giovedì 27 dicembre 2018

Vision Board 2019: la mia identità

Vision board 2019: nessuno può avere ciò che non è.

Quest’anno niente propositi per il 2019…

Dai, scherzo!

I propositi ci sono ma non riguardano ciò che voglio ottenere ma ciò che voglio essere, prima di tutto.

Ci avevate mai pensato prima? Io no. E’ stato grazie ad Alice's Lifestyle e al suo mini corso #NewYearNewMe che ho scoperto questo capovolgimento del paradigma tradizionale ‘avere – fare – essere’ in ‘essere – fare – avere’ quando ci si appresta a stilare la lista dei propositi, obiettivi dell’anno nuovo.

Grazie ai video, agli esempi concreti e agli esercizi che Alice ci ha fatto fare ho potuto verificare che questa nuova prospettiva ha un contraccolpo potenziante su di me.

Nonostante io legga di continuo manuali di crescita personale ho notato che relativamente all’argomento degli obiettivi da porsi e di come raggiungerli gli approcci sono diversi come anche la procedura per elaborare la vision board.

C’è chi propone di fare una tabella di obiettivi relativamente ad ogni aspetto della vita che si vuole migliorare o chi propone di mettere in evidenza le resistenze rispetto agli obiettivi  che si vogliono raggiungere e lavorare su quelli. Anche Alice ad un certo punto procede in questa direzione ma non è la prima cosa che propone e comunque integra con lo stato dell’essere.

A volte può anche capitare che uno non abbia degli obiettivi concreti da realizzare e quindi, cosa vuol dire? che uno non può avere dei propositi per l’anno nuovo? Certo che no perché, come dice Deepack Chopra, ‘esserci è abbastanza’.

E’ qui che Alice si è inserita facendomi prima fare l’elenco dei propositi in modo tradizionale mettendo in evidenza ciò che avrei ottenuto in termini di benessere  - secondo le mie convinzioni - al raggiungimento di ciascun proposito. Dopodiché mi ha fatto fare una riflessione diversa e cioè mi ha chiesto di ‘evocare un nuovo stato dell’essere’ (cioè la persona che dovrei essere per raggiungere un obiettivo) per comportarmi allineandomi ad esso. Davvero interessante. Mi sembra un ottimo antidoto alla procrastinazione.

La Vision board fa parte degli esercizi che Alice ci ha proposto di fare per poter visualizzare quella che è l’identità che noi desideriamo evocare. Nei momenti di fatica la vision board ci permetterà di rintracciare la motivazione che ci ha fatto scegliere determinate immagini, frasi o parole.

Alcuni stati dell’essere li possediamo già quindi la vision board ci serve per farne memoria; altri sono da acquisire attraverso abitudini e rituali.

Ora bando alle ciance, inizio quindi il tour guidato alla mia vision board. La versione originale ce l’ho come sfondo del Desktop. Qui ho sostituito le immagini con le persone. Iniziamo quindi.

La fotografia iconica di New York con la vista sull’Empire State Building dal Top of the Rock evoca lo stato dell’essere di una persona entusiasta, positiva e piena di energia come quella di chi viaggia e scopre posti nuovi. E’ proprio così che mi sono sentita a New York e tutte le altre volte che ho potuto fare un viaggio a corto, medio o lungo raggio ed è così che voglio essere per poter affrontare progetti nuovi.

L’immagine di un gruppo di amici evoca lo stato dell’essere di persone gioiose e allegre ed è proprio così che sono anch’io quando mi trovo in compagnia dei miei di amici. E’ uno stato dell’essere che sento talvolta un po’ minacciato dalle mie paure, forse, e quindi questa immagine mi sarà di sostegno in quei momenti.

Ora, avete presente quello stato dell’essere di gratitudine che espande il cuore quando ci troviamo davanti allo spettacolo della Natura soprattutto se maestoso tanto che ci sentiamo parte di quella meraviglia e siamo grati solo per il fatto di esserci? Ecco, è uno stato dell’essere che avviene in momenti magici, direi, ma io comunque voglio evocarlo lo stesso anche se vivo con grande rammarico il fatto di non abitare vicino ad un bosco ad esempio da poter percorrere a piedi e sentire più da vicino il contatto con la Natura. Per non parlare poi di tutti i ragionamenti e collegamenti che le mie intuizioni mi portano a fare e ad approfondire al riguardo.

La famiglia evoca lo stato dell’essere dell’amore incondizionato che ciascuno esprime secondo la sua capacità creativa. E chi è che non desidera evocare questo stato?

La simpatica tazza da te evoca lo stato dell’essere di una persona che si prende cura di se anche attraverso piccole coccole.

La Pala della Pinacoteca di Siena evoca lo stato dell’essere dell’amore per il bello e la cura del dettaglio nell’esecuzione dell’opera d’arte e di come questa bellezza e cura rinforzino l’anima dell’osservatore.

Quello che sembra un divano forse è un letto e comunque sia allude ad un albergo, il mio attuale luogo di lavoro, per evocare lo stato dell’essere di una persona indipendente economicamente e, oltre la foto ma sempre relativamente al lavoro, anche di una persona collaborativa, creativa, divertente e precisa come desidero essere io con i miei colleghi per gioire dei successi e sostenerci nei momenti di difficoltà.

La frase che ho scelto per la mia vision board in realtà mi è sembrata una coincidenza incredibile quando l’ho intercettata su Facebook in questi giorni perché mi sembra che dica la stessa cosa che dice Alice e cioè che ‘non manifestiamo ciò che vogliamo ma ciò che siamo’.

Infine c’è l’immagine che occupa più spazio nella mia vision board perché riassume quelle abitudini come la meditazione, Yoga e autoriflessione che evocano lo stato dell’essere di una persona consapevole, capace di amorevole gentilezza, determinazione, equanimità, di mente limpida e anima connessa come io desidero essere.

Di tutti questi stati dell’essere che le immagini scelte mi evocano quello dell’amorevole gentilezza è quello sul quale desidero concentrarmi di più nel 2019 perché è quello che in fondo, secondo me, contiene anche tutti gli altri.

Sì ma, vi starete forse chiedendo, i propositi 'veri' ce li ho oppure no?

Certo che sì! Li ho lanciati nell’Universo come intenzione, vediamo come mi risponde ;-)



P.S. Buona fine 2018 e Buon inizio 2019

giovedì 29 novembre 2018

Cose belle di Novembre

Cose bele di Novembre

Ciao a tutti,

un’altra delle novità per il blog che vi avevo anticipato a settembre è che avrei introdotto la categoria #cosebelle per raccontarvi  di quelle piccole, normali o grandi esperienze che mi è capitato di fare durante il mese.

