martedì 31 gennaio 2017

50 anni oggi e sentirli tutti. Buon compleanno a me!

50 anni oggi e sentirli tutti. Buon compleanno a me!

La foto di apertura del post è stata scattata il giorno 6-8-67. Lo so perché, da quando è nata mia sorella e poi io, mia mamma ha sempre scritto la data sul retro di ogni fotografia. Avevo sei mesi e qualche giorno. Mi spiace che non ci sia mio padre; ma c'era lui dietro l'obiettivo della macchina fotografica. Mi sembra quasi di sentirlo 'mimma, mimma, guarda qui!' e io invece con lo sguardo perso verso l'infinito e oltre ;-)

E' la foto che mi piace di più di quelle di quando ero piccola. Il sorriso amorevole di mia mamma, la premura con cui mi sostiene temendo forse che mia sorella mi faccia cadere ma non negandole il piacere di contribuire a sostenermi, il riso di mia sorella che si ritrova tra le mani il bambolotto che ero io. Insomma, si legge 'amore' in questa foto.

Veniamo all'oggi.

Negli ultimi mesi ho aspettato i miei cinquant'anni come quando da bambina non vedevo l'ora di compiere i dieci anni. All'epoca perché finalmente avrei raggiunto il numero con due cifre. I cinquanta invece? Per potermi guardare indietro, sorridere, commuovermi, perdonarmi, ringraziare e andare avanti in questa che considero la seconda parte della mia vita. Non la seconda metà, sia chiaro.

So che i buddisti non festeggiano il compleanno perché sarebbe come ricordare alla persona che li compie che si sta avvicinando sempre di più alla morte.

Io alla morte è da anni che ci penso, non perché abbia qualche malattia, ma perché è qualcosa a cui non possiamo sottrarci che che ne dicano gli scienziati che studiano la crioconservazione.

È come nascere. Dopo nove mesi la futura mamma, voglia o non voglia, terrorizzata o meno al solo pensiero del dolore che proverà, dovrà farsi forza e partorire perché quella creatura, noi all'inizio della nostra vita, farà di tutto per uscire dall'utero. Così la morte, la famosa 'livella' di Totò.

Cinquant'anni dicevo e sentirli tutti, come ho scritto nel titolo di questo post.

Ho convissuto con la sensazione di sentirmi sempre un passo indietro agli eventi; come quando ci viene in mente una replica brillante e calzante ad un complimento, una critica o una battuta e però questa replica arriva fuori tempo massimo e quindi dobbiamo tenerla per noi.

Per fortuna qualche treno è passato anche due volte nella mia vita e quindi ho avuto la mia seconda opportunità.

Ho coltivato individualismo, distacco e autonomia come conseguenza di una decisione presa dai miei genitori al posto mio in quanto ero minorenne. Non volevo che accadesse mai più di sentirmi così impotente nel non poter decidere io per me.

Da adulta ho capito quella decisione e non posso non ammettere che si è dimostrata vincente quindi mamma e papà, se avevate qualche rimasuglio di dubbio, sappiate che vi voglio bene e che so bene che non si nasce genitori ma che, di solito, si cerca di prendere le migliori decisioni per i propri figli e questo è quello che voi avete fatto trentasette anni fa per me e Paola trasferendoci tutti in Italia, il vostro paese nativo.

Sono rimasta 'figlia' nel senso che non ho generato a mia volta; in compenso sono due volte zia ed è un'esperienza bellissima. Mi piace farmi chiamare 'zia' ma il rapporto è quasi da sorella maggiore. Solo una volta ho sentito il bisogno di fare un discorso 'serio' ai miei nipoti; è stato per fargli sapere esplicitamente che io ci sarò sempre, per loro; ovviamente nei limiti della mia esistenza fisica. Certe cose vanno dette, ne sono convinta.

Se ho trovato la mia strada? Mi sento come se mi mancasse davvero pochissimo per raggiungere la piena comprensione, la formula magica per stare bene. Forse che quando arriverà, vorrà dire che sarò arrivata al capolinea? Lo dico con serenità, almeno nell'intenzione. O forse è l'essenza della verità dell'impermanenza? Tutto è in continuo mutamento per cui meglio continuare l'allenamento al problem solving.

Non chiedetemi se sono felice. Qualche intuizione ce l'ho e ci sto lavorando.

Mi rendo conto che anche queste righe potrebbero sembrare fuori tempo massimo; non so se a cinquant'anni le riflessioni e conclusioni a cui giungere devono essere altre. Non importa. Queste sono le mie.

