lunedì 31 luglio 2017

Le Legge di attrazione e mia mamma

Le Legge di attrazione

La legge di attrazione ti dà quello a cui stai pensando. (cit da Il Segreto di Rhonda Byrne)

Ebbene sì, mi è capitato di leggere anche questo manuale. Ha venduto 500.000 copie ma non l'avevo mai intercettato finché non l'ho visto segnalato nella lista di letture di Assunta Corbo e, come mi capita spesso, siccome mi piace approfondire ciò che è stato di ispirazione a persone che sono di ispirazione a me (se vuoi saperne di più, leggi qui), l'ho acquistato.

In questo post però non parlerò del libro, che ho già letto, ma della 'coincidenza' che mi ha fatto ripensare al 'segreto' in esso rivelato, la legge di attrazione per l'appunto.

Da quando è iniziata l'estate, mia mamma è stata sempre 'certa' che io avrei avuto qualche giorno di vacanza per andare al mare da lei, come ho fatto ogni anno. 

Ogni volta che ci sentivamo per telefono se ne usciva con frasi del tipo 'quando vieni si fa questo e si fa quest'altro' nonostante io le ripetessi che avevo bloccato diversi giorni di ferie per ottobre e quindi non ne avevo altri di giorni di ferie maturati da poter usufruire. Lei però non ha mai preso nemmeno in considerazione le mie  parole il che un po' mi infastidiva anche.

Alla fine, ha vinto lei; ha 'visualizzato' talmente intensamente me che ero da lei che è riuscita ad 'attrarmi' da lei da oggi per qualche giorno.

La mia interpretazione dei fatti, al di là della Legge di attrazione di cui mia mamma non conosce assolutamente niente men che meno che esista una 'procedura' per attivarla da quanto ho appreso dal libro della Byrne, è che, nonostante io ami il mare e abbia bisogno di andarci ogni anno almeno per quindici giorni per ritemprarmi nel corpo e nello spirito, quest'anno ero ben predisposta a rinunciarci per il viaggio che farò a ottobre.  Pensavo di farcela e invece no. Il mio corpo ha iniziato ad inviarmi segnali di stanchezza 'non ordinaria' che non ho potuto sottovalutare per cui mi sono messa a tavolino per vedere di recuperare qualche giorno di ferie.  Grazie alla disponibilità di Gaia è stato possibile, combinando ferie con giorni di riposo.

Mi aspettano quindi giorni di risvegli senza sveglia, di mare, di sole, di cibo e meditazione a orari regolari, di #libribelli da leggere e la consapevolezza di rendere una persona felice, mia mamma, solo con la mia presenza.

What else?
Buone vacanze di relax a me e buone vacanze o buona permanenza a voi!

lunedì 24 luglio 2017

Il Diario della Gratitudine e l'Eutirox


Il Diario della Gratitudine e l'Eutirox
A volte - confesso - penso che certe esperienze occorra ‘farle’ senza necessariamente ‘raccontarle’, soprattutto quelle che riguardano la crescita personale.

A volte - per fortuna - realizzo che se qualcun altro non avesse scritto dell’argomento 'Vipassana' portando la sua esperienza personale, ad esempio,  io mi sarei persa qualcosa che si è rivelata preziosa per me.

È per questo che oggi voglio parlarvi di un'altra cosa che si sta rivelando preziosa per me e cioè del mio ‘incontro’ con il Diario della Gratitudine avvenuto qualche mese fa e del perché ho tirato in ballo l'Eutirox nel titolo del post. Magari potrebbe rivelarsi altrettanto prezioso per qualcuno di voi, chissà!

Su internet, lo sappiamo, si trova di tutto, anche cose utili.

Voglio infatti ringraziare il gruppo Facebook Adotta 1 blogger  in cui è stato adottato il post Il diario della gratitudine perché questo post è stato il ‘gancio’ che mi ha permesso di conoscere il libro Dire, Fare… Ringraziare di Assunto Corbo e di conseguenza il Diario della Gratitudine.

Forse ne avevo già sentito parlare ma questa volta ho voluto approfondire nonostante la mia prima reazione sia stata Amina, un altro libro di crescita personale, no! Piuttosto metti in pratica quello che hai letto fino ad ora.

Ammetto che sono ‘grata’ a me stessa per non aver dato retta alla mia parte razionale e di aver proceduto con l’acquisto su Amazon.

