martedì 28 agosto 2012

Lo Zen e il tiro con l'arco

Lo Zen e il tiro con l'arco di Eugen Herrigel



di Eugen Herrigel
Adelphi
2009

'Epidauro è un simbolo di luogo: il luogo vero è nel cuore di ognuno, pur che egli si fermi a cercarlo'. Con questa frase Henry Miller ha fatto centro con me, come ho accennato nel post Il colosso di Marussi.

Ebbene, se cercavo un'immagine per localizzare nel cuore questo luogo, non poteva capitarmi di meglio che leggere Lo Zen e il tiro con l'arco; un libricino di cento pagine scarse nel quale l'autore, un docente di filosofia in trasferta in un'università giapponese, si cimenta nel tiro con l'arco che scoprirà non essere una disciplina sportiva né una modalità di combattimento ma un'arte legata alla spiritualità Zen che insegna a 'mettere da parte l'intenzione nel momento di massima tensione', il giusto distacco raggiungibile attraverso esercizi di respirazione e concentrazione affinché il tiro avvenga perché 'Non sei tu che tiri la freccia, ma è la freccia che SI tira.'. 

E' l'unico modo per allontanare ciò che funge da impedimento al tiro perfetto: la preoccupazione di riuscirci o meno; la convinzione che le cose accadano perché siamo noi che facciamo qualcosa per farle accadere quando invece la forma è già dentro di noi, dobbiamo solo permetterle di liberarsi, di venir fuori. 

Il tiro perfetto non è quello che colpisce il bersaglio; ma quello che raggiunge l'arciere.

Un bel concetto sul quale meditare relativamente a tutte le arti e che, grazie all'associazione fatta da un mio amico competente e che trova riscontro anche in questo libricino, mi ha aperto uno spiraglio di comprensione alla pittura di Mark Rothko e a quella di Jackson Pollock.

E' una testimonianza questo scritto; il tentativo di un occidentale di spiegare la spiritualità Zen usando il minor numero di parole possibili; perché si tratta di 'qualcosa che si capisce facendone esperienza e non spiegandola'.

giovedì 23 agosto 2012

Il colosso di Marussi

Il colosso di Marussi di Henry Miller



Il colosso di Marussi
Henry Miller
Universale Economica Feltrinelli
Milano 2010

Una full immersion nella Grecia come l'ha vista Miller nel 1940. Forse da allora saranno cambiate molte cose; ma ho la quasi certezza che sia ancora possibile provare la stessa suggestione raccontata da Miller quando si è ritrovato al centro del teatro di Epidauro 'un simbolo di luogo: il luogo vero è nel cuore di ognuno, pur che egli si fermi a cercarlo'.

domenica 19 agosto 2012

Pavimento del Duomo di Siena

Siena: Pavimento del Duomo

Come accade oramai da diversi anni il Pavimento del Duomo di Siena, solitamente coperto, è per gran parte reso visibile al pubblico da dopo il Palio dell’Assunta del 16 agosto fino a quasi tutto il mese di ottobre (meglio verificare le date esatte volta per volta nel sito dell'Opera del Duomo di Siena) e come ogni anno anche quest’anno non mi sono fatta sfuggire questa possibilità.

Come mai?

Per rispondere a questa domanda devo fare una premessa ed è la seguente: nel tempo, il mio approccio alle opere d’arte di soggetto religioso relative al cristianesimo e cattolicesimo è cambiato in quanto la mia fede è venuta meno e di conseguenza sono venuti meno anche il coinvolgimento e la partecipazione come credente. 

Non che sia stata sostituita dall’adesione ad un’altra fede religiosa ma l’adesione era stata così totale e consapevole che nell’immediato ho avvertito come un senso di sbandamento, come se delle opere d’arte di soggetto religioso cristiano, svuotate del loro contenuto di ‘buona novella’ per la mia vita quotidiana, rimanesse solo la ‘forma’ da ammirare e questo mi sembrava riduttivo, quasi irrispettoso nei confronti dell’artista o più che altro del committente.

