venerdì 27 aprile 2012

Ansel Adams: la natura è il mio regno

Ansel Adams: la natura è il mio regno

Ieri, per due minuti però è più corretto che dica 'l'altro ieri', ho condiviso su Pinterest questa immagine già condivisa da @Ale_9ssandra nel suo blog Totally Unnecessary Production.

Ho trovato molto credibile e universale il suggerimento contenuto nella citazione che in italiano recita più o meno così: Quando le parole diventeranno poco chiare, metterò a fuoco con le fotografie. Quando le immagini diventeranno inadeguate, mi accontenterò del silenzio.

Nel giro di pochi minuti mi è stato notificato per e-mail che era stata già condivisa nelle boards di altri tredici utenti.

Una cosa molto insolita, almeno per me.

Stupita da tanto consenso mi sono soffermata un attimo in più sull'autore della frase, Ansel Adams.

Ebbene, facendo una ricerca su 'santo internet' ho scoperto che si tratta di un noto fotografo americano, nato nel 1902 e morto nel 1984, riconoscibile dai suoi scatti in bianco e nero di paesaggi di natura selvaggia americani.

Ho scoperto anche che in Italia, quest'anno, c'è stata a Modena la prima grande retrospettiva su di lui.

Beh, non ho potuto fare a meno di dedicargli un board nel mio account di Pinterest.

Buona visione!

lunedì 23 aprile 2012

#dragosorpresa per la Giornata mondiale della lettura

#dragosorpresa per la Giornata mondiale della lettura
San Giorgio e il drago - Museu de la xocolata - Barcellona

Foto gentilmente concessa da Sara e Federico

Allora... bisogna che chi ancora non sa, 'sappia' che sui social network c'è qualcuno che in maniera comprensibile, professionale e divertente diffonde quotidianamente la conoscenza e la passione per l'arte.

Di chi sto parlando? di @ElectaEditore!

Se avete un account su twitter, facebook, pinterest, foursquare, google+ e chi ne ha più ne metta non perdete altro tempo e seguitele perché ne vale davvero la pena.

Uno dei modi attraverso cui esplicano questa attività divulgativa è il #giveelecta; un appuntamento mai prevedibile e sempre gradito che  permette a chi partecipa di esprimere la propria creatività e ad Electa Editore di promuovere i suoi cataloghi, libri d'arte e mostre varie.

Oggi, Giornata mondiale del libro, e fino al 25 aprile, @ElectaEditore ha tirato fuori dal proprio cilindro il #dragosorpresa; un mini concorso che prevede il dono di una rosa o di un libro da recapitare a loro a mezzo internet. In palio il catalogo della mostra Alice in wonderland ancora in corso al MART - Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto.

Il vincitore, come da consuetudine, verrà decretato secondo criteri e giudizio insindacabile della casa editrice.

Cosa c'entrano i libri con le rose? C'entrano dal momento che la Giornata mondiale del libro deve la sua origine alla Catalogna dove per tradizione, prima ancora che diventasse una ricorrenza istituzionalizzata, nel giorno di San Giorgio ci si scambia libri e rose. 

I libri come segno del piacere della lettura e la rosa perché legata alla leggenda di San Giorgio secondo la quale il Santo guerriero, dopo aver sconfitto il drago, colse dal cespuglio di rose germogliato dal sangue del mostro una splendida rosa per donarla alla Principessa liberata.

Il mio contributo al #dragosorpresa è questo:

#dragosorpresa per la Giornata mondiale della lettura

Nella città dove abito, Siena, le rose non sono ancora fiorite quindi ho optato come dono per un libro; il libro, tra quelli letti quest'anno, che mi ha lasciato così tanti spunti di riflessione al punto che ho già riportato in questo post numerose citazioni da poter leggere sempre, in qualsiasi posto mi trovi; perché... vuoi che non ci sia un computer e un collegamento internet 'ovunque'? :-)

venerdì 20 aprile 2012

Per Esmé: con amore e squallore

Nove racconti di J.D. Salinger

Si tratta di un racconto di J.D. Salinger contenuto nel libro 'Nove racconti'.