Inziamo quindi con le #cosebelle di novembre.

Regalo di Natale ricevuto in anticipo: una TV nuova

E’ durata tredici anni quella che avevo e a settembre all’improvviso mi ha abbandonato.

E’ vero che questo incidente mi ha permesso di recuperare un po’ di tempo da dedicare alla lettura ma è stata più dura della settimana quasi senza zucchero che ho sperimentato - sempre in questo mese - per testare a che punto era ma la mia determinazione.

Tornando alla TV, gli ‘imprescindibili’ per me  tipo alcune serie tv italiane (Non dirlo al mio capo, I bastardi di Pizzofalcone, Rocco Schiavone, L’allieva, L’isola di Pietro) li ho guardati dal PC ma non avendo in casa una connessione wifi illimitata viaggiavo sul filo del rasoio per cui: grazie infinite mamma!

21 giorni di meditazione con Deepak Chopra: La forza cosmica della gratitudine

I puristi della meditazione Vipassana storceranno sicuramente il naso leggendo che ho frequentato un corso online di meditazione basato sui mantra ma siccome io ho imparato a prendere il meglio da ogni cosa che intercetto, per integrarla con quelle che ho già acquisito nel tempo, ho aderito con entusiasmo al progetto di meditazione collettiva gratuita di audio-meditazioni  tenute  da Deepak Chopra, coach spirituale conosciuto in tutto il mondo, con traduzione in italiano e commento a fine meditazione da parte di Puja Cristina, facilitatrice ed autrice del programma di training mentale Puja 30 days sempre nella formula di audio giornalieri.

Il corso è iniziato il 19 novembre e siamo all’undicesimo giorno.

Il filo conduttore di questo ciclo di meditazioni è il rapporto tra gratitudine e grazia. L’argomento mi affascina e le ispirazioni che Deepak condivide introducendo il mantra del giorno mi fanno davvero bene al cuore.

Un assaggio di quanto mi ha colpito fino ad ora? Eccolo:
La grazia è la risposta alla gratitudine. La gratitudine è una calda, gentile sensazione che porta a sorridere. La grazia può dissolvere la resistenza e gli ostacoli che troviamo nel vivere. Le resistenze provengono da convinzioni limitanti che si manifestano come sensazioni di avere diritto, di egoismo o di pessimismo. Quando pratichiamo la gratitudine il nostro punto di vista si espande e vediamo che non siamo affatto isolati ma sostenuti dalla generosità dell’universo e le resistenze si dissolvono. La gratitudine dipende dal fatto di riconoscere che qualcosa ci viene donato.

Non è bellissimo?

Programma multimediale di Valentina Motteran: Io con me sicuramente!

Non contenta delle audio-meditazioni gratuite ho acquistato, a prezzo scontato dopo aver fatto un test, un programma multimediale molto agile che propone indicazioni, spunti e consigli per raggiungere i propri obiettivi.

Non sto qui a dirvi come mai ho cliccato su ‘acquista’ ma posso dirvi che ho trovato una specie di formula magica, sì, proprio così per capire nel concreto e soprattutto in maniera semplice e quasi come un gioco di prestigio come individuare le resistenze limitanti e come fare per affrontarle.

Non riporto qui la formula magica (l'ho chiamata io così, eh, per gioco; l'autrice non c'entra nulla) perché non sarebbe corretto nei confronti dell’autrice quindi per ora sappiate che esiste questa formula e se in futuro il vostro pensiero ci torna su, be acquistate il corso anche voi!

Calendario dell’Avvento di Giovanna Garbuio

Fu proprio un calendario dell’Avvento a mettere il seme di una svolta nella mia vita qualche anno fa per cui confesso di esserne attratta da allora.

L’anno scorso ve ne ho proposto uno realizzato da me con le mie abitudini felici. Quest’anno seguirò quello proposto da Giovanna Garbuio, una ricercatrice spirituale conoscitrice dell’antica pratica spirituale hawaiana chiamata  Ho’oponopono. Tra voi lettori so per certo che c’è qualcuno che sa qualcosa di questa pratica; per gli altri e per me sarà una scoperta perché sono quasi certa che troveremo spunti nel Calendario.

Se ho destato qualche curiosità in voi, iscrivetevi qui. E' gratuito.

Ovviamente dal 1 dicembre inizieremo a ricevere una mail al giorno. Sono sicura che il contenuto non potrà che farci bene.

Bis di letture

Ho iniziato una trilogia e una tetralogia in contemporanea  in questo mese.

Ho infatti letto Canto della Pianura di Kent Haruf (a cui seguiranno Crepuscolo e Benedizione) e L’amica geniale di Elena Ferrante ( a cui seguiranno Storia del Nuovo Cognome, Storia di Chi Fugge e di Chi Resta e Storia della Bambina Perduta). Mi sono precipitata ad iniziare quest’ultimo – confesso -  per via della mini serie tv diretta da Saverio Costanzo il cui primo episodio è andato in onda su Rai 1 martedì.

Dal Canto della Pianura:
(...) accidenti, guardaci. Vecchi solitari. Vecchi scapoli decrepiti in mezzo alla campagna, a diciassette miglia dalla cittadina più vicina, che peraltro, anche una volta che ci arrivi, è un buco. Pensa a come siamo. Scontrosi e ignoranti. Tristi. Indipendenti. Prigionieri delle nostre abitudini. Come si fa a cambiare alla nostra età? Non so, rispose Raymond. Ma lo farò. Non so altro.

Sono i fratelli McPheron che parlano. Li si riterrebbe fuori dal mondo, ultime persone a cui rivolgersi in caso di necessità che non riguardi il mondo contadino e alla fine del romanzo ti rendi conto che Haruf li ha voluti punto di riferimento, porto sicuro cui rivolgersi. Mi è piaciuto moltissimo questo primo volume della trilogia e ho già pronti gli altri due da leggere.

Della tetralogia de L’amica geniale mi incuriosisce molto il piano del romanzo e cioè raccontare la storia di due amiche dall’infanzia, negli anni Cinquanta, all’età avanzata negli anni Duemila.

Nel primo volume viene raccontata l’infanzia ambientata a Napoli e, dai racconti di mia mamma giovane donna in quegli anni anche se non napoletana, credo sia molto realistico.

Ho già iniziato il secondo volume. Sono molto interessata a seguire l’evoluzione di queste due bambine e poi c’è comunque un giallo da risolvere e che apre il primo romanzo: che fine ha fatto Raffaella?

La prima puntata della serie tv mi è piaciuta moltissimo. L’ho trovata curata nei minimi dettagli, fedele al romanzo e con un cast di attori bravissimi a cominciare dalle due bambine che interpretano Lila (Ludovica Nasti) e Lenù (Elisa Del Genio). Temevo i sottotitoli al dialetto napoletano e invece è andata bene. Anzi, un pregio maggiore per il regista.