Il libro ha una scrittura semplice, parte dall’esperienza personale dell’autrice, la giornalista Assunta Corbo, che ha trasformato la gratitudine nella sua missione perché - ne è convinta Assunta - la gratitudine si può allenare  e 'non è la felicità che ti rende grato ma la gratitudine che ti rende felice'. E chi non vuole essere felice, aggiungo io? Credo che ognuno di noi voglia esserlo  e si adoperi per questo.

La cosa ‘ganza’ come si dice in Toscana di Dire, Fare…  Ringraziare è che ci sono anche gli esercizi e le indicazioni per poter iniziare subito a scrivere il proprio Diario della Gratitudine.

Io l’ho iniziato il 22 maggio il mio Diario della Gratitudine.

Solo successivamente mi sono accorta che si trattava di una data importante. Si celebra Santa Rita da Cascia, la Santa dei ‘miracoli impossibili’ e, che siamo credenti o no, leggere la sua storia non lascia indifferenti.  Cosa c’entra tutto questo con me? C’entra che mi sarei dovuta chiamare Rita. Che poi è capitato che la mia nonna materna venisse a mancare prima della mia nascita e che i miei genitori l’abbiano voluta ricordare dandomi il suo nome che- detto per inciso – a me piace moltissimo. Rita mi è stato dato come secondo nome così avrei avuto anch’io un onomastico da festeggiare ;-)

Riprendendo il discorso sul Diario della Gratitudine, dopo aver letto il libro di Assunta ho scelto un quaderno e ho iniziato a scrivere il mio di Diario; ogni giorno ho scritto cinque cose per le quali ero grata. Tanta roba, credetemi.

Può sembrare un'attività banale e semplice oppure stimolante e impegnativa. Per me si è rivelato essere la seconda.

Faccio un passo indietro per dire che avevo già fatto una prima esperienza simile qualche anno fa partecipando a #100happydays in cui ogni giorno per 100 giorni ho pubblicato una foto su Instagram e sulla pagina facebook di My Day Worth di una cosa per cui quel giorno ero grata.

Ad invitarmi era stata Alessandra Pagani del blog unalettrice, promotrice della sfida in Italia.

Ricordo che per me fu veramente una sfida trovare ogni giorno ‘una’ cosa per cui essere grata.

Ho fatto fatica, lo ammetto, e il fatto di doverlo condividere pubblicamente mi metteva in imbarazzo quasi che io volessi mettermi in mostra ostentando una felicità spesso mancante del fattore 'entusiasmo'. C'era determinazione ma non entusiasmo come sensazione, ecco, riassumiamola così. Capitava anche di essere grata per un qualcosa di significativo ma che non avrei mai condiviso pubblicamente per pudore e quindi, cosa facevo? sceglievo un ‘surrogato’ di gratitudine della giornata che però fosse pubblicabile. Alla fine però mi sono detta Amina, rilassati! e poi Alessandra è stata preziosa con i suoi consigli. Infatti non mancava mai di ricordarci di avere a cura la nostra privacy.

Sono arrivata fino in fondo ai cento giorni e non posso non riconoscere che qualche semino in me quella esperienza l’ha piantato ma evidentemente, lo capisco ora, avevo bisogno di qualcosa di più strutturato perché fosse realmente efficace per me.

Sempre in tema di ‘gratitudine non espressa’ avevo un'altra situazione che volevo risolvere.

Durante gli stage di Yoga capitava che Silvia, la mia insegnante, ci proponesse un gioco a tempo e cioè di condividere con il vicino di tappetino le cose che ci rendevano grati. Ecco, io mi sentivo sempre in difficoltà perché mi sembrava banale dire ‘la famiglia, gli amici, il lavoro, la mia casa’ ad esempio; e invece mi sbagliavo di grosso; ma in senso lato anche no, perché la gratitudine va alimentata anche attraverso le novità, ho scoperto grazie ad Assunta. Un po’ come il sottotitolo del mio blog. Mi piace questo filo rosso.

Assunta mi ha condotta per mano attraverso il sul libro, il suo blog thatsgoodnewsblog, la sua newsletter e, ultimo in ordine di tempo, il suo Corso online 21 giorni di diario della gratitudine (fantastico!).