Come molte altre persone anch'io conoscevo di questo autore solo "Il giovane Holden" finché ieri non ho letto il post With Love and Squalor, pubblicato da Noemi nel suo blog Tazzina-di-caffé, ispirato da un altro post o meglio da un disegno pubblicato nel post Per Esmè con amore squallore da Ilaria nel suo blog inapencil. 

Parole e illustrazione mi sono sembrati così credibili che è stato naturale per me decidere di acquistare questo libro e di cominciare subito da questo racconto che ha conquistato anche me.

giovedì 19 aprile 2012

Settimana della cultura 2012 a Siena

Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta "Il Santuccio"
Via Roma, 69

Madonna con Bambino e Santi Agostiniani: Francesco Vanni, Ventura Salimbeni, Sebastiano Folli

Siena: Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta "Il Santuccio"

Madonna del Rosario, 1601-1607: Alessandro Casolani, Francesco Vanni, Sebastiano Folli

Siena: Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta "Il Santuccio"

Tronetto Eucaristico: XVIII sec

Siena: Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta "Il Santuccio"

Storie di San Galgano, 1612: Ventura Salimbeni

Siena: Chiesa di Santa Maria degli Angeli detta "Il Santuccio"

Chiesa di Santa Maria delle Nevi, eretta tra il 1471 e il 1472
Via Montanini, 4

Madonna con Bambino in trono e i Santi Pietro, Lorenzo, Caterina da Siena e Giovanni Evangelista, 1477: Matteo di Giovanni

Siena: Chiesa di Santa Maria delle Nevi

La Vergine, librata in cielo e accompagnata dagli angeli, lascia cadere la neve sullo spiazzo dove sorgerà la chiesa romana di Santa Maria Maggiore - Apostolo Paolo

Siena: Chiesa di Santa Maria delle Nevi

Papa Liberio intento, alla presenza di cardinali e prelati, a tracciare i contorni delle fondamentadella nuova basilica sul luogo della prodigiosa nevicata estiva - San Girolamo

Siena: Chiesa di Santa Maria delle Nevi

Messa celebrata in una loggia a tre arcate


Siena: Chiesa di Santa Maria delle Nevi

OPUS MATEI DE SENIS MCCCCIXXVII

Siena: Chiesa di Santa Maria delle Nevi

La Cappella del Taja
Via Malavolti

L'interesse maggiore della cappella è rappresentato dalla ricca decorazione a stucco.

Assunzione della Vergine in Cielo e Santi

Siena: La Cappella del Taja

Siena: La Cappella del Taja

Siena: La Cappella del Taja

Siena: La Cappella del Taja

mercoledì 18 aprile 2012

Viaggio al termine della notte: citazioni


"La maggior parte della gente non muore che all'ultimo momento; altri cominciano e si prendono vent'anni d'anticipo e qualche volta anche di più. Sono gli infelici della terra."

"Quando l'odio degli uomini non comporta alcun rischio, la loro stupidità si convince presto, i motivi arrivano da soli."

"Offriva a quella ragazzina lontana tanta tenerezza da rifare il mondo intero e questo non si vedeva"

"Una forte vita interiore basta a se stessa e farebbe sciogliere vent'anni di banchisa. E' così."

"In Africa, avevo certo conosciuto un genere di solitudine abbastanza feroce, ma l'isolamento in quel formicaio americano prendeva una piega ancora più opprimente. 
Sempre avevo temuto d'esser pressoché vuoto, di non avere insomma alcuna seria ragione per esistere. Adesso davanti ai fatti ero proprio certo del mio nulla individuale. (...)"

"Stronzo! mi dicevo allora. In verità, sei uno senza risorse. Bisogna rassegnarsi a conoscersi ogni giorno un po' meglio, dal momento che vi manca il coraggio di finirla con ii vostri piagnistei una volta per tutte."