Arancini a Siena

Ebbene sì, grazie ad un gesto davvero gentile da parte di una amica ho scoperto che a Siena c’è un angolo di Sicilia dove fanno degli arancini (o arancine?) mondiali! Grazie Gaia.

Ho assaggiato quelli classici con ragù, piselli e caciocavallo e quelli con il prosciutto cotto e mozzarella. Questi ultimi mi sono piaciuti moltissimo. Il negozio si chiama Cannoleria Ke Cassata e propone anche altre specialità siciliane. A Siena si trova in Strada di Pescaia e questa è l’unica pecca per me che abito in centro e non guido altrimenti credo che mi vedrebbero spesso.

Finisce qui la scelta di #cosebelle da ricordare di questo mio mese di Novembre 2018.

A proposito di cose belle, Siena c'è sempre. La foto di apertura del post l'ho fatta il 12 novembre dalla Fortezza Medicea.

E a voi? sono capitate delle cose belle piccole, normali o grandi in questo Novembre?

Mi farà piacere se le condividerete qui con noi.

giovedì 8 novembre 2018

Come gestire la rabbia? Ispiriamoci a vicenda.

L’arte rivoluzionaria della Gioia. Il potere della gentilezza amorevole e il sentiero verso la libertà di Sharon Salzberg

Cari amici di My day worth,

con questo post oggi inauguro una nuova categoria del blog:  #ispiriamociavicenda

Ve lo avevo preannunciato nel post di ripresa, ricordate?

L’idea è di offrire uno spunto di crescita personale  e approfondirlo insieme a voi come più vi piacerà: nei commenti, nei social, per e-mail o a voce.

L’ispirazione di oggi riguarda la gestione della rabbia, espressa o repressa.

L’argomento mi sta particolarmente a cuore tanto che due anni fa ho partecipato ad un corso di meditazione Vipassana proprio per imparare a gestirla la rabbia non riuscendo ad eliminarla neanche quando con il dialogo interiore cercavo di ridimensionare il tutto, di individuare la causa che l’aveva scatenata, la responsabilità, la mia di responsabilità, chiedere scusa, talvolta perdonare, concedere fiducia a me stessa e agli altri e ricominciare.

Insomma, l’approccio era sbagliato e un po’ logorante mentalmente e fisicamente.

Quel corso, non lo dirò mai abbastanza, è diventato uno spartiacque tra un prima e un dopo nella mia vita.

Mi è stato utile per prendere consapevolezza di una ovvietà e cioè dell’impermanenza della realtà, della sua transitorietà, del legame tra sensazione e mente e di come trovare l’equilibrio attraverso la meditazione.

Oggi posso dire che funziona.

In questi giorni però si è aggiunto un altro tassello operativo alla meditazione Vipassana.

Vi spiego.

Nel libro mBraining Armonizzare i 3 cervelli di Grant Soosalu e Marvin Oka (libro che ho intercettato grazie all’efficace profilazione che Facebook ha fatto di me e dei miei interessi)  ad un certo punto, a proposito del cervello cardiaco e della sua più alta espressione si parla dell’amorevole gentilezza.

Incuriosita ho cercato su Google e mi sono imbattuta nel libro L’arte rivoluzionaria della Gioia. Il potere della gentilezza amorevole e il sentiero verso la libertà di Sharon Salzberg. L’autrice tra l’altro pratica da anni la meditazione Vipassana e questo è stato determinante per darle fiducia.

Nel capitolo Lavorare con la collera e l’avversione la Salsberg risponde alla domanda ‘come possiamo imparare a metterci in rapporto con la rabbia in modo da non esprimerci con atti ostili?’ e, aggiungo io, ‘atti ostili’ non vuol dire solo aggressione fisica ma anche verbale.

Ecco la sua risposta:

“Possiamo concentrare la nostra attenzione più sulla ‘sofferenza’ della situazione, sia la nostra sofferenza sia quella degli altri, piuttosto che sulla nostra ‘rabbia’. Possiamo chiederci con chi siamo realmente arrabbiati, e di solito lo siamo con la rabbia che è nell’altra persona. E’ quasi come se l’altro fosse uno strumento della rabbia, che si muove attraverso di lui e lo spinge ad agire in modi non appropriati. Non andiamo in collera guardando la bocca di qualcuno che ci grida contro; siamo arrabbiati con la rabbia che lo fa gridare. Se aggiungiamo rabbia alla rabbia, contribuiamo solo ad aumentarla. “

Con questo approccio mi sembra di aver fatto un passettino in più nella mia crescita personale.

Spostare l’attenzione sul dolore, sul malessere che la rabbia mi procurerà se la lascio a briglie sciolte o la reprimo mi permette come per magia, non appena la sento arrivare, di cambiare il mio dialogo interiore da giudicante a gentilmente amorevole, interessato a capire cosa mi sta succedendo, se il contesto è determinante, in che modo e divento più disponibile ad attivare la mia capacità di discernimento per trovare una soluzione creativa, ad essere felice insomma, invece che dare sfogo alla rabbia magari dicendo o facendo qualcosa che poi mi farà stare ancora peggio e innescherà il processo che ho descritto all’inizio.

La stessa cosa posso fare con l’altro quando mi si rivolge in maniera aggressiva anche solo verbalmente perché riconosco il dolore che c’è dietro a quella reazione, la conosco, l’ho provata anch’io, e so che io non sono definita dalla rabbia e neanche l’altro; quindi la mia tensione, anche proprio fisica, si allenta grazie all’amorevole gentilezza che mi fa rapportare all’altro in maniera diversa e magari anche a stemperare il suo animo perché comunque sia in comune abbiamo sicuramente una cosa: la ricerca della felicità.

Tutto questo ha un nome, certo; si chiama compassione.

E’ contorto secondo voi il discorso? Io ho scoperto che questo approccio nel mio quotidiano arriva in maniera più immediata rispetto all’osservazione delle sensazioni che mi suggerisce la meditazione Vipassana e quindi, come dire?, mi dà il tempo necessario per decidere la cosa migliore da fare invece di reagire in maniera istintiva, magari dopo aver fatto anche un bel respiro.

L’amorevole gentilezza fa stare proprio bene perché è volta a ‘ricordare alle cose la propria bellezza’.

Questo metodo, che è anche una meditazione e il libro ne indica le modalità, lo sto utilizzando anche per ristrutturare alcune situazioni del  mio passato in cui non mi sono piaciuta. Lo scopo è di lasciarle andare con serenità.