Ho accolto ogni giorno le ‘ispirazioni’ proposte da Assunta per compilare il Diario della Gratitudine e mi si è aperto un mondo. È stato un vero e proprio viaggio che mi ha permesso di scoprire nuovi punti di vista ed essere autenticamente grata, vibrazione positiva inclusa :-)

Alla fine del corso ho avuto questa intuizione e cioè che la gratitudine per me è come l’Eutirox per la mia tiroide.

Mi spiego meglio.

In un podcast su spreaker.com Assunta ha detto che ‘siamo grati quando nel cuore abbiamo amore, compassione, umiltà, gioia, cura’ e anche che ‘possiamo allenare la gratitudine’. Quindi, come dire? se mi alleno ad essere grata, naturalmente il mio cuore si riempirà di tutto il resto e ‘tutto il resto’ mi interessa molto.

E cosa c’entra l’Eutirox? C’entra nel senso che quando nel lontano 1992 fui ricoverata in Ospedale per un mese (e che ospedale! il Santa Maria della Scala di Siena oggi Complesso Museale) e la professionalissima Dott.ssa Bruna Marchi mi rivoltò come un calzino finché non arrivò alla diagnosi di ipotiroidismo, sapete quale cura mi prescrisse? una pasticca al giorno di Eutirox, a vita, e grazie a questa unica pasticca le diverse carenze che il mio corpo presentava al momento del ricovero si ricomposero quasi per magia, ai miei occhi, senza bisogno di ricorrere ad altri farmaci specifici.

Allo stesso modo, mi sembra che allenandomi ogni giorno alla gratitudine io possa ottenere quasi per effetto domino anche il ‘resto’.

Io non so se qualcuno di voi che mi legge si trova in un momento in cui l’allenamento alla gratitudine attraverso il Diario della Gratitudine potrebbe essere d’aiuto nella ricerca del proprio benessere. Se così fosse, lasciate ogni indugio e seguite Assunta sui Social e sul suo blog e magari iniziate dalla proposta che vi ispira di più.

Assunta organizza anche delle giornate esperienziali di Great-Attitude. Mi piacerebbe partecipare ad una di queste giornate appena mi sarà possibile.

Intanto, per avere un assaggio di ‘come’ si scrive un Diario della Gratitudine, condivido qui il video che Assunta ha realizzato con i 10 consigli per tenere il Diario della Gratitudine e farne un’abitudine felice ed efficace.



Ho voluto ‘scrivere’ dopo aver ‘fatto’.

Il Corso online 21 giorni di diario della gratitudine infatti è iniziato il 3 luglio ed è finito ieri, 23 luglio, e volutamente non mi sono iscritta al gruppo Facebook creato da Assunta come supporto a chi partecipa al corso non per spocchia ma perché non volevo essere condizionata su cosa scrivere e volevo essere il più autentica possibile con me stessa. Magari ad altri invece è stato di aiuto.

In privato ad Assunta ho fatto sapere come stava andando per me il corso e l’ho ringraziata. Oggi voglio ringraziare Assunta Corbo pubblicamente con questo post perché trovo che la sua missione sia fantastica e mi piace l'entusiasmo e il realismo con i quali la porta avanti.

Sfoglio il mio Diario della Gratitudine iniziato il 22 maggio e mi è evidente come si sia arricchito e ‘popolato’ di persone e la cosa ha sorpreso me stessa.

Continuerò a tenerlo perché ci sono degli esercizi proposti nel Corso che sono ancora aperti e perché è diventato un bel rituale questo appuntamento che mi insegna a cambiare punto di vista e a vivere con gioia e determinazione ogni giorno.

Attenzione: a scanso di equivoci lo dico, non è che il punto di vista sulle cose che la gratitudine offre risolva per magia le situazioni in cui non ci sentiamo a nostro agio. Per quelle io personalmente continuerò a seguire le opzioni proposte da Eckhart Tolle: uscire dalla situazione, modificarla oppure  arrendersi ad essa e chissà che le cose non trovino da sole la strada giusta.

lunedì 17 luglio 2017

Bao Bello Chef a Siena nella Nobil Contrada del Bruco

Bao Bello Chef a Siena nella Nobil Contrada del Bruco

L’estate senese, parere mio personale, inizia con il Ba’o Bello Chef (ba’o -da leggersi con la ‘c’ aspirata toscana - sta per baco e quindi bruco).