"La vita, per chi non ha mezzi, è solo un lungo rifiuto in un lungo delirio e uno mica la conosce bene sul serio, ci si libera solo di quello che si possiede. E già per conto mio, a furia di prendere e lasciar sogni, avevo la coscienza in balìa delle correnti d'aria, tutta escoriazioni e screpolature, rovinata da far spavento."

"Non si rifà la propria vita."

"Il coraggio non consiste nel perdonare, si perdona sempre troppo!"

"L'indolenza è quasi forte come la vita."

"Nei confronti di una delle ragazze del posto, Molly, provai presto uno specialissimo sentimento di fiducia, che negli essere impauriti occupa il posto dell'amore."

"Mi dava consigli gentili di quel tipo, voleva che fossi felice. Per la prima volta un essere umano si interessava a me, al dentro se posso dire, al mio egoismo, si metteva al posto mio e non mi giudicava solo dal suo, come tutti gli altri."

"La natura è più forte di te, ecco tutto. Ci prende le misure in un certo genere e non puoi più uscirne, da quel genere lì. Avevo preso la strada dell'inquietudine. (...)"

"L'amavo sicuramente, ma amavo ancora di più il mio vizio, quella voglia di scappare da ogni posto, alla ricerca di non so cosa, per uno stupido orgoglio senza dubbio, per la convinzione di una specie di superiorità."

"Nella fatica e nella solitudine il divino se ne esce dagli uomini."

"Ti assicuro che ti amo, Molly, e ti amerò per sempre... come posso... a modo mio."

"Non la smettevo di lasciare tutti."

"Avevo una gran pena, autentica, una volta tanto, per il mondo intero, per me, per lei, per tutti gli uomini.
E' forse questo che si cerca nella vita, nient'altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi e morire."

"Man mano che resti in un posto, le cose e le persone si sbracano, marciscono e si mettono a puzzare appositamente per te."

"Decisamente, mi scoprivo più gusto a impedire a Bébert di morire che a un adulto. Non si è mai troppo scontenti che un adulto se ne vada, fa sempre una carogna di meno sulla terra, uno si dice, mentre un bambino, è comunque meno sicuro. C'è l'avvenire."

"Non succede d'altronde la stessa cosa in tutte le religioni? Non è forse da un pezzo che il prete pensa a tutt'altra cosa che al Buon Dio mentre il sacrista ci crede ancora...”

"Tanto vale non farsi illusioni, la gente non ha niente da dirsi, ognuno parla soltanto delle propri pene personali, si capisce. (...)"

"Aspettare, è festa anche quello."

"Essere vecchi, vuol dire non trovare più una parte passionale da recitare, cadere in quell'intermezzo insipido in cui non si aspetta che la morte.”

"Tutti i pensieri conducono alla morte."

"Di terribile in noi e sulla terra e in cielo c'è forse solo quello che non è stato ancora detto. Saremo tranquilli solo quando tutto sarà stato detto, una volta per tutte, allora finalmente faremo silenzio e non avremo più paura di star zitti. Ci saremo."

"C'è un momento in cui sei solo quando sei arrivato in fondo a tutto quello che ti può capitare. E' la fine del mondo. La stessa pena, la tua propria, non ti risponde più e bisogna tornare indietro allora, tra gli uomini, non importa quali. Uno non fa il difficile in quei momenti perché anche per piangere bisogna ritornare là dove tutto ricomincia, bisogna ritornare con loro."

"La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella morte."

"La paura non dice né sì né no. Prende tutto quel che si dice la paura, tutto quel che si pensa, tutto.
Non serve nemmeno spalancare bene gli occhi nel buio in quei casi. E' orrore sprecato e basta. Ha preso tutto la notte, anche gli sguardi. Si è svuotati da lei. Bisogna tenersi lo stesso per mano, se no si cade. la gente del giorno non ti capisce più. Sei separato da loro da tutta la paura e ne resti schiacciato fino al momento che quella finisce in un modo o nell'altro e allora li puoi finalmente raggiungere questi sporcaccioni che sono tutti in morte o in vita."

