giovedì 27 settembre 2018

Fine settimana a Bologna e FICO: cosa fare

Bologna: le Torri

Neanche a farlo apposta la tabellina dell’hygge challenge suggerito da Vitoria Basile tempo fa (trovi il link qui) prevedeva per il mese di settembre ‘programma un week end per te’ e così ho fatto.

L’occasione mi è stata data dal ritrovato entusiasmo con alcuni compagni di classe delle superiori con i quali da quasi un anno abbiamo ripreso a frequentarci virtualmente ma anche fisicamente organizzando quando possibile di vederci una volta al mese.

Qualcuno di noi non abita più a Pescara, dove appunto ci siamo conosciuti al Liceo, e quindi a maggior ragione ci piace l’idea di approfittare di ciò per ritrovarci ogni volta in una città diversa.

Questo mese è toccato a Bologna dove abita una nostra amica, colei che in italiano ‘spaccava’ letteralmente talmente era brava. Una proprietà di linguaggio e una capacità di mettere in connessione i concetti secondo me sopra la media per la nostra età.

Il climax è stato davvero sereno e divertente, da gita scolastica delle superiori ma senza l’irrequietezza della giovinezza.

Bolognina


Il primo giorno io sono stata la prima ad arrivare grazie all’ottimo collegamento da Siena a Bologna con Flixbus.  In due ore sono arrivata all’Autostazione di Bologna.

Appena arrivata la mia amica mi ha portato in perlustrazione del quartiere Bolognina, nei pressi dell’Hotel Bologna Fiera della catena Una Hotels in Piazza della Costituzione dove ho prenotato. Detto per inciso l’ho trovata un'ottima soluzione per quando non è indispensabile soggiornare in centro, come di solito piace fare a me, nel qual caso invece conservo un bel ricordo dell’Art Hotel Novecento in Piazza Galileo.

Bolognina

Il quartiere Bolognina risale alla fine dell’ Ottocento. Colpiscono le costruzioni dell’epoca,  ex fabbriche con il caratteristico tetto a zig zag oggi diventate abitazioni private, centri sociali e anche Museo.

La Bolognina è la parte più multiculturale di Bologna e me ne sono accorta subito quando siamo andate a fare colazione in un Bar gestito da cinesi;  ma non ci sono solo cinesi come ho avuto poi modo di notare.

Bolognina: Parco della Zucca

Rimanendo a la Bolognina,  nel Parco della Zucca, angolo con il palazzo con l’insegna Tramvie di Bologna, ho avuto quasi un sussulto al cuore quando mi sono ritrovata davanti alla porta d’ingresso del Museo per la memoria di Ustica dove è custodito il relitto della tragedia di Ustica trasformato in una Installazione permanente dall’artista Christian Boltanski.

Il motivo del mio sussulto è che anni fa ho trascritto la registrazione del monologo I Tigi dell’attore e autore Marco Paolini. Commovente e struggente al tempo stesso. E quel monologo lo conosco quasi a memoria.

Bolognina: Parco della Zucca

Il Museo però era chiuso e quindi abbiamo proseguito la nostra passeggiata fino a Piazza dell’Unità, caratteristica per avere al centro della piazza un campo di pallacanestro invece di una ‘fontana’ come ci si aspetterebbe solitamente, e alla Galleria Mercato Francesco Albani con le caratteristiche serrande ridisegnate da artisti.

Bolognina: Galleria Mercato Francesco Albani

Nel frattempo si era fatta ora di pranzo, il resto della compagnia era arrivata e quindi siamo andati al Ristorante Le Golosità di Nonna Aurora dove aveva prenotato la nostra amica e dove abbiamo gustato i piatti della tradizione iniziando dalle crescentine (le adoro!) accompagnate da ottimi affettati e ai tortelloni di ricotta e spinaci conditi con burro e salvia il tutto accompagnato da un Lambrusco, Arte e Concerto Reggiano, dei vigneti Medici Ermete, davvero ottimo e personalmente non amo il Lambrusco ma solo perché non amo i vini frizzanti.

La mia preferenza va al Chianti Classico Riserva ma ovviamente ci sono tantissimi vini che ancora non ho mai degustato. E poi c’è che ho scoperto che alcuni ex compagni del Liceo sono diventati degli intenditori di vino per cui mi sono fidata della loro scelta.

Bologna: passeggiata per il centro storico


Dopo pranzo abbiamo trascorso il pomeriggio passeggiando per il centro storico di Bologna con il piacere di spostarci da una via all’altra senza dover controllare il percorso in una mappa o App perché accompagnati da una local, per l’appunto la nostra amica.

Diretti verso Piazza Maggiore abbiamo attraversato vie con i caratteristici portici di Bologna fino a ritrovarci, con nostra grande sorpresa, sopra un canale.

Bologna: Finestrella

L’impressione per un'attimo è stata davvero di trovarci a Venezia.

Qualcuno ha pensato bene di creare uno sportello in Via Piella (da Google ho saputo viene chiamato ‘finestrella’ ) aprendo il quale si ha la vista sorpresa sul canale. Dalla parte opposta invece la vista è aperta.

Forse se ci fossi passata da sola senza saperlo non lo avrei nemmeno notato lo sportello e comunque solitamente non sono una che apre senza chiedere permesso, almeno in casa d’altri cioè in una città che non sia Siena ;-)

Da lì quindi siamo arrivati in Piazza Grande dove si trova la Chiesa di San Petronio, che non è il Duomo di Bologna intitolato invece a San Pietro e che abbiamo avuto modo di vedere dall’autobus, ma sicuramente più conosciuta del Duomo.

Bologna: Chiesa di San Petronio

La facciata bicolore della Chiesa di San Petronio mi colpisce sempre. Molto caratteristica. Non ho però ancora avuto mai modo di visitare la Chiesa all’interno.

Da Piazza Maggiore ci siamo diretti verso la Basilica di Santo Stefano in Piazza Santo Stefano dopo aver fatto merenda con un gelato in Via degli Orefici ed essere passati sotto alle due Torri della Garisenda e degli Asinelli una delle quali pendente come quella di Pisa ma non ne conosco il motivo.

Bologna: Basilica di Santo Stefano

La Basilica di Santo Stefano è una meraviglia dal punto di vista architettonico. E’ costituita da sette chiese comunicanti appartenenti ad epoche diverse a partire dal IV secolo quasi come una matrioska in orizzontale. Delle sette chiese colpisce la Basilica circolare del Santo Sepolcro che riproduce il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Giusto vent’anni fa sono stata in terra Santa e ricordo benissimo il mio sentire reverenziale nei confronti di quel luogo sacro.

Bologna: Basilica del Santo Sepolcro

A corredo delle altre chiese ci sono anche dei chiostri e la mia passione per i chiostri mi ha portato a soffermarmi con particolare attenzione al Chiostro Medievale con un pozzo al centro. Ho notato infatti che solo in un lato le colonnine degli archi dell’ordine superiore hanno in cima delle sculture figurative. Sicuramente c’è un motivo.

