sabato 30 agosto 2014

Le Pompe Sanesi, luoghi e personaggi di una cronaca celebre

Per le Scoperte del giovedì ho partecipato alla passeggiata guidata dal titolo "Le Pompe Sanesi", luoghi e personaggi di una cronaca celebre. 

Le 'cronache' in questione appartengono a Isidoro Ugurgeri Azzolini vissuto nel 'Seicento; ma non solo a lui.

La guida del gruppo che ho seguito io si chiama Benedetta alla quale vanno i miei ringraziamenti entusiasti in quanto ci ha raccontato in maniera coinvolgente e professionale gossip d'epoca di cerimonie laiche, religiose, mondane, di cronache rosa, nera e di amanti. 

Sembrava quasi di vederli sbucare dagli usci e dalle finestre dei palazzi, questi personaggi, per unirsi a noi ed ascoltare la propria storia! Il percorso di notte ha reso ancora più suggestivo il tutto.
A questo punto siete pronti? Sì? Bene, ecco a voi l'itinerario. 

Buona lettura!

Piazza del Campo

Scoperte del giovedì: Piazza del Campo

Luogo che si è rivestito a festa per molteplici manifestazioni nel tempo; dalla caccia ai tori a cominciare dal 1499 alle bufalate e asinate di fine 'Cinquecento fino ad arrivare al Palio di oggi.

Avete tutti presenti la foggia delle comparse del Corteo storico che lo precede tanto da essere stato istituito il premio Masgalano che ogni anno viene assegnato alla Contrada la cui comparsa si è distinta dalle alre Contrade anche per l'eleganza, no? 

Ecco, questo ci testimonia quanto i senesi ci tenessero a questi eventi tanto da non badare a spese. In maniera altrettanto sfavillante venivano accolti in Piazza anche i nuovi Governatori come Violante di Baviera. 

Altro motivo per non badare a spese era il Carnevale a tema che si svolgeva sempre qui.

Logge del Papa

Scoperte del giovedì: Logge del Papa

Edificio che nel corso del tempo ha rappresentato lusso e sfarzo mondano

Nasce per volontà di Pio II nel 1464 come dono per i familiari perché la famiglia era stata emarginata dal governo cittadino quindi come forma di riscatto nei confronti della città. Riscatto che c'è stato perché se nel 1500/1600 c'erano circa una trentina di ramificazioni della famiglia Piccolomini a Siena, qualcosa vorrà pur dire. 

In questa Loggia si tenevano banchetti nuziali dei membri della famiglia Piccolomini, discorsi pubblici nel 'Seicento, discussioni di laurea degli studenti nell'Ottocento, l'estrazione del gioco della ventura, antesignano del gioco del lotto.

Come funzionava? venivano vendute polizze ciascuna con una frase o un indovinello a scelta dell'acquirente che veniva registrato con un numero progressivo, il proprio nome e il motto scelto. I premi erano palazzi, cavalli e anche premi in denaro quindi partecipava moltissima gente. 

Anche quando il gioco della ventura venne sostituito con il gioco del lotto l'estrazione avveniva qui.

Palazzo Chigi Zondadari

Scoperte del giovedì: Palazzo Chigi Zondadari

Nella seconda metà del 'Settecento le donne senesi acquistano un'autonomia straordinaria. È tutto un pullulare di salotti aristocratici gestiti da donne senesi, designati con il nome che era il fulcro del salotto. 

Cosa si faceva? si giocava a carte, al gioco d'azzardo e si formava l'opinione pubblica della classe aristocratica, quella che era al governo e che era tenuta sotto controllo anche dal Granduca che mandava delle spie. 

A Palazzo Chigi Zondadari si teneva uno di questi circoli aristocratici, quello di Violante Chigi Zondadari, amante di Giacomo Casanova con il quale intrattenne un dibattito intellettuale sul piacere se cioè fosse meglio l'attesa del piacere come sosteneva lei oppure il contrario come sosteneva lui. 

Questo particolare dibattito filosofico dell'epoca ci dimostra le conoscenze intellettuale accessibili alle donne. 

I salotti erano frequentati da diversi personaggi e da cicisbei, o cavalier servienti, nobil uomini al servizio delle dame sposate e tutto con il consenso del marito e del pubblico. 

Questi salotti gestiti da donne si sono sviluppati solo a Genova, Venezia e Siena. Siena quindi era avanti. 