Come festeggerò oggi? Non con fuochi d'artificio, no. Non sono mai stata una festaiola. In programma c'è: pranzo in famiglia per farmi coccolare dalle persone più care e che più di tutte hanno dovuto fare lo sforzo di 'accettare' quella che sono; sera a cena in un ristorante 'top' di Siena. È il regalo che mi fa la mia migliore amica, Simona, la testimone dei miei successi e insuccessi da quando ci conosciamo, ormai tanti anni. È bello avere una 'amica del cuore', come si dice da bambine. Approfitto per ringraziare il compagno di Simona e le bimbe perché ci permettono di continuare a coltivare questa amicizia. Mi rendo conto che per Simona è un tantino più complicato che per me scegliere ogni volta un giorno e un'ora da dedicare a quello che fanno di solito le amiche, chiacchierare, andare per negozi, per luoghi belli, a cena fuori. Nel farlo lei deve tener conto anche degli impegni con la propria famiglia.

Regali? Eh, questo sarà l'anno di New York! È il regalo che faccio a me stessa con il notevole contributo di mia sorella. Grazie Sister! Mancano nove mesi; sì come una gestazione. È che a gennaio non mi sembrava proprio il caso di andare a New York con tutto il freddo e la neve che fa. Vi ricordo che sono nata ai Tropici.

Abbiamo già acquistato biglietti aerei e prenotato l'albergo a due passi -dico 'due passi'- da Time Square e mi sembra già di essere lì.

Ci penso e sorrido da sola perché l'anno scorso di questi tempi ero proiettata al corso di meditazione Vipassana; quello in cui sono stata dieci giorni in silenzio etc. Quest'anno invece sono proiettata al viaggio a New York. Una bella differenza. Approfitto anche per dire alla mia capa che il corso ho voluto farlo entro il 2016 e prima dell'estate e l'inverno, temevo infatti di patire troppo caldo o troppo freddo, perché volevo fare questo passo 'prima' dei miei cinquant'anni. Ti chiedo quindi scusa per essere stata così insistente tanto che hai dovuto rinunciare alla tua settimana di ferie al mare. Grazie Gaia.

Ci sono altre persone da ringraziare, quelle che mi hanno accolto dandomi una possibilità, accettato, voluto bene perché era la loro vocazione, lavoro, indole o per amicizia ma soprattutto per come io sono. Ah! Quanta banalità pensavo si nascondesse dietro questa frase. La detestavo quando mi veniva detta perché la interpretavo come un non volersi mettere in rapporto con me. Ho imparato invece che accogliere, accettare o voler bene a una persona 'così come è' vuol dire 'rispetto'.

Sono persone che, sebbene alcune a loro insaputa, altre agli antipodi da me come stile di vita e scala di valori e altre frequentate per un breve tratto della mia vita, in comune hanno l'avermi insegnato e testimoniato con il loro agire che per raggiungere una meta bisogna che ci muoviamo noi in prima persona, nessuno lo farà al posto nostro.

Quindi dico grazie a Francesa, la mia compagna di banco al Liceo; Sante, Tina, la dott.ssa B. Marchi, la dott.ssa A. Signorini, Mauro, Luca, Gaia, Maurizio, Simona, mia sorella Paola, Andrea, Silvia, la mia insegnante di Yoga; e quindi a me stessa perché credo di aver fatto tesoro di quell'insegnamento anche se continuo a prendermi ogni volta un minuto per 'frignare' o per il '#maiunagioia' quando qualcosa va storto. Un minuto solo, però; giuro!

Ci sono ancora tre persone che voglio ricordare e ringraziare in maniera particolare in questo giorno perché non ci sono più. Si tratta di mio nonno Attilio; sua sorella Rosaria e mio padre, Remo. So che ci sono alcuni parenti a me cari che leggeranno questo post e quindi ci tengo ancora di più a ricordare queste persone.

Mio nonno perché non avrei potuto desiderare di meglio. Un nonno che mi ha viziato durante gli anni del Liceo portandomi sempre i gianduiotti 'Pernigotti' che mi piacevano così tanto che ci rimaneva malissimo quando non li trovava di quella marca. Un nonno rimasto vedovo tropo presto e che non ha mai preteso moine, bacini, smancerie etc da noi nipoti. Proprio adatto a me, in questo senso. Una persona semplice, aperta agli scherzi anche se riservata, signorile nei modi e nel vestire. D'altronde era sarto, e che sarto! Era un musicista, suonava il flicorno soprano nella banda del paese, ed era anche un amante dell'opera. Un nonno che negli anni 'Settanta prese l'aereo, da solo e per l'unica volta in vita sua, per venirci a trovare in Venezuela. Un nonno capace di prendere ogni giorno l'autobus per venirci a trovare in città ma che rifiutava sempre, con garbo e fermezza, di rimanere a dormire da noi. Ah, quanto gli somiglio in questo suo senso di indipendenza.