"Ma visto che il malato lui, cambia spesso lato a letto, nella vita, abbiamo il diritto anche noi, di rigirarci da un fianco all'altro, è tutto quel che si può fare e che si è trovato per difendersi dal proprio Destino.

"Non stai in guardia. Non sai d'esserci arrivato e invece ci sei già in pieno nelle sporche regioni della notte."

"Presto non ci saranno più che persone e cose inoffensive, miserande e disarmate tutt'intorno al nostro passato, nient'altro che errori diventati muti."

"Siamo sempre in ritardo fin dal primo istante."

"E' molto difficile trattenersi dal ritornare su un tema che ti tormenta quanto quello tormentava me. Sei oppresso dalle faccende della tua vita intera quando vivi solo. Ne esci degradato. Per sbarazzartene cerchi di rifilarne un po' a tutti quelli che vengono a trovarti e questo li annoia. Essere soli è allenarsi a morire." (...) La felicità in terra sarebbe morire con piacere, nel piacere... Il resto è niente di niente, è la paura che non osi confessare, è arte."

"Ce n'ha di pietà la gente, per gli invalidi e i ciechi, e si può dire che ha dell'amore di riserva. L'avevo proprio sentito, molte volte, l'amore di riserva. Ce n'è moltissimo. Non si può dire il contrario. Solo è una disgrazia che resti così carogna con tanto amore di riserva, la gente. Non viene fuori, ecco tutto. E' preso dentro, resta dentro, gli serve a niente. Ci crepano dentro, d'amore."

"Non chiedevo di più in fondo, la pagnotta assicurata e un po' di tempo per me. La felicità insomma."

"La verità non chiede altro che lasciarti. Ci vuole sempre pochissimo perché ti lasci libero. Non ci tiene nessuno alla propria verità."

"Un matto, altro non è che le solite idee di un uomo ma ben chiuse in testa. Il mondo non ci passa attraverso la testa e tanto basta. Diventa come un lago senza immisario una testa chiusa, un'infezione."

"La gran fatica dell'esistenza non è forse insomma nient'altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli venti, quarant'anni, o più, per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi. L'incubo di dover sempre presentare come un piccolo ideale universale, un superuomo da mane a sera, il sotto uomo zoppicante che ci hanno dato."

"Mio dessert favorito, fragole e panna."

"E' fondamentale l'istruzione! (...) Ci vuole anche del cuore e della cognizione per andare più lontano degli altri..."

"C'eravamo capiti in altri tempi con la moglie Henrouille... Per un bel po'... Ma adesso, lei non era più abbastanza in giù per me, non poteva più scendere... Raggiungermi... Non aveva l'istruzione e la forza. Non si sale mica nella vita, si scende. Lei non poteva più. Lei non poteva più scendere fin dove ero io... C'era troppa notte per lei intorno a me."

"Ma non c'ero che io, proprio io, tutto solo, al suo fianco, un Ferdinand autentico al quale mancava quel che farebbe un uomo più grande della sua povera vita, l'amore per la vita degli altri. (...) avevo perso assolutamente tutto per strada, non ritrovavo nulla di quello che ci vuole per schiattare, solo degli espedienti. I miei sentimenti erano come una casa in cui si va solo per le vacanze. E' appena abitabile."

Louis-Ferdinand Céline

martedì 17 aprile 2012

Alberto Burri

Città di Castello: Ex Seccatoi del tabacco

Accaddeoggi, esattamente un anno fa, il mio incontro con l’arte di Alberto Burri.

Il 17 aprile del 2011 infatti ho trascorso un intera giornata a Città di Castello, terra che ha dato i natali a Burri, per visitare le due sedi espositive della Fondazione che porta il suo nome.

E’ stata un esperienza esaltante che ha significato l’inizio del mio accostamento, interesse e passione per l’arte moderna e contemporanea.

Burri per me era ‘quello dei sacchi’ (leggasi con intonatura sprezzante) e basta.

