martedì 31 ottobre 2017

Secondo giorno a New York: Harlem

New York: Harlem

Il secondo giorno a New York lo abbiamo dedicato ad Harlem, il quartiere afroamericano di Manhattan, prenotando un tour in italiano con Frank de Falco, un newyorkese di padre italiano e mamma americana.

Volevo visitare questa zona ma non sapevo come preparare il tour da sola e allora mi sono affidata a Frank tramite Carlo Galici, autore della guida New York in 7 giorni che, se avete in mente di andare a New York, vi consiglio di scaricare.

Da Times Square abbiamo raggiunto Harlem in metropolitana. Il tour lo abbiamo fatto quasi tutto a piedi tranne un tratto con l’autobus e poi ovviamente il rientro di nuovo in metro. E’ durato circa otto ore compresa la pausa pranzo.

Nell’immaginario collettivo Harlem è considerata ancora una zona pericolosa cosa che non è affatto così dagli anni Novanta del secolo scorso.

Frank ci ha raccontato le origini olandesi e inglesi di Harlem fino all’arrivo degli afroamericani all’inizio del Novecento e la situazione attuale.  La sua approfondita conoscenza del quartiere e la capacità di esporla in maniera sintetica ma non superficiale e con passione in un italiano più che perfetto è sicuramente il valore aggiunto del tour.

Harlem è un quartiere molto ampio privo di grattacieli al posto dei quali ci sono le caratteristiche ‘brownstone’ e palazzi di ogni tipo, anche decadenti.

New York: Harlem, brownstone
New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone

Il tour di Harlem con Frank  è iniziato dalla ‘chicca’ e cioè dalla funzione con canti gospel  nella Canaan Baptist Church.

Prima di entrare in questa Chiesa Battista Frank ha voluto che fosse chiaro che avremmo assistito ad una funzione e non ad uno spettacolo. Ci ha poi illustrato i diversi momenti di tale funzione.

Facendo il tour con Frank abbiamo avuto la possibilità di assistere alla funzione sedendo negli stessi banchi dove si siedono i fedeli; diversamente invece avremmo potuto assistervi lo stesso ma dal loggione riservato per l’appunto ai turisti.

E’ stato bellissimo vedere uomini e donne di tutte le età vestiti  in maniera ‘decorosa’ e non ‘chic’. Questa differenza ce l’ha fatta notare Frank quando siamo andati a vedere la Riverside Church, chiesa cristiana voluta da John Rockefeller.

Gli uomini erano tutti in giacca e cravatta e le donne erano bellissime con i loro cappelli e abiti elegantemente sobri. Se avessi potuto fare delle foto mi sarei concentrata su di loro sicuramente.

Prima dell’inizio della funzione ci sono stati dei gospel cantati da un solista dopo di che ha fatto il suo ingresso in maniera solenne, quasi teatrale il coro.

Ci sarebbe piaciuto sicuramente rimanere fino alla fine della funzione per ascoltare altri canti in quanto buona parte della prima parte, scusate la ridondanza,  è stata dedicata agli avvisi per la comunità ma il tour prevedeva diverse soste e quindi anche volendo non sarebbe stato possibile rimanere oltre soprattutto non essendo il tour solo per noi.

La caratteristica delle funzioni battiste è la spontaneità, ci ha detto Frank, per cui i pastori interagiscono con i fedeli in maniera semplice e vanno a braccio, in teoria, e i fedeli possono intervenire in qualsiasi momento dal proprio banco.

La capacità oratoria di Martin Luter King ad esempio si è allenata proprio in questo modo. Il suo famoso discorso ‘I have a dream’ alla fine non è stato effettivamente tenuto a braccio, ci ha rivelato Frank. E’ stato il frutto di tutti i sermoni spontanei che aveva tenuto in Chiesa.

Ad un certo punto della funzione vengono salutati anche i turisti - noi compresi - e allora qualcuno dei fedeli saluta il turista più vicino stringendogli la mano e dicendogli “See you in heaven”. Non è fantastico?