Bologna: chiostro medievale

Dopo aver quasi fatto un viaggio indietro nel tempo nella Basilica di Santo Stefano siamo andati alla ricerca di un locale per prendere un aperitivo. Abbiamo scelto una Birreria in Piazza della Mercanzia.

Bologna: Loggia della Mercanzia

C’era un via vai incredibile di persone vuoi perché il fine settimana il centro storico di Bologna è chiuso al traffico, vuoi per gli eventi all’aperto come La strada del Jazz in Via Rizzoli vuoi perché la temperatura era decisamente estiva sembrava di essere in periodo di Palio a Siena.

A cena siamo andati alla Libreria Ambasciatori, nato da un progetto di Librerie.coop e Eat Italy. E’ una libreria molto grande che si sviluppa su più piani con Bar, Taverna e Osteria. Sorge dove un tempo c’era un mercato e prima ancora una strada frequentata da donnine di mestiere, così ci ha detto la nostra amica. La particolarità di questo ambiente è che da un lato sono visibili i resti architettonici di una antica chiesa. Pensate al contrasto di quando c’erano le donnine,  da ‘diavolo e acqua santa’.

Bologna: Libreria Ambasciatori

Dopo cena passeggiata in notturna per ascoltare anche noi un po’ di musica jazz. Siamo arrivati giusto in tempo per assistere all’esibizione di Tullio de Piscopo e il suo Andamento Lento. Dopo di ché ritornando verso Piazza Maggiore siamo andati a verificare il particolare fenomeno acustico che permette alle persone di comunicare bisbigliando sui lati opposti del Portico del Podestà sotto la Torre dell’Arengo.

Questo fenomeno c’è anche nella Whispering Gallery del Grand Central Terminal di Manhattan ma lì ero andata sulla fiducia; qui l’ho provato anch’io ed è vero! Sembravamo dei ragazzini ovviamente, dalla meraviglia.

Su mia richiesta abbiamo proseguito verso i portici della zona universitaria nei pressi del Teatro Comunale motivo della mia prima visita a Bologna per un concerto del violoncellista Mario Brunello.

Abbiamo percorso poi la zona del Ghetto Ebraico a tutti tristemente conosciuto per l’uccisione di Marco Biagi fino a ritrovarci al Guasto Village in Via Del Guasto e Largo Respighi.

Qui mi è sembrato di essere lungo la riviera di Pescara, davvero.

Bologna: Guasto Village

L’allestimento estivo di questo spazio, ci ha detto la nostra amica, era quella che abbiamo visto noi: container lungo il perimetro che ospitano punti ristoro e nel mezzo tavolini, sedie, puff e lucine a rendere gioiosa l’atmosfera. Tanta gioventù universitaria ma sono sicura che noi non abbiamo sfigurato. Ci siamo tenuti tutti abbastanza bene nonostante gli anni trascorsi ;-)

La sera, prima di andare in albergo, abbiamo attraversato il Giardino pensile della Unipol. Davvero suggestivo a quell’ora di notte, tutto illuminato.

FICO: Fabbrica Italiana Contadina


La mattina del giorno dopo l’abbiamo dedicata alla visita di FICO (Fabbrica Italiana Contadina) il Parco Alimentare e centro commerciale voluto da Oscar Farinetti di Eat Italy e Coop e che ha aperto i battenti poco meno di un anno fa.

Bologna: FICO

Prima di entrare c’è una sorpresa per chi ama farsi i selfie.

L’idea del Parco, per quanto ho capito io, è quella di mostrare il processo che subiscono le materie prime che troviamo in natura, dagli animali e dalle piante, fino a diventare il piatto che mangiamo a tavola.

In un fabbricato costruito a forma di L quindi c’è una parte esterna chiamata ‘fabbrica didattica’ dove è possibile osservare le attività agricole di coltivazione e allevamento a livello dimostrativo. All’interno, in corrispondenza di ciascuna specie, si trova un laboratorio dove viene processata la materia prima e successivamente il ristorante dove vengono preparati piatti con quell’alimento base.

Immaginatelo come un enorme centro commerciali ad un unico piano. Ci sono anche le biciclette per percorrerlo.

L’ingresso è gratuito. A pagamento sono le proposte di degustazione e ovviamente tutti i ristoranti. C’è una parte adibita anche alla vendita di prodotti alimentari e anche di arredamento e altro. Mi ha molto colpito la parte dedicata ai biscotti. Avrei davvero fatto man bassa! C’è anche la parte dedicata ai vini di tutta Italia. Ho controllato: c’erano anche i vini toscani.

Ci sono anche degli angoli ludici come ad esempio un campo di calcetto, dei biliardini e una stanza per  attività dedicate ai bambini, una libreria e un anfiteatro per gli eventi.  Questi quelli che sono riuscita a vedere io. Magari ci sono anche altre cose. Lo scoprirete solo andandoci.

Mi sono fatta l’idea che qui uno ci vada per starci una giornata intera per far gioire il palato tra le delizie gastronomiche che propongono i bar, chioschi e ristoranti a cominciare dagli arancini per esempio ai menù di cucina varia. Noi abbiamo optato per uno che proponeva cucina mediterranea vegetale.

Il momento di sciogliere la compagnia è arrivato all’improvviso ma c’era chi doveva riprendere un autobus, tipo io, e chi degli affetti a cui tornare.

Ci saranno altre occasioni per cui eravamo sereni. Felici di aver trascorso un fine settimana insieme, grati ai partner che ci hanno concesso la compagnia dei nostri compagni di scuola, cosa che poteva non essere scontata, e più che grati alla nostra amica che è stata una padrone di casa eccezionale.

Prima o poi toccherà incontrarci anche a Siena. Sarà un piacere per me far conoscere questa splendida città ai miei ex compagni di scuola.

giovedì 20 settembre 2018

Il club delle lettere segrete di Ángeles Doñate

 Il club delle lettere segrete di Ángeles Doñate

Cari amici del blog,

se tra di voi c’è qualcuno che come me ama i romanzi epistolari questo consiglio di lettura è per lei/lui.

Ho attinto dalla lunga lista di libri che ho stilato durante i mesi di fermo del blog e mi sono fatta ispirare da questo titolo: Il club delle lettere segrete di Ángeles Doñate, 2015, edito da Feltrinelli.

Il romanzo si svolge nell’arco temporale di un inverno e narra le vite vissute in ‘un labirinto di pietra e ardesia di sole mille anime’ qual è Porvenir attraverso una catena di lettere nata con uno scopo preciso: impedire che venga chiuso l’ufficio postale del paese causa la riduzione progressiva della corrispondenza cartacea sostituita dalle moderne forme di comunicazione. Ciò implicherebbe ovviamente il trasferimento del personale in particolare di Sara la postina.

Nessuno sa di chi è stata l’idea ma tutti rispondono positivamente a quella richiesta e si raccontano in maniera trasparente forti forse anche del fatto che una delle regole di questa catena è di spedire una lettera ad uno sconosciuto senza indicare il mittente.

