lunedì 26 febbraio 2018

La neve e il colore blu

Nel post sul libro di Lucia Giovannini I 4 colori della personalità che ho pubblicato lunedì scorso ti ho confidato che mi sono riconosciuta nel colore blu.

Cosa vuol dire? In due parole proprio due che la personalità blu tendenzialmente ama la conoscenza ed i processi quindi ama avere informazioni dettagliate per poter agire. Vuole avere tutto sotto controllo. È un perfezionista. Inoltre è introverso e non ama sentirsi sotto pressione. Ha bisogno dei suoi tempi per dare risposte.

Come potrai facilmente intuire, quando questo atteggiamento viene esasperato la personalità blu non riesce a  vedere altro che difetti, errori e rischi 'rischiando' - scusa la ripetizione - l’immobilizzazione a meno che non abbia un colore secondario che lo sostenga.

Ci sto facendo caso a questa cosa nella mia quotidianità e anche a come poterla bilanciare.

Lucia Giovannini a tal proposito nel libro suggerisce di praticare 'leggerezza, flessibilità e ottimismo'.

Ebbene cosa c'entra questo con la neve del titolo del post, ti stai chiedendo?

C'entra nel senso che a me la neve in città non è mai piaciuta e sai perché? perché secondo me non purifica l'ambiente ma copre, nasconde il sudicio che ricompare ancora più degradato appena la neve comincia a sciogliersi. Quindi per me neve in città = maleducazione della gente incivile che butta a terra le cartacce, gestione inefficiente da parte di chi di dovere nel programmare sufficienti passaggi della nettezza urbana, etc etc.

Ieri a Siena ha nevicato, come da previsioni meteo, e allora ne ho approfittato subito per mettere in pratica un po' di leggerezza. Infatti mentre guardavo la neve cadere mi sono detta: 'Amina, Alt! Goditi questo momento della natura per quello che è ora'.

Risultato? mi è sembrata bellissima la neve :-)

Tornata poi a casa dal lavoro mi è venuta voglia di cercare qualcosa che parlasse della neve e mi sono imbattuta nell'ultima canzone di Giorgia e Marco Mengoni intitolata Come neve. Ho letto il testo e mi è sembrato molto poetico per cui oggi lo propongo anche a te.

Testo di Come neve


Neve
insegnami tu come cadere
nelle notti che bruciano
a nascondere ogni mio passo sbagliato
e come sparire senza rumore

scivolare nel corso degli anni
e non pesare sul cuore degli altri ma
ma non è semplice
non sentire il silenzio che c'è
qui non è facile
guardare il cielo stanotte

Perché quello che sono
l'ho imparato da te
tu che sei la risposta
senza chiedere niente
per le luci che hai acceso
a incendiare l'’inverno
per avermi insegnato a cadere
come neve
come neve
Neve
imparo da te
che sai come fare
a coprire le nostre distanze
a cancellarne anche solo un momento le tracce
non è semplice
non sentire il silenzio che c'è
qui non è facile
guardare il cielo stanotte

Perché quello che sono
l'’ho imparato da te
tu che sei la risposta
senza chiedere niente
per le luci che hai acceso
a incendiare l’'inverno
per avermi insegnato a cadere
come neve
come neve

Come neve
Come neve
Neve insegnami tu come cadere

Video di Come neve; buon ascolto!


lunedì 19 febbraio 2018

I 4 colori della personalità di Lucia Giovannini

I 4 colori della personalità di Lucia Giovannini

Ho letto un libro bellissimo: I 4 colori della personalità di Lucia Giovannini, fondatrice dell’associazione BlessYou!, edito da Sperlig & Kupfer.

Ti racconto come ci sono arrivata, di cosa si tratta e come mai mi ha colpito così tanto.

Lucia l’ho intercettata qualche mese fa su Facebook attraverso un post che sponsorizzava un suo libro e che mi ha incuriosito.

Il libro è Crea la vita che vuoi che ho letto subito.

Ho trovato tanti spunti e tantissime domande di coaching e queste ultime mi hanno un po’ scoraggiato, devo dire la verità. Mi hanno spiazzata. Mi sembravano troppo incalzanti. Non ero abituata ad un simile approccio.