Mia zia Rosaria. Una donna minuta che ho conosciuto quando già l'artrosi deformante aveva piegato il suo busto quasi a novanta gradi. La ricordo con i suoi capelli grigio bianco raccolti in due trecce appuntate sul capo, gli orecchini d'oro a campanella, le sue gonne a campana che si faceva da sola, le presine di lana che faceva per tutti, le polpette di tonno e la frittata cotta nel grande camino della cucina della casa di famiglia. Il vezzo di acquistare la rivista di moda 'Anna', quando ne aveva possibilità. Le sue domeniche a giocare a tombola anche d'estate in casa di sua cugina. Anche lei è rimasta 'figlia'. Mi sono sempre chiesta se fosse stata felice. Lei era sempre gioiosa ma poi sentivi dirle 'La felicità non esiste', 'Tutto finisce' con quell'espressione in volto che forse tradiva un rimpianto. Chissà.

Mio padre...
Non mi ha tradito mai; proprio mai. Un grande lavoratore; da muratore - di quelli però che sapevano costruire una casa di sana pianta - a titolare in società di una azienda di trasporti. Uno dei ricordi che ho da bambina è quando all'inizio dell'anno scolastico si andava in libreria, 'la' libreria Maribe, ad acquistare i libri di testo e la sera stessa dopo cena mio padre li foderava perché non si sciupassero. Un rituale che si ripeteva ogni anno. Lui che foderava i libri e i quaderni sul grande tavolo della sala da pranzo, prima la carta fantasia e poi la carta trasparente, quella con la colla, e Paola e io insieme a mia mamma intorno al tavolo a guardarlo con ammirazione. Una persona che amava la vita e che era estremamente curiosa. Tra i suoi hobby quello del radioamatore. Con l'avvento dei computer e di internet ogni tanto mi chiamava per chiedermi come risolvere un intoppo. Gli avrei regalato volentieri un iPad. Si sarebbe divertito e avrebbe potuto alternare con la lettura, la radio, la settimana enigmistica i suoi giorni meno fortunati. È stato il primo ad insegnarmi che bisogna darsi da fare in primis per raggiungere i nostri obiettivi, sia in tempi di grassa che di magra. Infatti lo stesso insegnamento mi ha dato quando il lavoro gli è andato meno bene e quando poi la malattia lo ha messo a dura prova fino a portarcelo via. Credo di non essermi resa conto fino in fondo della sua malattia tanto lui non ci ha mai fatto pesare il dolore e la sofferenza che provava. Mi spiace non aver avuto il privilegio che ha avuto invece mia sorella Paola e cioè quello di cogliere il suo ultimo espiro.

No, non ho finito...

Mamma, tu ci sei ancora. Credevi non ti avrei dedicato pubblicamente un pensiero, in questo giorno? Grazie di tutto e sappi che sono orgogliosa di averti come mamma. Anche tu hai fatto passi da gigante nella tua vita. Non aggiungo altro perché lo sai, no? Poi tu te ne approfitti ;-) Spero che Paola ti faccia leggere questo post.

E ora, che abbia inizio il mio cinquantesimo; o che finisca, come meglio preferite. È un po' come il dibattito sul terzo millennio: è iniziato nel 2000 o nel 2001? Decidete voi! :-)

Salva

lunedì 30 gennaio 2017

Orti di Siena per #betuscan de @iltirreno

Orti di Siena per #betuscan de @iltirreno

Come vi avevo anticipato qualche settimana fa, sono stata coinvolta in un progetto fotografico/social su Instagram - #betuscan  - lanciato dal profilo @iltirreno del giornale il Tirreno.

In pratica ogni settimana, attraverso gli admin delle community toscane di Igers, viene coinvolto un instagramer 'stanziale' di una città o borgo della Toscana per raccontare la sua località attraverso una foto al giorno, magari con un filo conduttore, ciascuna accompagnata da una didascalia.

Io sono stata coinvolta nel progetto da Antonio Cinotti, uno degli admin del profilo @igerssiena e la cosa mi ha fatto estremamente piacere, come potrete immaginare.

Avevo buttato giù diverse idee e dopo essermi confrontata con Antonio e con altre persone ho scelto quello degli Orti di Siena oggi diventati per lo più giardini pubblici.