Qualcuno mi ha fatto vedere ‘oltre’... il sacco ha memoria della sua esistenza, è segnato dall'usura e dal tempo. Vive ancora, ma senza l'intervento dell'artista è destinato alla scomparsa, alla morte...

Gli sono infinitamente grata.

Rileggendo gli appunti presi quel giorno mi è venuto in mente di trascriverli qui e di linkare alcune opere alle riproduzioni che ho pubblicato su Pinterest nel board Alberto Burri.

PALAZZO ALBIZZINI

Pannello Fiat 1950
Nero 1, 1948: la presenza del piccolo quadrato azzurro è giustificata per dare risalto alle gradazioni di nero;

Catrame, 1949: opacità del colore;

SZ1, 1949: sz sta per ‘sacco di zucchero’. E’ l’unico quadro che ha un titolo. Burri non dava titoli per non condizionare in alcun modo;

Bianco, 1952: il pezzo di stoffa nero serve per esaltare la gradazione dei bianchi. Riproduzione della fluorescenza della muffa;

Gobbo, 1952

Sacco B 1953: bellissimo… Burri presenta la potenzialità estetica della materia. I buchi stanno al posto delle penellate;

Tutto nero,1956: molto sofisticato;

Combustione legno sp, 1957

Rosso gobbo, 1954

Sacco e nero, 1954:
poesia e dramma nella poetica di Burri;

Two shirts,1957

Grande bianco, 1956: la venatura divide lo spazio verticale in tre. Il merletto alleggerisce la composizione che altrimenti sarebbe minimalista;

Grande ferro, 1960: le lame sono nuove a differenza dei sacchi. Burri tratta la materia senza tradire la sua peculiarità; usa quindi i chiodi con le lame, l’ago e il filo con i sacchi;

Legno, 1959: le lamelle di legno sono come pennellate. Col legno usa la fiamma ossidrica;

Rosso, 1956: non mi è piaciuto…. Mi ricorda i paramenti sacri….

Plastiche: non hanno un supporto ma solo l’intelaiatura di metallo. Con la fiamma Burri trasforma un materiale insignificante e privo di espressività in opere. ‘Ho in mente da tanto tempo di dire come bruciano le cose con la combustione e come nella combustione tutto vive e muore per fare l’unità perfetta.’ L’azione del fuoco non intacca l’uniformità. Le cauterizzazioni impediscono la distruzione della materia e organizzano l’impianto della composizione.

Rosso plastico, 1964: un mix di pittura e scultura;

Grande nero plastica, 1964 e 1962: uno è la versione poetica, l’altro quella drammatica;

Grande bianco plastica, 1965: plastiche con supporto sdrucciolato, cellotex;

Bianco 1969: sottile strato di plastica;

Combustioni di piccole dimensioni, 1970

Cretti neri e bianchi, 1973-1975: bellissimi. Caolina e vinavil;

Cellotex 1983: negli anni ’80 Burri ripensa all’uso della pittura;

Bozzetti per scenografie

Serigrafie del ciclo Sestante

Cartello otto cretti 1991(?): acquaforte;

Multiplex, 1981: cartoni
EX SECCATOI DEL TABACCO

Cretti e Plastiche

Ciclo Il Viaggio, 1979: il primo quadro ricorda la Madonna del Parto di Piero della Francesca a Monterchi;

Ciclo Sestante 1982: per Burri ogni singolo quadro del ciclo è un ciclo a se stante. Tanto colore. Incidendo il cellotex Burri predisponde i campi di colore diverso;

Ciclo rosso e nero 1984: il contrasto rosso e nero crea delle prospettive sempre diverse;

Ciclo T. Cellotex 1975-1984: la T sta perché Burri ha scelto quali cellotex destinare a questa location. Armonia che annulla tutte le separazioni. Il cellotex viene sublimato dall’intervento dell’artista che ne esalta le potenzialità. La differenza crea sintesi;

Ciclo Annottarsi 1987: se tutti si aggiornano in quel periodo, Burri si annotta. Il nero come polemica del prevalere dell’apparenza sulla realtà;