A Firenze ad esempio i salotti erano gestiti da soli uomini. Anche una donna borghese, Maria Fortuna, gestiva un salotto nella sua abitazione all'imbocco di Salicotto ovviamente frequentato da borghesi. 

L'apice lo raggiunse nel 1770 quando l'abate Ciaccheri portò nel suo salotto Casanova il quale scrisse di lei, della sua intelligenza e capacità poetica tanto che facevano dimenticare l'aspetto fisico non attraente, diciamo.

Chiesa di Santa Maria in Provenzano

Scoperte del giovedì: Chiesa di Santa Maria in Provenzano

Tanto cara ai senesi al punto da dedicargli ogni anno il Palio di luglio. 

La nostra guida Benedetta ha scelto questo luogo per raccontarci dei fasti e del lusso delle cerimonie religiose in occasione delle due processioni solenni, una nel 1611 e l'altra nel 1681, avvenute qui; la prima in occasione della traslazione dell'immagine miracolosa di terracotta della Madonna dal tabernacolo esterno all'interno della Chiesa costruita appositamente e la seconda in occasione della donazione da parte del Papa di una corona preziosa per incoronare appunto l'immagine che tutt'oggi è esposta nell'altare maggiore.

Piazza Tolomei

Scoperte del giovedì: Piazza Tolomei

Il nome di Pompe, il titolo della Scoperta di questa sera, descrive anche una fase del matrimonio e non solo i fasti

Prima della Controriforma il matrimonio era solo un rito laico. Aveva varie fasi: il fidanzamento che cominciava con il tocca mano, gli accordi prematrimoniali tra le famiglie e il matrimonio in se che era un contratto notarile. 

L'aspetto della pubblicizzazione del matrimonio avveniva dopo con un corteo che prevedeva diverse fasi. La fase iniziale era lo spostamento degli sposi, ciascuno da casa sua in Piazza del Campo per lo scambio degli anelli, del bacio e anche per alcuni riti propiziatori. 

Questa fase sanciva l'ufficializzazione del matrimonio agli occhi del pubblico. Il corteo, fastosissimo in caso di famiglie nobili, continuava con l'entrata della sposa nella nuova casa del marito. 

La fase conclusiva era la più sontuosa ecco perché il nome di Pompa. 

Tutto cambia dopo la Controriforma perché essa sancisce la natura religiosa del matrimonio e quindi tutto questo perde consistenza, il cerimoniale e la pompa, in quanto il percorso che devono fare gli sposi e ben specificato dall'etichetta religiosa. 

A questo punto la nostra guida Benedetta ha fatto un accenno anche ai matrimoni a sorpresa come quello dei Promessi Sposi di Manzoni, ricordate? 

In genere i futuri sposi venivano scelti dalle famiglie ma per gli innamorati che non volevano sottostare a questa regola c'era la possibilità di uno stratagemma come avvenne a Siena nella Chiesa di San Cristoforo dove nel 1778, mentre Simone Nini stava vestendo gli abiti religiosi, certi Assunta e Anselmo arrivarono con i testimoni e pronunciarono le frasi rispettive. Il matrimonio era valido a tutti gli effetti anche se vennero messi in carcere.

Rocca Salimbeni

Scoperte del giovedì: Rocca Salimbeni

Qui Benedetta ci racconta la prima storia di cronaca rosa riportata da Isidoro Ugurgeri Azzolini nelle sue Cronache. 

Racconta Isidoro di una storia avvenuta a metà del 'Trecento tra una ragazza della famiglia Montanini e un ragazzo della famiglia Salimbeni. 

Sappiamo che le due famiglie erano nemiche per via di un battibecco avvenuto durante una battuta di caccia, finita in duello nel quale morì un Salimbeni. 

Da quel momento si aprì una serie di vendette a catena che vide decimata la famiglia Montanini. 

A metà del 'Trecento troviamo Angelica Montanini e il fratello Carlo. Ai tempi di Isidoro, la lotta tra le due famiglie si era assopita ma per sicurezza entrambe evitavano qualsiasi tipo di contatto. 

Carlo Montanini aveva un possedimento piccolo e un popolano molto facoltoso, che aveva messo gli occhi su questo terreno, gli propose di acquistarlo per 1000 fiorini. 

Carlo rifiutò perché si trattava dell'ultimo terreno rimasto. Il popolano allora elaborò uno stratagemma; lo accusò, con falsi testimoni, di tradimento allo stato e alla famiglia Salimbeni. 