Attraverso queste lettere conosciamo Rosa, l’ottuagenaria con un peso di cui liberarsi;  Alma, la giovane ereditiera e aspirante poetessa; il giovane Alex  ‘viaggiatore immobile’ dedito al padre infermo;  Mara Polsky, l’eccentrica  poetessa in incognito a Porvenir;  Hypatia, l’artista dei fornelli; Manuela e la hot line che langue; Karol la sudamericana nostalgica e Sara, la postina divorziata con tre figli e un corteggiatore a distanza.

A questa catena di lettere si affiancano altre scritte ‘in anticipo’.

I valori che emergono da queste lettere sono quelli dell’amicizia in primis capace di attivare la creatività e generare l’idea efficace anche se bizzarra per sostenere la persona cara nel momento del bisogno, l’amore filiale, l’amore genitoriale, l’amore di coppia più e meno giovane, la compassione - oserei dire - per chi ha perso la fiducia nella vita, il perdono richiesto e donato, la gratitudine. L’unione che fa la forza.

E se anche dall’inizio è chiaro come andrà a finire il romanzo,  la trama non è priva di quei colpi di scena capaci di riscaldare il cuore.

E’ un romanzo leggero anche nella scrittura nel senso che non c'è la ricercatezza della parola anche se è ricco di citazioni letterarie ricercate.

Un romanzo di quelli che fanno bene all’anima e direi che settembre non potevo iniziarlo meglio.

Il momento in cui tutti i pezzi del puzzle si ricompongono mi è sembrato quasi come un classico finale di Poirot, il detective dei gialli di Agatha Christi. Avete presente? Tutte le persone coinvolte sono convocate nello stesso ambiente e Poirot snocciola gli alibi di tutti fino a smascherare l’unico bugiardo e quindi autore del delitto.

Qui nessuno viene smascherato ma il non detto è molto eloquente.

Io amo lo stile epistolare perché ne ho fatto molto uso soprattutto in passato.

“Nelle lettere, le persone mostrano la quotidianità della propria anima. Il loro vivere giorno per giorno, ogni preoccupazione… il loro vero volto” dice ad un certo punto Alma.

Credo che sia stato così anche per me con la differenza, rispetto al romanzo, che io avevo bisogno che il destinatario fosse consapevole di me come mittente perché avevo bisogno del riscontro.

Mi sono imbattuta da poco invece con la ‘scrittura espressiva’, una tecnica di Pennebaker per svuotare la mente e alleggerire il cuore, aggiungo io.

La scrittura espressiva è una scrittura libera e spontanea delle emozioni, negative o positive, riguardo a qualcosa che ci è accaduto. E’ un processo di autoconoscenza che ha la forma di un diario. Per saperne di più vi rimando alla fonte da cui ho attinto (clicca qui).

Personalmente l’ho utilizzata una volta in cui avrei voluto spedire una lettera ad una persona ma sapevo di essere fuori tempo massimo e che avrei solo peggiorato una certa situazione invece che raddrizzarla. Questa tecnica mi ha permesso di sentirmi più leggera senza bisogno di avere un riscontro, cosa che credevo fondamentale. Alla fine ho cestinato il fiume di parole che ne era venuto fuori.

E’ stato efficace.

Magari chissà, ora potrei essere pronta per scrivere ciò che mi turba o mi procura gioia ad un destinatario reale e sconosciuto.

Potrebbe essere un’idea ;-)

giovedì 13 settembre 2018

Domenico Beccafumi, affreschi di Palazzo Bindi Sergardi

Siena: uno scorcio di Piazza del Campo da Palazzo Bindi Sergardi

Siena è piena di scrigni preziosi. E’ un dato di fatto.

Una delle mie ‘fantasie’ è di poter entrare in ogni palazzo di Siena per scoprire cortili, pozzi, logge, viste mozzafiato dall’alto e decorazioni preziose come quelle di Palazzo Bindi Sergardi oggi Casini Casuccini in Via dei Pellegrini.

Non per essere forzatamente autoreferenziale ma negli anni universitari, parlo degli anni Ottanta del secolo scorso, quel Palazzo in Via dei Pellegrini e l’abitazione accanto a quella dove si trovano gli affreschi del Beccafumi di cui vi racconterò in questo post mi era molto familiare perché ci abitavano delle mie amiche universitarie. Non immaginavo però all’epoca che ‘accanto’ ci fosse cotanta bellezza anche perché il mio amore viscerale per Siena ancora non era scattato e le mie conoscenze sulla città erano quindi scarse.

Ebbene, per la seconda volta ho avuto l’occasione di poter ammirare questi affreschi grazie ad una visita guidata con la professoressa Marilena Caciorgna.

Si tratta della volta affrescata da Domenico Beccafumi nel 1519 in occasione del matrimonio di Alessandro Venturi, allora proprietario del Palazzo.

In una frase vi ho dato delle informazioni che agli studiosi ci è voluto del tempo per elaborare.

Di questo ciclo di affreschi infatti non c’è documentazione per cui per risalire alla datazione si è tenuto conto del fatto che il Vasari affermasse che grazie a questi affreschi Beccafumi si era guadagnato la commissione degli affreschi per la Sala del Concistoro di Palazzo Pubblico iniziati nel 1529 e terminati nel 1535, cosa che è ovviamente documentata.

L’ipotesi che gli affreschi fossero stati eseguiti per un matrimonio ha trovato conferma nel piano iconografico basato su valori coniugali e civici e nell’aver identificato come proprietaria del Palazzo al tempo degli affreschi non la famiglia Agostini come indicato dal Vasari ma la famiglia Venturi grazie all’approfondimento dello stemma ligneo che si trova al centro della volta formato da tre rose con cinque petali ognuna e una banda orizzontale. Sapendo questo e facendo qualche ricerca in più gli studiosi sono risaliti al matrimonio di Alessandro Venturi avvenuto nel 1519.

Non ultimo anche il fatto che nel Palazzo Petrucci, difronte a quello Bindi Sergardi, nel 1509 era stato realizzato un ciclo di affreschi con impianto iconografico simile in occasione del matrimonio tra Borghese Petrucci e Vittoria Piccolomini. Gli autori erano stati Pinturicchio, Signorelli e Girolamo Genga quindi vuoi che la famiglia Venturi non li avesse visti o Beccafumi stesso? Detto per inciso, tale sala o ‘Gabinetto del Magnifico’ fu completamente smantellata nel tempo. Alcune scene si trovano nella Pinacoteca di Siena, altre sparse in vari musei nel mondo.

La prima cosa che colpisce entrando in questa sala rettangolare di Palazzo Bindi Sergardi sono i colori cangianti con i quali il Beccafumi  ha reso vitale ogni singolo personaggio, gli ambienti e gli oggetti di questi affreschi ottimamente conservati e le dimensioni ridotte delle figure rispetto a quanto possiamo vedere generalmente del Beccafumi.

A Siena abbiamo molto da poter ammirare normalmente  di Domenico Beccafumi come gli affreschi dell’Oratorio di San Bernardino, gli affreschi della Sala del Concistoro, l’affresco al Santa Maria della Scala, le pale sparse per alcune Chiese di Siena, nella Pinacoteca Nazionale, nel Museo dell’OPA, nel Palazzo Chigi Saracini, le tarsie del Pavimento del Duomo di Siena e qualcosa persino al Campansi.