Fa parte comunque del fascino di Siena, città circondata da mura, scorgere un angolo di verde dove meno te l'aspetti.

Ecco gli Orti di Siena che ho scelto per #betuscan e che, se siete su Instagram, trovate nel profilo @iltirreno. Non le ho incorporate direttamente da Instagram perché credo lo farà @iltirreno sulla versione on line del quotidiano e poi perché mi faceva piacere farvele vedere nel loro formato originale.

Orti de' Tolomei


Siena: Orti de' Tolomei

La scultura The Drop (La Goccia) di Tony Cragg è diventato il simbolo degli Orti de' Tolomei dai quali c'è una vista stupenda su Siena, quella della foto che ho messo ad apertura del post. I senesi con una punta di snobismo l'hanno ribattezzata 'la pera'.

Orto Botanico


Siena: Orto Botanico

Mi piace molto passeggiare per i viottoli dell'Orto Botanico di Siena ma per #betuscan ho scelto la serra grande delle 'succulente'. Forse un richiamo dettato dalla terra tropicale che mi ha dato i natali.

Orti della Fonte delle Monache


Siena: Orti della Fonte delle Monache

Secondo me Ambrogio Lorenzetti è venuto qui quando stava dipingendo Gli effetti del Buon Governo in Città e in Campagna. Per capire a cosa mi riferisco andate a vedere i suoi affreschi nella Sala della Pace di Palazzo Pubblico in Piazza del Campo.

Orto Urbano al Costone (panorama)


Siena: Orto Urbano al Costone (panorama)

Questa foto l'ho scattata due anni fa quando è stato inaugurato l'Orto Urbano al Costone perché l'apertura è prevista solo durante la bella stagione. La vista toglie davvero il fiato perché la distanza sembra ridottissima.

Orto del Verchione


Siena: Orto del Verchione

Questo orto è l'ultimo arrivato in ordine di tempo. Si tratta di giardini - ex orti del Santa Maria della Scala, inaugurati l'estate scorsa. Si trovano nel territorio della Contrada dell'Aquila per cui rimane a loro uso esclusivo durante i giorni del Palio e della Festa Titolare.

Giardini degli Orbachi


Siena: Giardini degli Orbachi

Un angolo nascosto nella Contrada del Bruco. Il nome ‘orbachi’ ha origine dalle piante di alloro che dovevano essere numerose in questi orti oggi giardini, tanto da lasciare l’impronta toponomastica. L’antico nome del laurus nobilis, infatti, era ‘orbaco’ e deriva dal nome del frutto che produce: l’orbacca o bacca d’alloro. (Fonte: Strad(N)ario di Roberto Cresti e Maura Martellucci).

Orto de' Pecci


Siena: Orto de' Pecci

Qui davvero sembra di essere in campagna e invece siamo all'ombra della Torre del Mangia!

Ho ricevuto più di 100 like a foto cosa che ancora non succede con il mio profilo personale quindi sono molto soddisfatta.

Ma non è finita qui. Oltre alle foto, il progetto #betuscan prevede un'intervista all'instagramer della settimana; quindi anche a me.

È la prima volta in assoluto, se ricordo bene, che vengo intervistata.

Un pomeriggio della settimana appena trascorsa mi ha telefonato Paola Taddeucci, che scrive per il Tirreno, e forse, proprio perché non sapevo 'quando' mi avrebbe contattato e quindi mi ha preso alla sprovvista, ho risposto con spontaneità e senza agitarmi. Grazie Paola per avermi messa a mio agio!

Il cartaceo de Il Tirreno mi sembra che non arrivi a Siena per cui grazie ai mezzi ipertecnologici di cui disponiamo oggi, in un batter d'occhio, anzi con un velocissimo whatsapp, ho ricevuto la foto della pagina del giornale con il riassunto fatto da Paola della nostra chiacchierata.

Orti di Siena per #betuscan de @iltirreno

A me è piaciuto molto l'articolo. A voi? Qui trovate la versione online.

Bene, mi sono goduta questi quindici minuti di popolarità e ora torno al mio tran tran quotidiano.

lunedì 23 gennaio 2017

Riso Nero di Sherwood Anderson

Riso Nero di Sherwood Anderson

Riso Nero di Sherwood Anderson (1925) nella traduzione di Marina Pirulli (2016) per Cliquot.

Riso Nero ovvero le risa di derisione delle negre che ‘non hanno senso morale’ nei confronti di quello falso dei bianchi; ma non solo.