Venne creduto e quindi Carlo venne messo in prigione e multato di 1000 fiorini. 

Carlo non aveva questa cifra e siccome l'alternativa era la pena capitale, richiamò il popolano per accettare la sua offerta. Il popolano, che a questo punto sapeva di poter speculare sulla disgrazia di Carlo, gli propose 700 fiorini. 

Carlo non cedette al giochetto e decise di affrontare la pena capitale perché non poteva lasciare la sorella senza dote. La sorella cercò di trattenerlo ma lui niente, non cambiò idea e si preparò ad affrontare la pena. 

Il giorno prima della decapitazione mentre Anselmo Salimbeni arrivava a Siena per motivi d'affari, vedendo uscire un gruppo di donne disperate chiese notizie e gli raccontarono quanto stava accadendo. 

Anselmo, che a quanto pare aveva un cuore d'oro e un debole per Angelica, andò dal camerlengo di Biccherna e depositò 1000 fiorini. Carlo venne scarcerato e pensò che fossero stati i suoi parenti benestanti a pagare il riscatto. Quando venne a sapere che non erano stati loro andò dal camerlengo per capire chi avesse pagato. 

Dopo tanto insistere finalmente questi gli rivelò il nome. Ci rimase male, non capiva come mai un acerrimo nemico avesse fatto una cosa del genere; poi però si ricordò del debole che Anselmo aveva per la sorella. Carlo non aveva possibilità di restituirgli i soldi; gli era rimasta come ultima carta quella di Angelica, si recarono quindi da Anselmo. Carlo si prostrò per ringraziarlo del gesto nobile e gli offrì la sorella. 

Angelica era disperata non perché dovesse sposare Anselmo; ma perché per lei era un disonore sposarsi senza dote. Anselmo, un uomo diremmo oggi 'da sposare', capì la disperazione di Angelica. Rimandò la decisione al giorno dopo quando, presentandosi con due testimoni, disse di essere d'accordo con il matrimonio a patto che metà degli averi di Anselmo andassero ad Angelica. 

Inoltre cedette parte del suo patrimonio a Carlo. Ovviamente poi il matrimonio fu celebrato e vissero felici e contenti!

Chiesa di San Francesco

Scoperte del giovedì: Chiesa di San Francesco

In un'altra Cronaca Scipione Bargagli a fine 'Cinquecento racconta una vicenda di cronaca nera accaduta realmente nel Medioevo. 

Cangenova Salimbeni e Ippolito Saracini sono i protagonisti di una storia d'amore sfortunata. Cangenova era troppo giovane e inoltre aveva due sorelle più grandi che dovevano sposarsi per prima, come da tradizione. 

Scipione comunque la chiede in sposa alla mamma, rimasta vedova, la quale ovviamente gli dice di no. 

I due innamorati si vedevano comunque di nascosto e in uno di quegli incontri che avvenivano con l'agitazione e la concitazione tipica del fare una cosa proibita, Ippolito cade tramortito nel saltare un muretto. 

Cangenova pensava che fosse morto e lo shock fu talmente grande che si ammalò e morì. 

Fu seppellita nella tomba di famiglia all'interno della Chiesa di San Francesco. 

Ippolito va a trovarla e si suicida sul corpo di lei. Sì, state pensando la stessa cosa che abbiamo pensato tutti noi, vero? 

Che questa storia sia l'antesignana della tragedia di Shakespeare Romeo e Giulietta.

Ferri di San Francesco

Scoperte del giovedì: Ferri di San Francesco

L'itinerario si è concluso qui con una storia di amanti. 

In questa zona dai senesi chiamata 'ferri di San Francesco' nell'Ottocento abitava la famiglia Rinieri de' Rocchi. La figlia Giulia, nata nel 1801, era uno spirito ribelle. 

Non avendo una gran che di dote, a 25 anni non aveva ancora trovato marito. Va a Parigi con il suo tutore Daniello Berlinghieri il quale si frapporrà sempre tra lei ed eventuali pretendenti. A Parigi conosce il futuro amante; ma limita le uscite mondane perché non ha un guardaroba adeguato. 

Il futuro amante era Stendhal il quale, siamo nel 1826, era già al centro del successo ed era conosciuto per i suoi romanzi e conversazioni colte. Non nasce subito una storia tra di loro. La prima uscita doveva essere per andare a vedere una giraffa sbarcata a Marsiglia e che raggiungeva Parigi a piedi. 