Essendo stata oramai ‘profilata’ dall’algoritmo di Facebook comparivano spesso i video di Lucia nella mia Time Line. Li ho guardati con interesse anche perché erano di una lunghezza corrispondente alla mia soglia temporale massima di attenzione e la sua voce si fa ascoltare volentieri.

A volte mi capita di dare fiducia ad una piccola scintilla di promessa di corrispondenza e quindi a Natale mi sono regalata Le vie dell’anima sempre di Lucia Giovannini.

E' stato però con il libro Tutta un’altra vita che Lucia mi ha conquistato tanto da risvegliare in me il desiderio di riscoprire il valore del senso di appartenenza che anni fa mi sono imposta di escludere dalla mia vita convinta che fosse un ostacolo a come volevo essere.

Forse perché in Tutta un'altra vita Lucia racconta del cambiamento avvenuto nella 'sua' di vita - io amo le storie vere -,  forse perché le tante domande di coaching - che ci sono anche qui - questa volta non mi hanno allontanato ma anzi ho iniziato a rispondere.

E' stato così illuminante per me questo libro che ne ho acquistato anche la versione cartacea.

Leggendo Tutta un’altra vita ho trovato citato un altro libro di Lucia ed è così che sono arrivata a I 4 colori della personalità.

Il titolo è di quelli che conquista. L’ho acquistato quasi per gioco temendo anche di rimanere un po’ delusa come quando faccio i test psicologici e puntualmente provo fastidio perché ci sono domande con opzioni di risposta che non contemplano quella che io darei.

Se ti dico che anche di questo ho acquistato prima l’ebook e poi il cartaceo cosa pensi?
Che considero un dono graditissimo questo manuale. Perché? perché ho riconosciuto subito il mio colore energia ma - cosa fantastica - ho riconosciuto anche quello delle mie colleghe al lavoro e questa cosa è come se per ‘magia’ all'improvviso io avessi fatto un salto in lungo di consapevolezza, chiarezza e leggerezza da record.

Ne I 4 colori della personalità Lucia propone per l'appunto un metodo per riconoscere l’indole delle persone - diverso dal carattere -, i loro punti di forza e debolezza, le loro esigenze, i loro processi decisionali, come apprendono al meglio, cosa li motiva, come comunicare con loro e come non farlo il tutto in maniera chiara, convincente e coinvolgente.

I 4 colori della personalità ha un bel ritmo che rimane costante per tutta la lettura, almeno così è stato per me, ed il suo contenuto è sorprendente per quanto è rintracciabile nella quotidianità.

Non voglio dirti niente di più. Posso però assicurarti che, come me, se decidi di leggerlo finirai poi per giocare ad indovinare il colore delle persone che frequenti e non solo perché anche una semplice e-mail può rivelarci il colore di una persona e se durante tutta la lettura ho sorriso diverse volte e ho pensato ‘ma è proprio vero, è proprio lei/lui!’, nel capitolo dedicato alle e-mail mi sono fatta una bella risata. Mi sembrava che le avessimo scritte proprio io e le mie colleghe.

Qualcuna di loro so che mi legge quindi questo post lo dedico in particolare a loro.

Sapere che alcuni comportamenti fanno parte dell'indole e non di 'capricci' mi è utilissimo per accettarli, capire che l'enfatizzazione degli stessi è indice di disfunzionalità dell'energia colore e che c'è un metodo per approciarlo. Tutto questo non solo nei confronti degli altri ma anche di me stessa.

La comunicazione è un mio pallino da quando anni fa ho letto il manuale di comunicazione non violenta Le parole sono finestre (oppure muri) di Marshall B. Rosenberg.

Migliorare la mia modalità di interazione con gli atri attraverso la conoscenza delle caratteristiche di ogni energia colore abbinata ad una personalità lo trovo stimolante della serie 'ce la posso fare, ce la farò a bilanciare i miei comportamenti disfunzionali e a decodificare quello degli altri per comunicare al meglio'.

Come dice Lucia, se usiamo un linguaggio che ci aiuta a far arrivare  il nostro messaggio non stiamo mancando di spontaneità ma stiamo dando segno di flessibilità.