Prima di andare via sono andata in bagno e mi è sembrato di essere nei bagni di un teatro con l’andirivieni di donne vestite in maniera sartoriale, mi viene da dire, ma rigorosa.

Gli zaini in Chiesa non sono consentiti ma c’è chi si è organizzato in tal senso e quindi è possibile affidare il proprio zaino a degli sconosciuti che li tengono in deposito nella loro macchina fuori dalla Chiesa fino a fine funzione. Una persona del  nostro tour lo ha fatto ma credo solo perché Frank sembrava fiducioso nei confronti di queste persone altrimenti credo che non ci saremmo proprio avvicinati a loro. Ci era stato detto di non portarli i zaini e di vestirci per bene ma qualcosa può sempre sfuggire quando si leggono i voucher.

Dopo la funzione siamo andati a prenderci un caffè in un Bar Ristorante italiano sulla Lenox Avenue - via principale di Harlem - dopo di che l’abbiamo percorsa a piedi guidati da Frank.

Abbiamo quindi visto la zona residenziale con edifici dell’Ottocento in ‘brownstone’ (arenaria rossastra) con la tipica scala che porta all’ingresso che, ci ha detto Frank, non è solo per gusto estetico ma perché nell’Ottocento le strade erano spesso ricoperte di sterco di cavalli e quindi quando il proprietario di una casa doveva salire sulla sua carrozza, per non sporcarsi, il conducente faceva scivolare una trave di legno dalla carrozza alla scala.

Abbiamo avuto la fortuna di visitare una di queste town house (terra tetto) grazie alla conoscenza di Frank di un artista che abita qui. Certo, non sono tutte uguali, ma in quella che abbiamo visitato noi c’erano stucchi e due camini. In ogni piano ci sono due ambienti che affacciano uno sulla strada e l’altro nel giardino su retro. Il personale di servizio ha accesso alle stanze da una scala apposita nascosta da una porta scorrevole.
New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone


New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone

New York: Harlem, brownstone

A questo punto un leggero languorino ha pervaso tutti noi quindi abbiamo chiesto a Frank dove potevamo mangiare del pollo fritto e lui ci ha portato da Sylvia’s Restaurant, Queen of soul food. Il Ristorante ha una parte con i tavolini, quella credo a cui si riferiscono tutte le guide che lo consigliano come il ristorante soul più conosciuto di Harlem, e una parte adibita a Bar dove si mangia al banco. Le porzioni di pollo sembravano giganti per cui ero un po’ titubante. Alla fine ho ceduto e l’ho ordinato insieme alla polenta e devo dire che era squisito e per niente stopposo. Dalla foto purtroppo non si capisce e anche dal vivo, esteticamente parlando, non è invitante quindi bisogna fidarsi. Come in tanti altri locali simili mi ha colpito il notevole numero di personale e il fatto che la cucina fosse a vista.

New York: Sylvia’s Restaurant, Queen of soul food

New York: Sylvia’s Restaurant, Queen of soul food

New York: Sylvia’s Restaurant, Queen of soul food (pollo fritto)

In realtà prima di approdare in questo locale Frank ci aveva portato al Red Rooster, altro locale famoso per il soul food molto piacevole anche per la musica dal vivo e molto affollato per cui non siamo rimasti e poi al Harlem Shake dove purtroppo avevano già finito il pollo fritto. Peccato perché il locale mi ispirava molto. Vi metto qualche foto.

New York: Red Rooster

New York: Red Rooster

New York: Red Rooster

New York: Harlem Shake

New York: Harlem Shake

 New York: Harlem Shake

Dopo la pausa pranzo abbiamo ripreso il tour in direzione Apollo Theatre e lungo il percorso Frank ci ha fatto notare alcuni bei palazzi come il Koch and C.,il primo grande magazzino ad Harlem di proprietà di un tedesco, l’Hotel Teresa, oggi adibito a uffici, che ospitava anche gli artisti che si esibivano nel vicino Apollo Theatre, un bel palazzo di proprietà di un ebreo che ospitava magazzini di lusso con la particolarità delle finestre in rame ossidato e infine l’Apollo Theatre dove per la prima volta le persone di colore potevano assistere agli spettacoli seduti in platea e non nel loggione separati dai bianchi.