Cosa ne pensate?

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Vi potrebbe interessare anche il post che ho scritto sul Corso di Meditazione Vipassana

giovedì 25 ottobre 2018

Big Magic di Elizabeth Gilbert


Big Magic di Elizabeth Gilbert

Domanda: Cos’è la creatività?
Risposta: Qualcosa che lega un essere umano ai misteri dell’ispirazione.

Cari lettori,

oggi voglio condividere con voi le ispirazioni che ho trovato nel libro Big Magic di Elizabeth Gilbert conosciuta ai più, compresa la sottoscritta, per il best seller Mangia, Prega, Ama.

In Big Magic la Gilbert ha sviscerato il tema della creatività donando al lettore quasi una ‘ricetta’ per coltivarla.

Quali sono gli ingredienti di questa ricetta secondo la Gilbert?  Vi riporto quelli che a me hanno colpito di più, che mi hanno proprio illuminato.

Il coraggio


Quale coraggio? “Il coraggio di portare alla luce i tesori nascosti dentro di noi.

La Gilbert è convinta che siamo tutti depositari di tesori nascosti e che vivere una vita nella creatività voglia dire proprio “dissotterrare questi tesori “ cosa che spesso non facciamo per ‘paura’. Paura di cosa? la Gilbert fa un bell’elenco nel libro e conclude che la paura non va eliminata perché essa va a braccetto con il coraggio.

Le idee


Dove sono le idee?

La creatività non ha origine completamente dall’uomo, sostiene la Gilbert.  Le idee, sempre secondo la Gilbert , sono delle “forme energetiche incorporee separate da noi e capaci di interagire con noi.” Il loro scopo è di essere rese manifeste e quindi vanno da una persona all’altra finché non trovano colui o colei che accetta la sfida.

Questo concetto non mi è nuovo. E’ di origine Platonica, o no? Vengono prima le idee della realtà. “Tutto ciò che è reale è stata prima un’idea siamo quindi co-creatori dell’universo” dice Cristina Puja,  un’altra fonte di ispirazione per me, nel suo programma Puja 30 days.

L’idea di ‘volare’, ad esempio, ha interagito con l’uomo finché lui non l’ha resa manifesta costruendo un aeroplano. Certo, non è successo in un batter d’occhio ma è successo.

Le idee quindi quando vengono da noi bisogna afferrarle al volo altrimenti loro vanno da chi è disposto a concretizzarle.

Avete presente la ‘Fontana’ di Duchamp o le ‘Attese’ di Fontana? 'Chiunque sarebbe stato in grado di farle' è l’obiezione che accompagna ancora oggi queste opere; ma solo Duchamp e Fontana le hanno concretizzate per primi.

La Gilbert riporta un’esperienza incredibile vissuta in prima persona come esempio di un’idea da lei non concretizzata che si è proposta ad un'altra persona.

Noi di solito quando lasciamo andare un’idea e poi la vediamo concretizzata da qualcun altro siamo portati a pensare che quel qualcun altro ce l’abbia ‘rubata’  l’idea, o no? :-)

Originalità vs Autenticità


Essere creativi implica essere originali?

La creatività non vuol dire essere originali ma essere autentici in quello che si fa, ci rivela la Gilbert. E’ vero che molte idee sono già venute in mente ad altri e quindi sono state realizzate da altri; ma non da noi, non con il nostro stile.

Cosa ne pensate? A me ha persuaso questo concetto perché è il motivo per cui anch’io sono colpita da post che non dicono niente di nuovo ma lo dicono in maniera credibile, personale, vissuto.

Mi ha fatto capire anche ciò che le persone intendono quando esprimono apprezzamento per qualcosa che ho scritto e che per l’appunto a me non sembra originale nel senso che non dico niente di nuovo ma evidentemente è il mio modo di raccontare, solo mio,  che colpisce.

Successo


Si può campare con la creatività? Ni.

Secondo la Gilbert le componenti del successo sono talento, fortuna e disciplina ma, è evidente, solo sulla disciplina possiamo agire. Come? Con la perseveranza, quindi creandoci una routine di lavoro e rispettandola senza aspettare che il prodotto della nostra creatività sia perfetto, il che equivarrebbe a diventare dei procrastinatori perfezionisti,  ma fissando un limite entro cui portare a compimento l’opera per lasciarla andare senza avere paura di ciò che accadrà.

Anche con tutta la perseveranza di cui possiamo essere capaci il successo del prodotto della nostra creatività non è garantito.

Siete delusi? Non lo siate! La Gilbert a questo punto dice una cosa bellissima e cioè che se anche non raggiungiamo il successo sperato qualcosa comunque ne ricaveremo: “la soddisfazione di esserci dedicati con devozione alla nobile virtù umana della voglia di conoscere”.

Passione vs Curiosità


Quando capita la giornata ‘no’ e sembra che la passione per ciò che stiamo facendo ci abbia abbandonato cosa si fa per non cadere in 'depressione' :-) ?

La risposta della Gilbert mi è piaciuta moltissimo. Premesso che per la Gilbert l’importante è ‘fare’ e non star lì a rimuginare, l’alternativa alla passione è la curiosità. Domandiamoci se c'è qualcosa che ci interessa, anche una cosa piccola, e rivolgiamole la nostra attenzione per poterne trarre ispirazione.

La creatività è assecondare la curiosità.

A questo proposito mi piace inserire qui il percorso riportato da Cecilia Sardeo in uno dei suoi video intitolato ‘Cosa fare nella vita (anche se non hai passione)’ perché mi sembra pertinente.

Cecilia,  citando Mark Cuban, dice:
quando cominci a fare qualcosa con costanza è probabile che cominci ad eccellere in quella cosa, quando cominci ad eccellere in qualcosa è probabile che cominci a piacertiquando qualcosa comincia a piacerti è probabile che cominci anche ad appassionarti, e quando qualcosa ti piace e ti appassiona hai più probabilità di riuscire ad avere successo.

Illuminante, no?

Big Magic ha una scrittura molto scorrevole ed è rivolto a tutti e non solo agli aspiranti scrittori di successo.

Gli spunti della Gilbert per allenare la creatività sono tantissimi e gli esempi che fa relativamente alla sua esperienza con il best seller Mangia, Prega Ama sono molto chiarificatori e incoraggianti.

La Gilbert sembra proprio una di noi e si rivolge al lettore in maniera schietta ed il suo entusiasmo è contagioso.