Che cos’è il Bao Bello Chef?

Una ‘festa’, che ai non senesi potrebbe ricordare le sagre paesane, con stand diversi dedicati alla pizza, alla carne alla brace, ai vini, ai drinks, da aperitivo o per fare serata, alla birra e alla ristorazione locale con menù di carne e pesce con qualche pennellata di creatività il tutto accompagnato da musica dal vivo e dal gioco a premi con la pista dei barberi.

Dove si svolge il Bao Bello Chef?

Nei suggestivi giardini a piani sfalsati della Nobil Contrada del Bruco delimitati a valle dalle antiche mura medievali vicino a Porta Ovile, in alto da Via di Sinitraia all’ombra della Basilica di San Francesco e verso il centro storico dalla ‘cortina edilizia’ di Via del Comune.

Via del Comune, cuore della Nobil Contrada del Bruco in quanto vi hanno sede il Museo e l’Oratorio della Contrada, è una delle vie più ripide di Siena e su di essa si affacciano in sequenza numerose abitazioni di privati.

Al numero civico 30, quindi circa a metà, una porticina che ai non senesi potrà apparire anonima riserva invece, una volta varcata la soglia, l’accesso ai suddetti giardini.

Quando si entra e ci si ritrova nel piano rialzato da dove scendono le scale che portano a questo inaspettato e ampio spazio verde, il cuore si espande, ve lo garantisco. Sembra quasi di trovarsi su di un palcoscenico.

Quando c’è il Bao Bello Chef?

Ogni anno a luglio, dal martedì successivo alla Festa Titolare della Nobil Contrada del Bruco, per undici serate consecutive dalle ore 19.30 all’1 di notte. Gli stand gastronomici chiudono alle 23.

A chi è consentito l’accesso al Bao Bello Chef?

A tutti, senesi e non senesi, grandi e piccini, indistintamente e gratuitamente.

Chi e come organizza il Bao Bello Chef?

La Società di Contrada della Nobil Contrada del Bruco.

Detto così, ai non senesi forse non dice niente. Molto brevemente, in ognuna delle diciassette Contrade in cui è composta Siena c’è una ‘società’ che gestisce la parte ‘ricreativa’ della vita della Contrada. Nel caso della Nobil Contrada del Bruco include anche l’organizzazione del Bao Bello Chef attraverso una Commissione apposita.

L’organizzazione di base, dopo edizioni decennali, credo sia collaudata. E’ il ‘personale da assumere’ che va gestito.

In realtà, non viene assunto proprio nessuno. Sono infatti i contradaioli stessi che si mettono al servizio del Bao Bello Chef; che sia per cucinare (vedi gli stand della Pizzeria, della Braceria, dell’Osteria ) che per servire (negli stand delle bevande e nel ristorante). Ovviamente ci vuole qualcuno che tenga le fila e organizzi i turni. Le competenze, soprattutto per cucinare, si tramandano di generazione in generazione. Non so voi, ma io la trovo una cosa bellissima questa specie di ‘staffetta’ tra contradaioli adulti e giovani.

E il ricavato del Bao Bello Chef dove va a finire?

Lo so che quelli di voi più scaltri avevate in mente questa domanda e quindi ve la servo sul piatto d’argento. Il ricavato del Bao Bello Chef va alla Contrada stessa per coprire le spese vive della manifestazione. Quello che ‘avanza’ va a rimpinguare il fondo cassa per la prossima Vittoria del Palio ;-)

Sì ma, in definitiva, cosa si fa al Bao Bello Chef?

Si mangia a prezzi molto modici, si beve, si ascolta musica (si balla anche, quando c’è la serata Disco) e fondamentalmente si sta in compagnia all’aperto e al fresco.

E’ un po’ come andare sulla riviera di sera nelle località di mare con tutti i locali all’aperto.

Personalmente prediligo il ristorante dove è richiesta la prenotazione e si è serviti al tavolo.

Il ristorante è un po’ il fiore all’occhiello del Bao Bello Chef. La sua peculiarità è che ogni sera in cucina si alternano i cuochi di diversi ristoranti di Siena alcuni dei quali, per l’occasione, chiudono addirittura.

Grazie a questa molteplicità di stili culinari può capitare di fare delle ottime scoperte locali. Ad esempio una volta ho prenotato quando ai fornelli c’era il cuoco del Ristorante da Guido, dove non c’ero mai stata, e devo dire che mi è molto piaciuto il menù. Sicuramente andrò a trovarli ‘a casa loro’.