New York: Koch and C.

New York: ex Hotel Teresa

New York: Harlem

New York: Apollo Theatre

Da qui abbiamo preso l’autobus per visitare la Riverside Church, la chiesa cristiana fatta costruire da John Rockefeller negli anni Trenta in stile neogotico ma con una struttura in acciaio come quella dei grattacieli.

Abbiamo proseguito visitando il piazzale della Columbia University e la chiesa anglicana St. John the Divine in stile neogotica - ancora incompiuta - dove io e mia sorella siamo state attratte dall’angolo dedicato ai poeti con  lapidi che riportano il nome di autori della letteratura americana e loro citazioni.

Il tour si è concluso nel vicino parco con al centro la Peace fountain costituita da una complessa iconografia che celebra il trionfo del bene sul male  circondata da altre sculture di animali realizzate da artisti del quartiere di ogni ordine e grado tramite concorso pubblico nel 1985.

New York: Riverside Church

New York: Columbia University

New York: St. John the Divine

New York: St. John the Divine

New York: Peace fountain

New York: foto di gruppo

Dopo aver fatto la foto di gruppo e aver ringraziato Frank siamo tornate verso ‘casa’ con la speranza di fare in tempo per andare a vedere un Musical a Broadway, al Winter Garden. Lo spettacolo, School of Rock, era alle 19 e ce  l’abbiamo fatta! Mi sono divertita molto. Abbiamo scelto proprio questo Musical perché mia sorella aveva visto il film e quindi eravamo avvantaggiate per capire la storia.

New York: Broadway

New York: Broadway

New York: Broadway

Dopo il Musical? A nanna!

Ci vediamo domani per il terzo giorno a New York dedicato al Financial District, Liberty e Ellis Island. Una giornata intensa dal punto di vista emotivo finita con un incontro, programmato poco prima di partire, che ha aggiunto ancora più valore a questo viaggio nella Grande Mela.

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lunedì 30 ottobre 2017

Primo giorno a New York: Guggenheim e Central Park

New York: Guggenheim

Inizio il racconto di questo primo giorno a New York ricordando che l’Hotel Room Grace Mate dove abbiamo alloggiato è in una posizione ideale per raggiungere tutto a piedi e in metropolitana: nella 45esima Street, tra la 6ta e la 7ta Avenue.

La prima cosa che abbiamo fatto uscendo la mattina è stata quella di andare a vedere la Piazza per eccellenza di New York, Times Square, che - non sono la prima a dirlo - in realtà è un incrocio di strade più che una Piazza. E’ pieno di gente - anche un po’ alternativa- a qualsiasi ora del giorno e nei suoi palazzi vengno continuamente proiettati spot pubblicitari per fortuna senza audio anche perché ci sono già i clacson delle macchine che bastano e avanzano a garantire l’inquinamento acustico.

New York: Times Square

Indovinello: una pubblicità in una street laterale costa 150 dollari al giorno. Quanto costerà a Times Square?

Da Times Square che si trova nella 42esima street siamo andate subito alla fermata della metro, in inglese ‘subway’, per acquistare la Metrocard con validità settimanale e per familiarizzare con questa fermata da dove sarebbe partito l’indomani il tour guidato di Harlem con Frank de Falco.

La Metrocard ci è stata estremamente utile per fare le lunghe percorrenze. Il principio base che bisogna memorizzare non sono le destinazioni ultime, come a Roma ad esempio; ma la direzione quindi: Uptown o Downtown. L’App che avevo scaricato, NYC Subway, si è dimostrata utilissima insieme a Google maps.

Da Times Square, a piedi, siamo andate dalla parte opposta per prendere la metro da Grand Central Station per il Guggenheim Museum. Lungo il percorso abbiamo subito individuato il Chrysler building, l’elegante palazzo Art Decò.