Era dai tempi dei romani che non si vedeva una giraffa camminare. Era un animale poco conosciuto. 

Lei però non ci va perché non le sembrava un avvenimento adatto per una donna. 

Si procura però comunque due incisioni da mandare al babbo, giraffino, così lui può farsi bello con amici e parenti. L'immagine effettiva della giraffa all'epoca si era persa ed era diventato un animale fantastico tipo dromedario. Con questa incisione la Contrada della Giraffa può aggiornare l'emblema.

Giulia torna a Siena perché le malelingue sparlano non di Stendhal di cui forse non sanno nemmeno chi sia; ma del tutore. Viene chiusa in un educandato dove ci rimane poco. 

Nel 1830 va in giro per l'Europa con il tutore e si fermano di nuovo a Parigi. Qui inizia la relazione con Stendhal. Lei gli fa una corte serrata, lui aveva 47 anni e non era tanto bello per cui era lusingato ma titubante perché non era costume dell'epoca che una donna conquistasse l'uomo. 

Lui che si sentiva predatore era diventato preda! 

La chieda in moglie al tutore il quale non accetta. I due per un po' non si sentono. Lei torna a Siena e soggiorna nella villa a Vignano. Stendhal va a trovarla ma dopo qualche giorno viene mandato via perche sta arrivando un pretendente, un buon partito. 

Non serve a niente perché il matrimonio non si conclude poiché tra le clausole il tutore aveva messo che gli sposi si impegnavano a dormire sotto il suo stesso tetto. Stendahl e Giulia continuano a vedersi. Lui va via da Siena perché deve lavorare. 

Ad un certo punto lei gli manda la lettera fatale dove gli dice che non si possono vedere più perché lei non lo ama più. Lo stesso giorno però la furbissima Giulia manda una lettera appassionata a suo cugino al quale rivolge un serratissimo corteggiamento. Alla fine il cugino la sposerà. Lei rivedrà Stendhal a Firenze. 

Nel 1842 Stendhal muore mentre Giulia avrà lunga vita.

Bello no? grazie ancora a Benedetta e sono sicura che quando passerete davanti a questi Palazzi sarete tentati anche voi di trovare tracce dei protagonisti di queste cronache.

giovedì 28 agosto 2014

Giuseppe Penone. Prospettiva Vegetale.

Firenze, Giardino di Boboli e Forte di Belvedere
Fino al 5 ottobre 2014

Il colpo di fulmine con l’opera di Giuseppe Penone l’ho avuto nel 2011 quando andai al MAMbo di Bologna in occasione di una Mostra sull’Arte Povera (corrente nata nel 1967 che rivendica la ‘fisicizzazione di un’idea’ cit.  Marco Celant)

Due le opere-idee che mi folgorarono e cioè:

Alpi Marittine Fotografia 1968 L’albero ricorderà il contatto con il mio corpo. Continuerà a crescere tranne in quel punto.

Immagine presa da qui

Trattenere 17 anni di crescita.

Giuseppe Penone: Trattenere 17 anni di crescita
Immagine presa da qui

La folgorazione portò a volerne sapere di più e quindi ad acquistare il libro
Giuseppe Penone
scritti 1968-2008
a cura di Gianfranco Maraniello e Jonathan Watkins.

Negli anni ho avuto modo di vedere alcune/troppo poche opere della produzione di Penone per cui quando ho saputo di questa Mostra mi si è aperto il cuore e finalmente domenica scorsa sono riuscita ad andarci.

Le opere di Penone si integrano pienamente e volutamente con il paesaggio circostante e il Giardino di Boboli e il Forte di Belvedere di Firenze sono due location adeguate e molto suggestive.

Io vi racconterò qui il percorso che ho fatto accompagnandolo dagli scritti di Penone. Non so se sia quello proposto dagli organizzatori della Mostra ma ne sono rimasta soddisfatta.

Sono entrata al Giardino di Boboli dall’ingresso di Porta Romana quindi dalla punta estrema del Giardino e, aiutandomi con il depliant chiesto in biglietteria (il Giardino è talmente grande che avevo paura di perdermi qualcosa)  ho iniziato questa caccia al tesoro. Il percorso è tutto in salita quindi è stato come fare una specie di trekking.

La logica del vegetale, 2012
bronzo, alberi
lunghezza totale 17 metri

Giuseppe Penone: La logica del vegetale, 2012

Un albero divelto è la prospettiva orizzontale dello sguardo, contrapposta
alla verticalità del suo essere. Le radici sollevate svelano l’intreccio della loro
esistenza e l’ermetica economia della loro struttura-scrittura.