Dimenticavo: nelle serate del Bao Bello Chef il Museo della Nobil Contrada del Bruco è aperto e ospita ogni anno una mostra diversa. Può essere anche l’occasione per i non senesi di ammirare un vero gioiello, il Museo (custode tra le altre cose dei Palii vinti dalla Contrada)  che a Siena, con allestimenti personalizzati, è replicato nelle altre sedici Contrade.

Altro sul Bao Bello Chef?

Ci sono particolarmente affezionata perché è stata in una serata di tanti anni fa, proprio nel ristorante, che è nata una delle amicizie più solide della mia vita. Credo che fino ad ora non lo avevo detto a nessuno ;-)

Informazioni aggiuntive?

Il parcheggio più vicino è il Parcheggio San Francesco.

Se scegliete il ristorante, portatevi una pashmina o un giacchetto perché i tavoli si trovano in una zona molto esposta dove quasi sempre tira un fresco venticello.

Il ristorante e l’osteria vanno prenotati in anticipo. I menù del giorno e i recapiti telefonici li trovate nel programma in pdf che la Nobil Contrada del Bruco carica nel proprio sito web durante il Bao Bello Chef.

E dopo il Bao Bello Chef, cosa si fa a Siena d’estate?

Niente paura, a ruota seguono il Mangia e Bevi nella Contrada della Torre e La Pania nella Nobile Contrada del Nicchio.

lunedì 10 luglio 2017

I newyorkesi di Cathleen Schine

I newyorkesi di Cathleen Schine


I newyorkesi di Cathleen Schine per Oscar Mondadori.

Dalla quarta di copertina:

Al riparo dal traffico e dal trambusto cittadino dell'Upper West Side, vicino a Central Park, c'è un piccolo quartiere tranquillo, lontano dai grattaceli e dalle residenze importanti. E' qui che vivono Jody, Polly, Simon, Everett e tanti altri. Uomini e donne diversi per età, cultura, professioni, sogni e delusioni, ma accomunati dal fatto di avere un amico: a quattro zampe. E così, complici le passeggiate con i loro cani, persone spesso sole, riservate, talvolta un po' eccentriche, che mai si sarebbero incontrate altrimenti, si conoscono, stringono amicizia o si innamorano, a volte si lasciano. Tutto sullo sfondo di una New York magica e reale al tempo stesso che è la vera protagonista di questo romanzo raffinato e soffuso di lieve malinconia, una città alla quale la Schine dedica in queste pagine la sua più bella  lettera d'amore.
***
Fa talmente caldo in questi giorni che non riesco a 'pensare'. Dico sul serio. E allora, oltre a mangiare frutta e verdura, a bere tanta acqua come consigliano tutti e ad aver ceduto all'acquisto di un ventilatore (quello che fa da sfondo al libro nella foto), mi sto piano piano proiettando verso New York dove andrò ad Ottobre.

Prima però di buttare giù la tabella di marcia di tutto ciò che voglio fare e vedere, ho preferito iniziare dal romanzo che mi ha regalato mia sorella Paola a Natale: I newyorkesi di Cathleen Shine.

Un romanzo piacevole, anche per me che non amo circondarmi di cani o gatti.

Mentre lo leggevo, ho 'percorso' anch'io  alcune zone di New York citate nel romanzo aiutandomi con la mappa cartacea che ho in casa.

Quindi ad esempio 'sono già stata' a Madison Avenue, Battery Park, River Side Park, Columbus Avenue e ho visto la Statua della Libertà dalla finestra di un bellissimo appartamento a Brooklyn.

Le vicende dei personaggi si svolgono nell'arco di un anno solare iniziando da febbraio per arrivare al giorno de Ringraziamento e poco più in là.

Ecco cosa scrive la Shine di New York in autunno, quando è previsto che io la visiti:

Come sanno tutti che ne hanno goduto, un mattino di ottobre a New York è una ragione già di per sé sufficiente per vivere in questa città. A est si intravede un accenno di luce fra i palazzi, mentre sopra i tetti si forma un banco soffice e basso di nuvole argentate sovrastate da un pallido, lattiginoso e delicato spicchio di luna. A ovest il cielo è più scuro, palpitante. L'aria è fresca e pulita. Le finestre su entrambi i versanti sono ancora buie. I lampioni stradali sono gialli. Il mondo naturale, così spesso offuscato dalla città, sembra predominante, vivido, benigno.

