lunedì 25 gennaio 2016

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi

Si dice che quando un'opera d'arte viene consegnata al pubblico, quindi ai posteri, non appartenga più al suo autore e ognuno sia autorizzato a trovarci quello che vuole, spesso per affinità o meno alla propria sensibilità.

Sono consapevole che questo accada ma a me piace anche sapere qual è stata l'idea, il principio ispiratore dell'artista che si tratti di un romanzo, una canzone, un dipinto, una scultura, un istallazione o altro.

Ebbene, come mai questo preambolo? perché, proseguendo nel percorso delle opere a Siena dello scultore Guido Bianconi, grazie alle 'chicche' che mi trasmette suo nipote Gianguido (vedi: Tondo Gregori, Tomba Raimondi), ho avuto modo di toccare con mano quanto a volte possano essere distanti le interpretazioni date dai posteri dalle intenzioni originarie.

Leggete e capirete.

Questa volta il soggetto è la Tomba Corradeschi nel Cimitero Monumentale della Misericordia di Siena. Ecco cosa riportano le memorie di famiglia curate da Gianguido:

"La tomba (che si trova nella sezione San Paolo Apostolo, pavimento numero 33) è dedicata dai genitori al figlio  Giovanni Corradeschi, come ricorda la scritta sulla parte inferiore dell'architrave: la lapide tombale con le date di nascita e di morte (1884-1912) è nella parte inferiore della tomba, in muratura.

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi

Il gruppo centrale della tomba Corradeschi (destinata ad un giovane sui vent'anni) è presentato allo stato di bozzetto in una fotografia dell'archivio di Guido Bianconi ed è costituito da un grande bassorilievo  che rappresenta tre figure femminili.

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi

L'impostazione originale del lavoro, con le figure ancora non ben definite, prevedeva di inquadrarle in una struttura che ricorda gli antichi monumenti assiro-babilonesi.

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi



La versione definitiva, riprodotta in una cartolina dell'epoca, presenta, come si vede oggi al Cimitero, una cornice più semplice e classicheggiante, nella quale si inserisce il bassorilievo.


Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi



Il critico inglese Sandra Berresford, in un lavoro del 2004, ha ritenuto di saper interpretare lo spirito di quest'opera scrivendo che "la sensualità femminile è stata scelta per esprimere le speranze incompiute di un giovane, e le tre donne non hanno alcuna speciale ragione simbolica per trovarsi lì, a parte la loro evidente grazia"

Guido Bianconi, in una scarna annotazione autografa sul retro della fotografia del bozzetto, ci dice invece che si tratta delle "Parche, dolenti per non aver finito di torcere il filo della vita": un' interpretazione "autentica" che supera quella della Berresford.

Guido Bianconi a Siena: Tomba Corradeschi

Il 31 agosto 1912 l'artista scrisse al senese prof. Fabio Bargagli Petrucci, fondatore della rivista Vita d'arte, per ringraziarlo della pubblicazione di un articolo sulle sue opere, annunciandogli la sua prossima visita a Siena per collocare un monumento al Camposanto della Misericordia.

Il confronto delle date porta ad identificare in questo monumento quello in memoria del giovane Corradeschi, ed a datare al 1913 la sua posa in opera."

Nota: le immagini che accompagnano il testo, tranne le prime due fotografie, mi sono state gentilmente concesse da Gianguido.

lunedì 18 gennaio 2016

Siena e la Divina Commedia: Provenzano Salvani

Amos Cassioli: Provenzano Salvani chiede l'elemosina nel Campo di Siena (1873)
foto credits Il Tesoro di Siena

Dopo avervi raccontato di Pia de' Tolomei,  con questo post riprendo l'itinerario delle targhe sparse per Siena con i versi della Divina Commedia con un altro personaggio senese collocato da Dante nel Purgatorio, Canto XI, cornice dei superbi: Provenzano Salvani.

Una brevissima premessa per sapere 'dove ci troviamo' nell'architettura della Divina Commedia.

Dopo l'Antipurgatorio, Dante e Virgilio entrano nel Purgatorio vero e proprio percorrendo il monte delle virtù che è composto da sette cornici in ciascuna delle quali viene espiato uno dei sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola e lussuria.