Dal punto di vista lavorativo il 2017 è stato un anno un po' pesante per me di quelli che la mattina non vorresti proprio uscire di casa per andare al lavoro. Ebbene, mentre leggevo I 4 colori della personalità ho ripercorso quell'anno e ho compreso tante cose, tanti comportamenti, reazioni, azioni miei e delle colleghe e sono felice di questa cosa perché mi ha permesso di 'fare pace' con quell'anno e mi dà fiducia per affrontare al meglio il 2018 e i prossimi.

Io questo libro vorrei regalarlo a tutti. Non è possibile, ovvio; per cui mi farò bastare il fatto di aver condiviso con voi il titolo.

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Se immaginate il colore blu a cosa pensate?
'Al mare, al fondo delle piscine, ai laghi', risponde Pietro. 'E' il colore dell'acqua profonda, dello spazio infinito del cielo che induce alla riflessione, alla contemplazione e al raccoglimento', conclude soddisfatto.

Ho scoperto che il blu è la mia energia colore primaria.

lunedì 12 febbraio 2018

Le guide di Siena della Biblioteca degli Intronati

Giovanni Antonio Pecci

“Siena ricercata et esaminata”
Le guide della città nelle raccolte della Biblioteca Comunale degli Intronati.
Fino al 17 febbraio 2018.
Via della Sapienza, 3 - Siena


Ho in cantiere un progetto che ha a che fare con questo tema. Lo sto già sviluppando ma ci vorrà ancora del tempo. Questo per dire che quando ho saputo della Mostra non ho potuto fare a meno di andarci.

E poi, tornare alla sala storica della Biblioteca degli Intronati è sempre una grande emozione anche se ora è adibita a conferenze per cui i tavoli in legno per la lettura di una volta sono stati sostituiti dalle seggioline trasparenti di design.

Cosa ho imparato anche grazie agli appunti che una amica (grazie Francesca!) ha preso durante la presentazione della Mostra alla quale non ho potuto partecipare?

Che le guide che nel Settecento e nell’Ottocento erano degli strumenti per i viaggiatori che venivano a Siena oggi per chi si occupa di Storia e Storia dell'arte sono degli strumenti per capire come era la Siena del passato.

Che a Siena la prima guida turistica rivolta ai visitatori della città è stata scritta nel 1752 da Giovanni Antonio Pecci con il titolo Relazione delle cose più notabili di Siena si antiche, come moderne mentre ad esempio Roma e Firenze hanno avuto la loro prima guida nel 1510 entrambe scritte da Francesco Albertini, un sacerdote fiorentino quindi  la tradizione della guida come oggetto per un visitatore e anche studio erudita inizia molto prima che a Siena venga stampata la prima guida della città.

Che prima del 1752 essendo comunque Siena una città avanzata nelle arti e nella letteratura anche se non aveva una vera e propria guida turistica c’erano dei manoscritti di senesi eruditi che assomigliano molto a delle guide. Nella Mostra è presente la più antica, Breve ragguaglio delle cose di Siena, scritta tra il 1615 e il 1625 di Giulio Mancini, medico personale di papa Urbano VIII e collezionista d’arte, insieme ad altre come ad esempio quella del 1649, Siena illustre delle antichità, di Giulio Piccolomini e quella del 1686, Siena ricercata et esaminata conforme, di Curzio Sergardi. Tutte descrizioni erudite della città.

Che la guida del 1752 di Giovanni Antonio Pecci, ripubblicata nel 1759 e nel 1761, si lega alla tradizione erudita dei manoscritti sopra citati del ‘Seicento perché oltre ad essere molto minuziosa nelle descrizioni è molto colta, si rivolge ad un pubblico colto ma anche agli eruditi della città. Inoltre è corredata di  illustrazioni, come lo saranno tutte le guide successive, come Piazza del Campo, il Duomo, l'attuale Casino dei Nobili, la Lizza.