Insomma, Big Magic è una lettura che consiglio a tutti e non solo a chi ha già dei progetti creativi nel cassetto.

giovedì 4 ottobre 2018

Palazzo delle Papesse a Siena, apertura straordinaria

Siena: Palazzo delle Papesse

“Così costretto com’è, in uno dei tratti più angusti di via di Città, per giunta dietro una curva per chi la strada la fa in salita, il palazzo non attira lo sguardo fino a che non vi si passa davanti. A quel punto il bugnato rustico del pianoterra, proiettato sulla strada, diventa, per la coda dell’occhio, un’attrazione irresistibile. Solo allora lo sguardo è portato a salire in alto, verso i piani superiori, là dove, in chiaro contrasto col pianoterra, si manifesta la piana superficie a bugnato liscio.”

Ho scelto queste parole di Fabio Gabrielli per introdurre questo post sul Palazzo delle Papesse a Siena perché descrivono perfettamente ‘ l’incontro’  del viandante con il Palazzo.

Venerdì scorso, in occasione dell’evento ‘La notte dei ricercatori’ organizzato dall’Università di Siena, c’è stata una apertura straordinaria del Palazzo delle Papesse per illustrare il lavoro di restauro conservativo fatto sulla facciata in travertino ritornata al suo splendore.

Io non ero mai entrata in questo Palazzo né quando ha ospitato il Centro di Arte Contemporanea,  dal 1998 al 2008, né prima quando vi aveva sede la Banca d’Italia quindi questa occasione è stata una vera gioia per me soprattutto perché quest’estate in occasione delle Scoperte del Giovedì, organizzate dalle guide turistiche  Federagit Siena sulle famiglie storiche di Siena, durante la serata dedicata alla famiglia Piccolomini una delle tappe è stata il Palazzo delle Papesse da dove Galileo Galilei durante i ‘domiciliari’, diciamo così, nel 1633 fu ospite da luglio a dicembre di Ascanio Piccolomini, arcivescovo di Siena dal 1628 e appassionato di lettere e scienze, e nell’occasione fece le sue osservazioni della luna dall’altana del Palazzo delle Papesse.

Capite che con questa notizia fresca fresca la possibilità di vedere con i miei occhi il luogo dove Galilei secoli fa fece le sue osservazioni sulla luna era troppo ghiotta?

Detto questo, come mai si chiama Palazzo delle Papesse vi starete chiedendo se non siete di Siena? Presto detto: perché la sua costruzione fu voluta da Caterina Piccolomini, sorella di Pio II Piccolomini.  Questa dicitura risale alla metà del Cinquecento. Le sorelle in realtà erano due ma non si capisce come mai si fa riferimento ad entrambe se il Palazzo fu eretto da una sola.

Comunque, quando vi capiterà di passarci davanti, ricordatevi che il Palazzo delle Papesse costituisce un “raro esempio di committenza femminile in campo edilizio nel cuore della città” (cit. Lucia Fornari Schianchi).

Palazzo delle Papesse: passaggi di proprietà


I lavori iniziarono nel 1460 e si protrassero fino al 1478 anche se dal  1466 il Palazzo delle Papesse era già abitabile. Ci fu un rallentamento nel 1464, anno dell’improvvisa morte di Pio II.

Per avere delle coordinate temporali più immediate sappiate che il Palazzo delle Papesse è più antico rispetto al Palazzo Piccolomini in Banchi di Sotto,  sede dell’Archivio di Stato, e che costituisce il primo esempio di architettura rinascimentale fiorentina a Siena anche se limitatamente alla facciata perché se girate l’angolo su Via del Poggio e poi Via del Castoro vi accorgerete già dell’utilizzo del laterizio e delle finestre ogivali di stile gotico senese oggetto tra l’altro del  revival gotico ottocentesco che interessò diversi Palazzi a Siena.

Successivamente, alla fine del Cinquecento, ci furono dei lavori di restauro del Palazzo delle Papesse promossi da Ascanio Piccolomini, arcivescovo di Siena dal 1589 al 1597, come attesta una lapide del 1595 all’interno del Palazzo.

Nel 1757 il Palazzo delle Papesse passò alla famiglia Tolomei e nel 1804 alla famiglia Nerucci. Dopodiché nel 1884 fu acquistato dalla Banca D’Italia che all’epoca si chiamava Banca Nazionale del Regno.

Quando la Banca d’Italia chiuse i battenti della sua filiale senese il Palazzo delle Papesse fu destinato al Centro di Arte Contemporanea, istituito dal Comune di Siena, che rimase aperto per dieci anni, dal 1998 al 2008.

A quanto pare il Centro di Arte Contemporanea non ha avuto vita soddisfacente tanto che non è stato trasferito in altro luogo ma proprio chiuso nel 2008.

Forse Siena non era pronta. Lo sarebbe oggi? Chissà! Le opere del Fondo Papesse di proprietà del Comune di Siena sono custodite al Santa Maria della Scala di Siena e alcune sono anche esposte come ad esempio la scultura Testa del 1998 di Mimmo Paladino in una collocazione molto suggestiva all’interno del Museo Archeologico.

Da allora io l’ho sempre visto chiuso il Palazzo delle Papesse e da qualche anno coperto dall’impalcatura per il restauro della facciata.

Ricordo  la gioia di quando a giugno dell’anno scorso mi accorsi che avevano tolto l’impalcatura: che splendore!

Sperai in una possibilità di poterlo vedere all’interno. E così è stato.

Palazzo delle Papesse: ultimo restauro


Durante tutti i passaggi di proprietà il Palazzo delle Papesse ha subito delle trasformazioni sia all’esterno (ad esempio in principio c’erano tre portali, oggi abbiamo un portale centrale e due finestre laterali) che all’interno (ad esempio nel cortile).

Per quanto riguarda il recente restauro , una delle restauratrice ci ha spiegato come attraverso impacchi, siringhe, spazzolini e laser sia stato possibile ripulire la facciata al punto ‘giusto’ senza che sembrasse finta per il troppo pulito. Inoltre ci ha fatto notare come al posto degli aghi anti piccioni sia stato messo un sistema elettrico sui davanzali tipo quelli che si usano per allontanare i cinghiali, ho pensato io, poiché ne ho avuto a che fare al lavoro qualche anno fa.

Siena: Palazzo delle Papesse

Una delle cose più curiose e interessanti per gli studiosi è stata la mappatura che ne è venuta fuori dei segni lasciati dagli scalpellini che hanno lavorato alla facciata del Palazzo delle Papesse.

Siena: Palazzo delle Papesse - Tavola dei Segni

Siena: Palazzo delle Papesse - Foto restauro

E’ incredibile! Questi segni erano già stati rilevati dagli studiosi solo che osservando la facciata attraverso un binocolo le parti più alte della facciata erano sicuramente sfuggite. Questa volta invece, stando a tu per tu con ogni pietra, si è potuto stilare un vero e proprio elenco indicando anche il numero di volte in cui quel segno si ripete.