1998


E’ stata un’esperienza da pelle d’oca scorgere le radici di questo albero imponente con tutta la sua mole e avanzare per poterlo abbracciare con lo ‘sguardo orizzontale’.

Biforcazione, 1991
bronzo, acqua
233x360x1060

Giuseppe Penone: Biforcazione, 1991

Giuseppe Penone: Biforcazione, 1991

…assetato, giunse alla sorgente; per berne l’acqua si avvicinò
alla tazza ancorata con una catena di pietra;
il manico della tazza conservava l’impronta in rilievo della mano dell’artefice
e impugnandola avvertì il leggero disagio provocato
dal sottile cambio d’identità;
ciò lo rese cosciente del processo d’identificazione che stava avvenendo.
L’artefice con quell’impronta aveva determinato, previsto ed indicato
le prese successive costringendo l’assetato ad impugnare la tazza
dove lui l’aveva impugnata: era il tentativo di far assumere
la forma della sua mano e della sua pelle a chi usava la tazza.

1974

Anche qui grande emozione quando mi sono accorta dell’impronta della mano sull’opera. 

Mi è tornata subito in mente la Fotografia che ho citato all’inizio. Mi ha indispettito molto quel ‘vietato toccare’ riportato da per tutto, mi è sembrata una contraddizione anche rispetto alla poetica di Penone. 

Stavo per sovrapporre la mia mano all’impronta ma c’era un bambino che, rivolgendosi alla mamma anche lei evidentemente  con il mio stesso desiderio, continuava a ripetere che era vietato toccare….

Avrei potuto svelargli la verità della necessità dell’eccezione che conferma la regola ma mi è sfuggito l’attimo e ho fatto la brava anch’io.

Luce e ombra, 2011
bronzo
1200x300x300

Giuseppe Penone: Luce e ombra, 2011

Un bell’effetto scorgerlo dall’alto anche perché come quinta ha l’anfiteatro di Palazzo Pitti (in questa foto dietro alle mie spalle)

Anatomia, 2011
marmo bianco di Carrara
310x172x156

Giuseppe Penone: Anatomia, 2011

Qui ho infranto le regole e ho ‘toccato’ il marmo.

Pelle di marmo, 2001
marmo bianco di Carrara
5 elementi (ciascuno ) 235x120x5

Giuseppe Penone: Pelle di marmo, 2001

La pelle è limite, confine, realtà di divisione,
il punto estremo in grado di addizionare, sottrarre, dividere, moltiplicare,
annullare ciò che ci circonda, il punto estremo in grado di avvolgere
fisicamente estensioni enormi, contenuto e contenitore.
La mobilità permette all’uomo di contenere una grande quantità di cose
con la stessa pelle in momenti diversi e continui,
con il contatto, l’impressione, la conoscenza,
la scoperta, la presa, la repulsione…
azioni che sono un continuo sviluppo o svolgimento
della propria pelle su altre cose o su se stessa.

1970

Sentiero 6, 1986
bronzo, alloro
dimensioni dell’opera smontata
175x52x178

Giuseppe Penone: Sentiero 6, 1986

Giuseppe Penone: Sentiero 6, 1986

Il sovrapporsi di passi produce il sentiero.
Il sentiero segue l’uomo, è la durata tra il passaggio dell’uomo
e il momento in cui si perde l’effetto del suo passare.
Il sentiero è la memoria della scultura ma il ricordo
la tradizione che ritraduce l’accaduto
di generazione in generazione, la maestria
sono spesso cattivi elementi musali.
E’ un buon sentiero quello che si perde nella macchia, che si richiude di colpo
con i suoi arbusti alle spalle del viandante senza dirci
se è colui che lo traccia per primo, o l’ultimo di quelli che lo percorrono.
Il sentieri scomparso è quello da percorrere,
il fine è perdere il sentiero per ritrovarlo e ripercorrerlo.
Per questo occorre avere cura della selva vergine, degli arbusti,
del sottobosco, della nebbia. La lucidità del sentiero ben tracciato è sterile.
Trovare il sentiero, percorrerlo, sondarlo scartandone i rovi è la scultura.

1976

Non è stato semplice scorgere quest’opera e quindi la gioia della scoperta è stata ancora più entusiasmante. E poi è rivolta verso un panorama splendido di Firenze; mi sembrava di essere in un angolino di Central Park, almeno così come si vede in alcuni film tipo La leggenda del re pescatore.