New York: Crysler Building

Nella prima stesura dell’itinerario avevo pensato di dedicare tutto il primo giorno a Central Park perché non sapevo come i nostri corpi avrebbero reagito al fuso orario. Poi però prevedendo che forse poteva fare anche brutto tempo durante metà del giorno (prima di partire avevo preso l’abitudine di guardare ogni giorno il meteo a New York sulla App dell’iPhone per rendermi meglio conto della temperatura rispetto a Siena e delle previsioni durante il nostro soggiorno) ho deciso di inserirlo all’ultimo momento perché dal sito internet mi sembrava abbastanza ‘domabile’; infatti un paio d’ore sono state sufficienti per visitarlo.

Dal sito ufficiale abbiamo acquistato i biglietti che ci permettevano l’ingresso a qualsiasi ora del giorno scelto. Abbiamo quindi deciso di andarci la mattina con comodo considerando che l’orario di apertura era alle 10. Una volta entrate abbiamo dovuto scambiare i voucher con i biglietti.

Alcune sale del Guggenheim erano chiuse in previsione di mostre imminenti.  E’ qualcosa che abbiamo riscontrato anche negli altri musei quindi meglio evitare l’attaccatamento anche a ciò che si è programmato di vedere altrimenti la delusione è tanta. Io mi considero vaccinata da quando andai a Parigi e non riuscii a visitare il Louvre poiché il personale fece sciopero per tutti i cinque giorni della mia permanenza :-(

La struttura a spirale del Guggenheim dell’architetto Frank Lloyd Wright, anche se vista e rivista nei libri di architettura o nelle guide turistiche, vale sicuramente la pena ammirarla da vicino. Per quanto riguarda invece la collezione permanente di arte moderna, molti quadri li avevo già visti  in mostra in Italia non però La stiratrice (1904) e Le Mouline de la Galette (1900) entrambi di Pablo Picasso. Straordinari. Dal sito ho scaricato l’App del Guggenheim per orientarmi.

New York: Guggenheim

New York: Guggenheim

New York: Guggenheim

In corso c’era una mostra sull’evoluzione dell’arte in Cina dopo il 1989, l’anno delle proteste in Piazza Tienanmen contro la repressione del governo cinese in tema di diritti umani e libertà di espressione. Di queste proteste quelli della mia generazione ricordano sicuramente l’immagine simbolo che fece il giro del mondo e cioè quella di uno studente da solo in Piazza Tienanmen  fermo in piedi davanti ad una colonna di carri armati per fermarli.

Molto interessante questa mostra. Mi ha molto colpito l’istallazione di Xu Bing del 2004. Un’ impalcatura che affaccia su una scritta fatta di polvere che riporta un verso di un poema buddista di Huineng, quasi un suggerimento per meditare sulla tragicità dell’attentato dell’11 settembre 2001: As there is nothing from the first, Where does the dust itself collect?

L’artista, a New York dal 1991, ha assistito al crollo delle Torri Gemelle fuori dal suo studio di Brooklyn.

Dal Guggenheim ci siamo immerse nell’immensità di Central Park.

Dal punto da cui siamo entrate ci siamo ritrovate nel grande lago artficiale chiamato Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir che abbiamo percorso tutto intorno per ammirare i palazzi.

Il colpo d’occhio quando si arriva nella parte più a nord e ci si volta indietro è fantastico.

Da lì siamo scese seguendo la nostra mappa e perdendoci anche per cui abbiamo visto The Great Lawn, il Belvedere Castle, The Ramble, la Boat House da dove c’è lo scorcio che i newyorkesi amano, quello con sullo sfondo il San Remo - un condominio con due torri progettato da Emery Roth -  Bethesda Fountain & Terrace e The Mall e abbiamo mancato altre cose come Strawberry fields dove si trova ‘Immagine’ dedicato a John Lennon, la statua in bronzo di Alice nel Paese delle meraviglie, il Bow Bridge e, nonostante la nostra ricerca affannata, le targhe in bronzo del Shakespeare garden con versi famosi dello scrittore di cui avevo letto da qualche parte.