In questi affreschi di Palazzo Bindi Sergardi c’è un ‘quid’ in più che agli studiosi ha fatto presupporre un secondo viaggio del Beccafumi a Roma in cui deve aver visto gli affreschi di Raffaello alla Farnesina e ai Musei Vaticani tanto sono evidenti i richiami sul piano compositivo e di alcune soluzioni come ad esempio i due finti 'arazzi' al centro della volta sicuramente ispirati da quelli della Loggia di Psiche.

Il ciclo di affreschi di palazzo Bindi Sergardi ha una triplice lettura: iconografica, storica e mitologica.

Le scene storiche sono raccontate in otto ottagoni più i due 'arazzi' al centro della volta e le scene mitologiche in dieci tondi tra una vela e l’altra.

La fonte letteraria che riguarda gli episodi storici romani e ‘stranieri’ raffigurati nei sei ottagoni più i due ‘arazzi’ nel centro in proporzione di 2 a 1 è il Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo mentre le scene mitologiche all’interno dei dieci tondi sono tratte dalle Metamorfosi di Ovidio per la maggior parte.

Ogni ottagono è accompagnato da un’iscrizioni che permette di capire meglio le immagini.

Come sono disposte le scene? Da dove cioè dobbiamo iniziare a guardare?

Le scene degli ottagoni girano in modo circolare. È una tecnica della struttura compositiva antica per mettere in evidenza gli episodi che ci interessano di più, ci ha rivelato Marilena Carciogna.

In questo caso si parte dalla parte della volta sopra la parete da dove si entra nella sala e che fa angolo con uno dei lati stretti della sala che affaccia su Via dei Pellegrini.

Si inizia con il giuramento di Attilio Regolo (esempio di rispetto della parola data), il suicidio di Catone l’Uticense (esempio di amore per la libertà), la fermezza d’animo del fanciullo macedone (esempio di capacità di sopportazione) e al centro Zeusi dipinge il ritratto di Elena traendo ispirazione da alcune fanciulle crotoniati (esempio di fiducia nelle proprie capacità ed acume nelle scelte. Ognuna delle fanciulle mostra il meglio di se e Zeusi fa una selezione delle parti del corpo più belle di ciascuna per dipingere l’immagine di Elena.)

Si passa alla parte opposta e qui notiamo come Scipione sia rappresentato più volte. Scipione infatti è l’eroe più amato del Rinascimento come esempio di amor patrio, ci ha rivelato la nostra guida.

Si prosegue -cercando di non farsi venire il torcicollo- rivolgendo lo sguardo all’altro episodio centrale, la continenza di Scipione e poi ai lati Scipione richiama i soldati al senso dell’onore, la punizione di Spurio Cassio (esempio di giustizia) e il sacrificio di Zaleuco di Locri (esempio di giustizia).

Chi conosce queste storie si accorgerà che, tranne quelle centrali, si tratta di esempi eccessivi che ci fanno effetto per la loro crudeltà come ad esempio quello del sacrificio di Zaleuco di Locri.

In pratica questo saggio legislatore si trovò a giudicare il proprio figlio reo di adulterio secondo la legge da lui stesso promulgata che prevedeva per quel reato l’estirpazione di entrambi gli occhi. Per contemperare il suo ruolo di giusto legislatore con quello di padre misericordioso fece cavare un solo occhio al figlio togliendosi l’altro lui stesso.

Le  scene mitologiche rappresentate nei tondi sono: La fuga di Enea da Troia, La caduta dei giganti, Il giudizio di Paride (scena che viene scelta spesso in contesti matrimoniali), Le tre grazie, Il diluvio universale, Prometeo plasma l’uomo, Deucalione e Pirra, Ercole al Bivio, La gara di Poseidone e Atena e una scena non meglio identificata.

Ai lati dei tondi sono rappresentate famose figure femminili vestali, guerriere ed eroine suicide riconoscibili, anche se non tutte, dal loro attributo.

Come ci si sente quando si viene via da questa sala di Palazzo Bindi Sergardi? Sicuramente diversi da quando si è entrati.

Personalmente sono venuta via con una sensazione di gratitudine per il talento artistico portato a tale livello (‘Ci troviamo di fronte ad un artista in evidente stato di grazia’ cit. Antonio Pinelli), con la curiosità di approfondire il significato delle scene rappresentate -infatti sono andata a rileggermi il contributo di Antonio Pinelli contenuto nel catalogo Domenico Beccafumi e il suo tempo realizzato in occasione della mostra a Siena dedicata al Beccafumi nel 1990- e di chiedermi se i valori proposti siano ancora oggi condivisibili.

E’ vero che le visite a agli affreschi del Beccafumi di Palazzo Bindi Sergardi non sono frequenti ma seguendo sul web i siti di chi organizza visite guidate a Siena magari vi capita di intercettare la prossima occasione.

Ho fatto delle foto con l'iPhone ma ancora non ho avuto l'autorizzazione a pubblicarle per cui per ora vi lascio il link ad una gallery che ho trovato sul web (cliccate qui)

La foto di apertura del post invece l'ho scattata dal balcone di Palazzo Bindi Sergardi.

giovedì 6 settembre 2018

Cammino di Santiago: tutto quello che c'è da sapere e di più

Cammino di Santiago: intervista su ciò che c'è da sapere


Cari lettori,

vi presento Elena Tamborrino, protagonista dell’intervista che vi propongo oggi sul Cammino di Santiago.

Elena, a molti sul web conosciuta con il suo nickname di Twitter @ElenaExLibris, è nata a Gorizia, è di origini pugliesi, ha vissuto in Toscana e attualmente vive e insegna Lettere in una scuola secondaria di secondo grado in provincia di Lecce.

Io ed Elena non ci conosciamo ancora di persona ma quando accadrà sono sicura che avrò solo delle conferme di ciò che mi arriva di lei virtualmente.

E sarebbe, vi starete domandando?  Che Elena è una purista della lingua italiana, che è l’Insegnante che tutti avremmo voluto avere a scuola e cioè quella che porta la realtà in classe creando interesse e coinvolgimento. Che ama i suoi alunni e la sua famiglia e che è una sportiva; infatti ogni fine settimana per lei è quello giusto per fare trekking in luoghi mozzafiato.

A proposito di questa sua passione quest’estate ha alzato l’asticella e ha percorso duecento chilometri a piedi del Cammino di Santiago ed è questa l’esperienza che le ho chiesto di raccontarci attraverso questa intervista perché ha a che fare con il superamento di limiti mentali e fisici e la cosa mi sembrava affascinante.

Dimentico forse qualcosa? Ah sì! Elena è una lettrice ‘forte’. Per diverso tempo ha recensito i libri che ha letto nel suo blog  Io e Pepe (e libri e altro)

Attualmente le sue recensioni le scrive solo nella pagina Facebook collegata al blog .

Chi è Pepe? Forse un suo aiutante? Per scoprirlo non vi resta che andare nel suo blog.

Prima però, mettetevi comodi e leggete l’intervista.

Elena, quando e come è maturata in te l’idea di fare il Cammino di Santiago? Quale insomma la tua motivazione?

