lunedì 31 ottobre 2016

Badia a Monastero nel Chianti

Badia a Monastero nel Chianti

Ieri sono stata alla presentazione del libro Torri, casseri e fortezze nel Chianti, della collana Fortificare con arte, di Francesca Marchetti, Giovanni Mazzini ed Ettore Pellegrini per Betti Editrice e ho scoperto che è stato oggetto di studio per questa pubblicazione anche Badia a Monastero che avevo visitato qualche anno fa.

Badia a Monastero nel Chianti

Sono quindi andata a recuperare le foto che avevo fatto in quell'occasione perché il complesso mi era piaciuto moltissimo.

Badia a Monastero nel Chianti

Mi sono ricordata anche però di quanto fosse stato difficile raggiungerlo in quanto le indicazioni ora c'erano ora no. Quindi per fare un servizio 'utile all'umanità' ecco qualche dritta.

Badia a Monastero nel Chianti

Intanto memorizzate questi due nomi Abbadia d'Ombrone e Abbazia Monastero

Il primo perché è quello che trovate sul cartello stradale (da Siena, superstrada per Roma, uscita Colonna del Grillo, seguite per Bucine tenendo d'occhio il lato sinistro della strada). 

Il secondo invece è quello che trovate sul navigatore del vostro smartphone.

Badia a Monastero nel Chianti

Una volta arrivati ne vale davvero la pena.

Badia a Monastero nel Chianti

Il cipresso all'ingresso del viale principale e il prato tutto intorno mi hanno ricordato l'Abbazia di Sant'Antimo nella zona del Brunello. 

L'interno non è visitabile perché è proprietà privata ma ci tornerei volentieri anche solo per fare un pic nic e poi rilassarmi magari leggendo un libro.


C'è anche un giardino privato, molto curato, dove c'è un ponte levatoio in legno con acceso alla proprietà. 

Peccato non ci si possa entrare nel giardino. 

Quando ci sono stata io questo non lo sapevo e sono entrata perché ho trovato il cancello aperto (ho saputo poi che era stato lasciato aperto dal giardiniere). 

Il tempo di fare qualche foto, di sederci su una panchina per ammirare meglio il tutto ed io e mia sorella siamo state avvistate a sollecitate ad andare via :-(


Da Badia a Monastero, se si ha altro tempo a disposizione, ci si può dirigere ad esempio verso San Gusmè, località fortificata anch'esso oggetto di studio nella pubblicazione di cui all'inizio del post.

lunedì 24 ottobre 2016

Vittorio Corsini al Caveau di Serena Fineschi

Siena: Vittorio Corsini al Caveau di Serena Finschi


L'ottava idea esposta nel piccolo Caveau nel Vicolo del Coltellinaio a Siena è dell'artista Vittorio Corsini. Rimarrà esposta fino al 25 ottobre.

Ha riferito in proposito Corsini su Sienafree.it

Il nero della parola e il nero del segno lasciano sul foglio una traccia dello stesso passaggio o forse è la traccia stessa a scandirne il passaggio. Questo lavoro iniziato a quattro mani non era mai stato pubblicato finora. Quando ho ricevuto l’invito di Serena Fineschi a partecipare a questo interessante progetto, ho sentito dentro di me che era arrivato il momento di portarlo alla luce, almeno in parte.

Ecco il testo della poesia di Paolo Aita, conosciuto da Corsini ai tempi dell'Università, che accompagna - a commento? -  il disegno di Corsini:

Attecchire. Come un atto
segue l'altro. Cieco,
perso nella sua caparbia
testimonianza a un mondo
dove un forno, un letto
tu, come fauci, adori.

***

Gli altri artisti che hanno esposto la loro idea nel singolare Caveau di Serena Fineschi a Siena li trovi nella categoria Caveau

lunedì 17 ottobre 2016

Cena delle Vittorie: #vincesololalupa

Siena: Cena delle Vittorie per il cappotto della Contrada della Lupa

Che serata che è stata quella della Cena delle Vittorie del cappotto della Contrada della Lupa...