Che siamo al tempo del Grand Tour e Siena è una città diversa nella percezione dei turisti di quel tempo.  Ad esempio se per noi oggi la Maestà di Duccio di Buoninsegna è un ‘must’ da vedere, nel Settecento intanto la Maestà non era così famosa ed era posizionata in un altare laterale del Duomo e poi il visitatore andava sì in Duomo ma per vedere il pavimento che era più conosciuto e poi era interessato ai monumenti moderni, contemporanei e quindi al posto della Maestà andava a vedere ad esempio il grande affresco dell’abside con la Piscina probatica con effetti illusionistici di Sebastiano Conca nella Chiesa della Santissima Annunziata. Oggi forse è un nome che non dice molto anche se l’affresco non passa inosservato.

Che dalla guida del Pecci seguono guide di altri personaggi come quella di Giovacchino Faluschi del 1784, Breve relazione delle cose notabili della città di Siena, di cui pubblica un'altra edizione dedicandola a Galgano Saracini nel 1815. Galgano Saracini è stato colui che aveva allestito nella sua casa un nuovo museo quello che oggi è la galleria di Palazzo Chigi Saracini. Il primo museo privato della Siena del tempo e dove si potevano vedere le grandi testimonianze della pittura senese del 'Cinquecento e 'Seicento e anche Primitivi. Ancora oggi è possibile visitare la Galleria che non ha più l’allestimento originale.

Che si comincia a tenere conto degli scritti di Guglielmo della Valle che dal 1782 al 1786 nelle sue Lettere sanesi aveva tracciato una storia dell’arte senese tipo quella del Vasari.

Che a scrivere le guide sono personaggi che si interessano di storia e storia dell’arte come ad esempio Ettore Romagnoli che dà delle informazioni essenziali, sintetiche. In Mostra tra le altre anche la Nuova guida della città di Siena per gli amatori delle belle arti del 1822.

Che le guide raccontano una Siena diversa da quella che vediamo oggi. Una Siena che se nel Settecento cambiava a metà dell’Ottocento cambia ancora di più tanto che le guide non si rivolgono più al pubblico del Grand tour ma al pubblico della borghesia che arriva a Siena anche in maniera diversa e cioè con il treno.

A metà dell’Ottocento infatti viene inaugurata la strada ferrata centrale toscana. La guida del 1862 Siena e il suo territorio di Bargagli Petrucci è corredato dal  percorso della ferrovia.

La stazione di Siena non era dov’è attualmente in Piazzale Rosselli ma all’inizio di Via Garibaldi, quello che i senesi chiamano la Barriera di San Lorenzo. In Mostra tra l’altro c’è anche un disegno della Porta di San Lorenzo demolita per fare il passaggio per andare alla Stazione per semplificare la viabilità di una nuova città.

Che verso la Siena attuale si arriva anche con una guida come quella del Brigidi del 1879 La nuova guida di Siena con pianta topografica e altre edizioni successive.

Che queste guide aggiornavano sulla strada ferrata ma anche sulle novità realizzate nel centro di Siena come ad esempio la nuova sede del Monte dei Paschi di Siena realizzata dal Partini nel 1877-1879 e quindi si può vedere come era prima nella guida del Settecento e poi in quella dell’Ottocento o la costruzione del Tartarugone in Piazza del Mercato.

Che dalle guide ottocentesche si arriva all’inizio del nuovo secolo quando a Siena succede qualcosa di eccezionale dal punto di vista del turismo: la Mostra dell’antica arte senese nel 1904 a Palazzo Pubblico. Vengono raccolti centinaia di oggetti dipinti dal ‘Duecento in poi, tessuti, sculture e quasi tutti gli studiosi di Europa vengono apposta a Siena.

L’interesse per Siena c’era già; infatti del 1885 è la guida in inglese Visitor’s Guide to Siena di J.L. Bevir presente in Mostra.

Che con l’arrivo di un nuovo mezzo di trasporto come l’automobile il tipo di turista cambia di nuovo e le guide si adeguano ancora: Siena, guida turistica della città e dintorni del 1938 esposta in Mostra ne è un esempio. E’ una guida dove non mancano le pubblicità e non manca l’esaltazione del rinnovamento della città fatta nel periodo fascista.