Ci pensavo da qualche anno, ma era un’idea abbastanza vaga, anche perché non pensavo di poter affrontare il Cammino da sola, avevo bisogno di una compagnia che però non si presentava. Così questo desiderio restava nell’aria, senza avere la possibilità di concretizzarsi. Tuttavia continuavo a leggere libri e articoli sull’argomento, mi sono iscritta a un paio di gruppi su Facebook, formati da persone che avevano già fatto l’esperienza o si apprestavano a farla e così mi sono tenuta informata costantemente per almeno un paio di anni.

Quanto tempo è passato da quando hai deciso di fare il Cammino a quando hai deciso la data?

L’occasione si è presentata in modo abbastanza casuale, all’interno dell’associazione di trekking di cui faccio parte, “Camminatori salentini”: durante un’escursione ho sentito che un paio di compagne di camminata parlavano del Cammino e mi sono avvicinata, incuriosita. Era marzo. Quando ho sentito che avevano deciso di farlo, nel periodo che a me poteva andare bene, mi sono data neanche 24 ore per pensarci e mi sono aggregata al gruppo che era già di quattro persone, tutte donne.

In base a quali criteri hai deciso la durata ed il percorso?

Essendomi aggiunta a un gruppo che di fatto aveva già deciso date e durata, non ho fatto altro che adeguarmi. D’altra parte il percorso in qualche modo è sempre condizionato dalla durata che prevedi, a meno che non si lasci la possibilità di un ritorno “aperto”, senza prenotazione del volo per il rientro: in quel caso, solo se hai un periodo variabile di ferie a disposizione, puoi decidere di percorrere tutto il Cammino o una parte, ma si deve sempre fare un calcolo di chilometri da camminare in media, giornalmente. Sicuramente, per poter avere la Compostela una volta arrivati a Santiago, si deve dimostrare, tramite l’esibizione delle credenziali che attestano il passaggio dai vari siti che rilasciano il timbro, di aver percorso a piedi almeno gli ultimi 100 km, quelli da Sarria. Noi ne abbiamo percorsi 218 circa.

Hai fatto il Cammino insieme ad altre persone. Come avete organizzato il viaggio? Intendo: in autonomia documentandovi tramite guide, testimonianze dal vivo o su internet oppure con una agenzia o altro?

Le mie compagne si sono appoggiate a un’agenzia per i biglietti aerei; io ho fatto da sola, tramite il sito Ryanair. Abbiamo deciso insieme di prenotare almeno tre alberghi: il primo, quello dell’arrivo la sera del 17 luglio a Santander, una delle tappe del Cammino del Nord, scelta per comodità di orario del volo; il secondo a Ponferrada, la tappa del Cammino Francese da cui avremmo iniziato il nostro percorso la mattina del 19 luglio; il terzo per l’ultima notte prima del rientro, a Santiago de Compostela.

Prima della partenza avevo pianificato il percorso tramite un sito utilissimo (https://godesalco.com/plan/frances), anche se poi abbiamo seguito il mio programma solo da Melide in poi. A farci da guida sono state soprattutto delle app scaricate gratuitamente sui nostri smartphone, utili per avere informazioni sugli alloggi tappa per tappa (io ho utilizzato Buen Camino, scaricabile per iOs e Android), che confrontavamo. Inoltre avevamo una guida turistica sul Cammino e molto è servito il passaparola con le persone che abbiamo incontrato sulla strada e negli ostelli dove ci fermavamo.

C’è qualche pratica burocratica che bisogna fare prima di partire? Intendo: bisogna comunicare a qualcuno che state per fare il cammino? Bisogna prenotare gli alloggi in anticipo?

Indispensabile è avere la credenziale, quel documento di viaggio che serve per testimoniare il passaggio sul Cammino, attraverso i timbri che vengono apposti nei luoghi di sosta, ostelli, bar, parrocchie. Viene rilasciata da uffici direttamente sul luogo di inizio del cammino, ma conviene fare richiesta in Italia, consultando il sito della Confraternita di san Jacopo di Compostella a Perugia (http://www.confraternitadisanjacopo.it/Credenziale/indexcredenziale.htm).
Teoricamente non occorre prenotare gli alloggi in anticipo, nel senso che dipende dai periodi, dal movimento che c’è e dai luoghi dove si intende fermarsi. Noi abbiamo prenotato giorno per giorno, telefonando la sera prima all’ostello scelto e confermando con una successiva telefonata il giorno seguente. Abbiamo in alcuni casi usufruito del servizio di trasporto zaino, la mochila, per cui il bagaglio raggiungeva prima di noi il luogo scelto per il pernottamento.

Sei una appassionata di trekking e quindi il tuo corpo è abituato ad un certo allenamento ma ti chiedo: hai dedicato una preparazione fisica mirata in vista del Cammino?

Faccio sport regolarmente, ma nei due mesi precedenti la partenza ho incrementato la durata delle sessioni di allenamento. Non ho tuttavia superato i 12 km in piano, oltre alle uscite di trekking che normalmente sono più lunghe e impegnative, poiché prevedono percorsi non pianeggianti. Anche per quanto riguarda il peso da portare sulle spalle, mi sono limitata a una sola uscita a zaino pieno. Fisicamente ero pronta, abituata alla fatica.

Come ti sei regolata per la preparazione dello zaino? Cosa hai portato? Quanto pesava? E’ stato uno sforzo dover ridurre al minimo l’occorrente oppure sei normalmente parsimoniosa quando viaggi? A Cammino fatto hai imparato qualche ‘trucco’ che ti sarebbe stato utile sapere prima di partire?

Prima di partire avevo preparato un elenco di cose indispensabili: due cambi di magliette tecniche, due di pantaloncini, un pantalone lungo modulare da trekking, una maglia tecnica a manica lunga, un paio di leggins e una t-shirt per la sera, tre paia di slip e due reggiseni sportivi, tre paia di calze antivesciche, una giacchina antivento, un k-way, una cappa antipioggia, un copri-zaino impermeabile, il sacco a pelo estivo e un sacco lenzuolo in seta, infradito e sandali Decathlon.

Il necessario per la pulizia personale, ridotto al minimo: una crema solare per il viso con alta protezione, una crema all’aloe per le gambe, che ho usato anche per il viso come trattamento notte, lo spazzolino, il dentifricio, il filo interdentale, il sapone di Marsiglia per la doccia e il bucato (ne basta mezza saponetta), una confezione piccola di shampoo, salviette per l’igiene intima, burro cacao e una matita per gli occhi (tanto per non rinunciare a un minimo di femminilità), la crema Prep per preparare i piedi la mattina prima di indossare le calze, la crema balsamo Sixtus alla clorofilla per massaggiare i piedi la sera, dopo la doccia.

E poi i medicinali necessari per prevenire e curare qualunque malanno: antinfiammatorio, spray per la gola, antidiarrea, fermenti lattici (Codex) presi regolarmente ogni mattina già da un paio di giorni prima della partenza, cerotti, salviette disinfettanti, cerotti per vesciche, antipiretico.