Siamo negli anni ’20 del secolo scorso, dopo la Grande Guerra, a Old Harbor, una cittadina fluviale nell’Indiana, negli Stati Uniti d’America.

John Stockton, 34 anni, ex giornalista a Chicago con il fiuto per le notizie, lascia moglie, lavoro e città per ‘Me Stesso’, una terra che in pochi conoscono.

Lo ritroviamo nella città della sua infanzia, Old Harbor, con un nome nuovo, Bruce Dudley, a fare l’operaio nel reparto verniciatura di una fabbrica di ruote.

Bruce incontra Aline, moglie di Fred, proprietario della fabbrica dove lavora, e fa esperienza di quello che crede essere il punto culminante della sua vita, di quella sensazione di ‘assorbimento’ mai provata con la moglie Bernice.

Riso Nero narra con realismo i meccanismi psicologici che si attivano quando accade l’innamoramento tra due persone che non hanno la strada spianata perché si tratta di una seconda occasione, quando la prima non si è ancora conclusa definitivamente, in un mondo permeato dalle convenzioni sociali come quello del periodo storico in cui la storia è ambientata.

Riso Nero rientra in quelle storie di ‘amore ossessivo in letteratura’ che tanto amo.

Mi è piaciuta la delicatezza non priva della giusta tensione ma senza sensazionalismi con cui Anderson racconta di Bruce e Aline.

Altri personaggi popolano il romanzo e su tutti mi ha conquistato Sponge Martin, il collega in fabbrica di Bruce. Ho trovato irresistibile il suo ‘rituale’ con la moglie ogni giorno di paga: andare a cena al ristorante in grande stile, procurarsi panini e whisky e andare a pesca al fiume.

Commovente, secondo me, dal punto di vista della storia della comunicazione leggere della pubblicità come 'novità' per emergere dalla concorrenza per quanto riguarda la fabbrica di Fred Grey.

Come finisce il rapporto tra Bruce e Aline? Scoprirlo è un buon motivo per leggere il libro.

lunedì 16 gennaio 2017

#siena365: resoconto progetto fotografico

Progetto fotografico #siena365 + 1 jolly anno 2016

L'anno scorso, sulla scia forse delle tante proposte online di progetti che prevedevano l'invio per e-mail di un contenuto al giorno, è venuta anche a me l'idea del progetto #siena365.

In cosa consisteva il progetto #siena365? avevo preparato 365 bigliettini + 1, visto che l'anno era bisestile, ciascuno con il nome di una via, un monumento, una curiosità, un qualcosa di Siena.

I bigliettini li avevo poi piegati uno per uno e li avevo messi in un vaso, quello della foto.

Ogni giorno del 2016 ho 'pescato' dal vaso un bigliettino, ho fotografato con l'ipad quello che era indicato all'interno del bigliettino e l'ho pubblicato con l'hashtag #siena365 nel mio profilo Instagram, Twitter e nella pagina Facebook del blog.

La novità per me, che comunque già pubblicavo con una certa continuità foto su Siena, è stata nel fatto che ogni giorno era una 'sorpresa' anche per me perché non sapevo cosa avrei dovuto fotografare.

Il progetto è stato seguito con affetto direi da chi segue la pagina Facebook del blog, quasi tutti senesi o innamorati di Siena come la sottoscritta. Nessuna delle foto è stata da me sponsorizzata. Sapevo di persone che ogni giorno davano un'occhiata alla pagina per vedere cosa avevo pubblicato e ciò mi ha molto gratificato.

Il 31 dicembre 2016, con l'ultima foto del progetto, qualcuno era dispiaciuto che non proseguissi. L'ho rassicurato dicendo che no avrei smesso di fare e pubblicare foto su Siena ma con un'altro ritmo.

La foto che scattavo ogni giorno mi portava via come minimo un'ora di tempo nel mentre che, appena uscita dal lavoro soprattutto d'inverno che fa buio presto,  raggiungevo a piedi il luogo a volte distante da dove mi trovavo per fare la foto, editarla un minimo e pubblicarla sui tre social.

Qualche volta, anche se poche, ho fato fatica perché magari pioveva o faceva freddo e avrei voluto andarmene dritta a casa.

Solo in tre occasioni ho scattato le foto in anticipo: quando sono stata allo stage di Yoga per tre giorni ad aprile, quando sono stata al corso di meditazione Viapassana per dieci giorni a giugno e quando sono stata una settimana in ferie al mare ad agosto.

Per i dieci giorni del corso di meditazione Vipassana in cui ho rispettato il nobile silenzio ho preferito non programmare i post ma pubblicarli tutti prima della mia partenza.