New York: Central Park

New York: Central Park

New York: Central Park

New York: Central Park

New York: Central Park

New York: Central Park

New York: Central Park

Dicevo che ogni tanto ci siamo perse ma niente paura perché sapevamo, grazie alla guida New York in 7 giorni di Carlo Galici, che in caso di disorientamento bastava cercare un lampione e leggere la targhetta. I primi due numeri indicano a quale street siamo e gli ultimi due se siamo più vicini a ovest (numeri pari) o ad est (dispari).

Ci sono campi da baseball, da tennis, giochi per i bambini e tanto altro. Quello che mi ha colpito di più è che da Central Park non si sente volare una mosca quindi nemmeno una macchina cosa che a Manhattan sembrerebbe impossibile. Già solo l’idea che esista un Parco così esteso in una metropoli è affascinante di per se.

Siamo sbucate al Columbus Circle. Da lì, dopo aver ammirato la facciata in stile rinascimentale francese del Plaza Hotel,  ci siamo dirette verso la 5ta Strada, quella dei negozi off limit.

L’abbiamo percorsa tutta fino ad arrivare alla Chiesa Cattolica Romana Saint Patrick. A mia sorella faceva piacere prendere la Messa e per me è stata l’occasione per vederla dall’interno. Si tratta di un bell’edificio in revival gotico. La cosa che ci ha fatto sorridere nei giorni successivi è stato realizzare che Saint Patrick sorge davanti a Rockefeller Center e la Chiesa Episcopale Trinity Church, sempre in revival gotico, davanti a Wall street. Della serie: il diavolo e l’acqua santa.

Curiosità: sia al Guggenheim che a Central Park abbiamo trovato tantissime fontanelle per dissetarci.

New York: Central Park

Un vero toccasana!

A questo punto della giornata il dilemma era dove andare a cena.

Faccio un piccolo passo indietro. Nel tragitto che ci ha portato da Siena a Fiumicino abbiamo conosciuto una signora di Siena, che da trent’anni abita a new York, che ci ha dato dei consigli utilissimi su come muoverci  nella Grande Mela e qualche chicca tipo il locale Ellen’s Stardust a Broadway.

Non abbiamo potuto rivederla a New York perché ripartiva subito per raggiungere la figlia in un'altra città ma ci siamo ripromesse di incontrarci a Siena la prossima volta che lei verrà. Ne approfitto subito per ringraziarla perché ci siamo divertite moltissimo da Ellen’s Stardust: grazie Marzia!

Ellen’s Stardust è un posto incredibile dove per entrare abbiamo fatto un’ora di fila che tutto sommato è passata velocemente anche perché ogni tanto veniva una ragazza del locale a rassicurarci sulla movimentazione dei tavoli.

Ellen’s Stardust è un fast food, dove abbiamo mangiato un ottimo hamburger, con la particolarità che i camerieri sono cantanti con il sogno di diventare famosi per cui a catena si esibiscono con brani di Musical famosi per coinvolgere anche il pubblico.

Anche noi abbiamo cantato a squarcia gola. Tra i tavoli c’è un tramezzo che fa anche da palco dove i camerieri-cantanti si esibiscono anche duettando.

Per rivivere io l’atmosfera e per farvi capire meglio cosa è stato ecco il video che ho realizzato!


Non è fantastico?!

Ci vediamo domani con il diario di viaggio del secondo giorno a New York dedicato ad Harlem.

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Sette giorni a New York: diario di viaggio

New York

Eccomi!


Ebbene sì, ho esaudito il desiderio n. 24 delle #100cosedafareprimadimoire: visitare New York.

In diretta ho pubblicato ogni giorno tante foto su Instagram; ora però è arrivato il momento di dedicarmi a chi mi segue solo sul blog e so che aspetta il mio reportage.