Il peso dello zaino, acqua esclusa, alla fine arrivava a superare di poco i 7 kg: non ho fatto fatica a contenermi, ho portato il necessario, tutto è servito, tranne i medicinali per fortuna. Viaggio molto e ho imparato a partire sempre con un bagaglio essenziale.

Dovessi ripartire per un nuovo Cammino, farei a meno del sapone di Marsiglia: negli ostelli si trovano lavatrici e asciugatrici e il servizio comprende il detersivo. Per la doccia si possono portare i campioncini di bagnoschiuma e comunque i negozi che si incontrano sul Cammino sono forniti di confezioni da viaggio di tutti i prodotti per l’igiene personale.

Gli alloggi com’erano? Di cosa erano dotati? E’ stato possibile farsi la doccia?

Ho trovato posti diversi, più o meno accoglienti. Bisogna abituarsi agli ambienti promiscui: quasi sempre uomini e donne occupano le stesse camerate, anche per usufruire di bagni e docce bisogna adattarsi al fatto che mentre sei sotto lo scroscio dell’acqua della doccia, fuori c’è qualcuno che si sta facendo la barba al lavandino. Il wi-fi è sempre disponibile, così come, in alcuni ostelli, uno spazio comune per cucinare per conto proprio e mangiare. Alcuni ostelli organizzano la cena del pellegrino, che ti consente di mangiare a un prezzo che non supera i 7 euro. Inoltre c’è sempre la disponibilità di lavare la biancheria in lavatrice e quasi sempre di usufruire di asciugatrici: dove non viene offerto questo servizio, si trovano –nei centri più grandi- le lavanderie a gettone.

Per il mangiare come vi siete regolati durante il giorno e la sera?

Sulla strada si trovano molti posti di ristoro, alcuni dei quali a offerta, i cosiddetti donativi. Sono riuscita a seguire le mie normali abitudini alimentari: una colazione salata in genere a base di prosciutto crudo (jamón serrano) o uova sode con un caffè espresso (sempre buono) qualche chilometro dopo la partenza, durante la mattinata frutta fresca, spremute di arancia, frutta secca; a volte all’ora di pranzo ho mangiato un’insalata mista (le fanno ovunque e sono sempre con gli stessi ingredienti: lattuga, pomodori, tonno, cipolla cruda e uovo sodo), quando non ho preferito la frutta. La sera poi spesso siamo andate nei locali che offrivano il menù del pellegrino, composto in genere dal plato combinado, cioè un secondo a base di tortilla (una frittata alta con le patate), o carne o pesce, con un contorno o del riso in bianco.

Per i bisogni fisiologici cui hai accennato scherzosamente anche su Facebook cosa hai imparato?

Ho imparato che bisogna ascoltare il proprio corpo e attendere i suoi segnali, senza entrare in ansia se la naturale puntualità viene meno, specie i primi giorni. Non sempre l’ambiente in cui ci troviamo facilità l’intimità di certi momenti, per cui bisogna solo pazientare. D’altra parte i bagni pubblici in qualunque esercizio mi sia fermata, si sono rivelati pulitissimi ed efficienti: bravi i gestori di bar, ostelli e ristoranti a pulire frequentemente i bagni e bravi i pellegrini di passaggio che lasciano pulito quel che trovano pulito. Indispensabili sono le salviette intime umidificate, in mancanza di acqua corrente per lavarsi.

E ora, facci rivivere il percorso che hai fatto indicandoci le tappe, i chilometri, se e dove hai trovato difficoltà a livello fisico, mentale o spirituale. Se hai avuto nostalgia di qualcuno o qualcosa. Se vi è capitato di perdervi oppure se la segnaletica è chiara, se hai camminato in compagnia o da sola, se hai incontrato altri pellegrini durante il Cammino o la sera una volta giunti a destinazione?

Siamo partite da Ponferrada, regione di Castilla e Leon, il 19 luglio per arrivare a Santiago de Compostela il 26 luglio, attraversando in otto giorni Villafranca del Bierzo, La Faba, Triacastela, Castromaior, Melide, A Brea, con una media giornaliera di quasi 28 km al giorno.

Tra La Faba e Triacastela si passa da O Cebreiro e subito dopo, a circa 9 km, il punto con maggiore altitudine, Alto do Poio, di fatto la porta della Galizia. La tappa più difficile è forse stata proprio questa, perché tutta in salita su pietraia e a seguire discese davvero pericolose. Ma per diversi motivi, non si può dire che ci sia un tratto più facile di altri, ciascuno comporta un livello di difficoltà, che ovviamente si misura sulla preparazione atletica del pellegrino.

Mentalmente e spiritualmente ho sentito una vera rinascita: nelle prime tappe mi sono concentrata sui pensieri più profondi che riguardano la mia esistenza, le mie relazioni sociali e familiari, il mio lavoro, che negli ultimi anni è stato fonte di ansia da prestazione continua. Avevo bisogno di staccare e di prendere le distanze dalla vita di tutti i giorni, capire se potevo ridurre all’essenziale la mia vita, oltre che lo zaino che gravava sulle mie spalle.

Non ho avuto nostalgia per nessun aspetto della mia vita che avevo lasciato a casa, il cammino ti mette in una dimensione fuori dal mondo materiale, nonostante gli aspetti pratici di cui ci si deve occupare; e non mi sono mai sentita sola, perché avevo tutti i miei cari con me, hanno camminato con me.

Successivamente i pensieri si sono come rarefatti, solo ciò che mi si presentava davanti agli occhi mi ricordava qualcosa che potevo associare alla mia vita passata e anche, soprattutto, futura. O almeno a me piace interpretare così i segnali che il paesaggio mi ha offerto.

Sul piano strettamente pratico, la segnaletica è chiara: basta seguire le conchiglie e la freccia gialla sui muri, le conchiglie di bronzo incastonate nei marciapiedi delle città più grandi, le pietre miliari che indicano la direzione e i chilometri che distano da Santiago. Questo mi ha consentito di camminare tranquilla per lunghi tratti anche da sola, così come hanno fatto le mie compagne: ciascuna aveva il proprio passo e le proprie esigenze di sosta, in questo ci siamo sentite libere di agire come preferivamo, mantenendoci sempre in contatto telefonico o con whatsapp, che è un mezzo che non mi piace utilizzare, ma che in alcuni casi si rivela utile.

Ho incontrato tanti pellegrini lungo la strada e la sera negli ostelli: con alcuni ci si ritrovava tappa dopo tappa, a seconda se il ritmo di marcia coincideva. E poi incontri importanti sono stati presso i monasteri francescani di O Cebreiro e di Santiago, dove ho conosciuto Suor Cinzia e Suor Sabrina, suore apostoline.

Ci racconti anche degli ultimi chilometri? Del crescendo di emozioni che ti hanno invaso fino al pianto liberatorio e la cerimonia solenne della sera riservata ai pellegrini arrivati a destinazione alla Chiesa di Santiago de Compostela?

È difficile spiegare, raccontare le emozioni.

Gli ultimi 5 chilometri prima di Santiago, sono stati molto emozionanti, ero profondamente commossa, felice per aver raggiunto la meta, in solitudine, tirando come una pazza, quasi senza soste, pur di arrivare al più presto. La stanchezza è arrivata tutta insieme alla fine, ma dovevo tenere duro e ho pianto di felicità, come credo di aver fatto solo quando sono nati i miei figli.