Agli studiosi il compito di capire il perché di questi segni. Indicavano forse la provenienza dello scalpellino, la sua particolare bravura, una specie di marchio? Lo scopriremo forse in futuro.

Prima di passare in rassegna le sale interne la domanda che può sorgere spontanea è: chi è stato l’architetto del Palazzo delle Papesse? A primo acchito verrebbe in mente a tutti Bernardo Rossellino sia per la somiglianza con i palazzi rinascimentali fiorentini sia perché sappiamo che era stato coinvolto da Pio II per la realizzazione della Città Ideale cioè Pienza; ma non c’è alcuna documentazione che lo attesti.

Il disegno del Palazzo delle Papesse potrebbe averlo realizzato il Rossellino ed i lavori invece essere stati diretti da altri, sicuramente da Antonio  Federighi di cui risultano attestati di pagamenti a suo nome nel 1463 e ne 1466. Il Federighi inoltre è autore delle Logge del Papa a Siena (1462) fatte costruire da Pio II quindi anche lui nel giro, diciamo così.

Palazzo delle Papesse: stanze con soffitti decorati


L’interno del Palazzo delle Papesse è molto sobrio. L’unica nota colorata sono i soffitti realizzati nell’Ottocento dai ‘pittori di stanze’ (cit. Elisa Bruttini), un gruppo di pittori coordinati da Augusto Corbi, l’architetto chiamato dalla Banca d’Italia per adattare il Palazzo alle sue nuove funzionalità.

Stiamo parlando quindi di Gaetano Brunacci, Gaetano Marinelli, Alessandro Franchi, Giorgio Bandini e forse altri.

Le decorazioni di tema pagano e intervallate dai simboli sabaudi sono ben conservate e riportano come soggetti  carri trionfali, putti, arpie, festoni di frutta e fiori, candelabre, uccelli, figure femminili, figure alate, mostri marini, paesaggi.

La stanza che almeno a me ha colpito di più per la varietà dei colori e per la riconoscibilità dei soggetti, e credo in generale colpisca di più tutti, è stata quella con i carri trionfali degli dei pagani e dei relativi segni zodiacali realizzati da Alessandro Franchi, Gaetano Marinelli e Giorgio Bandini, autori da me conosciuti e amati, contro ogni mia previsione conoscendo i miei gusti, da quando feci qualche ricerca  sull’Oratorio dell’Istituto Santa Teresa di Siena.

Sappiamo di questi nomi relativamente a questo soffitto perché ci sono dei disegni di Alessandro Franchi conservati nel Monte dei Paschi di Siena e un bozzetto realizzato da Gaetano Marinelli sullo stesso soggetto rappresentato nel Collegio del Cambio di Perugia.

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Tra i tondi con i carri allegorici troviamo delle targhe “che inneggiano alle virtù bancarie”: Commercio, Insdustria, Utilità, Ordine, Prontezza, Capitale, Attività, Lavoro, Fiducia, Associazione.

Non sapevo nemmeno dell’esistenza di ‘virtù bancarie’. L’ho scoperto grazie al testo “Il Palazzo delle Papesse a Siena” di Elisa Bruttini, Fabio Gabrielli, Annalisa Pezzo e Marco Pierini pubblicato nel 2006 che ho trovato nella Biblioteca Comunale di Siena e che ho utilizzato per saperne di più sul Palazzo delle Papesse proprio dopo averlo visitato e per scrivere questo post.

Le stanze del Palazzo delle Papesse si susseguono una dopo l’altra su due piani. Vi accompagno quindi ora a vedere i soffitti attraverso le foto.

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Finestra

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Decorazioni soffitto

Siena: Palazzo delle Papesse - Porzione di pavimento

Palazzo delle Papesse: Altana


Per un attimo ho temuto che non ci avrebbero portato a far vedere l’altana per motivi di sicurezza o altro e invece… che spettacolo di panorama! Già qualcosa si percepisce dalle finestre mentre si salgono le scale ma la vista a 360 gradi da lassù è magnifica. Ecco le prove.

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana

Siena: Palazzo delle Papesse - Altana


Palazzo delle Papesse: loggiato


Con il cuore espanso da questa meraviglia siamo riscesi giù ed è stata l’occasione per me di soffermarmi nel cortile al pian terreno, rimaneggiato nell’Ottocento, con il bellissimo loggiato decorato da Gaetano Brunacci che ricorda quello delle Logge delle Mercanzie sempre a Siena e l’elegante pozzo che avevo visto solo in foto. Prima di uscire definitivamente un ultimo sguardo anche al bellissimo cancello in ferro battuto realizzato dall’allora ditta Franci come il resto dei ferri presenti nel Palazzo.

Siena: Palazzo delle Papesse: Loggiato

Siena: Palazzo delle Papesse: Loggiato

Siena: Palazzo delle Papesse: Loggiato

Siena: Palazzo delle Papesse - Pozzo

Siena: Palazzo delle Papesse - Interno

Che dire se non che vorrei sapere a questo punto che destinazione avrà il Palazzo delle Papesse nell’immediato futuro, sperando vivamente che ne abbia uno?

Siena: Palazzo delle Papesse - vista

Al momento il Palazzo delle Papesse è vuoto nel senso che non ci sono arredi di alcun tipo. Avrebbe bisogno sicuramente di una imbiancatina ma in apparenza mi sembra abitabile.

Insomma, dita incrociate.

Palazzo delle Papesse: facciata


Uscendo dal Palazzo mi sono soffermata a guardare lo stemma dei Piccolomini sulla facciata alla base del quale c’è una tartaruga. Ce lo ha fatto notare la restauratrice quando ci ha detto come lo stemma, compresa per l’appunto la tartaruga di cui non avevo rimembranza, sia stato ripulito con il laser e di quanto questa tecnica sia efficace ma lunga nei tempi.

Siena: Palazzo delle Papesse - Stemma Ascanio Piccolomini

Lo stemma riporta il nome di Ascanio Piccolomini, l’arcivescovo di Siena promotore dei restauri cinquecenteschi e appassionato di lettere, e del motto Ad locum tandem riferito ad una delle Imprese da lui inventate.

Altra cosa che ho fatto, ovviamente, è stata di cercare di individuare qualche ‘marchio’ di scalpellino di quelli alla base della facciata e ne ho individuati alcuni. Eccoli!

Siena: Palazzo delle Papesse - Segni sul travertino

Siena: Palazzo delle Papesse - Segni sul travertino


Palazzo delle Papesse: curiosità


Da una delle Finestre del Palazzo delle Papesse si vedono benissimo i merli ghibellini superstiti in tutta Siena ;-)

Siena: Palazzo delle Papesse - vista sui merli ghibellini

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Per chi di voi se lo sta ancora chiedendo: gli Ascanio Piccolomini nominati nel post sono due, zio e nipote, uno del Cinquecento e uno del Seicento,  entrambi arcivescovi di Siena.