Dunque, il post sul cappotto della Contrada della Lupa l'avevo concluso dicendo che avrei potuto onorare la Contrada indossando anch'io un bel cappottino per la Cena delle Vittorie e così è stato; ma permettetemi di ripercorrere con voi questa puntata sul Palio di Siena 2016 per come l'ho vissuta io che, ricordo per chi è la prima volta che capita in questo blog, non appartengo a nessuna contrada di Siena.

Di tanto guardare le previsioni del meteo su svariati portali alla fine il tempo lo scherzetto non ce l'ha risparmiato perché sì, la Cena era prevista per l'8 ottobre ma siccome le ultime previsioni meteo del giorno stesso mettevano pioggia la Contrada ha deciso di spostarla al giorno dopo che doveva essere sereno.

Già una decisione del genere la Contrada l'aveva presa la settimana prima anticipando la Festa delle Vittorie - tra l'altro bellissima - di un giorno il che era risultato vincente.

Per la Cena delle Vittorie invece...

Siena: Cena delle Vittorie per il cappotto della Contrada della Lupa
Foto di Alessia Bruchi

Pioggia per poco più di un'ora il che ha significato mangiare sotto gli ombrelli e, stipati come eravamo, fornire un surplus di pioggia al vicino di tavola ogni volta che per un motivo o per l'altro o semplicemente per sbadataggine si cambiava posizione all'ombrello per sistemarlo meglio, vettovaglie immerse nell'acqua, pane a mollo, vino 'naturalmente' annacquato e vestiti fradici.

L'unica cosa che si è salvata sono state le estremità inferiori (sotto al tavolo per fortuna la pioggia non arrivava) e forse è grazie a questo che non ci siamo ammalati in massa perché, come dice mia mamma, l'importante in questi casi è fare in modo di non rimanere a lungo con i piedi bagnati.

E gli animi? In alto come i cuor!

E il cibo? a me è piaciuto molto e mettere a tavola circa o più di duemila persone in quelle condizioni meteo, anche se è il tuo lavoro, credo comunque sia stato impegnativo per cui complimenti a tutto il personale del catering.

Una serata così non può che rimanere indimenticabile per tutti i commensali presenti che, contradaioli e non, non sono stati minimamente sfiorati dall'idea di andarsene. Anche i camerieri ricorderanno questa serata secondo me. Hanno dovuto lavorare in quelle condizioni con un solo interrogativo stampato sul volto: 'ma cosa aspettate ad andare via?!' Rispondo io per tutti: non saremmo mai e poi mai andati via e la motivazione è da trovare solo nell'essenza della Contrada e a chi riesce a trasmetterla a chi come me della Contrada non è.

Il tempo ci ha graziato solo alle 21.48 (ho guardato l'orologio apposta. Volevo conservare nella mia memoria anche quel momento) e fradici come eravamo, ma con un ultimo senso di liberazione, la serata è proseguita alla grande con canti, balli e grande commozione guardando i bellissimi filmati sulle due corse di Luglio e Agosto e poi durante la consegna dei regali ai protagonisti di questo pezzo di Storia del Palio di Siena fino al gran finale con i fuochi d'artificio.

Insomma, è stata una serata bella ma surreale e dire che non era per niente scontato che io potessi prenderne parte, sapete?

E sì, in questa estate 2016 ho imparato qualcosa in più sul Palio di Siena e cioè cosa succede in Contrada dopo aver vinto un Palio, addirittura dopo un 'cappotto' e ciò mi ha permesso soprattutto di avere una percezione ancora più chiara di cosa un esterno anche se con legami familiari - come me - o di amicizia con un contradaiolo può condividere al cento per cento e cosa no.

Quando ho scritto il post con le #100cosedafareprimadimorire non avevo idea di quanto non fosse per niente scontato la numero 91 e cioè 'Andare alla Cena della Vittoria della Contrada della Lupa a Siena'.

Vedete, se è vero che la Cena della Vittoria che la contrada vincitrice di un Palio organizza è aperta a tutti è vero anche che c'è una gerarchia di commensali di qualità determinata da un vero e proprio regolamento che ogni Contrada redige.

Di un tale regolamento io ero proprio all'oscuro non avendo mai partecipato prima d'ora ad una Cena della Vittoria tanto che l'avevo proposto persino a dei clienti dell'albergo dove lavoro e che ogni anno vengono per il Palio di agosto...