I superbi si trovano nella prima cornice. A queste anime Dante dedica tre Canti del Purgatorio.

Nel Canto X (il primo) vengono mostrati esempi di virtù opposta al vizio come oggetto di meditazione per le anime (per capire meglio di cosa si tratta leggete qui), nel Canto XI (il secondo) Dante si sofferma a parlare con alcune anime, nel Canto XII (il terzo) vengono mostrati esempi di vizio punito sempre come oggetto di meditazione.

Il Canto XI, che ci interessa ai fini di questo post, si apre con la parafrasi del Padre nostro (preghiera dell'umiltà per eccellenza del singolo uomo di fronte a Dio) recitato dalle anime dei superbi che in questa prima cornice del monte delle virtù scontano la loro pena procedendo sotto il peso di massi che piegano il loro capo costringendoli a tenere il viso abbassato tanto che Dante deve chinarsi per poterle ascoltare quando parlano.

Tre sono le anime che Dante incontra in questa cornice: Omberto Aldobrandeschi che sconta la superbia della stirpe, Oderisi da Gubbio (miniatore) che sconta la superbia nell'arte (vi ricordano niente i versi 'Credette Cimabue nella pittura/tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,/sì che la fama di colui è scura' ? be, li dice proprio Oderisi!) e Provenzano Salvani che sconta la superbia politica.

Quest'ultimo in realtà non proferisce parola ma Dante se ne serve per esprimere il concetto della caducità della fama umana facendo dire a Oderisi:

Colui che del cammin sì poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta;
e ora a pena in Siena sen pispiglia
Purgatorio, Canto XI vv 109-111

(colui che cammina a passi così brevi
davanti a me, fece risuonare del suo nome tutta la Toscana;
ed ora a malapena è ricordato a Siena)

Il tempo umano essendo in rapporto alla fama terrena è caduco mentre il tempo delle anime del Purgatorio, pur oggettivo come quello terreno, ha valore in quanto è in rapporto all'eternità.

Dante s'interessa di quest'anima che rimane a capo chino chiedendo maggiori informazioni a Oderisi. La risposta di Oderisi è stata riportata in una targa in Via del Moro a Siena. Eccola qua!

Siena e la Divina Commedia: Provenzano Salvani

Provenzano Salvani, capo ghibellino, ebbe infatti  la superba presunzione di impadronirsi di Siena a seguito della vittoria riportata sui guelfi fiorentini nella Battaglia di Montaperti nel 1260.

Dopo la battaglia di Montaperti, Salvani fu uno dei sostenitori della distruzione totale di Firenze, cosa che poi non avvenne grazie anche all'opposizione di Farinata degli Uberti (fiorentino ghibellino a capo dei senesi nella battaglia di Montaperti collocato da Dante nell'Inferno, nel cerchio degli eretici).

Questa opposizione, avvenuta nel convegno di Empoli che ebbe luogo subito dopo la Battaglia, è ricordata nella Divina Commedia nell'Inferno, Canto X, vv 91-93:

Ma fu' io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto

(ma fui io solo, là dove fu da tutti
tollerato che Firenze venisse rasa al suolo,
colui che la difese apertamente)

Dante si meraviglia di trovare Salvani già nel Purgatorio anziché nell'Antipurgatorio insieme alle anime dei peccatori che si convertirono in punto di morte, come d'altronde fece anche Salvani, e che devono attendere un tot di anni prima di salire sul monte delle virtù a meno che le preghiere di suffragio dei vivi non le facciano andare direttamente in Purgatorio.

Salvani, riferisce Oderisi, si trova già nel Purgatorio per un atto di umiltà fatto quando la sua fama era all'apice.

Infatti, un suo amico, fatto prigioniero da Carlo I d'Angiò nella battaglia di Tagliacozzo, doveva pagare, per aver salva la vita, una taglia di diecimila fiorini. Provenzano, di sua spontanea volontà e mettendo da parte ogni sentimento di vergogna, nel Campo di Siena cominciò a chiedere l'elemosina ai suoi concittadini, 'non sforzando alcuno, ma umilmente domandando aiuto' (Ottimo), finché raggiunse la somma necessaria, per liberare l'amico.