Non esaurirò tutto in un post perché altrimenti non ce la fareste a leggerlo tutto per cui farò tipo come quando sono andata a Londra: per una settimana ogni giorno pubblicherò un post ma invece che tematico questa volta seguirà l’itinerario fatto e che vi presento oggi con un accenno a ciò che mi ha colpito e che approfondirò nei prossimi giorni con tanto di foto, ovviamente.

In più oggi, nel primo pomeriggio, pubblicherò il post con il diario di viaggio del primo giorno.

Il nostro soggiorno a New York (ho fatto questo viaggio con mia sorella) è durato otto notti e nove giorni poiché l’idea era di avere sette giorni pieni a disposizione.

Il nostro volo è partito alle 14.45 da Fiumicino ed è arrivato all’aeroporto JFK alle 18.00 dello stesso giorno guadagnando quindi sei ore.

In albergo siamo arrivate verso le 21.30 con una navetta condivisa prenotata prima di partire, la stessa che poi ci ha riaccompagnato in aeroporto alla partenza.

Il controllo da parte della sicurezza non è stato per niente traumatico al JFK. Chi mi conosce sa che ero un tantino in apprensione.

La sera dell’arrivo siamo andate direttamente a letto dopo il check-in in albergo, tanto mangiare avevamo mangiato sull’aereo e poi avevamo sonno.

La nostra tabella di marcia è iniziata quindi l’indomani, dopo un riposo ristoratore (letti comodissimi e insonorizzazione ottima) e una ricca ed abbondante colazione a buffet che ci ha fatto sempre anche da brunch permettendoci di ottimizzare la voce ‘cibo’ del nostro budget che non è poco da queste parti.

PRIMO GIORNO
Times Square: un video gioco
Guggenheim: poco ma buono
Central Park: la pace
5ta Strada: i grandi brand
Saint Patrick: di fronte a Rockefeller Center
Piatto del giorno: hamburger a suon di Musical da Ellen’s Stardust

SECONDO GIORNO
Harlem: donne e uomini d’altri tempi
Peace Fountain: esuberante
Piatto del giorno: pollo fritto da Sylvia’s, Queen of Soul Food
Musical: a Broadway, of course!

TERZO GIORNO
Statua della Libertà: il simbolo
Ellis Island: radici
Wall street:  di fronte al Trinity Church
Piatto del giorno: Hot Dog da Nathan’s
Bowling Green: un gioiellino
Ground Zero: commozione

QUARTO GIORNO
Zuccotti Park: una promessa mantenuta
Metropolitan Museo: la vita
Shopping sulla Lexington Avenue
Piatto del giorno: pesce crudo da Esca

QUINTO GIORNO
Empire State Building: the best
Flatiron: il vintage sempre verde
East Village: giovinezza
Piatto del giorno: arepas al Caracas Arepa Bar e cupcake da Magnolia
Washington Square Park: energia
Greenwich Village: a misura d’uomo
Soho: elegante
Ponte di Brooklyn:  una ‘cattedrale’ sull’acqua
Dumbo: C’era una volta in America
Strand Book Store: siamo o non siamo #thesabasistersreaders?

SESTO GIORNO
Top of the Rock di giorno: cartolina in 3D
MoMA: ripasso di storia dell’arte moderna con i big
Public Library di New York: caccia al tesoro
Momento vanità al Beleza Tropical Hair Salon
Piatti del giorno: Tacos da Los Tacos No. 1 e ostriche da Jeffreys’s Grocery
Top of the Rock di notte: la bellezza che luccica

SETTIMO GIORNO
Union Square: l’imprevisto
Whitney Museum: il fuori programma
High Line: gli americani ne sanno una più del diavolo
Circle Line: il ripasso finale
Chelsea market: la gioia
Piatto del giorno: panino con aragosta (lobster roll) da G & P Galley e paste da  Amy’s bread
Bryant Park: un gioiello
Times Square by night: The End sperato

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Ci ritroviamo qui nel pomeriggio per il reportage del primo giorno a New York.

Per domande o curiosità chiedete pure nei commenti. Ciò che non ricordo io lo ricorderà sicuramente mia sorella e sarà un piacere essere di aiuto come altri lo sono stati per noi prima e durante il nostro viaggio a New York.