Riflettendo su questo mio disagio mi sono tornati in mente alcuni flash:
- i turisti giapponesi non cristiani che rimangono estasiati davanti alla Pietà di Michelangelo in San Pietro a Roma;
- il fascino da me subito dalla Moschea di Gerusalemme;
- il timore reverenziale che ho avvertito visitando la Sinagoga di Siena, forse anche per via dei diversi autori ebrei che ho letto in questi anni e che mi hanno introdotta alle loro tradizioni attraverso i loro romanzi;
- il desiderio, venutomi dal recente interesse per la storia dell’arte moderna e contemporanea, di visitare un giorno la Cappella di Rothko a Houston;
- l’illuminazione che mi è arrivata in questi giorni dall’ABC di viaggi di gamberettarossa che alla lettera C ha scritto: CULTI – nonostante il mio forte agnosticismo e l’utilizzo della ragione più che della fede, subisco il fascino dei luoghi di culto più che di altri luoghi d’interesse turistico. Quando parto per un viaggio cerco di dedicarvi un tempo cospicuo a visitare chiese, moschee, sinagoghe, templi e monasteri.

Ed è proprio così. 

E’ possibile subire il fascino delle espressioni artistiche di un culto pur non riconoscendosi in quella fede; perché i luoghi di culto sono spazi che sollecitano la meditazione personale a prescindere dal fatto che si abbia o no un credo religioso e perché  'l'opera d'arte trova una soluzione sempre diversa negli occhi e nella mente di chi guarda. Esiste perché tu la guardi.' (cit.).

Tornando al pavimento del Duomo di Siena, chiunque può subirne il fascino, credenti e non credenti e ne ho avuto la riconferma questa mattina quando l’ho rivisto per l’ennesima volta; perché non c’è una modalità unica di apprezzamento. 

Si può rimanere affascinati dal messaggio in esso contenuto, dalla tecnica artistica che qui è notevole, dallo stile di autori anonimi e noti (Giovanni di Stefano, Neroccio di Bartolomeo, Benvenuto di Giovanni, Matteo di Giovanni, il Pinturicchio, Alessandro Franchi, il Beccafumi, Francesco di Giorgio Martini, il Sassetta, Antonio Federighi),  dall’aspetto filologico e iconografico. 

Personalmente rimango ancora affascinata da quest'ultimo aspetto da quando ho avuto la fortuna di assistere alla conferenza tenuta dal prof. Roberto Guerrini nel 1996 trascritta nel libro che io ritengo fondamentale per chi voglia approfondire la conoscenza di quest’opera d’arte:

IL DUOMO come libro aperto
Leggere l’arte della Chiesa
a cura e con una presentazione di Senio Bruschelli
Conferenze di Marilena Caciorgna, Roberto Guerrini, Bruno Santi, Timothy Verdon
Editrice Il Leccio
Monteriggioni (SI) 1997

Forse il testo non è di facile reperibilità. In alternativa ci sono i cataloghi in vendita al bookshop del Duomo.

A questo punto non voglio esimermi dal proporre una brevissima guida sulle scene rappresentate nelle oltre 50 tarsie che compongono il percorso:

All’ingresso centrale un cartiglio precisa il riferimento alla funzione sacra del Duomo dedicato alla Vergine: Castissimum Virginis Templum caste memento ingredi  (Ricordati di entrare con mente pura nel purissimo tempio della Vergine)

La prima parte del percorso espone i misteri fondamentali del Cristianesimo attraverso la lettura degli Oracoli Sibillini compiuta da Lattanzio, scrittore cristiano, nella sua opera Divinae Istitutiones.

Ermete Trismegisto, sapiente egiziano, ha intuito un mistero fondamentale del Cristianesimo, cioè la nascita del Figlio dal Padre ed è per questo che occupa un posto centrale subito dopo il cartiglio con la dedica alla Vergine.

Nelle navate laterali sono rappresentate le Sibille, sacerdotesse dotate di virtù profetiche ispirate dal dio Apollo. La Chiesa occidentale, interpretandone i detti come anticipazioni della storia cristiana, le riconobbe come profetesse della venuta di Cristo, equivalenti pagane dei profeti dell'Antico Testamento.

Ogni Sibilla reca due cartigli, uno di presentazione della sibilla stessa, l’altro contenente la profezia del dogma o miracolo che riguarda la religione cristiana.