#siena365 l'ho fatto con piacere ed entusiasmo.

Ora mi piace dare qualche numero, per puro gusto di completezza, facendo una classifica delle foto che hanno ricevuto il maggior gradimento.

Siccome le foto riguardano Siena, a Siena si corre il Palio e il premio, il Drappellone, è solo uno e lo vince chi arriva per primo, anche la mia classifica indicherà un unico vincitore per categoria, ok? :-)

Iniziamo, allora.

#siena365 su Facebook (774 follower)

La foto che ha ricevuto più 'mi piace' è stata quella pubblicata il 16 gennaio 2016. Si tratta di un angolo inconfondibile di Siena, all'inizio di Via Cecco Angiolieri: 58 mi piace.


#siena365 #16gennaio2016 #giorno16 Via Cecco Angiolieri

La fotografia che è stata maggiormente condivisa è stata quella del 24 gennaio 2016. Si tratta di Porta Tufi: 13 condivisioni.


#siena365 #24gennaio2016 #giorno24 Porta Tufi

Ho scelto di fotografare Porta Tufi dall'interno perché quella mattina, dopo l'estrazione del bigliettino e prima di andare a fare la foto, avevo dato un'occhiata allo Strad(N)ario di Maura Martellucci e Roberto Cresti per saperne un po' di più su questa Porta.

Ho trovato scritto che Porta Tufi era già presente in un progetto del 1247, che fu realizzata a metà del 'Trecento ma che il collegamento con Porta San Marco fu ultimato solo ai primi del Quattrocento.

Gli autori, Maura e Roberto, commentano nel libro che si può ben comprendere il giubilo per la conclusione di una così sospirata opera, festeggiata con una lauta 'colazione in su la torricella con buoni polli e buoni capretti e buoni vini', come racconta il cronista Paolo di Tommaso Montauri.

Ecco, mentre sceglievo da quale parte fare la foto, ho immaginato questi che facevano colazione lassù, all'interno della torricella, e quindi ho deciso di fotografarla da Via Pier Andrea Mattioli.

La fotografia che è stata maggiormente commentata  è stata quella pubblicata il 14 marzo 2016, forse perché l'ho proposta come indovinello. Si tratta dello skyline di Siena da Villa del Sole (in Via del Sole): 23 commenti.


#siena365 #14marzo2016 #giorno73 Skyline di Siena da Villa del Sole

#siena365 su Instagram (558 follower)

La foto più apprezzata è stata quella pubblicata il 31 dicembre 2016. Si tratta dello skyline di Siena da San Domenico: 104 cuoricini.

#siena365 #31dicembre2016 #giorno365 Skyline di Siena da San Domenico

La fotografia più commentata è stata quella pubblicata il 13 marzo 2016. Si tratta della porta del morto in Via Stalloreggi: 6 commenti.

#siena365 #13marzo2016 #giorno72 Porta del morto in Via Stalloreggi

La porta del morto era una struttura tipica delle abitazioni del Medioevo che si contraddistingueva per l’accentuata strettezza e per il fatto di trovarsi al di sopra del livello della strada. Motivo? secondo la cultura popolare, far uscire dall’abitazione solo il corpo del defunto e permettere al suo spirito di rimanere in casa. In realtà, l'uso di un ingresso rialzato era legato ad esigenze difensive. Le scale in legno che permettevano l'accesso potevano infatti essere facilmente ritirate. (Fonte: Martina Dei, guida di Siena, durante le Scoperte del giovedì di qualche anno fa.)

Il profilo @EnjoySiena, che ringrazio anche da qui, ha fatto repost di quattro foto del progetto #siena365. Di queste quattro quella che ha ricevuto il maggior gradimento da parte dei seguaci del profilo è stata quella pubblicata il 27 novembre 2016. Si tratta del Vicolo del Trapasso:  209 cuoricini
#siena365 #27novembre2016 #giorno331 Vicolo del Trapasso

#siena365 su Twitter (663 follower)

La fotografia più apprezzata è stata quella pubblicata il 22 agosto 2016. Si tratta del Vicolo della  Palla a Corda: 14 cuoricini


#siena365 #22gosto2016 #giorno234 Vicolo della Palla a Corda

Ex equo due le fotografie che sono state maggiormente retwittate. Si tratta de il Vicolo di San Girolamo pubblicata il 20 febbraio 2016 (devo confessare con mia grande sorpresa perché sinceramente non mi sembra una delle foto venute meglio) e di Via dei Percennesi pubblicata il 16 ottobre 2016: 5 retweet


#siena365 #20febbraio2016 #giorno51 Vicolo di San Girolamo

#siena365 #16 ottobre 2016 #giorno289 Via dei Percennesi

Questi i 'numeri' sui Social.

