lunedì 17 settembre 2012

Bella addormentata

Bella addormentata film
GENERE: Drammatico
REGIA: Marco Bellocchio
ATTORI: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa
ANNO: 2012

Chi di noi, durante quei giorni di Febbraio 2009, non ha interpellato la propria coscienza e si è chiesto ‘io, cosa farei se mi trovassi nella situazione del babbo di Eluana’ e ancora ‘io, cosa vorrei per me se mi trovassi nelle condizioni di Eluana?’

A distanza di tre anni da quella vicenda che si risolse da sé -Eluana morì prima che venisse votata la legge che avrebbe impedito ai medici dell'ospedale di Udine, dove Eluana era stata trasferita, di interrompere la sua vita e prima che la sua vita venisse concretamente interrotta- Bellocchio ci ripropone quella vicenda, che si svolse dal 3 al 9 febbraio, attraverso i telegiornali di quei giorni, attraverso il dramma di un senatore del PDL, personaggio d’invenzione, contrario al ‘sì’ che il suo partito gli chiedeva perché già toccato personalmente da un dramma del genere in cui lui, non credente, avrebbe voluto allungare la vita della moglie, tanto l’amava, mentre la moglie cattolicissima gli chiedeva un atto d’amore, di aiutarla a porre fine alla propria sofferenza.

Il caso di Eluana fa da sfondo ad altre storie di pura invenzione del regista che hanno comunque a che fare con il dilemma dell'interruzione della vita in rapporto alle possibilità reali di ricominciare a vivere. Se da una parte Bellocchio, attraverso il personaggio del senatore reso credibile dall'impeccabile interpretazione di Toni Servillo, rifiuta la 'teologia del dolore' riportando anche la frase che Giovanni Paolo II disse in punto di morte 'Lasciatemi tornare alla casa del Padre' quasi a sostegno della condivisibilità della sua posizione dall'altra ci propone la figura del medico che rifiuta il suicidio volontario e salva una giovane tossicodipendente il cui corpo è sano.

Queste storie sono come un invito alla riflessione in un clima stemperato da quello frenetico di quei giorni del 2009:

- l’attrice che decide di lasciare il palcoscenico e gli affetti per dedicarsi esclusivamente alla figlia in coma nella speranza che un giorno questa si risvegli grazie ad un ‘miracolo’ quasi come accadde a Tabita, secondo il Vangelo. Questo personaggio, questa madre, mirabilmente interpretato da Isabelle Huppert, riconoscendo ai ‘santi’ una posizione privilegiata nella possibilità di vedere esaudite le proprie preghiere, si cala nella parte, lei che santa non lo è, ben consapevole che di un interpretazione si tratta perché la sua preghiera non è supportata dalla fede;

- i due fratelli, uno dei quali affetto da qualche sindrome, a favore dell’eutanasia e la figlia del senatore, invece contraria, che si ritroveranno, davanti all’ospedale dove si trova Eluana, a manifestare per difendere le proprie posizioni; nasce l’amore che bruscamente verrà interrotto per via delle posizioni ideologiche opposte ma che permetterà alla ragazza una rilettura del rapporto del senatore con sua moglie e dell'atto finale della loro storia d'amore;

- la ragazza tossicodipendente che sarà salvata dai diversi tentativi di suicidio da un medico che ‘se vede uno che sta per buttarsi dalla finestra, lo ferma’.

Del film mi è piaciuta la figura del senatore, il suo modo di porsi difronte alla morte dolce e mi ha fatto tenerezza la lucida follia della madre-attrice. Le altre due storie mi hanno convinta meno in quanto appena accennate e quindi, dal mio punto di vista, poco credibili.

Siamo destinati alla morte; è anche una battuta del film questa affermazione ed è la verità quindi perché tanto scalpore? mi verrebbe da dire, sia che si accetti l’eutanasia che l’accanimento terapeutico? forse perché rimane comunque qualcosa di insondabile, la morte, che fa paura, soprattutto il momento del ‘trapasso’?