Ciclo 1988 NON AMO IL NERO: in apparenza sembrano tutte figure geometrihce in realtà contengono la frase NON AMO IL NERO;

Neri 1988-1989: qui lo sfondo di tutte le pareti è nero. Si scorgono pezzature di terreno, vedute di città dall’alto, quinte teatrali, etc etc;

Metamorfotex 1991: omaggio a Kafka. Il primo quadro a sinistra è tutto ocra. Le incisioni sono le stesse negli altri quadri ma dall’uno all’altro il nero comincia ad impossessarsi dei campi dipinti fino a coprire il quadro completamente di nero nell’ultimo;

Il nero e l’oro 1992-1993: molto eleganti;

Scultura in ferro 1978: cretto;

Per visitare le sedi espositive Fondazione Burri

domenica 15 aprile 2012

Sulla morte

"Non vogliamo morire, questo il guaio. Ecco perché Dio c'è e tutta la banda lassù nella nostra folle pattumiera."

Tropico del Capricorno, Henry Miller

Non s'intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più di un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo svogliato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno fin ora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova. Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all'orizzonte.
Chi ne afferma l'onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c'è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell'attimo.
Invano scuote la maniglia
d'una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.

Sulla morte, senza esagerare, Wisława Szymborska

sabato 14 aprile 2012

Diaz – Don't clean up this blood

Film di Daniele Vicari e Domenico Procacci con Claudio Santamaria, Alessandro Roja, Davide Iacopini e tanti altri attori. Un film corale che concentra il suo racconto sulle violenze avvenute nella scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001.

Sarei andata comunque a vedere questo film per ‘amicizia’, diciamo così; ma avevo bisogno di una motivazione in più che mi rassicurasse sulla corrispondenza alla realtà dei fatti narrati.

E’ un mio limite. Non amo i romanzi storici perché avendo io molte lacune in Storia mi indispettisco quando non riesco a distinguere cosa corrisponde alla realtà dei fatti e cosa invece è il frutto della mente del regista.

La motivazione l’ho trovata in questa intervista fatta ad Alessandro Roja  in cui si assicura che il film è basato su testimonianze ed atti processuali  e che  solo qualcosa appartiene alla licenza poetica del regista che non sminuisce comunque la credibilità della storia.




L’abuso gratuito di potere mi ha fatto tornare in mente il romanzo Cecità di José Saramago. Ricordo che arrivata  ad un certo punto  della lettura ho avuto paura di proseguire perché temevo che non si fosse ancora toccato il fondo della violenza, temevo il peggio del peggio. Ho cercato rassicurazioni tra chi lo aveva già letto e fiduciosa ho continuato.

Il romanzo di Saramago affida la possibilità di salvezza ad un personaggio femminile; il film di Vicari-Procacci  l’affida ai legami umani, almeno io l’ho interpretata così; per cui ad esempio il direttore di un giornale sarà la salvezza per un suo corrispondente, un avvocato del social media forum sarà la salvezza per un giornalista francese e una mamma sarà la salvezza per la figlia.

Quello che il film di Vicari no può fare è regalarci un lieto fine relativamente ai fatti violenti accaduti perché, come ha detto Procacci questa sera a Che tempo che fa, non c’è stata ancora una assunzione di responsabilità pubblica da parte della polizia, di ‘quella’ polizia, che solo potrebbe restituire fiducia nelle istituzioni.

Il film di Vicari-Procacci invoca l’universalità del diritto all’integrità del corpo e dello spirito da parte di tutti, istituzione di polizia inclusa. E’ su questo che si concentra il film a prescindere dalle motivazioni politiche degli uni, gli appartenenti al movimento social media forum,  e degli altri i black block, i membri del G8; dei buoni o dei cattivi.

Le immagini sono un duro colpo allo stomaco soprattutto perché lo spettatore sa che si tratta di violenze effettivamente avvenute.  In contemporanea le immagini raccontano anche lo spaesamento di quei ragazzi che non erano responsabili dei fatti accaduti i giorni precedenti e che si ritrovarono oggetto di quella violenza.