Il regolamento della Contrada della Lupa mi è sembrato particolarmente articolato tanto che ad un certo punto mi sono fatta talmente suggestionare che ho temuto di non avere i requisiti per poter partecipare nemmeno da esterna, con estranei, nella postazione meno buona più sfigata vista la conformazione del territorio della Contrada della Lupa rispetto al numero previsto di commensali da mettere a sedere.

Il problema che si è presentato subito leggendo il regolamento è che i commensali di qualità che avessero voluto portare alla Cena delle Vittorie coniugi, figli, fratelli e ascendenti non protettori(*) avrebbero dovuto ripiegare sulla scelta di una zona diversa da quella riservata ai soli protettori qualora avessero dato la priorità a stare a tavola insieme con i propri congiunti. L'alternativa sarebbe stata quella di dividersi, cosa che non a tutti ha convinto.

Qualcuno avrebbe voluto addirittura solo commensali di qualità.

Diciamo che dopo una lunga riflessione sono arrivata ad accettare e a rispettare questo desiderio senza giudicarlo.

Per mia fortuna questo auspicio non è diventato regola e posso quindi dirvi che ce l'ho fatta a prendere il biglietto e la sera del 9 ottobre 2016 ero lì, nel posto numero 1373, davanti a Fontenuova, nella zona B. Mi è andata di lusso; abbondantemente oltre le mie aspettative.

Di questo devo ringraziare mia sorella Paola (lei sapeva benissimo quanto io ci tenessi) che dalle 8 di mattina del 23 settembre si è messa in fila per essere la prima a poter acquistare i biglietti appena aprivano la vendita nel tardo pomeriggio e una sua amica che, per maggiore anzianità di protettorato, è stata così gentile da 'traghettarci' tutti nella zona B.

Mio nipote, giustamente, è rimasto nella zona A con i suoi amici di Contrada. L'avete visto, si, nella foto di apertura del post? E' quello che guarda verso di me, tutto sorridente, in fondo a destra :-)

Vi starete domandano forse come mai la 'posizione' è così importante. Cosa c'è da vedere? Be, intanto l'ingresso trionfale dei due Drappelloni, del Capitano/Priore, del Fantino Jonatan Bartoletti e di tutto il Consiglio sottolineato da adeguato accompagnamento musicale che si è trasformato poi in silenzio assoluto per accogliere Preziosa Penelope, la cavalla vittoriosa. E infine l'atmosfera tutta di questo evento eccezionale.

Chissà se sono riuscita a trasmettervi un briciolo di come ho vissuto questo evento e se minimamente si avvicina a quello che un lupaiolo ha provato.

Io sono felice di avervi assistito.

Sarà forse questo l'ultimo post relativo all'annata eccezionale della Contrada della Lupa? Forse si, forse no.

Mi piacerebbe parlarvi di un'altra cosa che mi ha colpito tantissimo riguardo al cappotto della Contrada della Lupa. Vediamo se riesco a finalizzarla in un post.

Per ora, passo è chiudo!



(*) Protettori: coloro che sostengono la Contrada economicamente.

lunedì 10 ottobre 2016

Intervista a Serena Fineschi, artista senese

Serena Fineschi: Senza titolo, 2016. Mappamondo risalente al IXX sec., abrasione.
Serena Fineschi: Senza titolo, 2016. Mappamondo risalente al IXX sec., abrasione.

La rubrica 'interviste' di My Day Worth questa volta mi permette di approfondire la poetica dell'artista senese Serena Fineschi.

L'idea mi è venuta da quando ho iniziato a seguire il suo progetto Caveau - Idee mai nate, attualmente in corso a Siena. Ogni mese, dal 25 febbraio 2016, e per un anno Serena espone in una piccola edicola incastonata in un palazzo del centro storico di Siena una 'Idea' mai prima divulgata dal suo autore.

Prima di entrare nel vivo dell'intervista però, una breve biografia.

***
Serena Fineschi

Vive e lavora tra Siena e Bruxelles.

Il suo lavoro, espresso con diversi media, si concentra sull’importanza dei legami tra gli esseri umani, riflette in modo particolare anche sulle trasformazioni che tali legami, e il loro mutare, producono.