Le domande all'inizio di questo post rimangono aperte, almeno per me, perché ogni storia è personale ma ad esse si aggiunge anche la domanda sul compito che il legislatore deve avere in materia.

domenica 2 settembre 2012

Il minotauro

Il minotauro di Benjamin Tammuz


di Benjamin Tammuz
Edizioni e/o
Roma 2011


Questo romanzo breve scritto nel 1980 racconta l'ossessione di un amore; quello di un agente segreto, nato in un villaggio non meglio identificato lungo la costa sud d'Israele, che 'ha legato la sua vita a un lavoro duro e brutale, poiché si sentiva costretto ad amare' e che il giorno del suo quarantunesimo compleanno incontra a Londra 'la donna che ha sempre cercato, da quando ha memoria di se stesso', riconoscendola in una ragazza di diciassette anni che si siede davanti a lui sull'autobus. 'Appena lei si girò verso l'amica e lui vide i tratti del suo viso, spalancò la bocca in un urlo soffocato in gola.' Lei non si è nemmeno accorta di lui perché 'deve esserci stata una qualche confusione di date di nascita, di passaporti; anche in cielo c'è disordine, come in tutti gli altri uffici.'

L'autore si serve di almeno due espedienti narrativi per raccontare l'evolversi di questa ossessione che condurrà lo Sconosciuto quasi a soluzioni estreme pur di tener lontano dalla ragazza altri possibili contendenti che la svierebbero dal... compiersi del suo destino? è una possibile interpretazione:

- quello epistolare che ricorda molto il romanzo Che tu sia per me il coltello di David Grossman che io amo in maniera particolare; ma ancor prima le Lettere a Milena di Kafka che non ho ancora letto ma che sono già nella mia lista dei desideri e dalle quali Grossman ha preso ispirazione per il suo romanzo.

Le lettere dello Sconosciuto sono piene di malinconia per aver incontrato la sua donna nel momento sbagliato, quando già altre scelte erano state fatte, e per l'impossibilità quindi del compiersi di questo amore; eppure la condivisione con lei in forma epistolare di questo brutto colpo, inferto dal destino o dal caso, gli permette di sopportare il dolore di un'attesa vana che dura tutta la vita. 

Non sono mai stucchevoli le sue lettere. La ragazza infatti non opporrà resistenza a questo singolare corteggiamento ma anzi, inizialmente per curiosità, partecipa a questo carteggio che durerà per anni e attraverso il quale scopre un'affinità particolare con lo Sconosciuto che non vorrà più smettere di coltivare. 'Nessuno al mondo capirebbe quello che c'è fra noi' si sorprende ad ammettere. Empatizza con il modo di pensare dello Sconosciuto e riesce piano piano ad abbattere le sue resistenze all'idea di un incontro con lei nella realtà, lei che non lo ha mai visto. 

Ci riuscirà fino in fondo?;

- quello di raccontare la vicenda dal punto di vista di ciascun personaggio, nello specifico solo dei personaggi maschili protagonisti del romanzo, che ricorda L'Amante di Abraham Yehoshua.

Le vicende familiari, affettive, culturali, geografiche, politiche e anche la 'musica' per la particolare sensibilità che essa è in grado di sviluppare nell'individuo hanno un peso specifico nella formazione umana di questi personaggi le cui vite ad un certo punto s'incontreranno.

Il finale è degno delle tragedie di Shakespeare e spiega il titolo del libro.

Gli amori ossessivi in letteratura mi affascinano molto per la loro lucidità. Oltre al già citato Che tu sia per me il coltello ho letto anche Follia di McGrath. Indimenticabile il personaggio protagonista, Stella.

Forse dell'amore ossessivo, epistolare o reale che sia, mi colpisce il bisogno di esprimere ogni variazione del sentimento che si prova nel momento stesso in cui si intercettano tali variazioni e la possibilità che questo bisogno venga accolto dal destinatario senza riserve e riconosciuto come un dono, cosa che, superato lo spiazzamento iniziale, è possibile che accada, almeno qualche volta; e quando accade, se non si trasforma in amore corrisposto, capace al tempo stesso di ragione e sentimento, si verifica comunque un legame molto forte, particolare, che non ha più bisogno di continue conferme, perché c'è.

Ringrazio Manuela per la recensione che di questo libro ha fatto nel suo blog parolesenzarimedi tanto che sono andata subito in libreria ad acquistarlo.