Che dire? riesco a sopportare meglio la canicola di questi giorni pensando al 'mattino' che mi aspetta in autunno.

lunedì 3 luglio 2017

Caterina della notte di Sabina Minardi

Caterina della notte di Sabina Minardi

Intervista a Sabina Minardi, giornalista presso L'Espresso, sul suo romanzo d'esordio Caterina della notte per Piemme Edizioni.

Ho letto Caterina della notte di Sabina Minardi in due sere dopo cena quando, spenti TV e iPhone, il silenzio assoluto crea un maggior coinvolgimento, almeno per quanto mi riguarda, e arrivata all’ultima pagina, dopo aver fatto una specie di viaggio nel tempo, da una parte ero esaltata dalla descrizione di Siena e dall’altra ero anche un po’ turbata da alcuni passaggi della storia tanto che ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto poter rivolgere delle domande all’autrice anche perché un ‘gancio’ lo avevo per contattarla, la mia amica Giuditta, blogger letteraria, che per l’appunto mi ha caldamente consigliato la lettura del romanzo sapendo del mio amore per Siena.

Detto fatto - e con Giuditta non poteva essere altrimenti - mi ha messo in contatto con Sabina la quale ha accettato di rispondere alle mie domande autorizzandomi a condividerle in questo spazio perché, come ho detto anche a lei, su My Day Worth scrivo sulle cose che danno valore alle mie giornate e il suo romanzo, in maniera per me inaspettata, rientra in queste cose.

Pronti? Ecco allora le domande.

Buona lettura!

Sabina Minardi e Caterina della notte

Sono senese d'adozione e amo questa città che conosco a menadito per cui nel farle i complimenti per la descrizione di Siena con l'espediente di due personaggi stranieri, di cui una guida turistica, la prima domanda che rivolgo a lei è se è tutto frutto di approfondimento sui libri o se lei, nata a Catania e residente a Roma, ha qualche legame particolare con Siena da conoscerla e averla assimilata così bene.
Amo Siena e l'ho frequentata per un po' di anni. Spinta dall'interesse per il Santa Maria della Scala, ho visitato grance e luoghi collegati all'ospedale. E' vero: non ho un legame che deriva dalle mie origini, ma con la città ne ho sviluppato uno fortissimo, e di grande passione. Come quegli amori che nascono da adulti. E che nella capacità di riconoscere le sintonie, e nello sforzo di rinnovare gesti già compiuti, danno vita alle storie più belle di sempre.

'Quando' e 'come' è nata l'idea di questo romanzo? Nel senso, scegliere Santa Caterina da Siena nel 2017 è una vera sfida. Mi spiego meglio, se Giuditta Casale non mi avesse caldamente suggerito di leggere il suo romanzo forse per conto mio non lo avrei preso in considerazione. Il titolo e la foto di copertina non danno scampo. Avrei avuto delle riserve a causa della mia mancanza di empatia nei confronti degli estremismi corporali dei Santi i quali, forse sbagliando io non facendo lo sforzo di contestualizzare, mi condizionano molto. In questo sono più vicina a Catherine, la protagonista contemporanea del romanzo.
Capisco perfettamente il disagio di cui parla. Mi sono domandata a lungo se l'immagine di copertina, e il riferimento esplicito a una santa, fossero elementi negativi e persino respingenti per i lettori di oggi. La copertina aveva poi il compito non facile di tradurre i due piani del libro -quello storico ma anche quello contemporaneo- e a nessuno dei due volevo rinunciare.
Credo però che oggi più che mai sia necessario parlare chiaro: essere coerenti, trasparenti e non fare scelte ruffiane. Quante volte una copertina ci ha suggestionato, creando false aspettative sul contenuto del libro? È prevalsa la verità del mio percorso: l'amore per un luogo, che diventa curiosità per uno dei suoi protagonisti, e che irrompe all'improvviso -con la sua scontrosa, focosa, gigantesca personalità- facendosi largo nella sensibilità più naturale. E alla fine la scelta è risultata più sorprendente, e apprezzata, di quanto io stessa immaginassi.