Personalmente mi ha dato molta soddisfazione la foto pubblicata il 19 gennaio 2016. Si tratta della Chiesa di San Pietro alla Magione e la soddisfazione è data dal fatto che sono riuscita a farla rientrare nell'inquadratura senza alcuna inclinazione.

#siena365 #19gennaio2016 #giorno19 Chiesa di San Pietro alla Magione

Riguardando tutte le foto invece la mia preferita è quella pubblicata il 27 giugno 2016. Si tratta del Vicolo del Tiratoio.

#siena365 #27giugno2016 #giorno178 Vicolo del Tiratoio

Se ci sono state foto che non hanno ricevuto alcun apprezzamento? certo che sì. Ho notato soprattutto quelle relative al progetto di arte contemporanea Tempo Zulu. Non che ritraessero soggetti 'belli' da guardare ma almeno un po' di curiosità credevo l'avrebbero suscitata come l'avevano suscitata a me quando ne sono venuta a conoscenza la prima volta e invece niente. Forse già lo conoscevano il progetto? chissà!

Quest'anno niente #siena365. Prossimamente però parteciperò ad un progetto fotografico per il tempo di una settimana, A conclusione dell'esperienza, vi riferirò qui.

Nel frattempo, se vi è venuta voglia di scorrere tutte le foto di #siena365 anno 2016 potete farlo da qui e magari poi tornate in questo post per dirmi qual è la vostra fotografia preferita ;-)

lunedì 9 gennaio 2017

Serse al Caveau di Serena Fineschi

Siena: Serse al Caveau di Serena Fineschi

Siena: Serse al Caveau di Serena Fineschi

Siena: Serse al Caveau di Serena Fineschi

Siamo all'undicesimo mese del progetto ma alla decima 'idea' esposta nel piccolo Caveau nel Vicolo del Coltellinaio a Siena. Quella di ottobre infatti, di Ilaria Mariotti, è rimasta esposta per due mesi.

La decima idea è dell'artista Serse e rimarrà esposta fino al 25 gennaio, salvo sorprese; infatti solo Serena Fineschi conosce per intero il suo progetto.

Tornando a Serse, ancora una volta sono rimasta spiazzata dal Caveau di Serena nel senso che mi aspettavo - chissà poi per quale motivo - qualcosa di più 'appariscente' - forse perché era Natale? - e invece... mi sono ritrovata questo accenno di luce che mi ha ricordato un verso di una poesia d'amore di Vicente Aleixandre 'entre dos oscuridades un relámpago' (tra due oscurità un fulmine).

Certo, qui non si tratta di un fulmine ma di un accenno di sole. E, leggendo su Sienafree.it la 'spiegazione' data dall'artista della sua idea, mi sembra quasi che io l'abbia interpretata all'incontrario, o forse no?

Comunque, ecco cosa ha detto Serse.

***

Monade è la cassaforte dell’anima. Un disegno che si mostra come una finestra aperta sul mondo. “Non era per noi, figli del Rinascimento italiano, tutto cominciato con la 'fenestra aperta'? Vale a dire il ‘quadro’ come si intendeva da Leon Battista Alberti in poi, la superficie dove si trascriveva minuziosamente il mondo in tutta la sua pluralità”  Inizia con queste parole la riflessione di Serse.

Sotto i nostri occhi, l’opera di Serse sembra suggerirci che riusciremo a vederla solo se accetteremo di essere ciechi di fronte ad essa. “Come artista sono stato sottoposto, dopo l’esperienza iconoclasta della finestra di vetri neri di Duchamp (Fresh Widow, 1920


Duchamp: Fresh Widow, 1920

e dalla definitiva chiusura del sipario sancita dal Quadrato Nero di Malevič, all’ineluttabile stato di ‘preventiva cecità’.

Malevič: Quadrato Nero

'Lo sguardo e' un punto cieco che non riflette la luce la inghiotte' (J.-P. Sartre, Visages, Parigi 1948). L’enunciato sartriano ci ricorda l’impossibilità di relazionarci con il mondo attraverso lo sguardo che non ha piu' luce - spiega l’artista - Siamo chiusi in una stanza buia inibiti a vedere l’esterno, esclusi da ogni possibilità di rapportarci con esso, siamo dentro lo spazio cieco di una ‘monade’ che non ha varchi. E' esclusa la presa diretta con il mondo. Non si sta descrivendo un esterno ma un interno, dunque un ‘paesaggio dell’anima’.