A Santiago, dopo aver ritirato la Compostela all’Oficina de Acogida al Peregrino, mi sono riunita a Daniela, una delle mie compagne, arrivata quasi un’ora prima di me: ci siamo abbracciate a lungo, piangendo di gioia insieme.

A Monte do Gozo mi avevano detto che oltre alla messa del pellegrino in Cattedrale alle 12, ci sarebbe stata un’altra funzione alle 19,30. Così, dopo aver raggiunto l’albergo, fatto una doccia rivitalizzante, curiosato nei dintorni della Cattedrale, alle 19 eravamo già tra i banchi della chiesa.

La cerimonia è stata anch’essa molto commovente, soprattutto quando alla fine è stato messo in funzione il botafumeiro, il grande turibolo che viene fatto ondeggiare tra le navate laterali: siamo state fortunate, non era affatto scontato che potessimo assistervi, perché l’oscillazione del botafumeiro è un rito che si riserva in occasione delle festività più importanti, oppure se qualche pellegrino generoso fa una grossa offerta (pare che i giapponesi in questo non si facciano pregare).

Il giorno dopo ho assistito alla messa in lingua italiana, nella cappella di san Francesco, all’interno della Cattedrale, tenuta da Padre Fabio, un prete di rara illuminazione che mi ha aperto il cuore, anche nella successiva mezz’ora di catechesi.

Altri momenti toccanti sono stati il raccoglimento sulla tomba di San Giacomo, dove ho lasciato la corona del Rosario che mi aveva fatto compagnia lungo il Cammino, e l’abrazo al Apóstol, un toccante rito giacobeo che consiste nell’abbracciare da dietro la statua dell’apostolo Giacomo, per pochi minuti, passando da una specie di ballatoio posto alle spalle dell’altare maggiore chiamato camarín del Apóstol.

Secondo te, è fattibile il Cammino che hai fatto tu per chi ha zero allenamento sulle gambe, salvo camminate in città, ma tanta motivazione? E se sì o comunque per quelli allenati fisicamente hai qualche consiglio particolare da dare?

Il Cammino è fattibile, a patto di non forzare sulle tappe, come abbiamo fatto noi, costrette a ridurre di un giorno un percorso che si fa normalmente in nove giorni. Si può diluire la strada da fare, magari andando in crescendo a seconda di come ci si sente. Il consiglio per tutti è di ascoltare i segnali che l’organismo ci dà, senza forzarlo a fare cose che non si sente di fare. E poi raccomando la cura di piedi e gambe: massaggio ai piedi, idratazione la sera all’arrivo e la mattina prima di ripartire, cambio di calze a metà percorso, in caso di tappe più lunghe.

Cos’è la Compostela?

La Compostela è un documento, consegnato dalle autorità ecclesiastiche, che certifica di aver completato almeno 100 chilometri a piedi o a cavallo (200 in bicicletta) del Cammino di Santiago: quindi a piedi basta partire da Sarria e raccogliere almeno due timbri al giorno. La Compostela è concessa a tutti i pellegrini che, esibendo la credenziale timbrata tappa per tappa, dimostrino il loro passaggio per i diversi luoghi di uno dei percorsi giacobei, che sia il francese, che poi è quello più battuto, oppure il primitivo, il Cammino del Nord, o il portoghese o l’inglese.

Ti ho seguita su Facebook e mi hanno colpito molto i tuoi pensieri sul "prendere le misure" e "trovare l’equilibrio". Ti va di condividerle con i lettori di My day worth magari con qualche aggiunta non più a caldo ma a freddo queste intuizioni.

Come dicevo, i primi giorni di Cammino sono stati quelli durante i quali ho avuto modo di riflettere su alcuni aspetti della mia esistenza. Prendere le misure, nel senso di avere consapevolezza dei propri mezzi fisici e mentali e mettere delle distanze tra noi e ciò che non va bene nella nostra vita, mi sembravano i primi due obiettivi da raggiungere. Le idee si sono affacciate in modo quasi casuale, molto spesso suggerite da qualcosa che vedevo nel paesaggio e che mi colpiva in modo particolare: le associazioni mentali hanno fatto il resto, in modo naturale, senza che cercassi di deviare la mente su ciò che “volevo” pensare. Oggi mi sento più forte e determinata: aver temprato il fisico su uno sforzo al quale, nonostante io sia una persona che pratica sport regolarmente, non ero certo abituata, mi ha rinforzato nello spirito.

Cosa ti sei portata nel cuore dal Cammino fatto?

Questo cammino non nasceva con l’intento di fare un percorso religioso e spirituale, neanche prettamente sportivo (anche se la prestazione fisica mi interessava non poco), meno che mai turistico (non c’è tempo di fare il turista). Il desiderio nasceva dall’esigenza di voler cambiare qualcosa in me, arrivando sull’onda lunga di un atteggiamento nuovo che mi appartiene da mesi ormai. Strada facendo l’aspetto spirituale si è fatto avanti e nell’ultimo tratto anche quello religioso ha fatto la sua comparsa, regalandomi momenti ad alta intensità emotiva. Tutti queste prospettive, che si sono aggiunte via via, componendo un disegno del Cammino sempre più definito, hanno dato alla mia esperienza un valore incommensurabile, che farà per sempre parte di me. Oggi so chi e cosa è essenziale per me, e cosa e chi è decisamente inutile. Il Cammino non è solo quello che si percorre fisicamente arrivando a Santiago, ma è anche -e soprattutto anzi-, un cammino metaforico, quello che tutti facciamo nella vita.

Ti ho fatto tante domande ma se c’è qualcosa che vorresti dire e che non ti ho chiesto, ti lascio questo spazio per raccontarlo.

Come ho avuto modo di dire, intraprendere il Cammino di Santiago non è un atto eroico, gli eroismi sono ben altri, sono gli atti eccezionali che si compiono per gli altri. Perciò ho ringraziato tutti quelli che, sostenendomi su Facebook dove ho fatto un po’ di resoconto quasi giornaliero, e anche in privato con messaggi sul cellulare, mi dicevano che ero una “grande”, ma in realtà non mi sono sentita per nulla una “grande”, anche se comunque l’impresa sul piano fisico c’è stata (poteva andare male, per intendersi). Questo per dire che fare il Cammino è un’occasione, non un’impresa. È l’occasione per stare un po’ da soli con noi stessi, per pensare, riflettere, decidere anche. È l’opportunità di prendere le distanze dal modo frenetico in cui a volte siamo costretti a vivere. Soprattutto fare il Cammino è una grande gioia.
Grazie per l’attenzione che mi hai riservato, Amina.

---

Che altro dire? non ho mai pensato di fare un’esperienza del genere ma una certa voglia di farla mi è venuta dopo aver letto le risposte di Elena.

Auguo un buen camino a chi di voi si cimenterà nel Cammino di Santiago.

Se avete altre curiosità sul Cammino di Santiago chiedete pure nei commenti. Sono sicura che Elena risponderà con piacere.

Ciao!