Come è stato il rapporto con la casa editrice? La loro reazione alla storia in nuce? Oppure era già scritta quando loro l'hanno letta? Hanno apportato qualche contributo che lei non aveva previsto nell'idea iniziale come trama o come scrittura? In che modo l'hanno seguita, lei esordiente nella scrittura di un romanzo ma non nella scrittura in generale dato il suo lavoro di giornalista?
Catherine, Giovanna e Caterina da Siena mi accompagnano da diversi anni. Il libro era già interamente scritto quando il mio agente, Roberto Santachiara, al quale sono grata per aver creduto immediatamente in questa storia, l'ha proposto all'editore. La rilettura di Francesca Lang, editor di Piemme, è stata accurata e preziosa. E in generale il romanzo è stato seguito da subito con convinzione.

Ho provato disagio nel leggere che il Santa Maria della Scala per alcuni/molti era una prigione vera e propria nel senso che non si poteva scegliere di andare via. Era realmente così? Sa, me lo sarei aspettata più dal Manicomio di Siena che, approfitto per buttarla lì, con la sua scrittura narrativa lei sarebbe incontestabilmente adatta per ambientarci una storia magari prendendo spunto dai personaggi reali rintracciabili nell'Archivio storico.
Non volevo descrivere il Santa Maria della Scala come un luogo di reclusione: spero, anzi, che il mio forte amore per quel luogo affiori dalla centralità che ha nel libro, e in tutte le descrizioni che ne faccio: la sua capacità di accoglienza, la bellezza nella quale immergeva i malati, la cura e la disponibilità verso gli orfanelli e la capacità di intercettare culture diverse, facendo dello straniero un ospite e non un nemico, sono gli aspetti che più mi hanno affascinato. La reclusione è una condizione che coinvolge Giovanna. E, per quanto le donne isolate - o in fuga- siano figure ricorrenti nel mondo medievale, i trattamenti a lei riservati, e la vita avvolta di buio, sono frutto solo della mia fantasia.

Mia curiosità personale: ho riconosciuto l'Hotel dove Catherine alloggia a Siena e anche il primo ristorante dove va a pranzo. Mi sfugge quello 'senza menù' dove mangia il 'filetto di maialino'. È reale o di invenzione?
Tutti i luoghi menzionati sono parte di mie esperienze a Siena. L'hotel su Piazzale La Lizza, col campo sportivo davanti, è facilmente individuabile. Così come il ristorante con la cantina, non distante dalla casa di Caterina. Anche l'altro ristorante, dove Xavier e Catherine mangiano per la prima volta, esiste realmente: in una strada laterale, a pochi passi da piazza del Duomo. Di recente ho notato che ha cambiato colore ai tovaglioli: ora, invece che bordeaux, sono verdi.

Non dico mai se un libro mi sta piacendo mentre è in corso la lettura perché do molto valore al finale. Ho letto libri bellissimi anche se impegnativi che mi hanno deluso nel finale (vedi Infinite Jest di DFW) e altri che ho fatto fatica a leggere ma che nel finale mi hanno ripagato di tutto (vedi I Fratelli Karamazov). Caterina della notte rientra nei secondi. La difficoltà non è stata per la scrittura, scorrevole anche nelle parti 'antiche', né nella lunghezza che è 'domabile'; ma nel disagio provato per la Santa e per la crudeltà della parte d'invenzione che per l'appunto tendevo a considerare reale. Temevo che lei avesse calcato la mano su un Istituzione come la Scala che nel Medioevo è stato un punto di riferimento, sicuramente 'una stella' rispetto a quello che si dice dei 'secoli bui'. Tutto questo però è ripagato dal finale potente e commovente. L'aveva già in mente quel finale? (La mia ignoranza riguardo a dati facilmente reperibili di Santa Caterina mi ha fatto apprezzare ancora di più il colpo di scena finale)
La prima pagina che ho scritto è l'ultima del libro: praticamente identica a quella definitiva. L'idea del libro è nata da lì: da un particolare della vita di Caterina, ricorrente in modo identico in tutte le biografie consultate. E se invece le cose non fossero andate così? Da quella domanda è nato il racconto. Il contrasto tra terreno e soprannaturale, sensuale e spirituale.