La sapienza da sola non basta alla Rivelazione; essa ha bisogno anche della dimensione temporale e spaziale per manifestarsi ed ecco quindi che nella navata centrale ci sono riquadri collegati alla storia del territorio di Siena:

- Lupa senese coi gemelli Senio e Aschio, i leggendari fondatori di Siena, e attorno i Simboli delle città alleate;

- raffigurazione decorativa di un rosone da cattedrale al centro del quale campeggia l'aquila imperiale, simbolo di continuità con Roma; 

- allegoria del Colle della Sapienza

- il Potere temporale rappresentato da una ruota con la figura di un Re al sommo e tre figure umane alle estremità: una in discesa, una all'estremità inferiore, una in ascesa, così da caratterizzare figurativamente il motto che non è presente, ma che si riferisce all'acquisizione e alla perdita del potere "Regno, regnavi, sum sine regno, regnabo".

Nel braccio destro e sinistro della crociera sono rappresentate storie del mondo ebraico già toccato dalla rivelazione.

L’esagono sotto la cupola presenta Storie del profeta Elia. 

Nel presbiterio sono presenti storie delle personalità della sacra scrittura che vengono considerate le prefigurazioni del Cristo e altre storie bibliche comprese le Storie di Mosé, la Marcia del popolo ebraico verso la terra promessa (allusione al visitatore che finalmente trova la sua meta davanti all'altare) ed infine il Sacrificio di Isacco.

P.S. Nella mia bacheca di Pinterest ho creato il board Pavimento Duomo di Siena con foto di particolari delle tarsie.

Aggiornamento del 17 novembre 2013

Siena: Pavimento del Duomo

Nella sezione del pavimento davanti alla Cappella della Madonna del Voto c'è una tarsia che viene scoperta soltanto per una ventina di giorni nel mese di Novembre. L'ho scoperto appena oggi durante l'evento 'Un tè all'Opera'.

Si tratta de Le sette età dell'uomo (Infanzia, Fanciullezza, Adolescenza, Gioventù, Virilità e Vecchiaia; nella losanga al centro Decrepitezza), rifacimento del 1780 su disegni di Alessandro Franchi. 

Gli originali del 1475 sono di Antonio Federighi e sono conservati nella Sala delle Statue del Museo dell'OPA (penso di non essermene mai accorta quindi provvederò presto a colmare questa lacuna!).


Nel Medioevo il sette era un numero importante; un numero sacro che si corredava ad altri canoni come quello dei pianeti, delle arti liberali e delle ore della preghiera del giorno. 


Un esempio enciclopedico di ciò è rappresentato negli affreschi quattrocenteschi di Palazzo Trinci a Foligno. Da una parte sono raffigurate le sette arti liberali, che nel Duomo di Siena troviamo alla base dell'ambone di Nicola Pisano, e dall'altra i sette pianeti associati ad una specifica età dell'uomo e ad un momento preciso della giornata. 


Altra fonte è contenuta nel Salmo 89, illustrato in un codice spagnolo, che parla della precarietà della vita e dichiara l'età media dell'uomo a 70 anni. 

La rappresentazione che mi ha colpito maggiormente di questa tarsia è quella centrale della decrepitezza; un vecchio con due stampelle, ormai ricurvo, vicino ad un sepolcro aperto. 


La Religione e le Virtù teologali, visibili nella parte superiore delle Età dell'uomo, sono state inserite nel 1780 e poi sostituite con disegni di Alessandro Franchi nel 1870.

Esse si integrano perfettamente nel senso che la Religione, raffigurata con il volto velato, è come un invito a superare la precarietà della vita perché un giorno vedremo tutto come dice San Paolo nella prima lettera ai Corinzi: Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la Fede, la Speranza e la Carità; ma di tutte più grande è la Carità.

martedì 7 agosto 2012

ABC dei Vostri Viaggi

ABC dei Vostri Viaggi
E' con sommo piacere che partecipo al suddetto contest di Trippando, un blog di viaggi che ho scoperto per caso su Internet e che seguo con piacere ed interesse e ora.... bando alle ciance! ecco a voi il mio personale ABC dei viaggi:

A come Attrezzatura tecnologica composta da cellulare, computer, chiavetta internet, macchina fotografica e relativi carica batterie e cavi;