Questo episodio a Siena è ricordato sia in un dipinto di Amos Cassioli che si trova a Palazzo Pubblico (vedi l'immagine che apre il post) sia in una targa posta nella curva del Casato di Piazza del Campo:

liberamente nel Campo di Siena,
ogni vergogna disposta, s'affisse
Purgatorio, Canto XI vv 134-135

Per completezza d'informazione su Provenzano Salvani sappiate che nel 1269, a Colle Val d'Elsa, i guelfi fiorentini ebbero la loro rivincita sui ghibellini senesi e mostrarono un tale furore che Salvani 'fu preso e tagliatogli il capo, e per tutto il campo portato fitto in su una lancia' (Villani-Cronaca VII, 31)

Per oggi è tutto. La prossima volta che riprenderò questo percorso vi racconterò di Sapia, zia di Provenzano Salvani.

Bibliografia: 
Divina Commedia di Dante Alighieri
a cura di Emilio Alessandro Panaitescu
Gruppo Editoriale Fabbri

lunedì 11 gennaio 2016

Le tre domande di Lev Tolstoj

Le tre domande di Lev Tolstoj

Qualcuno sulla pagina Facebook di My Day Worth mi ha suggerito di leggere Tolstoj nel 2016 visto che nel 2015 ho letto Dostoevskij.

Ho un debito con Tolstoj (per ben due volte ho iniziato Anna Karenina e per ben due volte mi sono arresa a metà lettura tanto che il libro l'ho fatto scomparire dalla mia libreria) per cui ho preso nota del suggerimento.

Il caso però mi ha anticipato. Infatti, non avevo ancora deciso cosa leggere di questo autore russo quando nella mia prima lettura dell'anno, Il miracolo della presenza di Thich Nhat Hanh, un manuale di meditazione con tanto di esercizi, ho trovato il racconto Le tre domande di Lev Tolstoj.

È stata una vera sorpresa per me questa 'coincidenza' e l'ho trovato un ottimo esercizio di consapevolezza da applicare nel qui e ora della mia quotidianità; argomento che mi sta molto a cuore se non l'avete ancora capito :-)

Credo di non infrangere nessun copyright riportandovi il testo; quindi,  se siete curiosi di sapere quali sono queste tre domande... (ci sono anche le risposte, tranquilli!)

***

Un giorno, un certo imperatore pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualunque problema:

• Qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa?
• Quali sono le persone più importanti con cui collaborare?
• Qual è la cosa che più conta sopra tutte?


L’imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando che chi avesse saputo rispondere alle tre domande avrebbe ricevuto una lauta ricompensa. Subito si presentarono a corte numerosi aspiranti, ciascuno con la propria risposta.

Riguardo alla prima domanda, un tale gli consigliò di preparare un piano di lavoro a cui attenersi rigorosamente, specificando l’ora, il giorno, il mese e l’anno da riservare a ciascuna attività. Soltanto allora avrebbe potuto sperare di fare ogni cosa al momento giusto.

Un altro replicò che era impossibile stabilirlo in anticipo; per sapere cosa fare e quando farlo, l’imperatore doveva rinunciare a ogni futile svago e seguire attentamente il corso degli eventi.

Qualcuno era convinto che l’imperatore non poteva esse re tanto previdente e competente da decidere da solo quando intraprendere ogni singola attività; la cosa migliore era istituire un Consiglio di esperti e rimettersi al suo parere.

Qualcun altro disse che certe questioni richiedono una decisione immediata e non lasciano tempo alle consultazioni; se però voleva conoscere in anticipo l’avvenire, avrebbe fatto bene a rivolgersi ai maghi e agli indovini.

Anche alla seconda domanda si rispose nel modi più disparati.

Uno disse che l’imperatore doveva riporre tutta la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero e ai monaci; c’era chi gli raccomandava i medici e chi si pronunciava in favore dei soldati.

La terza domanda suscitò di nuovo una varietà di pareri. Alcuni dissero che l’attività più importante era la scienza. Altri insistevano sulla religione. Altri ancora affermavano che la cosa più importante era l’arte militare.