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lunedì 9 ottobre 2017

New York: conto alla rovescia agli sgoccioli

New York: conto alla rovescia

Ci siamo, il conto alla rovescia per New York è agli sgoccioli e io non sto nella pelle!

Chi di voi segue il blog con costanza ricorderà che questo viaggio è il mio regalo di compleanno con il contributo di mia sorella Paola (l'ho scritto qui) insieme alla quale metterò piede, tra qualche giorno e per la prima volta, a New York.

Ho dovuto aspettare nove mesi. Mi sono sembrati tanti all'inizio e invece ora ci siamo già.

Nella foto trovate le letture che mi hanno ispirato nell'organizzazione del viaggio a New York.

In ordine sparso si tratta di:
  • un romanzo, Tre camere a Manhattan di Georges Simenon da me periodicamente riletto, tanto mi piace, e quindi come non rileggerlo proprio ora? Voglio andare a Washington Square  per 'scovare' le tracce di Kay e Francois,  i protagonisti del romanzo;

  • la guida New York di Le Guide Mondadori, dettagliatissima come tutte le guide di questa collana;

  • la guida New York al femminile di Elisa Pasino (giornalista e autrice del blog di viaggi Valigia a due piazze), la prima guida turistica di New York che ho letto e che è stata per me come una pacca sulla spalla della serie 'dai che ce la puoi fare ad organizzare il tuo viaggio a New York anche se ti sembra che si tratti di una mission impossible per te che sei abituata a raggiungere a piedi qualsiasi angolo della splendida Siena tanto è a misura d'uomo';

  • la guida in eBook New York in 7 giorni di Carlo Galici (del blog Viaggio a New York) che mi è stata utilissima per mixare le cose che ci interessano zona per zona;

  • New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti. Già il titolo lo trovo bellissimo. Si tratta di una guida in cui Cognetti racconta di New York. E' scritto talmente bene, d'altronde l'autore è uno scrittore di mestiere, che porterò il libro sicuramente in viaggio per tirarlo fuori al momento opportuno ed immergermi ancora di più nella Storia e nell'atmosfera della grande mela.

Ho prenotato tutto il prenotabile su internet lasciando spazio anche a qualche momento di ozio in cui sono certa si inserirà anche lo shopping o window shopping a seconda di dove ci troveremo.

Sono rimaste 'scoperte' le sere.
Decideremo lì per lì cosa fare a seconda del saldo giornaliero di energie fisiche.

In compenso per il capitolo food, oltre ai fast food che non disdegneremo affatto, abbiamo un elenco di ristoranti di cucina internazionale che ci ha da subito entusiasmato poiché stilato da una persona conosciuta da qualcuno della nostra famiglia e che risiede a New York da un po'.

È dal 1996 che New York mi sta aspettando nel senso che quell'anno si fece in me più intenso il desiderio di andarci.

Per rendere più concreto questo mio desiderio avevo anche promesso ad una musicista newyorkese, conosciuta a Siena negli anni Novanta, che sarei andata a trovarla.  Con il tempo ci siamo perse di vista e ora, scoop, l'ho rintracciata grazie a LinkedIn.

L'idea che da Piazza del Campo ci rivedremo a Times Square porta il mio entusiasmo alle stelle!

Va da se che i prossimi lunedì non pubblicherò alcun post nel blog ma siate certi che vi racconterò tutto al mio rientro.

Siete avvertiti quindi regolatevi di conseguenza. Scherzo, spero di ritrovarvi tutti qui.