Molti reati sono caduti in prescrizione ma quelli di tortura non si sono potuti nemmeno denunciare perché in Italia non esiste come reato.

E’ un episodio che appartiene al recente passato dell’Italia, che ognuno di noi può ricordare.

Con questo film per la prima volta possiamo vedere quello che è realmente accaduto alla Diaz.

La giustizia è lenta e la prescrizione non implica l’assoluzione del reato, così Procacci giustifica la necessità di raccontare questo episodio ora e non tra venti, trent’anni.

Qualcuno dice che il film può essere pericoloso perché rischia di inculcare sfiducia e odio verso la polizia ma allora, replica Procacci, vuol dire che non si può più raccontare niente.

Un film da vedere.

Diaz Film

venerdì 13 aprile 2012

#FollowFantastico

Oggi è venerdì e come ogni venerdì  gli utenti di Twitter usano suggerire ai loro followers altri utenti da seguire usando l'etichetta #FF che sta per “FollowFriday”.

A me oggi è stato dedicato questo #FF da parte di @francescapeach; un #FollowFantastico per l’esattezza, come Francesca ama etichettare i suoi suggerimenti, con una citazione tratta dal racconto Lo Zaratàn contenuto nel Manuale di zoologia fantastica di Jorge Luis Borges.

L’autore parlando della balena o meglio dello zaratan dice:

c’è una favola che ha percorso la geografia e le epoche: quella dei naviganti che sbarcano su un’isola senza nome, che subito si inabissa e si perde, perché è viva. Quest’invenzione figura nel primo viaggio di Simbad, e nel canto VI dell’Orlando Furioso.

La figura della balena come isola infida, spiega Borges, si trova:

nella leggenda irlandese di san Brandano, e nel bestiario greco di Alessandria; nella Storia settentrionale del prelato svedese Olao Magno (…), e in quel passo del primo canto del Paradiso perduto dove si paragona Satana a una gran balena che dorme sullo spumoso mare norvegese.

Finito di leggere questo accenno mi sono subito precipitata in libreria per acquistare questo Manuale. Non era disponibile. Peccato!

Tornata a casa ho cercato ancora su internet e con mia grande gioia e sorpresa mi sono imbattuta nella versione integrale del testo in lingua originale su scribd.com* (a pag. 50 il racconto EL ZARATÁN).

Ho dimistichezza con lo spagnolo e quindi non avrò necessità di cercare la versione tradotta  in italiano.

Sarà di sicuro un piacere leggere dell’origine degli altri animali fantastici e avvicinarmi a questo genere di lettura nuova per me.

Di Borges ho letto solo Finzioni e ricordo che ho avuto una certa difficoltà ad immaginare le situazioni fantastiche raccontate. Non ero minimamente allenata; ma l’entusiasmo per questo genere di lettura che Francesca dimostra nel suo blog Tegamini mi ha contagiata e quindi ritenterò.

Manuale di zoologia fantastica di Jorge Luis Borges

* Non è più disponibile :-(

giovedì 12 aprile 2012

E Siena trionfa immortale

In questi giorni ho letto un opuscolo intitolato Città murata Città globale (SeB editori) scritto da Gabriella Piccinni (docente di Storia Medievale all’Università di Siena) a supporto del progetto Siena Capitale europea della cultura per il 2019.

Città murata Città globale di Gabriella Piccinni

Secondo la Piccinni Siena ha qualcosa da dire all’Europa e lo può fare attraverso quelli che sono i caratteri originali che la città ha espresso attraverso il suo patrimonio artistico e architettonico nel suo  periodo di maggior splendore e cioè dal 1260, anno della battaglia di Montaperti vinta contro i fiorentini (anche se nove anni più tardi ci sarà la battaglia di Colle val d’Elsa che non andrà altrettanto bene) al 1348, anno della peste che decimò la popolazione.