Serse non ha dubbi: alla visione neo-neolitica, dove la pietra tecnologica è il silicio, alla simulazione informatica e al consumo eccitato di immagini, egli preferisce una riduzione della vista, un velo opaco e progressivo che mi porta fino al limite della cecità. A dirla con le parole di Henri Bergson:'Vivere l’esperienza della verificazione interna in tutta la sua durata'. All’onnipresenza, al fagocitare bulimico, di immagini che caratterizza il nostro tempo, allo stato permanente di stallo che e' il risultato dell’incessante sovrapposizione di fotogrammi e compressione di icone, l’artista preferisce “l’inconsueto atteggiamento di pittore di ‘antica contemporaneità'.

***

Gli altri artisti che hanno esposto la loro idea nel singolare Caveau di Serena Fineschi a Siena li trovi nella categoria Caveau

lunedì 2 gennaio 2017

Ascoltare, il mio mantra per il 2017

I maestri di crescita personale che mi è capitato di incrociare nella vita reale e nel web suggeriscono, soprattutto all'inizio di un nuovo anno, di scegliere un obiettivo da realizzare entro un certo periodo di tempo e di identificarlo con una parola che faccia da promemoria, un mantra.

Ascoltare, il mio mantra per il 2017

Questo obiettivo da realizzare dovrebbe essere qualcosa di concreto.

Ebbene, anch'io quest'anno voglio focalizzare la mia attenzione su un obiettivo che all'apparenza può non sembrare concreto ma che per me invece lo è, se mi guardo indietro.

Quale sarà quindi il mio obiettivo? Quale sarà il mio mantra per il 2017?

Il mio mantra per il 2017 sarà: ascoltare.

Più precisamente, ascoltare gli altri senza interromperli per non permettere che prendano il sopravvento le 'mie' regole anticipando un giudizio di valore che potrebbe rivelarsi errato poiché condizionato dalla pretesa che solo la mia visione delle cose e la mia personale modalità di attuazione della stessa siano quelle corrette.

Ascoltare inteso non solo durante le comunicazioni orali ma anche in quelle scritte come possono essere i post pubblicati sui social o  le comunicazioni scritte che riguardano il lavoro. Gran parte della sfida di questo mantra si giocherà sul lavoro, ne sono certa e al tempo stesso entusiasta.

Ascoltare sarà un primo passo per allenarmi ad un obiettivo più grande; obiettivo di cui negli anni ho cominciato ad avvertire l'urgenza e che mi si è chiarito grazie al libro Indipendenza emotiva di Giacomo Papasidero per Tempovissuto edizioni.

Anzi, più che 'chiarito' come definizione me lo ha reso 'fattibile' operativamente.

Sto parlando dell'amore incondizionato.

Non aggiungo altro perché mi rendo conto che detta così, senza preavviso, può suscitare anche ilarità. Farò finta, solo per questa volta, di non aver 'sentito' niente (ma come?! a quasi cinquant'anni suonati ancora non ha imparato ad ascoltare e ad amare senza chiedere niente in cambio? ma sono le basi del buon vivere etc etc) ;-)

Come intendo realizzare il mio mantra?

Con l'aiuto della meditazione Vipassana e dello Yoga, per osservare ed ascoltare il mio corpo, e del Diario emotivo.

Cos'è il Diario emotivo? ogni volta che durante la mia giornata proverò un'emozione mi chiederò:
- cosa ho provato cioè quale emozione (rabbia, tradimento, tristezza, fastidio, gioia, felicità)
- cosa è accaduto cioè la situazione oggettiva che ho vissuto
- cosa ho pensato cioè quale giudizio di valore ho espresso tra me e me

A questo punto sarò in grado di:
- identificare la regola personale, la pretesa, che ho applicato per la valutazione
- giocare a cambiare il contesto per vedere se anche l'emozione cambia
- impiegare le mie energie per la ricerca di soluzioni senza perdere tempo nel cercare un colpevole e, se necessario, dando sempre una seconda possibilità.

Questo è solo un assaggio del libro di Papasidero ma è quanto mi serve per realizzare il mio mantra.

Cosa c'entra il Diario emotivo con l'ascolto? c'entra perché un ascolto distratto o parziale genera valutazioni non corrette e reazioni emotive negative.

Ho già fatto qualche prova del Diario emotivo prima dello scatto della mezzanotte e devo dire che questo esercizio è efficace. E' per questo che ho deciso di continuarlo nel 2017.

Fatemi un bell'imbocca al lupo, please :-)