Altri post che forse potrebbero interessarvi:
- quello sul Revival Gotico
- quello con la foto della scultura Testa del 1998 di Mimmo Paladino: Arte Contemporanea a Siena
- quello in cui vedo i merli ghibellini dalla Pinacoteca di Siena e da Via dei Percennesi

giovedì 27 settembre 2018

Fine settimana a Bologna e FICO: cosa fare

Bologna: le Torri

Neanche a farlo apposta la tabellina dell’hygge challenge suggerito da Vitoria Basile tempo fa (trovi il link qui) prevedeva per il mese di settembre ‘programma un week end per te’ e così ho fatto.

L’occasione mi è stata data dal ritrovato entusiasmo con alcuni compagni di classe delle superiori con i quali da quasi un anno abbiamo ripreso a frequentarci virtualmente ma anche fisicamente organizzando quando possibile di vederci una volta al mese.

Qualcuno di noi non abita più a Pescara, dove appunto ci siamo conosciuti al Liceo, e quindi a maggior ragione ci piace l’idea di approfittare di ciò per ritrovarci ogni volta in una città diversa.

Questo mese è toccato a Bologna dove abita una nostra amica, colei che in italiano ‘spaccava’ letteralmente talmente era brava. Una proprietà di linguaggio e una capacità di mettere in connessione i concetti secondo me sopra la media per la nostra età.

Il climax è stato davvero sereno e divertente, da gita scolastica delle superiori ma senza l’irrequietezza della giovinezza.

Bolognina


Il primo giorno io sono stata la prima ad arrivare grazie all’ottimo collegamento da Siena a Bologna con Flixbus.  In due ore sono arrivata all’Autostazione di Bologna.

Appena arrivata la mia amica mi ha portato in perlustrazione del quartiere Bolognina, nei pressi dell’Hotel Bologna Fiera della catena Una Hotels in Piazza della Costituzione dove ho prenotato. Detto per inciso l’ho trovata un'ottima soluzione per quando non è indispensabile soggiornare in centro, come di solito piace fare a me, nel qual caso invece conservo un bel ricordo dell’Art Hotel Novecento in Piazza Galileo.

Bolognina

Il quartiere Bolognina risale alla fine dell’ Ottocento. Colpiscono le costruzioni dell’epoca,  ex fabbriche con il caratteristico tetto a zig zag oggi diventate abitazioni private, centri sociali e anche Museo.

La Bolognina è la parte più multiculturale di Bologna e me ne sono accorta subito quando siamo andate a fare colazione in un Bar gestito da cinesi;  ma non ci sono solo cinesi come ho avuto poi modo di notare.

Bolognina: Parco della Zucca

Rimanendo a la Bolognina,  nel Parco della Zucca, angolo con il palazzo con l’insegna Tramvie di Bologna, ho avuto quasi un sussulto al cuore quando mi sono ritrovata davanti alla porta d’ingresso del Museo per la memoria di Ustica dove è custodito il relitto della tragedia di Ustica trasformato in una Installazione permanente dall’artista Christian Boltanski.

Il motivo del mio sussulto è che anni fa ho trascritto la registrazione del monologo I Tigi dell’attore e autore Marco Paolini. Commovente e struggente al tempo stesso. E quel monologo lo conosco quasi a memoria.

Bolognina: Parco della Zucca

Il Museo però era chiuso e quindi abbiamo proseguito la nostra passeggiata fino a Piazza dell’Unità, caratteristica per avere al centro della piazza un campo di pallacanestro invece di una ‘fontana’ come ci si aspetterebbe solitamente, e alla Galleria Mercato Francesco Albani con le caratteristiche serrande ridisegnate da artisti.

Bolognina: Galleria Mercato Francesco Albani

Nel frattempo si era fatta ora di pranzo, il resto della compagnia era arrivata e quindi siamo andati al Ristorante Le Golosità di Nonna Aurora dove aveva prenotato la nostra amica e dove abbiamo gustato i piatti della tradizione iniziando dalle crescentine (le adoro!) accompagnate da ottimi affettati e ai tortelloni di ricotta e spinaci conditi con burro e salvia il tutto accompagnato da un Lambrusco, Arte e Concerto Reggiano, dei vigneti Medici Ermete, davvero ottimo e personalmente non amo il Lambrusco ma solo perché non amo i vini frizzanti.

La mia preferenza va al Chianti Classico Riserva ma ovviamente ci sono tantissimi vini che ancora non ho mai degustato. E poi c’è che ho scoperto che alcuni ex compagni del Liceo sono diventati degli intenditori di vino per cui mi sono fidata della loro scelta.

Bologna: passeggiata per il centro storico


Dopo pranzo abbiamo trascorso il pomeriggio passeggiando per il centro storico di Bologna con il piacere di spostarci da una via all’altra senza dover controllare il percorso in una mappa o App perché accompagnati da una local, per l’appunto la nostra amica.

Diretti verso Piazza Maggiore abbiamo attraversato vie con i caratteristici portici di Bologna fino a ritrovarci, con nostra grande sorpresa, sopra un canale.

Bologna: Finestrella

L’impressione per un'attimo è stata davvero di trovarci a Venezia.

Qualcuno ha pensato bene di creare uno sportello in Via Piella (da Google ho saputo viene chiamato ‘finestrella’ ) aprendo il quale si ha la vista sorpresa sul canale. Dalla parte opposta invece la vista è aperta.

Forse se ci fossi passata da sola senza saperlo non lo avrei nemmeno notato lo sportello e comunque solitamente non sono una che apre senza chiedere permesso, almeno in casa d’altri cioè in una città che non sia Siena ;-)

Da lì quindi siamo arrivati in Piazza Grande dove si trova la Chiesa di San Petronio, che non è il Duomo di Bologna intitolato invece a San Pietro e che abbiamo avuto modo di vedere dall’autobus, ma sicuramente più conosciuta del Duomo.

Bologna: Chiesa di San Petronio

La facciata bicolore della Chiesa di San Petronio mi colpisce sempre. Molto caratteristica. Non ho però ancora avuto mai modo di visitare la Chiesa all’interno.

Da Piazza Maggiore ci siamo diretti verso la Basilica di Santo Stefano in Piazza Santo Stefano dopo aver fatto merenda con un gelato in Via degli Orefici ed essere passati sotto alle due Torri della Garisenda e degli Asinelli una delle quali pendente come quella di Pisa ma non ne conosco il motivo.