L’imperatore non fu soddisfatto da nessuna delle risposte, e la ricompensa non venne assegnata.

Dopo parecchie notti di riflessione, l’imperatore decise di andare a trovare un eremita che viveva sulle montagne e che aveva fama di essere un illuminato. Voleva cercarlo per rivolgere a lui le tre domande, pur sapendo che l’eremita non lasciava mai le montagne e riceveva solo la povera gente, rifiutandosi di trattare con i ricchi e i potenti. Perciò, rivestiti i panni di un semplice contadino, ordinò alla sua scorta di attenderlo ai piedi del monte e si arrampicò da solo su per la china in cerca dell’eremita.

Giunto alla dimora del sant’uomo, l’imperatore lo trovò che vangava l’orto nei pressi della sua capanna. Alla vista dello sconosciuto, l’eremita fece un cenno di saluto col capo senza smettere di vangare. La fatica gli si leggeva in volto. Era vecchio, e ogni volta che affondava la vanga per smuovere una zolla, gettava un lamento.

L’imperatore gli si avvicinò e disse: “Sono venuto per chiederti di rispondere a tre domande: qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare? Qual è la cosa che più conta sopra tutte?”.

L’eremita ascoltò attentamente, ma si limitò a dargli un’amichevole pacca sulla spalla e riprese a vangare. L’imperatore disse: “Devi essere stanco. Sù, lascia che ti dia una mano”. L’eremita lo ringraziò, gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare.

Dopo aver scavato due solchi, l’imperatore si fermò e si, rivolse all’eremita per ripetergli le sue tre domande. Di nuovo quello non rispose, ma si alzò e disse, indicando la vanga: , “Perché non ti riposi? Ora ricomincio io”. Ma l’imperatore continuò a vangare. Passa un’ora, ne passano due. Finalmente il sole comincia a calare dietro le montagne. L’imperatore mise giù la vanga e disse all’eremita: ”Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta ti prego di dirmelo, così me ne ritorno a casa mia”.

L’eremita alzò la testa e domandò all’imperatore: “Non senti qualcuno che corre verso di noi?”. L’imperatore si voltò. Entrambi videro sbucare dal folto degli alberi un uomo con una lunga barba bianca che correva a perdifiato premendosi le mani insanguinate sullo stomaco. L’uomo puntò verso l’imperatore, prima di accasciarsi al suolo con un gemito, privo di sensi. Rimossi gli indumenti, videro che era stato ferito gravemente. L’imperatore pulì la ferita e la fasciò servendosi della propria camicia che però in pochi istanti fu completamente intrisa di sangue. Allora la sciacquò e rifece la fasciatura più volte, finché l’emorragia non si fu fermata.

Alla fine il ferito riprese i sensi e chiese da bere. L’imperatore corse al fiume e ritornò con una brocca d’acqua fresca. Nel frattempo, il sole era, tramontato e l’aria notturna cominciava a farsi fredda. L’eremita aiutò l’imperatore a trasportare il ferito nella capanna e ad adagiarlo sul suo letto. L’uomo chiuse gli occhi e restò immobile. L’imperatore era sfinito dalla lunga arrampicata e dal lavoro nell’orto. Si appoggiò al vano della porta e si addormentò. Al suo risveglio, il sole era già alto. Per un attimo dimenticò dov’era e cos’era venuto a fare. Gettò un’occhiata al letto e vide il ferito che si guardava attorno smarrito. Alla vista dell’imperatore, si mise a fissarlo intensamente e gli disse in un sussurro: “Vi prego, perdonatemi”. “Ma di che cosa devo perdonarti?”, rispose l’imperatore.

‘Voi non mi conoscete, maestà, ma lo vi conosco. Ero vostro nemico mortale e avevo giurato di vendicarmi perché nell’ultima guerra uccideste mio fratello e vi impossessaste dei miei beni. Quando seppi che andavate da solo sulle montagne in cerca dell’eremita, decisi di tendervi un agguato sulla via del ritorno e uccidervi. Ma dopo molte ore di attesa non vi eravate ancora fatto vivo, perciò decisi di lasciare il mio nascondiglio per venirvi a cercare. Ma invece di trovare voi mi sono imbattuto nella scorta, che mi ha riconosciuto e mi ha ferito. Per fortuna, sono riuscito a fuggire e ad arrivare fin qui. Se non vi avessi incontrato, a quest’ora sarei morto certamente. Volevo uccidervi, e invece mi avete salvato la vita! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre ai miei figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono”.