Amina

sabato 1 settembre 2018

Da oggi riprendo a scrivere. La pausa del blog è finita!

mydayworth

Cari lettori,
prima di tutto voglio ringraziarvi per non aver abbandonato Mydayworth da quando l’ho messo in pausa.

So per certo che qualcuno di voi non aveva dubbi sul fatto che sarei tornata; altri invece mi hanno confidato il loro timore che all’improvviso io chiudessi baracca e burattini.

E invece no.

Cosa ho fatto in questo periodo di pausa dal blog?

Questi mesi di distacco dal blog sono stati molto utili per rivolgere la mia attenzione a quelle cose che vi avevo solo accennato nel post di saluto.

Ho letto tantissimi libri di crescita personale e ho un elenco lunghissimo di altri libri che vorrei leggere; ma non solo.

Ho seguito un Videocorso - Anatomia della Gioia di Erica Francesca Poli - che mi ha dato una nuova prospettiva sulla differenza tra felicità e gioia.

Ho anche seguito in autonomia un programma di 30 giorni di Puja Cristina volto a “fornire suggerimenti di ‘come’ pensare e non ‘cosa’ pensare” per “disintossicare la mente e rinforzare l’anima“.

Questo programma, tra le altre tantissime cose, mi ha illuminato sul fatto che quando qualcosa ci suscita rabbia o semplicemente contrarietà può dipendere dalla nostra fisiologia, dal linguaggio che usiamo con noi stessi nel dialogo interiore e - ed è questo che mi ha colpito in particolare - dalle nostre convinzioni quindi dalla mancata corrispondenza tra ciò che stiamo vivendo e i nostri valori e quindi l’invito ad individuare e ad approfondire i miei valori.

Questa cosa mi ha portato dritto a rileggere Lo spirito interiore della risata. I cinque segreti dal guru della risata del Dr. Madan Cataria in cui l’autore propone una serie di valori legati alle diverse ‘stanze’ che compongono la ‘casa della nostra vita’, secondo una antica saggezza indiana.

Mi rendo conto che sono approcci che magari mi è già anche capitato di incontrare in passato ma è un dato di fatto, almeno per me, che le stesse cose a seconda da chi le ho lette o ascoltate abbiano un diverso effetto su di me a seconda del momento evolutivo in cui mi trovo.

Quando ho avuto chiaro che sarei tornata a scrivere nel Blog?

Quando ho realizzato che scrivere su Mydayworth per me vuol dire condividere con voi la mia personale evoluzione anche quando magari non faccio delle cose eclatanti perché l’ispirazione nuova che ho iniziato a coltivare personalmente e che desidero trasmettere a voi è che “La felicità attiene alla mente e al corpo e ad un obiettivo da raggiungere per cui esaurito l’obiettivo si esaurisce anche la felicità e va bene così perché è la sua natura. La gioia invece ha a che fare con l’anima e riguarda il fatto di esserci.” (cit Erica F. Poli).

Ecco - per chiarire ulteriormente - la mia intenzione e attenzione sono rivolte alla gioia di esserci e alla certezza che tutto ciò di cui ho bisogno non mi mancherà mai perché l’Universo, o Provvidenza se preferite, non mi farà mancare nulla.

A conferma di ciò mi è venuta incontro un’altra lettura che ho fatto grazie alla quale ho finalmente capito La parabola dei talenti. Avete presente?

La parabola dei talenti parla di un uomo che parte per un viaggio e affida i suoi beni ai suoi servi. A un servo affida cinque talenti, a un secondo due talenti e a un terzo un talento. I primi due, sfruttando la somma ricevuta, riescono a raddoppiare l’importo; il terzo invece va a nascondere il talento ricevuto, sotterrandolo. Quando il padrone ritorna apprezza l’operato dei primi due servi e condanna, invece il comportamento dell’ultimo.

Vi assicuro che non avevo mai capito perché avesse condannato il servo che aveva custodito e non sperperato il talento, nemmeno quando frequentavo la Chiesa.

Ebbene la risposta mi è arrivata dal libro The Magic di Rhonda Byrne.

Faccio un esempio in positivo:

“A chiunque ha [gratitudine (per...)]
sarà dato e sarà nell’abbondanza.
A chi non ha [gratitudine (per...)]
sarà tolto anche quello che ha.”

Sperimentandolo si capisce meglio.

Ha a che fare con la Legge del dare e dell’avere di cui parla Deepak Chopra nel suo libro Le sette leggi spirituali del successo: ciò che dai ti ritorna indietro per cui se dai ciò di cui hai bisogno riceverai ciò di cui hai bisogno.

Sono tutte intuizioni che voglio approfondire insieme a voi e per farlo ho pensato di creare una nuova categoria nel blog chiamata #ispiriamociavicenda perché lo scopo ultimo della condivisione è stare bene, no? almeno per quanto mi riguarda e un sostegno non si butta via mai perché oggi sono più presente, consapevole, positiva io domani lo è qualcuno di voi e quindi ci si dà una mano a vicenda in questo viaggio che è la vita.

Ho fatto una prova sulla pagina Facebook del blog e mi sono accorta che mi sarebbe piaciuto riproporla qui in maniera più estesa. Conto sulla vostra partecipazione. Intesi? ;-)

Come ho deciso la data per riprendere a scrivere nel blog?

Il mese di settembre invita sempre a formulare nuove intenzioni già solo per il fatto che a Scuola si inizia un nuovo anno che a volte può voler dire nuova struttura, nuovi compagni, nuovi insegnanti. È la magia dell’inizio e quindi anch’io ricomincio a settembre.

Se ci saranno delle novità nel blog?

Diciamo che essendo comunque un diario personale non è che devo concordare con qualcuno la cadenza degli argomenti o altro ma qualche nuova idea ce l’ho.

Oltre alla categoria #ispiriamociavicenda vi proporrò anche una rubrica mensile di #cosebelle dove inserirò quelle cose appunto per le quali non ho la competenza o la dialettica per scriverci un post ma che comunque voglio condividere con voi per l’esperienza di benessere che mi hanno trasmesso e per trattenere i momenti ‘magici, gioiosi e preziosi’ (cit).

Siena continuerà ad avere un posto privilegiato in questo blog. A tal proposito vi anticipo che scriverò una serie di post-guida per visitare Siena in sette giorni che raggrupperò nella categoria #sienainsettegiorni. Inizialmente pensavo di pubblicarlo in forma di eBook ma per ora preferisco pubblicarlo nel blog e chi vuole potrà salvarsi o stamparsi i post. Immaginatelo come se io avessi fatto una vacanza a Siena e ve la raccontassi così come ho fatto con New York, Lodra, Amsterdam. Sarà bello, ne sono sicura.

E ora bando alle ciance!

Quale l’argomento del primo post ordinario della ripresa del Blog?

Be, l’argomento non ve lo svelo ma non poteva essere più adatto per la ripresa del blog.
Si tratta di un’intervista che a me è piaciuta moltissimo e che non vedo l’ora di pubblicare.

Ci vediamo Giovedì! Cambia infatti anche il giorno di pubblicazione, rispetto a prima della pausa.

Ciao!

Amina