Che con il dopo guerra si arriva alle guide attuali come quella di Pietro Torriti della fine degli anni ‘80 e che io ho in casa! Si tratta di Tutta Siena Contrada per Contrada. Una guida straordinaria perché si torna al concetto della guida erudita; infatti è piena di note utilissime per gli storici dell’arte.

E oggi?

Oggi ci sono le App, i QR code e tanto altro ancora.

lunedì 5 febbraio 2018

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di A. Lorenzetti

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

In occasione di Febbraio al Museo ed in concomitanza con la Mostra Ambrogio Lorenzetti al Santa Maria della Scala di Siena il Centro Guide Turistiche di Siena ha proposto una visita guidata alla Pinacoteca di Siena per una full immersion nell’arte senese dalle origini ai tempi di Ambrogio Lorenzetti.

Io amo la Pinacoteca di Siena e con gioia partecipo ad iniziative del genere quando mi è possibile.

In fondo al post ti metterò i link ad altri miei reportage, e non, che riguardano la Pinacoteca di Siena così non appesantisco la lettura di questo.

La nostra guida è stata Ilaria Bichi Ruspoli, impeccabile come sempre nella sua esposizione.

Iniziamo quindi!

Sono sicura che sarà un piacere per chi come me ama la Pinacoteca e un  approfondimento per chi ha già visto la Mostra di Ambrogio Lorenzetti.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

La scuola pittorica senese è attestata già nel tredicesimo secolo con il Maestro degli occhi grossi  dall'’opera più significativa di questo pittore attualmente esposta nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena detta Madonna degli occhi grossi. La Madonna è detta degli ‘occhi grossi’ per via degli ex voto a forma di occhi di cui è circondata.

Di questo pittore in Pinacoteca, nella prima sala del secondo piano da dove inizia il percorso cronologico dei primitivi senese, troviamo un dossale del primo Duecento che rappresenta al centro Cristo in Mandorla e ai lati Storie della croce.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Il Cristo sembra che abbia gli occhi chiusi; in realtà è caduto il colore. Il margine inferiore del dossale è molto rovinato perché non si usava ancora mettere la tavola sopra l’altare all’epoca ma in basso davanti  quindi il sacerdote inavvertitamente ci batteva i piedi.

In questo dossale c’è un riferimento all’oreficeria. La cornice interna infatti, chiamata pastiglia, non è legno intagliato ma una specie di stucco, di poltiglia, che veniva plasmata, decorata e fatta asciugare restituendo un effetto molto elegante. La pastiglia era molto economica, povera come materiale ma il risultato ottimo.

Nella stessa sala del Cristo in Mandorla troviamo una croce dipinta di Maestro anonimo con l’antica iconografia del Cristo sulla Croce vivente, trionfante.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Qualche sala più in là troveremo un Crocifisso ligneo della Bottega di Giovanni Pisano che rappresenta un Cristo sofferente.

Giovani Pisano, contemporaneo di Duccio e autore delle statue per la facciata del Duomo di Siena attualmente nella Sala delle statue nel Museo dell’Opera di Siena, introduce infatti nel campo della scultura lignea e marmorea la figura del Cristo sofferente, morente. Se si guarda di profilo la scultura lignea presente in Pinacoteca si vede benissimo che il costato del Cristo è tiratissimo. E’ un uomo contratto sulla croce che sta esalando l’ultimo respiro.

Su esempio di Giovanni Pisano, i pittori cominciarono a rappresentare il Cristo sulla croce in questo modo anche nelle croci dipinte. Diventa quindi una tipologia tipica del Trecento. Prima veniva rappresentato vivo, dritto, con la testa alta e gli occhi aperti che guardava davanti a se come se la sofferenza o la morte non lo toccasse. Ed è la versione che si trova all’inizio del percorso in Pinacoteca. Era per evidenziare la natura divina di Gesù invece sembra che San Francesco abbia suggerito agli artisti di rappresentarlo più umano proprio perché i fedeli potessero meglio identificarsi nella sua sofferenza.

PRECURSORI DI DUCCIO DI BONINSEGNA

Tornando al percorso cronologico, i primi pittori locali conosciuti attivi a Siena verso il 1260, i ‘precursori di Duccio’ (cir Luciano Bellosi), sono: Guido da Siena, Rinaldo da Siena, Dietisalve di Speme e Guido di Graziano che si possono vedere nel ciclo nella Cripta del Duomo di Siena.