L’imperatore si rallegrò infinitamente dell’inattesa riconciliazione con un uomo che gli era stato nemico. Non solo lo perdonò, ma promise di restituirgli i beni e mandargli il medico e i servitori di corte per accudirlo finché non fosse completamente guarito. Ordinò alla sua scorta di riaccompagnarlo a casa, poi andò in cerca dell’eremita. Prima di ritornare a palazzo, voleva riproporgli le tre domande per l’ultima volta. Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima avevano vangato.

L’eremita si alzò e guardò l’imperatore. “Ma le tue domande hanno già avuto risposta”.

Come sarebbe?”, chiese l’imperatore, perplesso. “Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, saresti stato aggredito da quell’uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me. Perciò, il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la cosa più importante da fare era aiutarmi. Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante era quello in cui gli hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l’occasione di riconciliarti con lui. Per lo stesso motivo, la persona più importante era lui e la cosa più importante da fare era medicare la sua ferita. Ricorda che c’è un unico momento importante: questo. Il presente è il solo momento di cui siamo padroni. La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone? La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita”.

***

Come vi è sembrato? A fine lettura io mi sono anche chiesta 'dove andrei' se avessi delle domande del genere...

lunedì 4 gennaio 2016

Guido Bianconi a Siena: Tondo Gregori

Guido Bianconi a Siena: Tondo Gregori

Mi piace iniziare il nuovo anno con una 'chicca' su Siena.
Alzi la mano chi dei senesi si è accorto di questo tondo! Magari siete in tanti :-)
Io invece l'ho notato per la prima volta l'anno scorso quando ho visto un turista che gli faceva una foto.

Chi l'avrebbe detto che dopo quasi un anno avrei scoperto che...

"Umberto Gregori, nativo di Castiglione del Lago, ottenne il diploma di dentista dall'Università di Siena il 20 giugno 1890: fece apporre presso il portone della casa dove aveva lo studio, al numero 19 della Via di Città, presso la Costarella dei Barbieri, un tondo che Guido Bianconi realizzò in marmo.

Il tondo ha il diametro di 51,5 cm ed è scolpito ad altorilievo: raffigura due puttini, uno dei quali sta cavando un dente all'altro: le due figure sono appoggiate ad un cuscino sul quale figura la firma dell'autore.

Nell'archivio del Comune di Siena si trova un disegno a penna di quest'opera (seppia su cartoncino, cm 12,5x 12,5), allegato alla richiesta di autorizzazione alla sua collocazione: la data è il 1914, ed è quindi a quest'anno che potrebbe risalire la sua realizzazione. Molto probabilmente il disegno è di mano di Guido Bianconi.

Il tondo è ancora al suo posto, ed anche la casa ha mantenuto il suo numero civico originale: le sue condizioni erano fino a tempi recenti assolutamente degradate, soprattutto per la patina nera che aveva ricoperto quasi interamente la parte interna.

Guido Bianconi a Siena: Tondo Gregori

All’inizio del 2010 un’accurata opera di restauro, conclusa con l’applicazione di una patina protettiva,  ha riportato l’opera alle condizioni originali.

Guido Bianconi a Siena: Tondo Gregori

Alessandro Leoncini, nell’articolo Elementi bistolfiani recepiti in ambiente senese pubblicato su «Libero» n.18, autunno 2001, definisce 'delizioso' questo piccolo rilievo in marmo. A questo studioso senese va dato merito per l’interessamento all’opera di restauro del ‘Tondo Gregori’."

Queste informazioni provengono dalle memorie di famiglia di un parente di Guido Bianconi, il nipote Gianguido, di cui vi ho parlato qui. Le due foto del 'prima' e 'dopo' mi sono state gentilmente concesse da Gianguido.

Chissà cosa ci riserverà Gianguido per la prossima volta!