Uscita dal Giardino di Boboli sono sbucata in un parcheggio, non ho ben capito se per tutti o per qualcuno, dove subito sulla destra ad aspettarmi c’era quest’opera di Penone:

Anatomia, 2011
marmo bianco di Carrara
305x220x175

Giuseppe Penone: Anatomia, 2011


Da qui poi sono entrata nel Forte di Belvedere e, dopo essermi ripresa un attimo dalla meraviglia dell’architettura rinascimentale che mi si offriva alla vista, ho iniziato il percorso, questa volta tutte bene  in vista, delle opere di Penone.

Spazio di luce, 2008
bronzo, oro
8 elementi, dimensioni totali
250x2000x180 cm circa

Giuseppe Penone: Spazio di luce, 2008

Giuseppe Penone: Spazio di luce, 2008

La prima associazione che mi è venuta da fare con quest’opera è stata con un gigantesco binocolo.

Idee di Pietra, Ciliegio, 2011
bronzo, pietre di fiume
1370x400x400 cm

Idee di Pietra – 1532 kg di luce, 2010
bronzo, pietre di fiume
ingombro totale 1000x520x540

In bilico, 2012
bronzo, pietra di fiume
1000x500x200

Giuseppe Penone: Idee di Pietra

Giuseppe Penone: Idee di Pietra

Idee di Pietra

Che cosa è un’idea che appare all’improvviso o dopo una lunga riflessione
nello spazio senza forza di gravità della mente?
Un’idea che si è formata sommando gli innumerevoli pensieri precedenti,
levigata dallo scorrere del tempo, compatta dal peso dei ricordi,
incrinata dai dubbi e dalle incertezze che si insinuano tra i pensieri separandoli?

E’ una pietra di fiume che appare tra i rami di un albero.

Una pietra sospesa tra i rami di un albero, separata dal suolo da una struttura
che non è terra e non è aria, pietra che sta tra la forza di gravità e la forza
di attrazione della luce.
Un pensiero racchiuso in un sasso di fiume.

Un pensiero con la forma di un cranio.
I sassi nel letto del fiume come pietre di strade coperte dai passi dell’uomo.
Passi che spingono i semi nel suolo, semi che spingono le foglie nel cielo.
I passi sono foglie nel vento.
I sassi sono crani nel suolo.
Il mio cranio è una pietra sospesa.

Un pensiero di tre tonnellate sospeso tra i rami di un albero.

2005

Albero folgorato, 2012
bronzo, oro
1000x200x200

Giuseppe Penone: Albero folgorato, 2012

Quest’opera mi è apparsa sofisticata e ancestrale al tempo stesso. Sofisticata per l’oro e ancestrale perché il calco è stato fatto da un albero colpito da un fulmine.

Le foglie delle radici, 2011
bronzo, acqua, vegetazione, terra
944x260x300 cm

Giuseppe Penone: Le foglie delle radici, 2011

Mi ha suscitato tenerezza l’alberello ‘vero’ in cima a quest’albero finto capovolto. Dice la didascalia: 
In Le foglie delle radici l’artista crea una sorta di immagine speculare delle due piante, dove il luogo di unione tra arbusto e scultura costituisce il punctum denso di senso del lavoro, uno ‘spazio fertile’ da dove si irradia la vita, nodo simbolico di unificazione tra le due forme plastiche.

Questa era l’ultima opera della Mostra.

Rileggendo i suoi scritti non posso che concordare con Penone quando dice che La necessità di elaborare, di capire l’immagine che produco, mi spinge ad annotare dei pensieri che hanno valore compiuto solo accanto al lavoro. 

E' proprio così, per apprezzare le sue opere occorre avere in mente i suoi scritti e la riprova, per me, è data dal fatto che della prima sua opera in assoluto che ho visto quello che mi ha colpito e mi ha illuminato sul senso, è stata la didascalia.

Grazie Firenze, anche se 10 euro per il Giardino di Boboli e 5 euro per il Forte Belvedere sono tanti e l’impossibilità di pagare con carta di credito anacronistico. Altra cosa che non ho capito è come mai le didascalie sono soltanto al Forte.

Un mio desiderio? vedere a Siena una Mostra di Penone.

Uscita dal Forte Belvedere ho imboccato Via San Giorgio per andare incontro all'esuberante, caotico e colorato centro storico di Firenze!