In Pinacoteca li troviamo nella seconda sala del secondo piano.

La tipologia di opera, come quella del Maestro degli occhi grossi, è costituita da dossali, tavole rettangolari con la figura della Madonna o Santo centrali con ai lati storie della vita. I colori sono bellissimi ma non realistici. Le architetture ricordano l’Oriente, l’Africa che affaccia sul Mediterraneo, forse, e questo perché a quei tempi  i pittori arrivavano tutti da Costantinopoli  e insegnavano loro ai pittori italiani a dipingere quindi i pittori italiani che imparavano non avvertivano il bisogno di rappresentare la realtà come accadrà invece successivamente.

La prospettiva non esiste, i tessuti sono metallici. Con Giotto e Duccio si ammorbidiranno.

A volte le tavole di legno erano impreziositi da veri e propri gioielli.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

I dossali in genere erano orizzontali ma anche verticali come quello con al centro San Francesco, uomo simbolo del Duecento, con storie della sua vita ai lati. La tavola è divisa in tre parti  da colonnine sottili con capitelli che ci mostrano una analogia con i contemporanei  edifici sacri, le basiliche le chiese, con la navata centrale gotica e le navati laterali.

L’architettura ispirava i pittori per le ambientazioni delle scene sacre.

DUCCIO DI BONINSEGNA

Nella sala successiva troviamo dipinti di Duccio di Boninsegna e della sua bottega. Siamo quindi nei primissimi anni del Trecento.

L’unica esperienza fuori Siena di Duccio è stata ad Assisi, nella Basilica di San Francesco, quindi la sua pittura è rimasta fondamentalmente locale.

Duccio muore nel 1318. Non se ne ha documentazione ma è dalla mancanza di documentazione che si desume la sua morte.

Intanto c’è da sapere che il polittico come assembramento di tavole si ritiene sia stato inventato insieme da Cimabue e Duccio nei primissimi anni del Trecento (Cimabue muore nel 1305).

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

In questa sala si possono vedere le tipologie dei primi polittici di Duccio: semplici a due livelli con la Madonna al centro, quattro santi ai lati e cuspidi sopra con angeli e il Cristo redentore al centro e più articolati con tre ordini, oltre agli scomparti laterali e alle cuspidi c’è infatti un livello mediano che ricorda le loggette delle facciate, ad esempio quelle del Duomo.

Nella pittura senese è costante il parallelismo tra oreficeria e pittura, tra architettura e pittura e tra scultura e pittura nel senso che ispiravano la forma dei dipinti.

Per quanto riguarda ad esempio l’architettura, il primo esempio di architettura stabile, non lignea, a Siena sono le torri. Le torri sono costruzioni molto strette e molto alte rigidamente verticali senza tanti orpelli.

In quel tempo le tavole dipinte erano fatte nello stesso modo: un'unica tavola verticale o orizzontale come i dossali visti nelle prime due sale. Quando nasce il polittico sembra seguire lo sviluppo dell’architettura che da torre si sviluppa in palazzo.

Nella bottega di Duccio come nelle altre botteghe ognuno si fabbricava da se i colori con pigmenti ed elementi spesso segreti: erbe, colle, animali, pietre preziose come il blu acceso ricavato da lapislazzuli non disponibile in Europa. Proveniva infatti  dall’Afghanistan e in Italia arrivava a Venezia, l’unico mercato dove si poteva acquistare.

Una cifra caratteristica della bottega di Duccio ad esempio era ciò che è stato chiamato verdaccio per indicare il volto verde delle sue Madonne dovuto alla reazione chimica avvenuta negli anni. Non è bello da vedersi ma è indice di autenticità perché vuol dire che Duccio utilizzava questa sostanza come base per poi aggiungere altri colori ed ottenere l’incarnato naturale.

E’ successo al più grande degli artisti. Avete intuito?  Leonardo da Vinci ed il suo Cenacolo.

