molto rovinata ma immaginatevi l’immagine dell’Eterno con la mano destra alzata al cielo circondato da una sfera di luce formata da giri concentrici, a significare il mondo, appare dunque rappresentato in qualità di creatore delle cose celesti e di quelle terrestri. Alla sinistra di Dio padre è rappresentato un fedele che ritroveremo nelle altre sene anche se con sembianze diverse.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, prima campata

2 Credo in Gesù Cristo, suo unico figlio, nostro Signore:  la figura di Gesù Cisto, resa in posizione frontale, avvolta in un manto che lascia intravedere la ferita sul costato.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, prima campata

che fu concepito dallo Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria: rappresenta l’Annuncio dell’Incarnazione del Verbo fatto a Maria dall’Arcangelo Gabriele.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, prima campata

4 Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto: nella vela sono rappresentati i tre momenti. Domina la rappresentazione della Flagellazione: l’esile Cristo, con le mani legate alla colonna corinzia, posta al centro della costruzione, riceve i colpi di frusta violentemente inferti, mentre Pilato assiste all’abuso, seduto sul faldistorio, con la corona d’alloro, simbolo della sua autorità. In alto il Crocifisso, innestato sull’edicola architettonica, risalta contro il cielo stellato, mentre nell’angolo destro della vela è inserita sinteticamente la Sepoltura: Cristo è deposto nel sarcofago, il corpo avvolto in bende.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, prima campata

SECONDA CAMPATA

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, seconda campata

5 discese agli Inferi; il terzo giorno risorse dai morti: questa scena è particolarmente articolata. In basso il Cristo porta il frutto della redenzione alle anime di quei giusti che sono nati al tempo in cui ancora non si poteva beneficiare dei sacramenti. Stipati in un antro cavernoso, questi morti si fanno innanzi e rivolgono lo sguardo pietoso al Salvatore; tra loro sono ad esempio riconoscibili i nostri progenitori: Adamo è rappresentato come un vecchio dalla lunga barba grigia che si protende con la mano verso il Cristo inchinandosi, laddove Eva con le braccia conserte è già inginocchiata. A destra invece compare Giovanni Battista, vestito di pelli animali e d’un manto violetto, mentre mostra, con la mano sinistra, un cartiglio ove si può leggere il motto “Ecce Agnus Dei”. A differenza delle altre anime nel limbo egli appare provvisto di aureola. A sinistra il demonio è appena uscito dalla porta degli Inferi. In alto è invece raffigurata la Resurrezione: il Cristo si trova in piedi sul suo sepolcro marmoreo, semiaperto, con in mano il vessillo rosso crociato.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, seconda campata

6 Ascese in cielo, siede alla destra del padre onnipotente: il Vecchietta qui rappresenta il Redentore in posizione ieratica, perfettamente frontale, seduto nell’alto dei cieli. Il cielo e la terra come da tradizione ma non sono presenti gli apostoli che sbalorditi guardano verso il cielo l’evento miracoloso, come ci si aspetterebbe. In alto campeggia il Cristo, mentre in basso la terra è suggerita da un paesaggio ameno e da un’atmosfera rarefatta, che si estende dalle città turrite ai monti, fino alla rappresentazione di una incantevole marina.

7 Verrà a giudicare i vivi e i morti:  riconosciamo la rappresentazione del Giudizio Universale. Al centro scorgiamo il Cristo, mentre mostra le stimmate, assiso in mezzo alla schiera degli apostoli. Ai lati del Cristo sono raffigurati anche la Madonna e San Giovanni Battista. In basso l’Arcangelo Michele è armato di spada ma non regge una bilancia per pesare le anime come di solito vuole l’iconografia. Alla sua destra vediamo i giusti che verranno guidato verso il Paradiso da una schiera angelica, mentre a sinistra sono rappresentati i dannati sospinti dal demonio verso le fauci del Leviatano, qui di colore verdaceo, il mostro marino citato nel Libro di Giobbe dalla cui bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, seconda campata

8 Credo nello Spirito Santo: nella scena è raffigurata la bianca colomba, simbolo dello Spirito Santo, che discende immerso in un fascio di luce sull’ostia elevata nella pisside, posta sull’altare. Un elegante paliotto rosso, in stoffa operata, decorato con un motivo a melagrane, recante al centro l’immagine dell’agnello con lo stendardo della Resurrezione, figura del Cristo, ne ricopre la parte antistante. Di forte suggestione il pavimento a disegni geometrici e la transenna di gusto antiquario, con la rappresentazione di uomini illustri a mezzo busto intervallati da eleganti pilastrini.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, seconda campata

TERZA CAMPATA

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, terza campata

9 Credo la Chiesa Santa, Cattolica, e nella Comunione dei Santi: la scena si presenta secondo un’iconografia piuttosto complessa. Al centro si vede la figura di un pontefice, che simboleggia la Chiesa, come poggiato su san Pietro, a terra, semidisteso. Il papa, con la mano sinistra, consegna a Pietro le chiavi, mentre con la destra somministra il battesimo ad un catecumeno immerso nell’acqua di un bacino marmoreo. Si fa riferimento alla figura di san Pietro come espressione del potere e autorità della Chiesa.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, terza campata

10 Credo la remissione dei peccati: l’iconografia dell’affresco è costituita dalla rappresentazione della confessione  che per la Chiesa Cattolica è il sacramento più necessario, subito dopo quello del Battesimo, per ottenere la remissione dei peccati. Nella scena un prete seduto su una panca impone la mano destra sulla testa del penitente inginocchiato di fronte a lui in atto di preghiera. Il momento raffigurato dall’artista è quello dell’assoluzione dei peccati ‘in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, terza campata

11 Credo nella resurrezione della carne: quattro angeli in alto, suonano le trombe a radunare gli eletti. Al possente concento, i morti emergono dalle profonde fenditure del terreno, assumendo varie pose.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, terza campata

12 Credo la vita eterna, amen: il ciclo si conclude dunque con la serena visione del Paradiso come giardino coperto di fiori. La composizione della scena è divisa in due parti: in alto sono raffigurati il Cristo e la Vergine sorretti da una nube di cherubini, mentre in basso compaiono angeli musicanti e una serie di santi tra i quali san Bernardino e i quattro patroni di Siena: Ansano, Crescenzio, Savino e Vittore.

Battistero di Siena: affreschi del Credo di Lorenzo il Vecchietta, terza campata

Non è affascinante? Per me sì. Ci ho trascorso praticamente un pomeriggio ad ammirare questi affreschi soffermandomi sui dettagli segnalati da Caciorgna. Le foto che ho scattato con l'iPhone rendono minimamente ma spero abbastanza da farvi venire voglia di visitare il Battistero di Siena e soprattutto a non soffermarvi su quanto è più facilmente visibile.

Tip: per poter ammirare meglio gli articoli del Credo del Vecchietta cercate tra i banchi o gli altari laterali del Battistero uno specchio. Chiedete al personale per educazione; ma sappiate che è lì apposta.

Curiosità del Battistero di Siena: sotto la figura del Cristo in gloria, nel semi abside del Battistero, c’è una botola, una apertura Bene, sapete dove sbuca quella botola? Nel gradino davanti all’attuale altare del Duomo  di Siena!