B come Bagaglio composto da trolley + beauty case + borsa per il computer;

C come Calzature comode perché mi piace percorrere a piedi il più possibile i luoghi che visito;

D come Destinazione scelta sempre per motivi diversi come ad esempio per motivi spirituali (Israele nel 1997), per una contingenza (Yucatán, Messico nel 1998: vedi alla lettera P), per andare a vedere una mostra di Van Gogh e Millet (Parigi nel 1998), per andare a trovare un'amica trasferitasi per lavoro (Perù nel 2001), per un bisogno impellente di bellezza capace di risollevarmi da un brutto momento (Andalusia nel 2003), per ritrovare i luoghi della mia infanzia (Venezuela nel 2010), per ritrovare l’equilibrio del corpo e dello spirito attraverso le arti (Roma ogni anno);

E come Estate sinonimo di vacanze al mare;

F come Ferie in autunno e primavera sinonimo di città d’arte;

G come Girovagare per permettere al luogo in cui mi trovo di sorprendermi;

H come Hotel rigorosamente nel centro storico con trattamento di pernottamento e ricca/abbondante prima colazione a buffet!

I come Itinerario di massima;

L come Libertà di assecondare i miei ritmi;

M come Mappa della città perché senso dell’orientamento uguale a ‘0’, il mio :-(

N come Natura sinonimo dei quattro elementi della terra: acqua(=mare), aria(=la brezza del mare), terra(=sabbia del mare), fuoco(=calore del sole);

O come Osservare con attenzione per poter trattenere il meglio di ogni viaggio da condividere poi nel mondo reale e ora anche virtuale;

P come Passaporto sempre valido; perché può capitarmi di partire da un giorno all’altro; anzi… mi è già capitato ed è stato bellissimo!

Q come Quaderno dove scrivere delle note per me soprattutto riguardo alle mostre e ai musei che vedo;

R come Ristoranti dove non sentirmi una mosca bianca se viaggio da sola;

S come Spettacoli di teatro o di musica per rigenerare lo spirito;

T come Trattamento benessere per rigenerare il corpo;

U come Ultimo giorno di viaggio al quale aggiungere o sottrarre minimo uno o due giorni di riposo prima del rientro al lavoro per fare con calma le solite cose (disfare il bagaglio, lavare, stirare, mettere a posto gli appunti di viaggio, scegliere le foto migliori, raccontare agli amici, etc);

V come Voucher di prenotazioni varie (hotel, aereo, treno, autobus, mostre, teatri, concerti, centro benessere, etc);

Z come Zara il nome dello stabilimento balneare dove vado al mare da quando avevo 14 anni :-)

domenica 5 agosto 2012

Rayuela

Rayuela di Julio Cortazar

di Julio Cortázar
Einaudi Editore
Cles (Trento)
2012


Romanzo i cui capitoli, numerati e suddivisi in tre parti, si possono leggere in due modi + uno:

1- ‘come abitualmente si leggono i libri’ dalla prima all’ultima pagina;
2- seguendo l’ordine indicato all’inizio del libro dallo stesso autore;
3- seguendo un ordine a caso, secondo me.

Questa triplice possibilità di lettura è data dal fatto che il romanzo volutamente non è scritto in maniera lineare per cui quella che ci sembra la storia principale è però intervallata da riflessioni di un certo scrittore Morelli sull’opportunità del  'linguaggio letterario' e anche perché ‘fiumi metafisici’, dotati di autonomia, scorrono in ogni capitolo. Questi motivi invogliano, almeno me, ad una rilettura nel tempo.

Siamo negli anni ’50 del XX secolo. Horacio Oliveira è un perditempo che a Parigi ‘scrive o disegna’ e ‘tiene della contabilità clandestinamente’. Dedito per ‘destino’ alla ricerca dell‘unità, del centro, dell’assoluto; condivide chiacchierate metafisiche con gli amici del Club del Serpente tanto che uno di loro, Etienne, gli dirà: ‘Horacio Curiazio, sei capace di trovare la metafisica anche in una scatola di pomodori.