Prima di iniziare a leggere il suo romanzo sono stata all'Oratorio di Santa Caterina alla Scala quasi come per prepararmi meglio alla lettura e devo dire che ho provato lo steso disagio di sempre, mi sento soffocare in quel luogo. Voglio tornarci, ci tornerò a breve. Lei non può non esserci stata. Mi racconta le impressioni della prima volta e delle successive, se ci sono state?
Sono entrata all'Oratorio di Caterina della notte per la prima volta una dozzina d'anni fa. Il fascino, il disagio, l'inquietudine provata sono state folgoranti. L'Oratorio era completamente buio. I dettagli barocchi, gli ori, il teschio all'ingresso, i rosari appesi incutevano un senso di mistero amplificato dalla poca luce. Con la luce del telefonino ho spiato parole e nomi che le società di pie disposizioni, responsabili di quel luogo, avevano impresso su certi documenti.
Perché la geografia di un luogo si attagli d'improvviso all'emotività di ognuno di noi, non so spiegarlo. Certo è che qualcosa è arrivato dritto in fondo al mio cuore. Suscitandomi un'enorme emozione.

Sono tornata all'Oratorio diverse volte da allora. Per esempio, nell'estate del 2012, mentre il Santa Maria della Scala viveva con enorme difficoltà la sua apertura al pubblico, con diverse parti non accessibili: una pena enorme vederlo ridotto al limite delle sue possibilità.

Sono tornata all'Oratorio di recente. L'emozione mi ha travolta di nuovo: su quelle nicchie, su quei tendoni rossi, su ogni incertezza del pavimento ho talmente fantasticato da sentirlo -anche ora, illuminato e riaccessibile a tutti- un posto profondamente familiare.

I personaggi contemporanei della storia mi hanno fatto tornare in mente il romanzo Mangia Prega Ama di Elizabeth Gilbert. Lei lo ha letto? Se sì, ha per caso preso ispirazione in qualche modo dalla parte iniziale quando Elisabeth dopo una notte quasi stile 'Innominato' lascia il partner e intraprende un viaggio in Italia?
Non ho letto il libro, ho visto il film. Ma non ho mai pensato a quella storia, nella scrittura del romanzo. La verità è che viaggio e ricerca di sè aderiscono l'uno all'altro in modo inesorabile.

Cosa le piacerebbe che del suo romanzo Caterina della notte rimanesse a noi lettori?
L'idea che il nostro Paese poggi sulla bellezza, come quella evocata, e imposta come obiettivo ai governanti, nel Costituto senese del 1309. La volontà di proteggere dei luoghi che, a Siena o altrove, simboleggiano lo sforzo di accogliere gli altri, a partire dagli ultimi. E mi piacerebbe che Caterina da Siena, la santa che i libri ci hanno consegnato come la donna che compì la missione di riportare il papato da Avignone a Roma, fosse riscoperta nelle sue eredità più potenti e contemporanee: la forza dell'amore. E della scrittura.

Il doppio registro di linguaggio antico e moderno deve essere stato un bell'esercizio, per lei. Solo due parole ho trovato 'moderne' nel senso che nel Trecento credo non esistessero ancora: sifilide (capitolo XIII) e voci dell'argentina (capitolo XXIII). Ho preso io un abbaglio oppure sono sfuggite alla revisione del testo?
Giro i tuoi rilievi a Francesca Lang, che di parole antiche e moderne sa tutto. E vediamo cosa ne pensa lei.

E ti ringrazio di cuore per questa chiacchierata, che mi ha fatto tornare alle radici del mio libro, all'avventura di scriverlo, alla gioia pura di confrontarmi, oggi, con chi ha voglia di leggerlo.
Ringrazio io Sabina perché le sue risposte sono state illuminanti.

***

Che dire? dal darci del lei a darci del tu è stato un attimo. Grazie infinite Sabina!

Prima di salutarvi un consiglio spassionato: NON leggete l'ultima pagina del romanzo; vi privereste di un bellissimo colpo di scena. Io non l'ho neanche sfogliato perché l'ho letto in e-book ma sarei stata comunque avvantaggiata perché non ho l'abitudine di guardare l'indice o altre cose prima di iniziare a leggere un libro. Inizio dall'incipit e via fino alla fine.

Se aveste ancora bisogno di motivi per leggere Caterina della notte ve ne do 10 (più uno) per NON leggerlo ;-) Non sono io che vi dà questi motivi ma... curiosi? leggete qui