Bologna: Basilica di Santo Stefano

La Basilica di Santo Stefano è una meraviglia dal punto di vista architettonico. E’ costituita da sette chiese comunicanti appartenenti ad epoche diverse a partire dal IV secolo quasi come una matrioska in orizzontale. Delle sette chiese colpisce la Basilica circolare del Santo Sepolcro che riproduce il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Giusto vent’anni fa sono stata in terra Santa e ricordo benissimo il mio sentire reverenziale nei confronti di quel luogo sacro.

Bologna: Basilica del Santo Sepolcro

A corredo delle altre chiese ci sono anche dei chiostri e la mia passione per i chiostri mi ha portato a soffermarmi con particolare attenzione al Chiostro Medievale con un pozzo al centro. Ho notato infatti che solo in un lato le colonnine degli archi dell’ordine superiore hanno in cima delle sculture figurative. Sicuramente c’è un motivo.

Bologna: chiostro medievale

Dopo aver quasi fatto un viaggio indietro nel tempo nella Basilica di Santo Stefano siamo andati alla ricerca di un locale per prendere un aperitivo. Abbiamo scelto una Birreria in Piazza della Mercanzia.

Bologna: Loggia della Mercanzia

C’era un via vai incredibile di persone vuoi perché il fine settimana il centro storico di Bologna è chiuso al traffico, vuoi per gli eventi all’aperto come La strada del Jazz in Via Rizzoli vuoi perché la temperatura era decisamente estiva sembrava di essere in periodo di Palio a Siena.

A cena siamo andati alla Libreria Ambasciatori, nato da un progetto di Librerie.coop e Eat Italy. E’ una libreria molto grande che si sviluppa su più piani con Bar, Taverna e Osteria. Sorge dove un tempo c’era un mercato e prima ancora una strada frequentata da donnine di mestiere, così ci ha detto la nostra amica. La particolarità di questo ambiente è che da un lato sono visibili i resti architettonici di una antica chiesa. Pensate al contrasto di quando c’erano le donnine,  da ‘diavolo e acqua santa’.

Bologna: Libreria Ambasciatori

Dopo cena passeggiata in notturna per ascoltare anche noi un po’ di musica jazz. Siamo arrivati giusto in tempo per assistere all’esibizione di Tullio de Piscopo e il suo Andamento Lento. Dopo di ché ritornando verso Piazza Maggiore siamo andati a verificare il particolare fenomeno acustico che permette alle persone di comunicare bisbigliando sui lati opposti del Portico del Podestà sotto la Torre dell’Arengo.

Questo fenomeno c’è anche nella Whispering Gallery del Grand Central Terminal di Manhattan ma lì ero andata sulla fiducia; qui l’ho provato anch’io ed è vero! Sembravamo dei ragazzini ovviamente, dalla meraviglia.

Su mia richiesta abbiamo proseguito verso i portici della zona universitaria nei pressi del Teatro Comunale motivo della mia prima visita a Bologna per un concerto del violoncellista Mario Brunello.

Abbiamo percorso poi la zona del Ghetto Ebraico a tutti tristemente conosciuto per l’uccisione di Marco Biagi fino a ritrovarci al Guasto Village in Via Del Guasto e Largo Respighi.

Qui mi è sembrato di essere lungo la riviera di Pescara, davvero.

Bologna: Guasto Village

L’allestimento estivo di questo spazio, ci ha detto la nostra amica, era quella che abbiamo visto noi: container lungo il perimetro che ospitano punti ristoro e nel mezzo tavolini, sedie, puff e lucine a rendere gioiosa l’atmosfera. Tanta gioventù universitaria ma sono sicura che noi non abbiamo sfigurato. Ci siamo tenuti tutti abbastanza bene nonostante gli anni trascorsi ;-)

La sera, prima di andare in albergo, abbiamo attraversato il Giardino pensile della Unipol. Davvero suggestivo a quell’ora di notte, tutto illuminato.

FICO: Fabbrica Italiana Contadina


La mattina del giorno dopo l’abbiamo dedicata alla visita di FICO (Fabbrica Italiana Contadina) il Parco Alimentare e centro commerciale voluto da Oscar Farinetti di Eat Italy e Coop e che ha aperto i battenti poco meno di un anno fa.

Bologna: FICO

Prima di entrare c’è una sorpresa per chi ama farsi i selfie.

L’idea del Parco, per quanto ho capito io, è quella di mostrare il processo che subiscono le materie prime che troviamo in natura, dagli animali e dalle piante, fino a diventare il piatto che mangiamo a tavola.

In un fabbricato costruito a forma di L quindi c’è una parte esterna chiamata ‘fabbrica didattica’ dove è possibile osservare le attività agricole di coltivazione e allevamento a livello dimostrativo. All’interno, in corrispondenza di ciascuna specie, si trova un laboratorio dove viene processata la materia prima e successivamente il ristorante dove vengono preparati piatti con quell’alimento base.

Immaginatelo come un enorme centro commerciali ad un unico piano. Ci sono anche le biciclette per percorrerlo.

L’ingresso è gratuito. A pagamento sono le proposte di degustazione e ovviamente tutti i ristoranti. C’è una parte adibita anche alla vendita di prodotti alimentari e anche di arredamento e altro. Mi ha molto colpito la parte dedicata ai biscotti. Avrei davvero fatto man bassa! C’è anche la parte dedicata ai vini di tutta Italia. Ho controllato: c’erano anche i vini toscani.

Ci sono anche degli angoli ludici come ad esempio un campo di calcetto, dei biliardini e una stanza per  attività dedicate ai bambini, una libreria e un anfiteatro per gli eventi.  Questi quelli che sono riuscita a vedere io. Magari ci sono anche altre cose. Lo scoprirete solo andandoci.

Mi sono fatta l’idea che qui uno ci vada per starci una giornata intera per far gioire il palato tra le delizie gastronomiche che propongono i bar, chioschi e ristoranti a cominciare dagli arancini per esempio ai menù di cucina varia. Noi abbiamo optato per uno che proponeva cucina mediterranea vegetale.

Il momento di sciogliere la compagnia è arrivato all’improvviso ma c’era chi doveva riprendere un autobus, tipo io, e chi degli affetti a cui tornare.

Ci saranno altre occasioni per cui eravamo sereni. Felici di aver trascorso un fine settimana insieme, grati ai partner che ci hanno concesso la compagnia dei nostri compagni di scuola, cosa che poteva non essere scontata, e più che grati alla nostra amica che è stata una padrone di casa eccezionale.

Prima o poi toccherà incontrarci anche a Siena. Sarà un piacere per me far conoscere questa splendida città ai miei ex compagni di scuola.