Incontrarsi per caso non era un caso nelle nostre vite’ dice Horacio raccontando del suo incontro con la Maga a Parigi. ‘Camminavamo senza cercarci pur sapendo che camminavamo per incontrarci’.

La Maga (soprannome) è di una semplicità disarmante con una ‘faccia sempre avida nel momento dell’ignoranza e delle spiegazioni’, ‘incapace di credere nei nomi, aveva bisogno di mettere il dito su tutto e solo allora ammetteva’, ‘capiva benissimo un mucchio di cose che noi ignoriamo a forza si saperle.

Lui è di Buenos Aires, lei è di Montevideo. S’incontrano a Parigi. Si amano. S’innamorano. Un fatto irrompe nella loro quotidianità. Si separano; ma la presenza della Maga continuerà ad aleggiare nei pensieri di Horacio per tutto il libro.

Horacio torna in Argentina e ritrova il suo amico di gioventù, Traveler, la donna di costui, Talita e Gekrepten, la donna che, 'novella penelope', ha atteso il suo ritorno.

Così vennero il circo, le serate del mate nel cortile del signor Crespo, i tanghi di Traveler, e in tutti quegli specchi Oliveira si guardava di sottecchi.’… ‘Sapersi innamorato della Maga non era un fallimento e neppure un mettere radici in un ordine caduco; un amore che poteva prescindere dal proprio oggetto, che nel nulla trovava il proprio alimento, andava a sommarsi forse ad altre forze, le articolava e le fondeva in un impulso che avrebbe distrutto un giorno quella contentezza viscerale del corpo gonfio di birra e di patate fritte.

Ci sono dei capitoli che sembrano dei racconti a se stanti come quello dell’incontro di Oliveira con la pianista Berthe Trépat (capitolo 23) e che, secondo me, offre ad Oliveira lo spunto per una riflessione sul concetto di ‘pietà’ e quello scritto per primo (capitolo 41) a seguito di una situazione a cui Cortázar aveva assistito di persona come egli stesso rivela nell’intervista riportata in fondo al libro:

'Non ricordo esattamente se ho iniziato a scrivere il romanzo a Parigi o a Buenos Aires. Quello che so per certo è che un giorno d’estate, con un caldo spaventoso (doveva essere Buenos Aires) ho visto dei personaggi impegnati in una serie di azioni totalmente assurde. Erano affacciati a due finestre divise da pochissimo spazio ma con quattro piani sotto e cercavano di passarsi un pacchetto di erba mate e dei chiodi. Ho iniziato a scrivere dettagliatamente tutte le idee che venivano loro in mente per costruire un ponte con una tavola, con la quale attraversare il vuoto da una finestra all’altra e passarsi così il mate e i chiodi. […] Ho scritto quel capitolo, e alla fine (dura circa quaranta pagine) mi sono reso conto che non era un racconto. Ma allora cos’era? Era in un certo senso un frammento, una specie di cucchiaiata di miele sulla quale poi si sarebbero venute a posare mosche e api.'

Si tratta di situazioni abbastanza surreali come del resto lo è tutto il libro.

A proposito di Rayuela, il gioco della Campana che facevamo da bambini e che dà il titolo al libro:

Il gioco del mondo si fa con una pietruzza che si deve spingere con la punta del piede. Ingredienti: una marciapiedi, una pietruzza, una scarpa, e un bel disegno con il gesso, preferibilmente colorato. In alto è il Cielo, sotto la Terra, è molto difficile arrivare con la pietruzza al Cielo, quasi sempre si calcola male e la pietruzza esce dal tracciato. A poco a poco però, si acquista l’abilità per conquistare ciascuna delle caselle e un bel giorno s’impara ad uscire dalla Terra e a far risalire la pietruzza fino al Cielo, fino a entrare nel Cielo, il guaio è che proprio a questo punto, quando quasi nessuno si è mostrato capace di far risalire la pietruzza fino al Cielo, termina d’un tratto l’infanzia e si cade nei romanzi, nell’angoscia per il razzo divino, nella speculazione a proposito di un altro Cielo al quale bisogna imparare ad arrivare. E perché si è usciti dall’infanzia si dimentica che per arrivare al Cielo occorrono, come ingredienti, una pietruzza e la punta di una scarpa.

Da rileggere ancora e ancora.