Il suo intento è riportare alla luce il frammento di un vissuto reale (o immaginato) sottratto alla ‘permanente impermanenza’, una ricerca continua della e nella trasformazione perpetua di tutte le cose.

La sua ricerca è un’incessante, estenuante indagine sotto la superficie delle cose che costantemente fronteggia ed esamina in “sottrazione”, cercando una trasformazione oltre l’immagine apparente della pelle degli oggetti e dei materiali. Una metamorfosi perpetua nella e della materia, archetipo della fisicità, della visione rovesciata e del valore degli opposti, dove esperienze ignote assumono una rinnovata forma s/conosciuta.

Mappature di un corpo che segna e insegue percorsi possibili o semplicemente immaginati.

Esplosioni, crateri, rughe, fori, lacerazioni, abrasioni e lacune nella materia trattata divengono assonanze di esperienze fisiche ed emozionali, paradigma di ciò che siamo, sentiamo e mostriamo agli altri in un fluire incessante tra materia, corpo e mente.

La strada da percorrere è la perdita di ogni riferimento geografico, di ogni confine, relazione e attinenza, per la creazione di un nuovo mondo possibile, intimo e sociale.

È tra i fondatori e gli ideatori di Grand Hotel, un luogo in movimento che ospita, raccoglie, accoglie e colleziona forme di passaggio provenienti dalle menti e dagli studi degli artisti.

È tra gli ideatori e i fondatori dell’associazione culturale FONDACO, un progetto per la diffusione dell’arte e degli artisti contemporanei italiani in ambito internazionale.

Nel 2016 ha ideato CAVEAU, una cassaforte incassata tra le mura medioevali della città di Siena che ospita idee.

Tra le mostre e i progetti a cui ha  preso parte si ricordano: l’attuale residenza annuale a Bruxelles (Belgio) alla Collezione Frédéric de Goldschmidt, Artiste Domiciliè, programma di residenza, Bruxelles (Belgio) a cura della Galleria FuoriCampo; per le mostre, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Raffaele de Grada, San Gimignano, a Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno, alla Galerie Cetraro-Escougnou, Parigi; le personali alla Galleria FuoriCampo di Siena, il progetto speciale Stato di Grazia, nel centro storico di Siena, i molti progetti in corso nella capitale Belga.

***
Intervista

Serena, il concetto di 'impermanenza' ha monopolizzato la mia attenzione ultimamente per cui, dopo aver saputo che fa parte della tua ricerca artistica, la domanda nasce spontanea: hai mai sentito parlare o frequentato un corso di meditazione Vipassana?
Rifletto da tempo sul concetto di impermanenza e credo che sia di grande conforto avere la cognizione che tutto sia costantemente in movimento, transitorio e in continua trasformazione. Quello della permanente impermanenza è un concetto su cui si basa parte della mia ricerca artistica. Ogni elemento è in continua trasformazione, dalla materia al nostro essere; tutto muta in movimento perpetuo ed ogni cosa non è mai se stessa.

Non sono esperta di arte contemporanea ma sono una persona curiosa. Ho visto l'installazione Grand Hotel al Santa Maria della Scala in cui c'erano oggetti dai più disparati dai quali erano nate delle opere d'arte. Nella brochure di presentazione c'era scritto infatti "Grand Hotel è un attimo dopo l’intuizione e un attimo prima dell’atto creativo." In Caveau invece ci proponi oggetti, 'idee' mai diventate opere d'arte. C'è un filo conduttore tra questi due approcci?
Comprendere l’impermanenza di tutte le cose, sposta la mia attenzione alla genesi, alla loro origine, una sorta di costante (e fallimentare) ricerca dell’attimo esatto in cui il pensiero è in stallo. E’ per questo motivo che lavoro in sottrazione e trovo interesse in tutte quelle forme che abitano l’intuizione; l’idea, l’inciampo illuminato sono istanti, attimi brevissimi in cui il costante movimento del pensiero si ferma. Non è un paradosso definire lo stallo del pensiero, l’attimo della creazione. Ritengo che nel momento in cui l’idea prende forma, il movimento torni di nuovo in atto, e tutto sia di nuovo in trasformazione. L’idea nasce nell’istante in cui non pensiamo e non è parte del flusso continuo del pensiero.