Nella bottega di Duccio si formano molti pittori come ad esempio Ugolino di Nerio ma i più famosi sono Simone Martini e i Lorenzetti.

SIMONE MARTINI

La fermata successiva infatti è davanti alla Pala del Beato Agostino Novello di Simone Martini, uno dei massimi capolavori di Simone che viene dalla Basilica di Sant’Agostino a Siena.

Simone Martini si forma nella bottega di Duccio, va ad Assisi e a Napoli e poi, divenuto famoso, viene richiesto dalla curia papale ad Avignone dove morirà negli anni quaranta del Trecento.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

La Pala del Beato Agostino Novello si distingue perché fa vedere al centro il Beato e ai lati quattro storie di suoi miracoli eseguiti  post mortem. Come facciamo a sapere che sono post mortem? perché in ogni scena il Beato spunta fuori da una nuvoletta.

Atra cosa interessante è che tre delle quattro storie riguardano bambini. E’ una novità perché nel Medioevo i bambini non sono trattati molto come genere al di là del Cristo rappresentato come un uomo piccolo. E’ nel Rinascimento che i pittori si concentrano sull’infanzia.

La Pala del Beato Agostino Novello sembra una fotografia della Siena del 1300 come ci mostrano la pietra del castellare nella prima storia in alto a sinistra e il mattone rosa che contraddistingue la maggior parte della città nella scena in basso a sinistra.

Altro particolare sul quale non mi ero soffermata altre volta è che Simone Martini nella scena in basso a sinistra ritrae il bambino che sta precipitando da uno sporto (balcone di legno che oggi non esiste più ma di cui rimane traccia nei buchi quadrati in alcuni palazzi di Siena; i buchi servivano per puntellare i balconi per l'appunto) con l’aria che gli solleva il vestito. Ci ha fatto notare Ilaria che nella Mostra di Ambrogio Lorenzetti nella tavola con San Michele che fa il gesto di decapitare un mostro l’aria gli solleva il vestito.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Ambrogio e Simone erano coetanei, colleghi, si stimavano, si citavano a vicenda.

Nella scena in basso a destra Simone rappresenta l’interno di una casa medievale. In camera da letto oltre al letto ricoperto da una coperta scozzese c’è un cassone,  l’unico elemento d’arredo della stanza. Gli armadi non esistevano, sono un oggetto d’arredo che nasce in pieno rinascimento con tutt’altra funzione quella cioè di mobile per tenete le armi e infatti si chiamavano armarium.

In questa storia ci sono due episodi, quella in camera da letto con il neonato che vola via dalla culla perché una delle corde con cui era appesa al soffitto  si rompe e quella all’esterno dove la famiglia del piccolo, per ringraziare il Beato Agostino Novello di averlo salvato, gli dedica la vita futura votandolo alla vita monastica vestendolo da monachino e uscendo in processione forse verso la Chiesa di Sant’Agostino.

Questi quattro miracoli post mortem del Beato Agostino Novello trovano un parallelismo con le quattro storie di San Nicola dipinte da Ambrogio Lorenzetti per la Chiesa di San Procolo a Firenze e che sono visibili fino all’8 aprile 2018 nella Mostra di Ambrogio Lorenzetti al Santa Maria
della Scala di Siena.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Simone Martini non lavorava da solo, aveva una bottega. I garzoni si dedicavano alla parte tecnica e poi piano piano gli veniva consentito di dipingere le parti meno importanti. Quelli più talentuosi ovviamente facevano strada come ad esempio  Lippo Memmi il più stretto collaboratore di Simone Martini e anche suo cognato.

Nella stessa sala della Pala del Beato Agostino Novello di Simone Martini c’è una Madonna con bambino di Lippo Memmi bellissima perché nonostante sia degli anni venti del Trecento ha mantenuto intatto il chiaroscuro del volto.

Quando Simone Martini va ad Avignone praticamente libera il posto di primo pittore di Siena ad Ambrogio Lorenzetti.