Un minimo di check-list l'ho fatto ed è stato questo, magari può essere utile a qualcuno:

  • passaporto: controllato validità;

  • biglietto aereo: Alitalia tramite agenzia;

  • albergo: dopo innumerevoli ricerche ho prenotato direttamente dal loro sito ufficiale il Room Mate Grace, a due minuti a piedi da Times Square, rigorosamente con colazione inclusa che ho la pressione bassa e non posso uscire senza prima aver fatto il carico di energia. Ma  a parte questo, i buffet delle colazioni in albergo sono un vero piacere per me. Al mio rientro vi farò sapere se questo Hotel si sarà rivelato una buona, ottima (spero) scelta;

  • itinerario e prenotazioni varie, compreso gli spostamenti da e per l'Aeroporto JFK: fatte con le guide sopra citate e direttamente dai siti ufficiali dei Musei, Osservatori, traghetti, agenzie private;

  • Metropolitana: scaricato App NYC Subway per cominciare a familiarizzare con le corse della Metro di New York che altrimenti questa è la volta buona che mia sorella mi pianta in asso appena arrivate in albergo, memore delle interminabili camminate a Londra e relative perdite di tempo e inutile affaticamento fisico;

  • ESTA: tramite agenzia. Lo so, ho letto da-per-tutto che si può fare tranquillamente on line in piena autonomia ma con il nome arabo che mi ritrovo, pur essendo io di origini italianissime, in possesso di un precedente passaporto emesso in Venezuela poiché sono nata lì, con l'attuale passaporto italiano recante il solo timbro del viaggio fatto in Venezuela nel 2010 e con l'imprevedibilità dell'attuale Presidente degli Stati Uniti volevo essere sicura di compilare bene tutti i campi :-) so che una piccolissima ansia mi accompagnerà finché non avrò varcato l'uscio dell'aeroporto JFK; sarà il caso di recitare un mantra ad hoc;

  • cambio euro in dollari: tramite Banca;

  • assicurazione sanitaria che lo sappiamo tutti che se hai un mal di pancia negli Stati Uniti ti parte un migliaio di dollari come niente se non sei assicurato: tramite agenzia;

  • valigia con chiusura o lucchetto TSA così non me la sciupano se i servizi di sicurezza la vogliono aprire: acquistata;

  • adattatore per i vari dispositivi: acquistata su Amazon con ingresso di prese anche USB. Il convertitore non l'ho preso perché non ho intenzione di portare piastra per lisciare i capelli o asciugacapelli. Alle brutte, ne approfitterò per andare da un hairdresser ;-)

  • carta di credito: avvertiti di quando sarò a New York così da non avere brutte sorprese. Ho ben presente la reazione dei clienti quando al check-out scoprono che la carta non è autorizzata per transazioni all'estero;

  • verifica delle offerte attive sulla SIM telefonica ché la mamma non ha Whatsapp e voglio rassicurarla almeno con un 'Ciao mamma, siamo appena atterrate' e cose così ogni giorno, se cioè sono abilitata alle chiamate dall'estero, e ricarica consistente visto che non ho l'abbonamento:  sono abilitata perché ho Smart Passport di Vodafone e la ricarica la farò il giorno della partenza;

  • contenuto valigia: è da una settimana che ho buttato giù e aggiorno di continuo la lista di cosa portarmi sempre con un occhio all'App Meteo dell'iPhone. Sembra che a New York faccia ancora caldo ma comunque porto il necessario per potermi vestire a cipolla + scarpe comode + scarpe tacco 12... bugia!; porto un paio di stivali per la sera e qualche vestitino che a New York si sa che ci tengono al dress code;

  • check delle medicine di pronto intervento e di quella da prendere a vita: rifornimento fatto;

  • check-in: avendo prenotato tramite agenzia, 24 ore prima della partenza devo ricordargli di farci il check-in on line e di inviarci i biglietti.

Se qualche travel blogger capita da queste parti in tempo utile e si accorge che ho dimenticato qualcosa vi prego fatevi vivi!

A questo punto non mi resta che augurarmi buon viaggio e a voi buona permanenza.

Non vedo l'ora di essere on the way to New York.

See you soon!

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P.S. se volete vedere in tempo reale qualche mio scatto da New York, tenete d'occhio il mio profilo su Instagram (ami_saba) visibile anche da PC. Potete vedere le foto anche se non siete registrati. L'hashtag è #thesabasistersinnewyork. Certo, per commentare dovrete registrarvi, se non lo siete già.

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