Come hai scelto i professionisti da esporre nel Caveau del Vicolo del Coltellinaio e come ti è venuta l'idea di questo progetto?
I dodici ospiti di Caveau sono legati tra loro dalla mia memoria, da un racconto del tutto personale di un capitolo molto importante e delicato della mia vita. Caveau è un’idea che ospita idee ed essendo queste il bene più prezioso e intimo che abbiamo, volevo realizzare un’opera per condividerle, in modo che potessero diventare patrimonio comune.

Un paio di anni fa a Siena in occasione della Giornata del Contemporaneo, hai fatto fare esperienza del buio ai senesi facendo spegnere l'illuminazione pubblica per tre minuti alle dieci di sera. L'hai intitolato Stato di grazia questo evento. Ricordo che mi dispiacque molto non poter partecipare. Ero al lavoro. L'anno dopo, nella serata conclusiva di Verso, la Settimana del Contemporaneo a Siena, ci hai fatto ascoltare la registrazione di quella notte. Devo dire che scioccamente pensavo ci sarebbe stato silenzio assoluto e invece si sentivano rumori di voci, di motorini. Sono rimasta un po' spiazzata. Cosa ti ha dato, dimostrato quella esperienza?
Stato di grazia”, è un’opera che si concentra e riflette proprio su quell’istante in cui tutto ha origine. Interrompere per tre minuti l’illuminazione pubblica e monumentale del centro storico di una città intera significa agire sulla trasformazione totale di un centro urbano, alla ricerca del momento di stallo del pensiero, dove tutto si compie. Un inaspettato cambio di ritmo per ricondurci all’origine, all’essenza di tutte le cose, per tornare a essere presenti a noi stessi e al luogo che si abita o, finalmente, per avere l’occasione di perdersi e modificare temporaneamente il nostro “stato”: uno stato di grazia, appunto, un momento determinante e raro in cui tutto appare sospeso ma in cui tutto, allo stesso tempo, accade. Considero “Stato di grazia” un’opera monumentale, unica, irripetibile che accoglie contemporaneamente in se pittura, scultura, architettura e attività performativa

Seguo con molta curiosità l'operazione Caveau per il suo carattere intimista e per l'effetto 'regalo di Natale'. Chissà se c'entra qualcosa con la scelta della data.
La scelta della data di comunicazione (e non inaugurazione) di ogni nuova idea mostrata all’interno (e all’esterno) di Caveau ha un valore assolutamente personale.

Il 2016 si sta dimostrando un anno difficile a livello mondiale; eppure Siena una piccola grande gioia te l'ha riservata con la vittoria del Palio di Luglio da parte della Contrada della Lupa dopo 27 anni di digiuno e con il 'cappotto' del Palio di Agosto. Come artista, ti ha regalato qualche intuizione questo doppio evento, uno 'drammatico' l'altro 'meraviglioso' a detta dei cronisti che hanno commentato in diretta la corsa?
Il cappotto della Lupa è un evento straordinario, unico. Raccontarlo sarebbe come perdere questa unicità. Posso solo dire che vivere queste due vittorie è come prolungare uno “stato di grazia” e condividerlo con un grande popolo come quello della mia Contrada.

Oltre a Caveau quali sono i tuoi impegni artistici ordinari e straordinari?
Gli impegni di un artista sono ordinari e straordinari, allo stesso tempo. Sto seguendo alcuni progetti che mi vedranno impegnata fino alla fine del 2017, in Italia e in Belgio.

Quando Caveau sarà giunto al termine cosa farai con le 'idee' dei partecipanti?
Alla fine del periodo di permanenza in cassaforte dell’ultima idea, tutte e dodici contemporaneamente saranno visibili in una mostra personale. In quell’occasione sarà presentato il libro che, oltre a contenere le riproduzioni delle idee, rifletterà sulle intenzioni originali dei dodici ospiti e sulla loro idea di idea.

Cos'è per te l'arte? Quando hai capito che volevi fare l'artista e cosa hai fatto per diventarlo?
Credo che non si scelga di definirsi artisti. So che esiste una necessità, un’urgenza dalla quale non si può prescindere che spinge a riflettere nel senso più ampio del termine. L’arte non ha risposte e la definisco tale solo se ha la capacità di cambiare il punto di vista, modificare la prospettiva dello sguardo senza prescindere dall’essere universale.