A metà del Trecento purtroppo i quattro pittori più significativi di Siena sono scomparsi: Duccio nel 1318, Simone Martini negli anni Quaranta e i fratelli Lorenzetti ne 1348, vittime della peste.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

Di Ambrogio Lorenzetti ne ho scritto a proposito della Mostra; di Pietro Lorenzetti, fratello maggiore di Ambrogio, la Pinacoteca ospita la bellissima Pala del Carmine. Un capolavoro. Si trovava sopra all’altare della Chiesa del Carmine di Siena sormontata da un Crocifisso dipinto da Ambrogio Lorenzetti, esposto nella Mostra, sospeso sulla navata.

Cominciano ad essere attivi decine di pittori allievi di questi pittori. Forse il più famoso di tutti questi fu Bartolo di Fredi che trovò il suo successo soprattutto in provincia San Gimignano, Montalcino, Lucignano in Valdichiana.

Elegantissimo pittore. La sua Adorazione dei Magi presente in questa stessa sala rappresenta una cavalcata dei Magi che in primo piano arrivano dalla Madonna con bambino. Il soggetto è un corteo infinito che non è documentato dai Vangeli ma era un pretesto a fine Trecento per i pittori, per dare sfoggio alla loro bravura nel rappresentare abiti, gioielli, paesaggi. La città sullo sfondo in alto dovrebbe essere Gerusalemme ma è evidente che si tratta di Siena. Il fondo oro è ridotto alla striscia in alto, sta scomparendo.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

All’inizio della pittura senese infatti lo sfondo è tutto oro; poi si fa sempre più rado finché non compare il cielo. Ambrogio Lorenzetti fu un anticipatore in questo senso e la Mostra al Santa Maria della Scala lo documenta bene.

La forma dei dipinti era varia. C’erano polittici più o meno grandi. Quelli piccoli erano oggetti per la devozione privata. Le dimensioni più grandi fanno capire invece che la destinazione erano altari di chiesa. Molti di questi polittici sono stati smembrati e la loro carpenteria è andata perduta.

Nel Settecento infatti, quando gli enti religiosi sono stati soppressi, è stata la loro rovina. Sacerdoti o laici approfittavano dei visitatori che facevano il Grand tour in Italia per vendergli sotto banco questi pezzi di polittici. E’ per questo che ci sono pezzi sparsi qua e la nelle collezioni di tutto il mondo.

La carpenteria originale li faceva somigliare a dei reliquari con guglie e pinnacoli,  ad oggetti di oreficeria.

Il più importante erede di Ambrogio Lorenzetti è stato Bartolomeo Bulgarini di cui la Pinacoteca ha una Madonna Assunta tutta d’oro.

I soggetti ricorrenti nella pittura senese sono la Madonna in molteplici varianti: in Maestà, come Madonna della Misericordia, Madonna del Latte, tipica iconografia senese, oppure scene della sua vita.

Altro importante pittore della seconda metà del Trecento è Paolo di Giovanni Fei di cui una Madonna del latte è in Duomo, nell’altare Piccolomini. In Pinacoteca invece c’è una Nascita della Madonna che si  presenta come un trionfo di stoffe, vestiti, fiori. Rappresenta l’interno di una casa con il letto con coperta scozzese, il cassone e un pavimento che inizia ad essere quasi in prospettiva. Le figure più importanti sono evidenziati dall’aureola: Maria bambina e Sant’Anna.

Lo splendore dell’arte senese ai tempi di Ambrogio Lorenzetti

A proposito dell’aureola qui è trattata con una tecnica affine all’oreficeria, una tecnica inventata a Siena da Simone Martini: la punzonatura.

Ci sono tanti modi di trattare l’oro: liscio, a bulino (oggetto appuntito che il pittore usava per incidere ad esempio i nomi dei Santi oppure un discorso che l’angelo rivolge alla Madonna. Il bulino era quindi un segno libero) e con la punzonatura (con un punzone, una specie di timbrino con dei chiodini disposti in modo che s’imprimessero nella foglia d’oro del legno si imprimeva più volte con lo stesso disegno velocizzando in questo modo l’esecuzione).

E' un particolare interessante anche per 'datare' le opere.

Finisce qui il percorso dell'arte senese nel Due-Trecento. Sappi però che la Pinacoteca di Siena ospita opere di artisti senese fino agli inizi del Seicento.

Grazie Ilaria!