In contemporanea a questa lettura ho visto un video postato recentemente da Electa su Twitter in cui il professor Andrea Carandini sostiene, senza possibilità di replica, che il patrimonio italiano è l’unica ricchezza che abbiamo che non ricade nella concorrenza globale nel senso che ad esempio, dice, non è possibile fare due ‘Colosseo’, etc.

Se è vero che due indizi fanno una prova allora questi due eventi, il primo ‘cercato’ anche per motivi di lavoro il secondo ‘imprevisto’, mi hanno fatto venir voglia di fare come un ‘ripasso’ di tante nozioni  accumulate negli anni per mia passione personale per l’arte e quindi, nonostante il cielo minaccioso, questa mattina ho dedicato il mio tempo a ripercorrere il centro storico tenendo a mente i caratteri originali di Siena indicati dalla Piccinni e che qui riassumo brevemente:

Disegno urbano: mura medievali che via via hanno inglobato i quartieri;

Il Comune e i cittadini: Palazzo Pubblico e Piazza del Campo;

Civitas: la Cattedrale era requisito indispensabile per avere il riconoscimento giuridico di città;

Assistenza: Ospedale Santa Maria della Scala (oggi museo);

Comunicazione politica, espansione edilizia e vita quotidiana: Ambrogio Lorenzetti, affreschi del Buon Governo, Palazzo Pubblico;

Attività economiche e la Banca: tavolette di Biccherna, oggi custodite nell’Archivio di Stato di Siena, che altro non sono che le copertine dei registri del Bilancio dello Stato fatte dipingere da artisti famosi e grazie alle quali si è venuti a conoscenza di episodi importanti della vita della città;

Il bello e l’utile: le numerose fonti alimentate dai Bottini. La loro bellezza e monumentalità non avrebbero mai fatto sospettare la difficoltà di Siena nel reperire l’acqua non essendo essa attraversata da alcun fiume, come ad esempio Firenze, o dal mare;

Monumento alla crisi: strutture abbandonate del Duomo nuovo. Il sogno di grandezza di Siena di costruire un Duomo più grande di quello di Firenze del quale quello attuale doveva diventare il transetto fu infranto dalla peste del 1348.

Nonostante ciò, conclude la Piccinni, Siena ha continuato a vivere e la testimonianza di questi resti abbandonati non può che essere un occasione per riflettere sulle cose da fare e non fare.

E Siena trionfa immortale è il motto con il quale il cronista senese Silvio Gigli (1910-1988) concludeva le sue trasmissioni sul Palio da Piazza del Campo. L’ho scelto come titolo di questo post perché anch’io condivido in pieno questo motto a prescindere dall’assegnazione o meno del progetto alla città di Siena.

La mia passeggiata di questa mattina ha interessato solo il centro storico ma la grandezza dello spazio racchiuso tra le mura di Siena si estende anche al di fuori di esse assumendo i caratteri di:

Melting pot culturale: la via Francigena puntellata nello spazio fuori dalle mura da importanti esempi di architettura romanica;

Antropizzazione: paesaggio storico della provincia di Siena formato di filari di vigneti, di campi di grano, di pascoli, etc.

mercoledì 11 aprile 2012

Vendo nuovo - Con titolo

Vendo nuovo, il titolo di una Pagina di Facebook, contrapposto al più comune Vendo usato ha richiamato alla mia coscienza l'opera Con titolo, realizzata nel 1985 da Gino De Dominicis e oggi esposta alla Galleria d'Arte Moderna di Roma, contrapposta al più comune Senza titolo.

Ho condiviso questa associazione di idee con una persona la quale mi ha detto che in arte Con titolo e Senza titolo hanno lo stesso significato; esprimono una riflessione concettuale sul titolo e sull'opera. Anche un opera senza titolo o con titolo, mi ha detto, ha un titolo.


Con titolo (1985) - Gino De Dominicis

Primo Levi

Oggi 25 anni dalla sua morte.


'Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo. Noi tre fummo in gran parte immuni, e ce ne dobbiamo mutua gratitudine; perciò la mia amicizia con Charles resisterà al tempo.'

Se questo è un uomo