Un artista, scrittore, filosofo, maestro che ti ha ispirato nel tuo percorso di artista?
Siamo fatti di tempo trascorso. Tutta l’arte dalle sue origini a oggi è motivo di riflessione.

***

Che dire? Mi sembra che Serena sia stata molto generosa nelle risposte e non posso che essere felice di questa opportunità. L'espressione 'stallo del pensiero' mi ha colpito molto; mi è venuto di associarlo alle apnee che si fanno durante gli esercizi di respirazione a Yoga, soprattutto quelle a vuoto, dopo una espirazione, quando sembra che l'ego, anche solo per quell'istante, sia scomparso.

Io continuerò a seguire Caveau (potete farlo anche voi se non siete a Siena, seguendo la categoria Caveau di questo blog) in attesa della Mostra e della pubblicazione.

lunedì 3 ottobre 2016

Guido Bianconi a Siena per la famiglia Gani

Guido Bianconi a Siena: tomba di Cesare Gani

Una vecchia e sbiadita fotografia, in parte rovinata, presente nell'archivio di Guido Bianconi ha consentito di ritrovare (nella sezione S. Antonio da Padova, pavimento numero 26 del Cimitero della Misericordia di Siena) la tomba dell'ing. arch. Cesare Gani, nato nel 1838 e morto nel 1918.

Ai lati del monumento, nella parte inferiore, vi sono due figure femminili dolenti, rivolte verso l'esterno, mentre al centro una struttura a forma di piedistallo sorregge una mensola sulla quale è posato il busto del defunto .

Originariamente il piedistallo recava semplicemente l'indicazione del nome di Cesare Gani: attualmente questo spazio è occupato dal bassorilievo di uno stemma nobiliare, mentre nella parte inferiore del piedistallo è stata apposta un'iscrizione in lettere di bronzo con il nome del defunto e le date di nascita e di morte.

Guido Bianconi a Siena: tomba di Cesare Gani

Nelle immediate vicinanze del monumento per Cesare Gani si trova una targa bronzea delle dimensioni di circa cm. 100 x 60, nella quale sono raffigurati i volti di una donna e di un uomo inquadrati da rami e foglie.


Di quest'opera (che si trova nella sezione S. Bernardino da Siena, pavimento numero 128) esistono nell'archivio di Guido Bianconi due fotografie allo stato di bozzetto e in una di esse si vede la firma di Guido Bianconi, ripetuta due volte.

Guido Bianconi: targa in memoria di Vincenzo Gani e la consorte Teresa Concialini

L'epigrafe sottostante alla targa indica che i due defunti rappresentati sono Vincenzo Gani (deceduto il 5 dicembre 1884) e la consorte Teresa Concialini (deceduta il 9 agosto 1888), in memoria dei quali la targa venne posta dai figli.

Vincenzo e Teresa Gani furono i genitori di Ernesta Gani, prima moglie del grande scultore senese Tito Sarrocchi, morta di parto a 25 anni l'8 settembre 1862. Per lei lo stesso Sarrocchi eresse un monumento funebre, accanto al quale è collocata la targa in memoria dei genitori.

Tito Sarrocchi: tomba di Ernesta Gani

Ernesta Gani morì prima dei genitori e la lapide venne evidentemente posta dai figli superstiti, l'ing. Cesare per il quale Guido Bianconi realizzò il monumento sepolcrale, Antonio e Rosa.

Guido Bianconi, meticoloso come era suo costume, annotò in uno dei suoi taccuini di aver ricevuto 'da Gani' l'importo di 100 lire: una somma relativamente modesta, che forse era solo un acconto per l'opera principale o forse si riferiva alla targa per i genitori.

Guido Bianconi e la famiglia Gani

Egli annotò anche di aver dato metà di questa somma alla moglie Amalia, sposata nel 1905: un piccolo sguardo su un'antica vita familiare.

***

Bibliografia: Memorie di famiglia e fotografie, tranne la seconda, terza e penultima, di Gianguido, nipote di Guido Bianconi.